Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-08, n. 202000131
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Testo completo
Pubblicato il 08/01/2020
N. 00131/2020REG.PROV.COLL.
N. 04817/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4817 del 2013, proposto da
A P, rappresentato e difeso dagli avvocati T D C, R R, domiciliato presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Comune di Lariano non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 02273/2013, resa tra le parti, concernente demolizione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 26 novembre 2019 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Nessuno è comparso per le parti;
1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 02273/2013, di reiezione del ricorso proposto dal sig. Palmieri Alessandro avverso l’ordinanza con la quale il comune di Lariano (RM) gli ha ingiunto di demolire un manufatto adibito a rimessaggio/magazzino di mq 30,55 circa, alto in media metri 3,00 circa, per un volume di mc 91,65 circa, realizzato in blocchi di cemento pieni e malta, con tetto a due falde in legno di castagno con soprastanti tegole, privo di intonaco esterno, parzialmente intonacato all’interno, suddiviso in due ambienti.
2. Il ricorrente ha dedotto la illegittimità del provvedimento impugnato nella considerazione che il manufatto sarebbe assistito da concessione edilizia del 1971, non rinvenuta agli atti del Comune.
Attribuendo rilievo dirimente alle aerofoto, dalle quali si evincerebbe che il manufatto in argomento risulta in essere a partire dal 2002, il TAR ha respinto il ricorso.
3. Appella la sentenza il sig. Palmieri Alessandro. Il Comune non si è costituito.
4. Alla pubblica udienza del 26.11.2019 la causa, su richiesta della parte, è stata trattenuta in decisione.
Con il motivo d’appello il ricorrente lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure laddove non avrebbero considerato che lo stesso Comune dubita dell’abusività del manufatto, e dell’inopponibilità, per essere intervenuto successivamente alla realizzazione del manufatto, del vincolo paesaggistico.
5. L’appello è fondato e deve essere accolto ai sensi e nei limiti della motivazione.
Nella relazione tecnica del Comune si legge “il manufatto … sembrerebbe risalente al 1971 con una concessione edilizia a nome del Sig. Guidi Franco … tale nominativo risulterebbe titolare di una Concessione Edilizia dell’anno 1971, presente sul registro delle concessioni rilasciate, ma, – allo stato attuale – negli archivi comunali non è stata trovata copia né della concessione edilizia, tanto meno copia dell’elaborato grafico”.
Ad essa fa riscontro il mancato rinvenimento degli atti relativi a una licenza edilizia che risulta rilasciata a tale Guidi Franco il 20 dicembre 1971 (come da copia estratta dall’elenco licenze edilizie del 1971 (dalla licenza 58 alla licenza 65) e depositata dal Comune il 13 luglio 2012 in allegato a nota del precedente 12 luglio, copia in cui tale licenza ha il numero d’ordine 62 e si colloca fra la licenza n.61 del 20 maggio 1972 (sic), questa apparentemente depennata con un tratto orizzontale, ed altra licenza, avente parimenti il n.62, del 28 novembre 1972 (sic), anch’essa apparentemente depennata con un tratto orizzontale).
Sicché sussistono obiettivi elementi di riscontro della situazione di fatto dedotta dal ricorrente che avrebbero dovuto indurre il Comune, non costituitosi nei due gradi di giudizio, ad un supplemento d’istruttoria prima di adottare l’ordine di demolizione impugnato, avente ad oggetto un manufatto di cui – nei fatti – non è stata previamente accertata l’abusività.
6. Conclusivamente, l’appello è fondato ai sensi della motivazione, e per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, deve essere accolto il ricorso di prime cure.
7. La controvertibilità dei fatti dedotti in causa giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.