Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-03-19, n. 201501505
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Testo completo
N. 01505/2015REG.PROV.COLL.
N. 07575/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7575 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. M G, e elettivamente domiciliato in Roma, alla via Giuseppe Ferrari n. 11, presso lo studio dell'avv. V Cllo, per mandato a margine del ricorso per ottemperanza;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante generale pro-tempore;
rappresentati e difesi
ex lege
dall'Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12
per l'ottemperanza
della decisione del Consiglio di Stato, Sezione IV, n, 5781 del 7 settembre 2004, resa tra le parti, con cui, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, n. 1328 del 21 ottobre 1994, è stato accolto il ricorso in primo grado e annullato il provvedimento di cessazione dal servizio con collocamento in congedo illimitato, con compensazione delle spese del doppio grado di giudizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Finanze e del Comando Generale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2015 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l'avv. Cinzia Meco, per delega dell'avv. M G, per il ricorrente in ottemperanza e l'avvocato di Stato Vittorio Cesaroni per i resistenti Ministero dell'Economia e delle Finanze e Comando Generale della Guardia di Finanza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) -OMISSIS-, militare della Guardia di Finanza, con qualifica di motorista navale, è stato destinatario di un provvedimento di cessazione dal servizio con collocamento in congedo illimitato, e ha proposto ricorso in primo grado respinto dal T.A.R. Lazio con sentenza n. 1328 del 21 ottobre 1994.
Con decisione n. 5781 del 7 settembre 2004, in riforma della predetta sentenza e in accoglimento dell'appello, il provvedimento è stato annullato, sul rilievo della sopravvenuta declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 33 della legge 31 luglio 1954, n. 599, pronunciata con sentenza della Corte Costituzionale n. 126 del 14 aprile 1995.
Con il ricorso in ottemperanza, notificato il 5 settembre 2014 e depositato il 19 settembre 2014, l'interessato -premesso di essere stato riammesso in servizio, e che a titolo di conguagli ed emolumenti spettanti tra la data di decorrenza della riammissione (3 maggio 1990) e quella di riassunzione (25 gennaio 2005) l'Amministrazione gli ha corrisposto la somma di € 58,392,66-, assume che, in realtà, gli sarebbe dovuta la somma complessiva di € 590.281,45 (da cui dedurre quella corrispostagli, trattenuta a titolo d'acconto), perché illegittimamente l'amministrazione avrebbe computato la somma spettante detraendo dalla medesima l'aliunde perceptum , ossia i redditi da lavoro conseguiti nel periodo dal 3 maggio 1990 al 25 gennaio 2005, e chiede altresì il risarcimento del danno da ritardo, ossia della perdita del potere d'acquisto riveniente dall'inesecuzione del giudicato.
Costituitasi in giudizio, l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato in data 16 gennaio 2015 rapporto informativo del Capo ufficio contenzioso trattamento economico della Guardia di Finanza, sostanzialmente volto a proprio atto difensivo, col quale si deduce l'inammissibilità del ricorso per ottemperanza -per essere la questione relativa agli emolumenti spettanti a seguito della riammissione in servizio estranea all'effetto demolitorio e conformativo della decisione ottemperanda- e la sua infondatezza -in ragione della doverosa decurtazione dalle somme dovute dell'aliunde perceptum, sia in ragione della incompatibilità tra redditi di pubblico impiego e redditi da attività autonome o alle dipendenze dei privati, oltre che dei principi desumibili dall'art. 18 della legge n. 300/1970, sia della disposizione, applicabile nell'analogo caso di riammissione in servizio dopo periodo di sospensione dall'impiego, di cui all'art. 931 del codice dell'ordinamento militare, che pure prevede la deduzione dall'importo dovuto di ogni emolumento a qualsiasi titolo percepito per prestazioni e attività svolte grazie alla sospensione.
Con memoria difensiva depositata il 24 gennaio 2015 il ricorrente in ottemperanza ha controdedotto evidenziando come l'appello accolto contenesse testuale domanda di annullamento con conseguente riammissione in servizio con ricostruzione della carriera e il pagamento di tutti gli emolumenti maturati e maturandi a far tempo dalla cessazione dal servizio.
Nella camera di consiglio del 27 gennaio 2015 il ricorso per ottemperanza è stato discusso e riservato per la decisione.
2.) Il ricorso in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, potendosi dunque prescindere dall'eccezione pregiudiziale d'inammissibilità spiegata dalle Autorità statali intimate che, peraltro, non appare meritevole di condivisione, posto che gli effetti del giudicato di annullamento del provvedimento di cessazione dal servizio comprendono la reintegrazione nel servizio, la ricostruzione della carriera e la corresponsione degli emolumenti non percepiti durante il periodo di efficacia dell'atto annullato, salva però, appunto, la deduzione del c.d. aliunde perceptum .
Tale regola, enunciata nell'art. 921 comma 2 lettera b) del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (recante il " Codice dell'ordinamento militare ") -a tenore del quale, dall'importo dovuto in caso di ricostruzione di carriera, va dedotto "ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito in dipendenza di prestazioni e attività svolte grazie alla sospensione dal servizio"-, costituisce principio generale, oggetto di costante e univoca affermazione giurisprudenziale sia amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 febbraio 2003, n. 746, 3 ottobre 2005, n. 7131, 15 gennaio 2009, n. 150, 12 giugno 2014, n. 3007, tra le tante) sia lavoristica (vedi per tutte e tra le più recenti, Cass., Sez. lavoro, 18 maggio 2012, n. 7863 e 17 settembre 2014 n. 19609).
Essa peraltro trova la sua radice nel più generale principio di compensatio lucri cum damno , di nota applicazione in campo risarcitorio, secondo il quale deve considerarsi la sfera patrimoniale del danneggiato nel suo complesso (c.d. danno-interesse), onde nella liquidazione devono computarsi non soltanto le diminuzioni patrimoniali, sebbene anche gli incrementi patrimoniali che siano conseguenza dell'illecito, la cui causa in senso funzionale è nell'elementare esigenza di evitare che il risarcimento, inteso alla reintegrazione della sfera giuridica del danneggiato, si traduca in un arricchimento indebito per quest'ultimo.
Orbene, nel caso di specie non è contestata né la circostanza che il ricorrente, grazie alla cessazione dal servizio, e durante il relativo intervallo temporale di efficacia, abbia svolto attività lavorativa, che in costanza di servizio gli sarebbe stata preclusa, né la misura degli emolumenti percepiti da terzi nel detto periodo, come individuati dall'Amministrazione.
Nella ricostruzione della carriera, e nel calcolo degli emolumenti dovuti, l'Amministrazione, in modo affatto legittimo e lecito ha quindi dedotto dall'ammontare complessivo di stipendi, assegni e indennità fisse dovute la somma globale percepita dal ricorrente per lo svolgimento di tale attività lavorativa, ossia il c.d. aliunde perceptum .
3.) In conclusione il ricorso per ottemperanza in epigrafe deve essere rigettato, restando assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
4.) Sussistono nondimeno giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese e onorari del giudizio di ottemperanza.