Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-25, n. 201901945

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-25, n. 201901945
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901945
Data del deposito : 25 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/03/2019

N. 01945/2019REG.PROV.COLL.

N. 10237/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 10237 del 2009, proposto dall’avvocato A M, rappresentato e difeso dall'avvocato C D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato E P in Roma, via San Basilio, n. 61;

contro

Il Comune di Quartu Sant'Elena, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 678/2009;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il pres. L M e udito l’avvocato Giuseppe Pitaro, su delega dell’avvocato C D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto n. 298 del 7 maggio 1998, il Comune di Quartu Sant’Elena ha ingiunto la demolizione di un fabbricato per civile abitazione e di un locale accessorio, risultati realizzati nella fascia di inedificabilità assoluta dai 150 metri dal mare, successivamente alla imposizione del vincolo previsto dalla legge regionale n. 10 del 1976.

2. Con il ricorso di primo grado n. 1166 del 1998 (proposto al TAR per la Sardegna), l’appellante ha impugnato l’atto di data 7 maggio 1998, chiedendone l’annullamento.

Egli ha dedotto:

- di avere presentato in data una domanda di concessione in sanatoria, respinta dal Comune, con un diniego impugnato con distinto ricorso n. 336 del 1989, proposto al medesimo TAR (che lo ha respinto con la sentenza n. 721 del 1997, impugnata con l’appello n. 6283 del 1998);

- la violazione degli articoli 31, 33, 35 e 38 della legge n. 37 del 1985, oltre che della legge regionale n. 23 del 1985 e degli articoli 3 e 42 della Costituzione.

3. Con la sentenza n. 678 del 2009, il TAR per la Sardegna ha respinto il ricorso ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, rilevando che:

a) l’atto di data 7 maggio 1998 è stato emesso dopo la reiezione della istanza di condono;

b) con la sentenza n. 721 del 1997, il TAR ha respinto il precedente ricorso, proposto contro il diniego di condono;

c) sono inammissibili i motivi con cui sono state ripetute le censure formulate avverso il presupposto diniego di condono.

4. Con l’appello in esame, l’interessato ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto.

5. Col primo motivo (pp. 3-5), è dedotto che, contrariamente a quanto statuito dal TAR, l’art. 38 della legge n. 47 del 1985 andrebbe interpretato nel senso che la presentazione della domanda di condono – oltre a comportare la sospensione del procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative e della loro esecuzione – comporterebbe anche la sospensione del procedimento e la preclusione di emanare ulteriori atti, nel caso in cui il diniego sia impugnato in sede giurisdizionale, e ciò fio a quando ‘non sia stato definito il relativo procedimento con sentenza passata in giudicato’.

Col secondo motivo, è dedotto che il TAR avrebbe dovuto disporre la sospensione del giudizio, per la pendenza dell’appello avente per oggetto la sentenza n. 721 del 1997, riguardante il diniego di condono.

Col terzo, quarto, quinto e sesto motivo, sono stati riproposti i motivi di primo grado.

6. Nel corso del giudizio, l’appellante ha depositato una memoria, con la quale:

- ha segnalato che la Sezione Quinta del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1335 del 2010, ha accolto l’appello n. 6238 del 1998, proposto avverso la sentenza del TAR n. 721 del 1997;

- ha evidenziato che per tale sentenza le opere sarebbero state realizzate prima del ‘ripristino’ del vincolo di inedificabilità, disposto dalla legge regionale n. 17 del 1981, dopo che la legge regionale n. 10 del 1976 avrebbe perso rilevanza perché avrebbe imposto un ‘provvisorio vincolo quinquennale’;

- ha chiesto che sia dichiarata cessata la materia del contendere, poiché è venuto meno il presupposto (cioè il diniego di condono) posto a base dell’atto emesso il 7 maggio 1998.

8. Osserva al riguardo la Sezione che:

- non si può in questa sede porre in contestazione il decisum di cui alla sentenza n. 1335 del 2010;

- non si può dichiarare la cessazione della materia del contendere, poiché il Comune – a seguito della pubblicazione di questa sentenza – non ha emanato un atto ulteriore sostanzialmente favorevole all’appellante, il quale non ne ha indicato gli estremi;

- va invece dichiarata l’improcedibilità dell’appello, poiché – come correttamente evidenziato dall’appellante – l’atto impugnato in primo grado ha perso ipso iure effetti a seguito della pubblicazione della sentenza n. 1335 del 2010, la quale ha annullato il diniego di condono ed ha dunque comportato l’obbligo del Comune di emanare un atto avente per oggetto la situazione giuridica venutasi a verificare, con la conseguente perdita di effetti dell’ingiunzione, avente un contenuto incompatibile con l’avvenuta formazione del giudicato favorevole all’interessato.

9. Per le ragioni che precedono, l’appello va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Nulla per le spese del secondo grado del giudizio.

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