Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-11-21, n. 201405744

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-11-21, n. 201405744
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201405744
Data del deposito : 21 novembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01525/2004 REG.RIC.

N. 05744/2014REG.PROV.COLL.

N. 01525/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1525 del 2004, proposto da:
Sorso Servizi Srl, rappresentato e difeso dagli avv. A M e A R, con domicilio eletto presso l’avv. A M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Ditta Muresu Giovanni, rappresentata e difesa dall'avv. C T, con domicilio eletto presso l’avv. C T in Roma, via Cola di Rienzo, 271;

nei confronti di

Comune di Sorso, rappresentato e difeso dagli avv. L M e B A, con domicilio eletto presso l’avv. L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI n. 01213/2003, resa tra le parti, concernente modifica dell'oggetto sociale dello statuto societario.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Rossi, Tessarolo, Arru e Mazzeo, per delega di Manzi;


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sez. I, con la sentenza 14 ottobre 2003, n. 1213 ha accolto in parte il ricorso proposto dall’attuale appellata Ditta Muresu Giovanni e, per l’effetto, ha annullato l’aggiudicazione disposta a favore dell’appellante Sorso Servizi srl.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che era infondata la richiesta di annullamento della delibera comunale n. 54 del 2002 di modifica dell’oggetto sociale della Sorso Servizi srl, atteso che la ditta ricorrente in primo grado non aveva alcun interesse al suo annullamento in quanto, in virtù della nuova norma di cui all’art. 113 comma 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, introdotta dall'art. 35, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il servizio può essere affidato esclusivamente attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica.

Il TAR ha, invece rilevato che il Comune di Sorso ha applicato l’art. 113-bis del TUEL, erroneamente ritenendo che il servizio fosse privo di rilevanza industriale e che quindi potesse procedersi all’affidamento diretto dello stesso, anziché previo esperimento di una procedura concorsuale come impone il citato art. 113;
la domanda di annullamento della delibera 13.12.2002, n. 90 è stata, pertanto, accolta, con accoglimento della domanda di annullamento, senza la necessità di esaminare le ulteriori censure proposte, restate assorbite.

Il TAR ha, inoltre, stabilito che la richiesta risarcitoria per il danno derivante dalla mancata proroga del servizio doveva essere respinta, non sussistendo alcun diritto del gestore di un pubblico servizio alla permanenza nella gestione dello stesso.

L’appellante contestava la sentenza del TAR, deducendo che:

- il ricorso di primo grado risultava inammissibile per difetto di interesse e di legittimazione della società ricorrente, considerato che la ricorrente è una ditta individuale;

- il ricorso in primo grado era inammissibile anche per un altro ulteriore rilievo, ovvero che l’affidamento diretto, già in essere, era stato prorogato per legge;

- il TAR ha ritenuto erroneamente che il Comune di Sorso abbia malamente applicato l’art. 113-bis del TUEL;

- non sussisteva alcun limitato ambito ed estensione dell’oggetto sociale della società mista Sorso Servizi srl;

- con l’atto di adesione alla società (nel caso di specie deliberazione di G.C. n. 13 del 15 gennaio 2002) l’ente locale non ha contestualmente deliberato anche il contratto di servizio;
quindi, l’approvazione di quest’ultimo in un momento successivo equivale a mera disciplina e regolamentazione di un affidamento già effettuato nel passato, al momento della adesione alla società con approvazione dell’atto costitutivo e dello statuto.

Con l’appello in esame, si chiedeva il rigetto del ricorso di primo grado.

Si costituivano il Comune, che chiedeva il rigetto del ricorso di primo grado e il controinteressato Ditta Muresu Giovanni, che chiedeva il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 7 ottobre 2014 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l’appello sia fondato.

Infatti, e sinteticamente, si deve ritenere esatto l’assunto dell’appellante, correlato all’eccezione del Comune già proposta in primo grado e disattesa dal TAR, secondo cui il ricorso di primo grado sarebbe inammissibile per carenza di interesse, in riferimento al disposto di cui all’art. 113 T.U.E.L., nel testo risultante a seguito della modificazione introdotta dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 488, il cui comma 5 prevedeva espressamente che “L’erogazione del servizio, da svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con conferimento della titolarità del servizio a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica”.

Poiché la ricorrente in primo grado, Ditta Muresu non era una società di capitali e nessun vantaggio avrebbe conseguito dall’annullamento dell’atto impugnato, in considerazione della sua natura giuridica di ditta individuale, atteso che non avrebbe in ogni caso potuto utilmente concorrere ad un’eventuale procedura ad evidenza pubblica bandita dal Comune di Sorso per l’affidamento del servizio di igiene ambientale;
essa non aveva, pertanto, alcun interesse qualificato, differenziato, attuale e non meramente ipotetico, che potesse legittimarla a contestare i provvedimenti impugnati.

Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto in relazione alla ritenuta fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, evidentemente assorbente rispetto ad ogni altro motivo dedotto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere compensate, sussistendone i giusti motivi, segnatamente riferiti alle condizioni di incertezza giurisprudenziale e normativa all’epoca della vicenda in esame.

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