Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-08-17, n. 202307795

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-08-17, n. 202307795
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307795
Data del deposito : 17 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/08/2023

N. 07795/2023REG.PROV.COLL.

N. 01839/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1839 del 2023, proposto dall’Associazione Italia Nostra Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A S C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Cipess – Comitato interministeriale per la programmazione economica e sviluppo sostenibile, la Presidenza del consiglio dei Ministri, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, il Ministero della Cultura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
la Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Luisa Londei, Tito Munari, Francesco Zanlucchi e Giacomo Quarneti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Alberico II n.33;

nei confronti

della Rete Ferroviaria Italiana Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Cintioli e Giuseppe Lo Pinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione prima) n. 00289/2023, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate, di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e della Regione Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2023 il consigliere S M;

Viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado, allibrato al n.r.g. 3357/2022 del T.a.r. per il Lazio, l’odierna appellante, Italia Nostra Onlus, impugnava la delibera n. 56 del 3 novembre 2021 del CIPESS (Comitato Interministeriale per la programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile) avente ad oggetto: “ Programma delle infrastrutture strategiche – legge 21 dicembre 2001, n. 443 (legge obiettivo) collegamento ferroviario con l’aeroporto «Marco Polo» di Venezia: approvazione del progetto definitivo e reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio ” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2022 (CUP J51H03000170001).

1.1. Con il medesimo gravame venivano impugnati altresì la presupposta deliberazione del Consiglio dei Ministri del 16 settembre 2021 nonché il parere n. 131 del 4 novembre 2020, espresso dal Comitato Tecnico VIA della Regione Veneto.

1.2. La vicenda controversa ha ad oggetto l’impugnazione degli atti e dei provvedimenti relativi alla realizzazione del collegamento ferroviario fra l’esistente rete ferroviaria “Venezia-Trieste” e l’aeroporto “Marco Polo” della città di Venezia.

1.3. L’opera consiste nella connessione intermodale tra l’aeroporto “Marco Polo” e la rete ferroviaria esistente “Venezia-Trieste”, mediante un raccordo di circa otto chilometri che, deviando dalla linea ferroviaria esistente “Venezia-Trieste”, consentirà il collegamento fra le due infrastrutture.

L’opera pubblica è stata prevista dal primo programma delle opere strategiche di cui alla legge n. 443/2001, approvato con la delibera n. 121 del 21 dicembre 2001 del Comitato interministeriale per la programmazione economica (d’ora in avanti, “CIPE”).

In data 23 febbraio 2004, il Comitato tecnico regionale VIA della Regione Veneto ha reso il parere n. 68 di compatibilità ambientale.

Il 6 aprile 2004 è stato espresso il parere favorevole sulla localizzazione urbanistica dell’opera e il 26 maggio 2004 la Regione, con la delibera di Giunta regionale n. 1548, ha espresso il giudizio favorevole di compatibilità ambientale.

Con la delibera n. 69 del 27 maggio 2005, il CIPE ha approvato il progetto preliminare dell’infrastruttura, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002 (trasfuso poi nell’art. 165 del d.lgs. n. 163 del 2006).

1.4. Con la lettera di intenti del 26 agosto 2014, l’allora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete Ferroviaria italiana s.p.a. hanno dato atto della necessità di introdurre modifiche per favorire l’accessibilità degli aeroporti di Roma, Milano e Venezia alle principali destinazioni nazionali attraverso servizi ferroviari ad “alta velocità”.

Per quanto qui interessa, il 5 maggio 2015, RFI ha presentato lo “studio di fattibilità” nel quale è stata analizzata, fra le possibili soluzioni finalizzate a perseguire l’obiettivo enunciato nella lettera d’intenti, anche quella poi prescelta nel successivo progetto definitivo (consistente in una soluzione progettuale c.d. a “cappio”, costituito da due sezioni: una di entrata, ad un unico binario che accede alla stazione ferroviaria interrata, posizionata sotto il terminal aeroportuale;
una di ritorno, sempre ad un binario, fino ad interconnettersi con il tratto a doppio binario che riconduce all’asse ferroviario Mestre-Trieste e Trieste-Mestre).

1.5. In data 8 aprile 2020, RFI ha presentato alla Regione Veneto l’istanza prot. n. 149158 per l’effettuazione di una nuova valutazione di impatto ambientale del progetto definitivo, ai sensi del regime transitorio stabilito dall’art. 216, comma 1- bis e 27, del d.lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i..

1.6. Il 4 maggio 2020, la Regione Veneto ha comunicato l’avvenuta pubblicazione sul sito web regionale della documentazione e degli elaborati progettuali trasmessi dal proponente, nonché l’avvio del procedimento, fissando in 30 giorni il termine per la presentazione di osservazioni da parte del pubblico, nonché delle amministrazioni ed enti interessati.

1.7. Dalla pubblicazione del progetto definitivo e degli altri allegati depositati da RFI nell’ambito del procedimento instaurato, sono emersi alcuni dei caratteri salienti del progetto definitivo che, secondo l’appellante, si discostano sensibilmente dalla originaria proposta progettuale approvata dal CIPE nel 2005.

Tali caratteri innovativi sono da individuare nei seguenti elementi:

- sviluppo complessivo di 8,34 km (contro i precedenti 6,85);

- una galleria artificiale - terminale del collegamento - di 3,72 km con soluzione progettuale cosiddetta “a cappio”, che va a lambire la Laguna di Venezia (soluzione ben diversa dalla galleria già progettata che era di “soli” 1,3 km. e con conformazione lineare);

- una stazione interrata passante dove non sono previste soste prolungate dei treni (completamente diversa dalla precedente stazione ferroviaria interrata di testa con 4 binari per lo stazionamento dei convogli sotto il sedime);

- una tipologia di traffico ferroviario misto, locale e Alta Velocità (mentre era solo “locale” nel progetto originario);

- un costo dell’opera di 475 milioni di euro (contro i 223,92 in precedenza preventivati).

1.8. Il progetto, reso pubblico il giorno 8 giugno 2020, è stato discusso nella seduta del 17 giugno 2020 del Comitato Tecnico Regionale VIA, il quale ha condiviso le valutazioni espresse dal gruppo istruttorio incaricato della valutazione e richiesto integrazioni documentali utili al fine della prosecuzione dell’istruttoria, prodotte dalla RFI con nota prot. n. 302385 del 30 luglio 2020.

1.9. Il Presidente del Comitato Regionale VIA ha anche disposto lo svolgimento dell’inchiesta pubblica, nelle forme di cui all’art. 24- bis del d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 15 della l.r. n. 4/2016, alla quale ha partecipato anche la ricorrente Italia Nostra Onlus il cui delegato, tuttavia, è stato ammesso a partecipare nella sola qualità di “uditore”, in dichiarata applicazione dell’art. 15 della l.r. n. 4/2016 secondo il quale possono partecipare all’inchiesta pubblica soltanto i soggetti che precedentemente abbiano presentato osservazioni.

1.10. Il progetto è stato discusso nella seduta del CTR, tenutasi in data 17 giugno 2020.

1.11. Il 13 ottobre 2020, la Regione Veneto, a seguito dello svolgimento dell’inchiesta pubblica ai sensi dell’art. 15 della l.r. n. 4 del 2016, ha presentato richiesta di ulteriori chiarimenti (nota prot. n. 434503).

1.12. Nella seduta del 4 novembre 2020, il CTR ha espresso il parere positivo n. 131, subordinato alle condizioni ambientali dettagliate nel parere stesso.

1.13. La Regione ha adottato la delibera n. 945 del 23 novembre 2020, avente ad oggetto la “ Presa d'atto del Parere favorevole di compatibilità ambientale espresso dal Comitato Tecnico Regionale VIA e trasmissione al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ai fini della emissione da parte del CIPE del Provvedimento di compatibilità ambientale ”, che ha recepito il parere n. 131 del 4 novembre 2020 espresso dal CTR.

1.14. Con la deliberazione di Giunta regionale n. 89 del 2 febbraio 2021, la Regione Veneto ha espresso il suo assenso all’intesa Stato-Regione sulla localizzazione dell’intervento, ai sensi dell’art. 165 del d.lgs. n. 163/2006 e ss.mm.ii..

1.15. Durante la riunione preparatoria del CIPESS del 28 maggio 2021 il Ministero della Cultura ha rilevato che all’altezza del borgo di “Ca’ Litomarino”, e nella doppia ansa del fiume Dese, il progetto definitivo differisce da quello preliminare, allontanandosi di 60 metri dall’asse autostradale A27, interferendo con il borgo di “Ca’ Litomarino” e comportandone la parziale demolizione, pur costituendo tale sito un tipico esempio della “ architettura rurale tradizionale veneta dei territori di bonifica ”, di rilevante interesse ambientale e paesaggistico.

1.16. Nella successiva seduta del 9 giugno 2021 il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili ha precisato che l’opera non può discostarsi dagli ambiti del progetto definitivo già proposto.

1.17. Su richiesta dello stesso MIMS, permanendo il dissenso tra Amministrazioni centrali dello Stato, è stata avviata la procedura ai sensi dell’art. 5, comma 2, lettera c- bis ) della legge 23 agosto 1988, n. 400, ai fini di una complessiva valutazione e armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti da parte del Consiglio dei ministri e dell’adozione del provvedimento di compatibilità ambientale.

1.19. Con deliberazione del 16 settembre 2021, comunicata con nota DICA del 17 settembre 2021 prot.. 25980, il Consiglio dei Ministri ha deciso di “ fare propria la posizione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili in merito all’approvazione del progetto definitivo di collegamento ferroviario con l’aeroporto «Marco Polo» di Venezia e, per l’effetto, di consentire al CIPESS, nella prossima seduta utile, di approvare il progetto definitivo dell’opera in questione nonché di emettere il relativo provvedimento di compatibilità ambientale, ai sensi del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, applicabile ratione temporis ”.

1.20. Con la delibera n. 56 del 3 novembre 2021, il progetto definitivo è stato approvato dal CIPESS.

1.21. Tale ultima delibera, unitamente alla delibera del Consiglio dei Ministri del 16 settembre 2021 e agli atti presupposti, è stata impugnata da Italia Nostra in primo grado, sulla base di nove articolati mezzi di gravame (estesi da pag.14 a pag. 45).

1.22. L’odierna appellante ha proposto, altresì, motivi aggiunti deducendo un ulteriore mezzo di gravame.

2. Nella resistenza delle Amministrazioni statali intimate, della Regione Veneto e di RFI, il T.a.r.:

- ha dichiarato irricevibili i motivi aggiunti;

- ha respinto il ricorso introduttivo;

- ha compensato tra le parti le spese di lite.

3. La sentenza è stata appellata dall’Associazione Italia Nostra, rimasta soccombente.

L’appello è affidato ai seguenti motivi:

I. Omessa o insufficiente motivazione e/o valutazione della situazione di fatto, dei motivi di diritto quali svolti da Italia Nostra e della documentazione fornita a dimostrazione della illegittimità dei provvedimenti impugnati col primo motivo del ricorso introduttivo (CAPO n. 3 della parte in diritto della sentenza impugnata): violazione ed errata applicazione dell’art. 14 della l.r. n. 4/2016 .

Relativamente alla violazione dell’art. 14, comma 3, della legge della Regione Veneto 18 febbraio 2016, n. 4, nella parte in cui dispone la “ presentazione al pubblico dei contenuti del progetto e dello studio di impatto ambientale, secondo le modalità concordate con il Comune direttamente interessato dalla localizzazione dell’impianto, opera o intervento ”, l’appellante contesta l’interpretazione del T.a.r. secondo cui il termine ivi stabilito avrebbe carattere meramente ordinatorio.

L’appellante ha poi richiamato, al riguardo, anche l’art.1, comma 2- bis , della legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo cui “ I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede ”.

Nel caso in esame, la modifica del progetto originario, che aveva avuto il plauso di enti locali e cittadini, come pure le violazioni procedurali denunciate, comporterebbero anche una violazione del principio dell’affidamento.

II. Omessa o insufficiente motivazione e/o valutazione della situazione di fatto, dei motivi di diritto quali svolti da Italia Nostra e della documentazione fornita a dimostrazione della illegittimità dei provvedimenti impugnati col secondo motivo del ricorso introduttivo (CAPO n. 4 della parte in diritto della sentenza impugnata): error in procedendo per illegittimità dell’inchiesta pubblica e incostituzionalità .

L’appellante ha contestato altresì il capo 4 della parte in diritto della sentenza impugnata e riproposto la questione di costituzionalità dell’art. 15, comma 2, della l.r. del Veneto 18 febbraio 2016, n. 4, nella parte in cui limiterebbe in modo ingiustificato la partecipazione procedimentale da assicurare invece (secondo quanto sarebbe previsto dall’art. 24 – bis del d.lgs. n. 152 del 2006) « a chiunque lo richieda »

III. Omessa, inconferente e insufficiente motivazione e/o valutazione della situazione di fatto, dei motivi di diritto quali svolti da Italia Nostra e della documentazione fornita a dimostrazione della illegittimità dei provvedimenti impugnati col quarto motivo del ricorso introduttivo (CAPO n. 6 della parte in diritto della sentenza impugnata): omesso incardinamento della procedura VIA in sede statale e incompetenza .

L’appellante ripropone la tesi secondo cui indipendentemente dalla normativa applicabile – codice appalti vigente, d.lgs. n. 163/2006 o norme previgenti – le norme regolatorie della competenza in materia di VIA sono rimaste invariate, e sono queste che provocherebbero una “traslazione” della competenza in sede statale nel caso di modifiche progettuali atte ad ospitare una diversa tipologia di traffico ferroviario (da metropolitano a lunga percorrenza).

IV. Omessa o insufficiente motivazione e/o valutazione della situazione di fatto, dei motivi di diritto quali svolti da Italia Nostra e della documentazione fornita a dimostrazione della illegittimità dei provvedimenti impugnati col quinto motivo del ricorso introduttivo (CAPO n. 7 della parte in diritto della sentenza impugnata): violazione ed errata applicazione degli artt. 5 e 6 del D.P.R. n. 357/1997, dell’art. 10, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 e della D.G.R. n. 1400/2017 in materia di Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA). Violazione della direttiva 92/43/CEE “Habitat” e della direttiva 79/409/CEE “Uccelli” ora direttiva 2009/147/CE .

In relazione alla ZSC IT3250031 “Laguna superiore di Venezia” (doc. 32 fascicolo di primo grado dell’appellante) e alla ZPS IT3250046 “Laguna di Venezia” (doc. 33 fascicolo di primo grado dell’appellante), sarebbe stata completamente omessa la verifica di non necessità della procedura per la Valutazione di Incidenza Ambientale (c.d. fase di Screening) ai sensi degli artt. 5 e 6 del d.P.R. n. 357/1997 e del paragrafo 2.2 dell’Allegato A della deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1400 del 29 agosto 2017 (doc. 34 fascicolo di primo grado dell’appellante), benché l’opera pubblica sia finitima a zone di interesse comunitario e la stessa galleria artificiale disti poche centinaia di metri dalla Laguna di Venezia.

L’appellante ribadisce la mancanza dei seguenti documenti:

- Dichiarazione di non necessità di Valutazione di Incidenza in relazione alla ZSC IT3250031 e alla ZPS IT3250046;

- Relazione Tecnica redatta ai sensi dell’Allegato A della D.G.R.V. n. 1400 del 29 agosto 2017 in relazione alla ZSC IT3250031 e alla ZPS IT3250046.

V. Omessa o insufficiente motivazione e/o valutazione della situazione di fatto, dei motivi di diritto quali svolti da Italia Nostra e della documentazione fornita a dimostrazione della illegittimità dei provvedimenti impugnati col sesto motivo del ricorso introduttivo (CAPO n. 8 della parte in diritto della sentenza impugnata): violazione ed errata applicazione dell’art. 183, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006, dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 e del D.M. 1° agosto 1985 .

Col sesto motivo di impugnazione l’appellante censurava l’assenza di ogni valutazione di compatibilità paesaggistica del progetto ( ex art. 183, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006) con un’importante area sottoposta a vincolo interferita dal tracciato ferroviario, ossia l’ambito della Laguna di Venezia dichiarato di notevole interesse pubblico, ai sensi della legge 1497/1939, con D.M. 1° agosto 1985 recante “Dichiarazione di notevole interesse pubblico riguardante l’ecosistema della laguna Veneziana sito nel territorio dei comuni di: Venezia, Jesolo, Musile di Piave, Quarto d’Altino, Mira, Campagna Lupia, Chioggia e Codevigo” (doc. 37 fascicolo di primo grado dell’appellante).

Del pari è stata contestata l’assenza di qualsivoglia autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 riferita a tale ambito di tutela.

Per quanto riguarda i vincoli che graverebbero sull’area l’appellante richiama i documenti depositati in previsione dell’udienza del 4 novembre 2022: l’elaborato progettuale n. 888 “Carta dei vincoli” (doc. 59 fascicolo di primo grado dell’appellante), dove è la stessa RFI S.p.A. ad ammettere l’insistenza della galleria artificiale all’interno dell’area tutelata, e l’elaborato progettuale n. 885 “ Relazione paesaggistica” ( doc. 60 fascicolo di primo grado dell’appellante) dove a pag. 53 è riportato come “I cantieri AS01, AT01, AT02, AT03, CO04 e CO05 ricadono nell’area a vincolo paesaggistico e archeologico ”.

In ogni caso il contestato documento n. 38 del fascicolo di primo grado dell’appellante è costituito dalla planimetria ufficiale della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Venezia del D.M. 1° agosto 1985, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 223 del 21 settembre 1985, e da esso si evince chiaramente come tutto il sedime dell’aeroporto “Marco Polo” insista nell’ambito dell’area tutelata, e come conseguentemente vi ricadano anche i 4 km di galleria artificiale (c.d. “cappio”) previsti al suo interno e al suo servizio.

Il documento n. 40 del fascicolo di primo grado dell’appellante, infine, rappresenta graficamente l’interferenza dell’opera pubblica con il sito UNESCO C394 “Venezia e la sua Laguna”, il cui confine coincide esattamente con il perimetro del D.M. 1° agosto 1985.

In sede di primo grado di giudizio sarebbe stata data ampia prova di come il tracciato interferisca con i vincoli menzionati.

Ogni intervento previsto all’interno del sedime aeroportuale è subordinato al rilascio di autorizzazione paesaggistica, in quanto tale sedime ricade interamente all’interno dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico.

L’appellante prosegue evidenziando che aver redatto una relazione paesaggistica non equivale a che l’intervento sia stato assentito dal punto di vista paesaggistico.

Non sarebbe poi determinante la natura ipogea dell’intervento anche perché, in realtà, gran parte della stazione ferroviaria è stata progettata fuori terra.

Sarebbe irrilevante anche la mancata presentazione da parte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per Venezia e Laguna del proprio parere nell’ambito della Conferenza di servizi del 30 luglio 2020 poiché la stessa, come indicato nella sentenza impugnata, ha natura “istruttoria”.

VI. Omessa motivazione sull’errore di fatto conclamato censurato con il sesto motivo del ricorso introduttivo (capo n. 8 della parte in diritto della sentenza impugnata), in relazione alla protezione internazionale del sito Unesco, “Venezia e la sua Laguna ”.

Il T.a.r. avrebbe omesso ogni motivazione in ordine all’ulteriore profilo di illegittimità degli atti impugnati denunciato nel sesto motivo del ricorso introduttivo, ossia l’assenza di valutazione di compatibilità del progetto con il sito “Venezia e la sua Laguna” iscritto dal 1987 nella World Heritage List dell’UNESCO (Italy) (C394).

Secondo l’appellante non sarebbe infatti vero quanto indicato nell’allegato I alla delibera CIPESS n. 56 del 2021, poiché l’opera non insisterebbe nella “ buffer zone ” ma nella zona “ core ”, in cui ricadrebbe in particolare la galleria artificiale.

L’infrastruttura sarebbe stata quindi autorizzata in violazione degli obblighi internazionali che vietano “ tutti i nuovi progetti a larga scala all’interno del sito ”.

VII. Omessa motivazione e/o valutazione della situazione di fatto, dei motivi di diritto quali svolti da Italia Nostra e della documentazione fornita a dimostrazione della illegittimità dei provvedimenti impugnati con l’ottavo motivo del ricorso introduttivo (CAPO n. 10 della parte in diritto della sentenza impugnata): omessa motivazione della deliberazione del CdM e incostituzionalità.

Il T.a.r. avrebbe inoltre omesso ogni motivazione in merito all’ulteriore profilo di illegittimità costituzionale sollevato dalla ricorrente nell’ottavo motivo del ricorso introduttivo, ossia la violazione dell’art. 9 Cost. da parte dell’art. 5, comma 2, lettera c- bis ) della legge n. 400/1988.

In materia di devoluzione al Consiglio dei ministri di questioni involgenti interessi culturali e paesaggistici, non sarebbe sufficiente la disposizione generale di obbligo motivazionale contenuta nell’art. 3, comma 1, della legge n. 241/1990 ma si renderebbe necessaria una previsione di obbligo motivazionale puntuale ed “esplicita” alla luce di quanto stabilito dalla stessa Corte costituzionale (sentenza n.196/2004).

Nel caso in esame, il Consiglio dei ministri del 16 settembre 2021 avrebbe adottato una deliberazione totalmente priva di motivazione, non essendo possibile capire quali siano stati i motivi per cui si è giudicata prevalente la posizione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili rispetto a quella del Ministero della Cultura (con riguardo alle interferenze con il borgo “Cà Litomarino”).

VIII. Omessa motivazione e/o valutazione della situazione di fatto, dei motivi di diritto quali svolti da Italia Nostra e della documentazione fornita a dimostrazione della illegittimità dei provvedimenti impugnati coi Motivi Aggiunti (Capo n. 12 della parte in diritto della sentenza impugnata): violazione ed errata applicazione dell’art. 183, comma 6, del d.Lgs. n. 163/2006 e incompetenza della delibera CIPESS n. 56/2021 .

La società ha infine contestato la declaratoria di irricevibilità dei motivi aggiunti. Essa ribadisce infatti che la copia integrale della deliberazione del 16 settembre 2021 del Consiglio dei ministri, comunicata con nota del Dipartimento per il coordinamento amministrativo-DICA del 17 settembre 2021 PROT. 25980, è stata depositata dall’Avvocatura Generale dello Stato nel corso del giudizio in data 11 aprile 2022. Solo da quel momento, essa avrebbe pertanto avuto contezza della deliberazione nella sua versione integrale, e quindi avrebbe potuto appurare che essa non conteneva un autonomo provvedimento di compatibilità ambientale.

L’appellante ha pertanto riproposto le censure articolate con i motivi aggiunti in primo grado.

5. Si sono costituite per resistere le Amministrazioni intimate, la società RFI e la Regione Veneto.

6. L’appellante, RFI, e le Amministrazioni difese dall’Avvocatura dello Stato, hanno depositato memorie conclusionali. Italia Nostra ha depositato anche una memoria di replica.

7. L’appello, infine, è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 25 maggio 2023.

8. L’appello è infondato e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

9. In primo luogo, va dato atto del fatto che non risultano impugnati i capi nn. 5, 9 e 11 della parte in diritto della sentenza di primo grado con i quali sono stati respinti i motivi 3, 7 e 9 articolati in primo grado.

9.1. È altresì possibile prescindere dalle eccezioni di inammissibilità proposte dalla società RFI in quanto l’appello è infondato nel merito e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

10. Giova anzitutto richiamare le statuizioni contenute nella sentenza della Sezione n. 1555 del 14 febbraio 2023, in ordine al procedimento di approvazione dell’infrastruttura di cui trattasi.

10.1. L’opera è qualificabile come “infrastruttura strategica” in quanto inclusa, dalla delibera CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121, nel 1° Programma delle infrastrutture strategiche che include nell’Allegato 1, la voce «Allacciamenti ferroviari e stradali grandi hub aeroportuali» e che all’Allegato 2, con riferimento alla Regione del Veneto, nella voce «hub portuali e aeroportuali», include i «Collegamenti ferroviari con aeroporti veneti (Venezia - Verona)».

Il progetto definitivo è stato approvato facendo applicazione degli artt. 161 e ss. del d.lgs. n. 163 del 2006, in dichiarata applicazione di quanto previsto dall’art. 216, comma 1- bis e comma 27, del d.lgs. n. 50 del 2016.

In particolare, l’art. 216, comma 1- bis , d.lgs. n. 50/2016, dispone che: “ Per gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche di cui alla disciplina prevista dall’articolo 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del presente codice, i relativi progetti sono approvati secondo la disciplina previgente. Fatto salvo quanto previsto al comma 4-bis, per le procedure di gara si applica quanto previsto al comma 1 ”.

L’art. 216, comma 27, d.lgs. n. 50/2016, prevede che: “ Le procedure per la valutazione di impatto ambientale delle grandi opere avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto secondo la disciplina già prevista dagli articoli 182, 183, 184 e 185 di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n . 163, sono concluse in conformità alle disposizioni e alle attribuzioni di competenza vigenti all'epoca del predetto avvio. Le medesime procedure trovano applicazione anche per le varianti ”.

Nel delineare la disciplina transitoria del passaggio dal “vecchio” al “nuovo” codice dei contratti pubblici (e cioè dal d.lgs. n. 163/2006 al d.lgs. n. 50/2016), la norma individua l’avvenuto avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, quale fatto giuridicamente rilevante a fungere da “spartiacque” tra le due discipline.

L’interpretazione risulta corroborata dall’interpretazione sistematica, in quanto sia l’art. 216, comma 1- bis , che l’art. 216, comma 27 (quest’ultima disposizione con riferimento al giudizio di compatibilità ambientale), esprimono la medesima necessità di perpetuare l’applicazione della medesima disciplina rispetto alla realizzazione di opere di “preminente interesse nazionale” (art. 161, d.lgs. n. 163/2006).

La medesima norma perimetra il suo campo di applicazione facendo espresso riferimento all’emanazione del provvedimento di approvazione dei progetti (“i relativi progetti sono approvati”) degli “interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche di cui alla disciplina prevista dall’articolo 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, che sono, per l’appunto, le infrastrutture strategiche già disciplinate dalla legge 21 dicembre 2001 n. 443, a cui l’art. 163, d.lgs. n. 163/2006, fa costante richiamo;
a cui si riferiscono le disposizioni “seguenti” la disposizione da ultimo citata;
a cui è intitolato il Capo IV del d.lgs. n. 163/2006, sedes materiae, per l’appunto, dell’art. 163.

Questa esegesi del testo normativo collima, peraltro, anche con una sua interpretazione teleologica, in quanto la disciplina transitoria dell’art. 216 d.lgs. n. 50/2016 risulta improntata ad evitare una possibile discontinuità o eventuali antinomie fra le competenze e i procedimenti seguiti per la fase della progettazione preliminare e per quella della progettazione definitiva.

Applicando la norma in questione al caso di specie risulta che alla data in cui è entrata in vigore della disciplina del d.lgs. n. 50/2016, la procedura di valutazione di impatto ambientale relativamente al progetto preliminare del “collegamento ferroviario con l’aeroporto «Marco Polo» di Venezia” risultava essere già stata “avviata”.

10.2. La Sezione ha anche escluso che le modifiche apportate dal progetto definitivo rispetto a quanto stabilito dal progetto preliminare, siano tali da configurare una vera e propria ri-progettazione dell’opera.

Secondo la consolidata giurisprudenza in materia di infrastrutture strategiche, è infatti “ fisiologico che tra progetto preliminare e progetto definitivo vi siano delle differenze, specie nella parte in cui la progettazione definitiva recepisca gli apporti procedimentali e partecipativi emersi nel corso del procedimento ”, essendosi peraltro rimarcato che “ qualora in sede di approvazione del progetto definitivo vi sia stata una sensibile variazione rispetto al preliminare ed una significativa modificazione dell'impatto globale del progetto sull’ambiente, la VIA deve essere rinnovata e ripetuta ” (Cons. Stato, Sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1164;
cfr. anche Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6667)..

Il che è quanto esattamente avvenuto nella fattispecie, in cui la Regione ha provveduto a rinnovare il procedimento di VIA sull’istanza presentata da RFI ai sensi degli articoli 167, comma 7, 182, comma 4 e 183 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Le variazioni tra fasi progettuali costituiscono del resto il fisiologico sviluppo della progettazione e sono ammesse anche modifiche “significative” fra il progetto preliminare e quello definitivo, senza che ciò comporti la soluzione di continuità tra i progetti che si sono avvicendati diacronicamente oppure l’illegittimità del provvedimento di approvazione del progetto dell’opera contenente tali “significative” modifiche.

L’unica conseguenza che si trae dalla sussistenza di queste modifiche è costituita dalla necessità di ripetere la VIA.

10.3. Nel caso di specie, la Sezione ha poi specificamente accertato che “ nel passaggio tra le due fasi di progettazione, sono rimaste immutate le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire ”.

In ogni caso - pure a volere considerare come “sensibili modifiche” quelle apportate - la valutazione ambientale dell’opera è stata rinnovata, con conseguente legittimità, sotto questo profilo, dell’operato dell’Amministrazione.

In tal senso, il primo giudice ha efficacemente sottolineato che “ la funzione della valutazione di impatto ambientale richiesta nel 2020, nella sua più ampia formulazione riguardante l’intero progetto, lungi dal rappresentare un nuovo procedimento ” ha rappresentato “ un mezzo efficace per verificare la coerenza di un’autorizzazione con la normativa sopravvenuta o con la protezione di ulteriori beni e interessi, medio tempore intervenuti, ratio tutelata vieppiù dall’estensione della valutazione all’intero progetto invece che al segmento ultimo, frutto di sviluppi ed approfondimenti progettuali richiesti ” già in sede di approvazione del progetto preliminare.

10.4. Le considerazioni che precedono destituiscono di fondamento il motivo di appello sub III con il quale è stato criticato l’omesso incardinamento della VIA in sede statale (motivo n. 4 del ricorso di primo grado).

Né vale a diversamente configurare le competenze in materia il fatto che la bretella aeroportuale sia tecnicamente idonea anche al passaggio dei treni ad alta velocità poiché essa, dal punto di vista del traffico, è comunque dedicata quasi esclusivamente al trasporto regionale e locale (cfr. la nota del Ministero dei Traporti prot. n. 674 del 27 gennaio 2021, doc. n. 21 della Regione, primo grado).

In tal senso il primo giudice ha fatto osservare, senza idonea contestazione ex adverso , che “ Lo stesso riferimento all’Alta Velocità [...] non deve essere eccessivamente enfatizzato in quanto si è pur sempre al cospetto di una breve tratta ferroviaria che potrà anche (ma non prevalentemente) essere utilizzata dai treni che percorrono grandi distanze e che, tuttavia, ha come sua finalità specifica quella di collegare l’aeroporto alla stazione ferroviaria di Mestre – Venezia ”.

11. L’appellante ha poi riproposto – in maniera critica rispetto alla sentenza di primo grado - le censure le censure di carattere procedimentale.

11.1. Nello specifico è stato anzitutto riproposto il primo motivo di ricorso, con il quale l’Associazione ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 14, comma 3, della legge regionale 18 febbraio 2016, n. 4 (con riferimento al mancato rispetto del termine di 20 giorni che debbono intercorrere tra la pubblicazione degli atti di cui al comma 3 e la presentazione del progetto al pubblico).

11.2. Al riguardo va confermata la valutazione del primo giudice, secondo cui il termine di cui si lamenta l’inosservanza è un termine a carattere ordinatorio, alla cui violazione la stessa norma di legge invocata da parte ricorrente non collega alcuna conseguenza.

Tale rilievo è suffragato, nella fattispecie, dalla circostanza che Italia Nostra ha continuato ad inviare, ben oltre il termine del 14 giugno 2020, ulteriori osservazioni critiche che sono state pubblicate sul sito regionale per entrare nell’istruttoria di VIA regionale svolta dal C.T.R.

In concreto, non vi è quindi stata alcuna lesione delle garanzie di partecipazione procedimentale.

In linea generale va peraltro evidenziato che l’art. 25, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006, invocato dall’appellante (“7. Tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 ”), riguarda i termini previsti dalla disciplina statale mentre la “presentazione al pubblico” è un adempimento proprio e specifico della l.r. n. 4 del 2016.

A ciò si aggiunga che la “perentorietà” è stabilita da tale disposizione allo specifico fine di attivare i poteri sostitutivi per la tempestiva conclusione del procedimento, nonché di disciplinare, a fini risarcitori, le conseguenze del ritardo.

La violazione del termine di conclusione del procedimento di VIA non rende perciò inefficace e/o illegittima l’attività sino a quel momento svolta.

11.3. Per quanto riguarda le disposizioni regionali in materia di V.I.A., più pertinente, semmai, è l’art. 3 – quinquies, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui “ Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purché ciò non comporti un'arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali ”.

Pertanto, anche sotto il profilo logico – sistematico, la disciplina regionale – che ha introdotto una ulteriore fase procedimentale rispetto alla scansione in sede statale - non può essere interpretata nel modo preteso dalla parte appellante.

11.4. Per quanto riguarda la violazione del “principio dell’affidamento” si osserva che si tratta di censura nuova, sviluppata in primo grado solo in sede di memoria.

Ad ogni buon conto, essa non ha alcun fondamento posto che la modifica del progetto, come in precedenza osservato, è stata determinata da esigenze sopravvenute ed è stata comunque portata a conoscenza del pubblico secondo le specifiche procedure applicabili in materia di infrastrutture strategiche.

12. Con il secondo motivo articolato in primo grado, Italia nostra ha lamentato di essere stata sì autorizzata a partecipare all’inchiesta pubblica di cui all’art. 24- bis de d.lgs. n. 156 del 2006 (a mente del quale “1. L'autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico di cui all'articolo 24, comma 3, primo periodo, si svolga nelle forme dell'inchiesta pubblica, con oneri a carico del proponente, nel rispetto del termine massimo di novanta giorni. L'inchiesta si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, predisposti dall'autorità competente ”) ma soltanto nella veste di “uditore”, in applicazione della norma di legge regionale che consente la partecipazione all’inchiesta pubblica dei soli soggetti che abbiano presentato osservazioni in precedenza (art. 15, comma 2, della l.r. n. 4 del 2016, secondo cui “2. L'inchiesta pubblica è disposta dal Presidente della Comitato tecnico VIA competente, che la presiede, individuando la sede in cui si svolge e consiste nell'audizione da parte del Comitato medesimo di coloro che hanno presentato osservazioni, in contraddittorio con il soggetto proponente .”.

12.1. Al riguardo, non risulta corretta l’esegesi della norma statale proposta dall’appellante.

Le disposizioni in materia di inchiesta pubblica costituiscono infatti un’alternativa al procedimento di pubblicazione e presentazione, in forma scritta, di osservazioni.

Ne deriva che non vi è alcun ostacolo a che tale eventuale sviluppo procedimentale integri la fase delle osservazioni presentate in forma scritta, come esplicitato dalla normativa regionale in esame.

L’art. 15, comma 2, della l.r. n. 4 del 2016 non limita infatti a priori la partecipazione al procedimento VIA regionale ma si limita a collegare la partecipazione piena all’inchiesta pubblica all’assolvimento dell’onere costituito dalla previa presentazione di osservazioni.

Nel caso di specie, la partecipazione dell’Associazione appellante all’inchiesta in qualità di semplice uditore “ deve ritenersi il frutto di una sua scelta mentre, in generale, la fissazione di un limite alla partecipazione piena nei confronti dei soggetti che non abbiano presentato, nel rispetto del relativo termine procedimentale, le osservazioni, non integra una scelta legislativa irragionevole, in quanto essa tende ad operare un opportuno coordinamento tra, da un lato, l’esigenza di ampia partecipazione ai procedimenti afferenti alla materia ambientale (partecipazione comunque assicurata nella fase anteriore all’apertura dell’inchiesta pubblica) e la necessità, dall’altro, che il dibattito pubblico si svolga in modo ordinato attraverso una concentrazione progressiva degli interessi e delle questioni da valutare in vista del deliberato finale ” (così la sentenza di primo grado, par. 4 della parte in diritto).

In tal senso depone, peraltro, lo stesso art. 3 quinquie s, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 in precedenza richiamato, secondo cui la disciplina regionale in materia di VIA non deve comportare ingiustificati aggravi procedimentali.

12.2. In definitiva, la disciplina regionale non restringe affatto le prerogative di partecipazione previste dalla norma statale.

Ne deriva che anche la questione di illegittimità costituzionale prospettata da Italia Nostra risulta manifestamente infondata.

13. Con il quinto motivo articolato in primo grado, l’appellante ha lamentato il fatto che sia stata verificata la necessità della procedura di Valutazione di Incidenza relativamente alla zona ZSC/ZPS IT3250016 “Cave di Gaggio” e non anche alla ZSC IT3250031 “Laguna superiore di Venezia” e alla ZPS IT3 250 046 “Laguna di Venezia”, come sarebbe stato invece doveroso alla luce dell’asserita interferenza del progetto con l’ambito lagunare.

Il primo giudice ha messo in luce, al riguardo, che la censura è rimasta del tutto astratta non essendo contestato il fatto che nello Studio di Impatto Ambientale allegato al progetto definitivo siano state analizzate anche queste potenziali interferenze, concludendosi tuttavia per l’assenza di necessità di ulteriori approfondimenti “ in ragione della distanza dell’ambito di studio e dal bacino di influenza del progetto ”.

In tale senso, rispetto agli eventi ipotizzati in sede di ricorso, la Regione Veneto ha fatto osservare che:

a) per quanto riguarda l’eventuale risalita del cuneo salino, si tratta di un evento dannoso che può, in astratto, danneggiare l’entroterra ma non la Laguna di Venezia che è costituita da acqua salsa.

In sede di risposta alla richiesta di integrazioni (doc. 11, Regione, primo grado) la società proponente ha fatto specificamente osservare sulla questione quanto segue: “ Si ritiene che il sistema di abbassamento delle acque di falda previsto durante la realizzazione della galleria non possa dare un contributo significativo al richiamo di acque costiere e conseguente ingresso del cuneo salino o all’accelerazione della subsidenza. Questo per le seguenti motivazioni :

- Il sistema risulterà operativo per periodi di tempo molto brevi, fino al completamento dei diaframmi e del tappo di fondo in jet grouting. Tali tempistiche di pompaggio non risultano significative se comparate con i tempi di pompaggio prolungati nel corso di anni da parte di sistemi di emungimento distribuiti capillarmente nel territorio e che hanno effettivamente causato un richiamo del cuneo salino dalla costa nell’area veneziana .

- Il pompaggio sarà effettuato lungo il solo tracciato della galleria, ed operando per conci, ove è stato calcolato che l’effetto del pompaggio sarà identificabile ad una distanza massima di alcune decine di metri dal tracciato stesso a causa delle caratteristiche granulometriche dei terreni presenti nell’area che danno origine a coni di emungimento piuttosto ristretti. Il pompaggio verrà dunque realizzato in una fascia di territorio arealmente molto limitata, e che inoltre risulta già fortemente perturbata dal punto di vista idrogeologico a causa del pompaggio estensivo a fini agricoli e dal pompaggio continuo operato dai consorzi di bonifica. Il pompaggio verrà dunque realizzato in una fascia di territorio arealmente molto limitata e con conseguenze trascurabili rispetto agli effetti presenti dovuti al pompaggio estensivo a fini agricoli e dal pompaggio continuo operato dai consorzi di bonifica ”.

b) per quanto riguarda il rischio idraulico derivante dalla dipendenza da impianti di sollevamento meccanico, segnalato dalla competente Autorità di bacino, il Comitato regionale ha dettato specifico prescrizioni (pag. 49 del parere), da ottemperarsi da parte del proponente in sede di progetto esecutivo;

3) per quanto riguarda la realizzazione di un depuratore dimensionato per consentire lo scarico nei canali vicini delle acque di falda emunte (cfr. ancora il documento doc. 11, p. 10), la società proponente ha specificato che in realtà “ l’emungimento della falda, oltre ad essere esclusivamente finalizzato all’abbassamento della stessa per consentire la realizzazione degli scavi e delle opere, sarà inoltre temporaneo e limitato al periodo di corso d’opera (Piano di Tutela Acque – Regione Veneto, art. 6, lettera w). Pertanto come previsto nel PD le suddette acque di emungimento saranno sversate durante le fasi di cantierizzazione dell’opera direttamente nei corpi idrici superficiali senza nessun trattamento ”.

13.1. Va soggiunto che l’onere di fornire un principio di prova circa l’inattendibilità degli studi predisposti spettava alla ricorrente la quale si è invece limitata soltanto a richiamare le richieste istruttorie della Regione, senza in alcun modo considerare le risposte del proponente e le conclusioni dell’Amministrazione.

13.2. La labilità degli elementi relativi ad una, anche solo, potenziale incidenza delle modifiche progettuali sulle ZSC IT3250031 “Laguna superiore di Venezia” e ZPS IT3250046 “Laguna di Venezia” giustifica, rispetto ad esse, la mancata allegazione della “ Dichiarazione di non necessità di Valutazione di Incidenza ” e della “ Relazione Tecnica ” di cui alla disciplina regionale in materia di VIA (Allegato A della D.G.R.V. n. 1400 del 29 agosto 2017).

14. Con il sesto motivo articolato in primo grado, la ricorrente ha lamentato che non esisterebbe “ alcuna valutazione di compatibilità del progetto con l’altra area sottoposta a vincolo paesaggistico interferita dal tracciato ferroviario, ossia l’ambito della Laguna di Venezia dichiarato di notevole interesse pubblico, ai sensi della legge 1497/1939, con

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