Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-02-05, n. 201000543
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N. 00543/2010 REG.DEC.
N. 10618/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 10618 del 2009, proposto da:
G B, rappresentato e difeso dall'avv. P T, con domicilio eletto presso la Segreteria della sezione VI del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
contro
Ministero dell'interno, Questura di Milano, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege presso la sede di Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO - SEZIONE III n. 05494/2008, resa tra le parti, concernente DINIEGO PERMESSO DI SOGGIORNO.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'interno e di Questura di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2010 il cons. G D M e uditi per le parti gli avvocati De Bernardinis per delega dell' Avv.Traini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto di appello notificato il 7.12.2009 si impugna la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sez. III, n. 1807/03 del 14.3.2003, notificata in data 20.8.2003, con la quale è stato respinto il ricorso del sig. Bushi Gezim, di nazionalità albanese, avverso il diniego di rinnovo del proprio permesso di soggiorno, diniego emesso con provvedimento del Questore di Milano in data 8.4.2006 e giustificato da una sentenza di condanna, emessa nel 2006 ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per detenzione illecita, a fini di cessione a terzi, di sostanze stupefacenti. Nella citata sentenza si rilevava il carattere ostativo della predetta sentenza sia per il rilascio che per il rinnovo del permesso di soggiorno, senza alcun margine di discrezionalità per l’Amministrazione, al fine della concreta valutazione di pericolosità sociale dell’interessato.
Avverso detta sentenza, nonché avverso il contestato diniego, nell’atto di appello vengono ribadite censure di eccesso di potere per carenza di istruttoria ed ingiustizia manifesta, non essendo state considerate la natura patteggiata della sentenza e la sussistenza, o meno, di attuale pericolosità sociale dello straniero in questione. A quest’ultimo riguardo si segnala anche, in particolare, l’ordinanza del GIP di Monza in data 13.5.2009, dichiarativa dell’estinzione del reato.
L’Amministrazione appellata resiste formalmente all’accoglimento del gravame.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello possa essere deciso in forma semplificata ex art. 26 L. n. 1034/71, nel testo introdotto dall’art. 9 L. n. 205/2000, in quanto appaiono manifeste le ragioni di infondatezza del medesimo.
Il diniego di cui trattasi risulta infatti conforme al dettato dell’art. 5, comma 5 del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286 (Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione), in base al quale “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.
Tra le circostanze che precludono il rilascio del permesso di soggiorno (e quindi, in base alla norma sopra riportata, anche il rinnovo del medesimo) l’art.4,comma 3 del medesimo D.Lgs. – nel testo introdotto dall’art. 4, comma 1, della legge 30.7.2002, n. 189 – pone espressamente il caso in cui lo straniero “risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura civile, per reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2 del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.
Nel caso di specie, la condanna posta a carico dell’attuale appellante rientra fra quelle ostative “ex se” per il rilascio o il successivo rinnovo del permesso di soggiorno, senza che risultino evidenziati dall’interessato – o ravvisabili in base alla documentazione in atti – nuove circostanze, intervenute fra la condanna e la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, che in base alla citata normativa avrebbero astrattamente potuto consentire, in via eccezionale, il rinnovo stesso.
Sembra appena il caso di sottolineare, d’altra parte, che la legittimità del provvedimento impugnato deve essere valutata in base ai presupposti di fatto e di diritto, sussistenti alla data della relativa emanazione, non potendo costituire “nuovi elementi” – per quanto interessa ai fini del presente giudizio – circostanze sopravvenute come la dichiarata estinzione del reato, nel caso di specie intervenuta nel 2009, circa tre anni dopo la formalizzazione del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno di cui trattasi.
In tale situazione, il predetto diniego aveva carattere vincolato, non essendo consentita la permanenza sul territorio nazionale di stranieri, per i quali non sussistano per espressa previsione legislativa le condizioni del soggiorno sul territorio nazionale, in corrispondenza della riconosciuta colpevolezza in sede penale (anche – per espressa disposizione normativa – a seguito di patteggiamento), per determinate tipologie di reati: quanto sopra, coerentemente con la necessità di disciplinare il fenomeno immigratorio con la massima possibile salvaguardia dell’incolumità della popolazione e dell’ordine pubblico, fatta salva soltanto la già segnalata possibilità per l’Amministrazione di prendere in considerazione “nuovi elementi”, opportunamente evidenziati, attestanti piena e proficua integrazione dello straniero interessato nel tessuto sociale.
Tali elementi, tuttavia, non risultavano nel caso di specie valutabili, alla data di emanazione dell’atto impugnato, pur potendo essere tuttora rappresentati all’Amministrazione, ai fini del riesame del provvedimento impugnato.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto;quanto alle spese giudiziali, tuttavia, si ritiene doverne disporre la compensazione, tenuto conto della situazione personale dello straniero interessato.