Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-06-06, n. 202305540

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-06-06, n. 202305540
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305540
Data del deposito : 6 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/06/2023

N. 05540/2023REG.PROV.COLL.

N. 03422/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3422 del 2018, proposto da
A M, F M M, A L, G D G, D M, C C R, T C F, A C, A B, rappresentati e difesi dall'avvocato A V A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Benito Panariti in Roma, via Celimontana n. 38;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria n. 00845/2017, resa tra le parti, riguardante accertamento del diritto ad ottenere la corresponsione dell'indennità di impiego operativo per attività di imbarco ex. art. 4 Legge 23 marzo 1983 n.78, nonchè per la conseguente condanna dell'Amministrazione alla corresponsione delle somme, oltre gli arretrati via via rivalutati fino all'effettivo soddisfo.


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 1° giungo 2023 il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con appello notificato il 23 gennaio 2017 e depositato il 30 marzo 2018 e 29 aprile 2018, i signori A M, F M M, A L, G D G, D M, C C R, Tommaso Fiaschè, A C e A B hanno impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza 3 ottobre 2017, n. 845, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, ha respinto il loro ricorso per l’accertamento del diritto ad ottenere, in quanto titolari dei relativi brevetti e svolgendo mansioni di padrone di barca, motorista navale e comandante d’altura appartenenti al Corpo dei Vigili del Fuoco, l’indennità di immersione di impiego operativo per attività di imbarco, prevista dall’articolo 4 della legge 23 marzo 1983, n. 78 in favore degli appartenenti alle Forze di Polizia.

In particolare, gli appellanti hanno dedotto i seguenti tre mezzi di censura, con i quali hanno lamentato:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art.1, secondo comma Decreto legislativo 15 marzo 2010 n°66(codice dell’ordinamento militare) in riferimento all’art. 244 dello stesso D.Lgs. 15 marzo n°66;

2) Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in forza della c.d. ripubblicizzazione del rapporto di impiego del personale appartenente al Corpo Nazionale dei vigili del fuoco, anche in riferimento al contenuto di un contratto collettivo in riferimento al passaggio da un rapporto privatistico a quello pubblicistico;

3) Violazione e falsa applicazione dell’ART.141 CE ”.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno con atto depositato il 7 marzo 2023.

All’udienza pubblica del 1° giugno 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’appello non può trovare accoglimento e le doglianze che ne sono alla base possono essere esaminate congiuntamente per economia processuale.

Deducono gli appellanti di essere specialisti nautici appartenenti al Corpo dei Vigili del Fuoco, con la qualifica, in forza del relativo brevetto, di padrone di barca, motorista navale e comandante d’altura, in servizio presso la sezione operativa navale di Gioia Tauro e di aver diffidato l’Amministrazione a provvedere alla corresponsione in loro favore della indennità di imbarco, di cui all’articolo 4 della legge n. 78/1983, nella stessa misura erogata ad analoghe organizzazioni civili e militari con analoghe specialità.

Il Tar Reggio Calabria:

- con sentenza parziale 12 dicembre 2016, n. 1274, ha dichiarato improcedibile il ricorso avverso il silenzio sull’istanza presentata dagli interessati, che hanno dichiarato in udienza di non coltivare più interesse alla relativa decisione, ed ha disposto la conversione del rito ai sensi dell’articolo 32, comma 2, c.p.a.;

- con sentenza 3 ottobre 2017, n. 845, qui impugnata, ha respinto il ricorso, facendo tra l’altro leva sulla sentenza 3 marzo 2015, n. 27, con cui la Corte Costituzionale, pronunciandosi sulla questione di costituzionalità sollevata proprio dal Tribunale calabrese, ha dichiarato “ inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 23 marzo 1983, n. 78 (Aggiornamento della L. 5 maggio 1976, n. 187, relativa alle indennità operative del personale militare), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione ”.

La delibazione dell’appello non può, dunque, prescindere dalla decisione assunta dal Giudice delle leggi.

Nell’ambito della giurisdizione esclusiva attribuita al giudice amministrativo in relazione a vicende concernenti il rapporto di impiego pubblico degli appartenenti ai Vigili del Fuoco (articoli 3 e 63 c.p.a. in relazione alla legge 30 settembre 2004, n. 252), l’aspetto che viene in rilievo nel presente giudizio, infatti, è la lamentata illegittimità della previsione normativa che subordina alla conclusione della contrattazione collettiva (sulla base di idonea provvista appostata nel bilancio dello Stato da specifica disposizione di rango primario) l’equiparazione del trattamento economico dei dipendenti appartenenti alle Forze Armate e di Polizia, che svolgono anche l’attività di imbarco.

Gli appellanti svolgono servizio presso la sezione operativa navale di Gioia Tauro e, nella prospettiva di un progressivo allineamento all’accesso ai benefici economici percepiti dal personale della medesima specialità delle Forze di Polizia e delle Forze Armate (legge 27 dicembre, 2002 n.289 e legge 24 dicembre, 2003 n. 350), nel presente giudizio chiedono l’erogazione della medesima indennità mensile d'imbarco prevista dall’articolo 4 della legge n. 78/1983 in favore di dipendenti pubblici appartenenti ad altri Corpi dello Stato (Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, nei quali sono anche confluiti nelle more gli appartenenti al disciolto Corpo Forestale dello Stato), che utilizzano unità dotate di natanti ed attrezzature per la tutela, la ricerca ed il soccorso in ambienti acquatici, iscritti nel registro delle navi e dei galleggianti in servizio governativo non commerciale tenuto presso la competente Direzione generale del Ministero della difesa.

3. Sia il provvedimento impugnato in prime cure che la sentenza appellata risultano immuni dai vizi denunciati.

Atteso che l’Amministrazione, in risposta alla richiesta degli appellanti per ottenere il riconoscimento dell’indennità di imbarco ex articolo 4 della legge n. 78/1983, ha rappresentato che “ poiché è la normativa di settore che stabilisce gli emolumenti spettanti e poiché è pacifico che le domande proposte si riferiscono ad indennità non previste, o previste in misura diversa, dalle norme che regolano il trattamento economico dei vigili del fuoco ”, ne consegue, osserva correttamente il Tar, che risulta improponibile ed ingiustificata la pretesa di estendere, in nome del principio di eguaglianza, al personale ricorrente l’attribuzione di forme indennitarie previste dalle specifiche norme relative agli appartenenti alle altre Forze armate e di Polizia ”.

In altre parole, la possibilità di estendere ai Vigili del Fuoco i benefici economici previsti per la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza è subordinata al positivo esito della contrattazione collettiva, dalla quale soltanto può discendere il beneficio invocato dagli appellanti, sul presupposto di un idoneo intervento legislativo, che preveda la necessaria copertura finanziaria, alla stessa stregua con cui è stato concluso l’Accordo integrativo del 2004 “ che ha incrementato l’indennità in esame a seguito delle specifiche autorizzazioni di spesa previste dalla legge 23 dicembre 2003, n- 350 (legge finanziaria 2004) ” e come avvenuto anche l’anno precedente in applicazione dell’articolo 33, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003).

Nonostante si debba riconoscere che gli appellanti svolgono con grande impegno ed abnegazione anche attività di prevenzione e salvataggio in ambienti acquatici (come altri dipendenti appartenenti al comparto pubblico delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare) e che la normativa ha progressivamente introdotto un sistema di tendenziale e progressivo (ma non definitivamente concluso) allineamento del relativo trattamento economico dei dipendenti delle varie amministrazioni, la questione è stata risolta dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza 3 marzo 2015, n. 27, con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge n. 78/1983.

Con tale pronuncia, il Giudice delle leggi ha, tra l’altro, stabilito che “ i destinatari della norma censurata sono solo gli appartenenti alle Forze armate, mentre l’estensione al personale delle Forze di polizia è avvenuta con ulteriori disposizioni di legge, che fissano peculiari equiparazioni tra i gradi o rimandano a specifiche tabelle, come l’art. 3, commi 18-bis e 18-quater, del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387 (Copertura finanziaria del d.P.R. 10 aprile 1987, n. 150, di attuazione dell’accordo contrattuale triennale relativo al personale della Polizia di Stato ed estensione agli altri Corpi di polizia) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 20 novembre 1987, n. 472, e l’art. 11 del d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, recante «Recepimento dell’accordo sindacale del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo di polizia penitenziaria e Corpo forestale dello Stato) e del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante le Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei carabinieri e Corpo della Guardia di finanza)», in seguito modificato dall’art. 13 del d.P.R. 18 giugno 2002, n. 164 (Recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e dello schema di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003).

In una vicenda analoga concernente l’indennità di navigazione (Consiglio di Stato, Sezione III, 18 aprile 2023, n. 3940) e avente rilievo ai fini del decidere il presente appello, con ordinanza 17 novembre 2015, n. 264, la Corte Costituzionale ha altresì stabilito che il completamento del percorso finalizzato al progressivo allineamento retributivo non comporta necessariamente l’illegittimità della norma sospettata dal Tar remittente di incostituzionalità, atteso che la disposizione, “nel riconoscere l’emolumento in esame al personale delle Forze armate, non contiene alcun divieto implicito di riservare un trattamento analogo ad altre categorie di pubblici dipendenti e, in particolare, non impedisce che il riallineamento stipendiale sia raggiunto attraverso le apposite procedure negoziali ”, e considerato che “ la norma denunciata dal rimettente è, pertanto, inidonea a sostenere l’oggetto della censura (sentenza n. 303 del 1992, per un caso analogo) e avrebbe potuto essere evocata, tutt’al più, quale tertium comparationis su cui misurare l’asserita lesione del principio di uguaglianza ”, ma che “ l’inidoneità della norma censurata a costituire pertinente riferimento per la questione sollevata è confermata dalla considerazione che una sua eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale produrrebbe, paradossalmente, una inammissibile duplicazione di benefici dello stesso genere a favore del personale interessato, l’uno derivante dal trattamento proprio dei vigili del fuoco, l’altro dall’estensione ad essi dell’indennità riconosciuta ai militari (sentenza n. 146 del 2008, per un caso analogo) ”.

4. Ricondotta la questione nei termini che precedono, ritiene il Collegio che la Corte Costituzionale abbia indicato nella (mancata) contrattazione collettiva l’origine della lesione lamentata dagli appellanti, come correttamente stabilito dal Tribunale territoriale, là dove nella sentenza impugnata ha stabilito che, “ la definizione del trattamento retributivo fondamentale e accessorio del personale dei Vigili del Fuoco, infatti, è rimessa a un apposito procedimento negoziale – nell’ambito del comparto autonomo denominato “vigili del fuoco e soccorso pubblico” - che si conclude con l’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica ed è vincolato dalla disponibilità delle risorse stanziate annualmente dalla legge finanziaria (artt. 34 - 38 e 80 - 84 del D. Lgs. 13 ottobre 2005, n. 21, recante “Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell’articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252 ”.

Con motivazione immune dai vizi denunciati, il Tar Calabria ha inoltre osservato che “ la legittimità delle impugnate determinazioni trova, altresì, ragione nella natura strettamente vincolata del trattamento retributivo del personale dipendente dalla pubblica amministrazione che, segnatamente per quello non contrattualizzato, ha il proprio fondamento in atti normativi non disapplicabili da parte del datore di lavoro pubblico né suscettivi di estensione … al di fuori dei casi tassativamente stabiliti ed individuati ”, con la conseguenza che non emergono in evidenza gli ulteriori profili di asserita illegittimità costituzionale dell’articolo 4 dedotti dagli appellanti, avendo il Giudice delle leggi esaminato compiutamente le varie questioni sottese alle due pronunce sopra citate.

5. D’altra parte, va conclusivamente osservato che anche gli stessi appellanti sembrano essere consapevoli che la loro impugnativa si appunta contro l’impianto complessivo della normativa in materia, piuttosto che contro atti o comportamenti della P.A., atteso che la lamentata mancata equiparazione ad altri dipendenti pubblici appartenenti a diversi Corpi dello Stato deriva, in effetti, dalla mancata contrattazione conseguente alle limitate risorse finanziarie, che hanno impedito al Legislatore di individuare, allo stato, la provvista, in modo da consentire, nell’ambito della delegificazione, l’adozione del relativo d.P.R. conseguente all’intervenuto accordo sindacale (pag. 6 della sentenza appellata).

Gli appellanti, infatti, denunciano la “ingiustificabile (rectius irrazionale) disparità di trattamento retributivo a fronte di mansioni e responsabilità., in particolare per quanto qui interessa, per gli specialisti nautici VV.F.F” e contestano, con riferimento alla disposizione di cui sospettano l’illegittimità costituzionale “ l’irrazionalità normativa contrariamente a quanto stabilito dall’art. 97 Cost. ” (pag. 20 dell’appello).

In definitiva, osserva il Collegio, la condizione perché possa essere riconosciuta anche in favore degli appartenenti ai Vigili del Fuoco, al pari di altri Corpi, l’indennità di imbarco è subordinata al realizzarsi della fattispecie a formazione progressiva per cui vengono individuate prioritariamente le risorse in sede di bilancio di previsione dello Stato e, successivamente, che sia attivata la contrattazione collettiva.

In base a tutte le considerazioni che precedono, dunque, l’appello non può trovare accoglimento.

6. In considerazione della novità della questione contenziosa e della limitata attività difensiva del Ministero dell’interno, le spese del giudizio possono, tuttavia, essere compensate.

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