Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-07-19, n. 202406557

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-07-19, n. 202406557
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406557
Data del deposito : 19 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2024

N. 06557/2024REG.PROV.COLL.

N. 02131/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2131 del 2022, proposto da S C s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato P G, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

contro

il Ministero della cultura - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Toscana (Sezione terza) n. 1100/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della cultura;

Viste le memorie dell’appellante;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il cons. G L G;

Udito nell’udienza pubblica del 30 maggio 2024 l’avv. Antonio Maria Di Leva, in sostituzione dell’avv. P G, per la parte appellante;
nessuno presente per la parte pubblica;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Oggetto del ricorso proposto in prime cure dalla Donati Laterizi s.r.l. – e della domanda caducatoria ivi veicolata – era il provvedimento n. 11649 del 18 luglio 2013, con il quale la Direzione regionale per i beni culturali della Toscana comunicava il mancato accoglimento dell’istanza di rinnovo del procedimento di vincolo ex d.m. 23 marzo 1999 (art. 128, comma 3, d. lgs. n. 42 del 2004) del complesso immobiliare « Podere di Staggiano » e « Strada vicinale detta di Staggiano » per la parte ivi indicata.

1.1.- Detto provvedimento evidenziava, tra l’altro, che:

- l’istruttoria avrebbe fatto emergere elementi di inammissibilità e di infondatezza della richiesta di rinnovazione presentata dalla Donati Laterizi s.r.l.;

- la rinnovazione, ai sensi dell’art. 128 cit., non costituirebbe un potere di autotutela (annullamento d'ufficio per motivi di legittimità, o revoca per ragioni di merito), non potrebbe tradursi in un nuovo giudizio sul vincolo già apposto e non impugnato, né potrebbe concretarsi in un mezzo di elusione dei termini di impugnativa dell’atto di vincolo oggetto di rinnovazione;

- la condizione di degrado e i dissesti dell’immobile interessato, peraltro (asseritamente) dovuti anche all’incuria della proprietà e alla violazione degli specifici obblighi conservativi su di essa incombenti, si sarebbero palesati del tutto ininfluenti agli effetti dell’art. 128 cit.;

- i presunti « elementi di assoluta novità » sarebbero stati già conosciuti e valutati o non attendibili o ininfluenti, e non corrisponderebbero né in premessa, né nelle conclusioni finali, allo stato e alla storia dei luoghi, né contraddirebbero – anzi rafforzerebbero – quanto asserito nel testo del citato d.m. 23 marzo 1999, atteso che le relazioni e le osservazioni presentate nel corso del procedimento in oggetto avrebbero ripetuto, in modo più o meno esteso, analoghe osservazioni già avanzate dagli interessati al MiBAC a partire dalla fase istruttoria del vincolo e altrettante volte rigettate nei diversi pareri negativi.

1.2.- Il corredo motivazionale del provvedimento concludeva nel senso che:

a) « nella fattispecie non sussistono i presupposti di cui all'art. 128 del d.lgs. n. 42 del 2004, posto che non sono emersi né significativi elementi di fatto sopravvenuti, né elementi precedentemente non conosciuti o non valutati all'atto dell'apposizione del vincolo con il richiamato provvedimento del 1999 »;

b) « non sussistono i presupposti di cui all'art. 128, mentre perdurano a tutt’oggi i medesimi presupposti che generarono l’azione vincolistica ».

2.1.- La ricorrente lamentava la mancata considerazione dei presupposti per l’eliminazione del vincolo sull’area, la violazione della regola di proporzionalità e il difetto di istruttoria, essendosi, in tesi, l’Amministrazione limitata a confermare la precedente valutazione di rilievo storico.

2.2.- L’iter argomentativo della decisione di rigetto del T.a.r. si concentrava, in sintesi, intorno alle seguenti affermazioni:

- la Soprintendenza, « con la nota n.6996 del 9 maggio 2013, ha avuto modo di precisare che “le osservazioni poste dalla Società circa l'insussistenza di frequentazione antica non portano elementi nuovi alla questione, in quanto nella relazione allegata al provvedimento di vincolo, alla quale tra l'altro, questa Soprintendenza non aveva, a suo tempo, fornito alcun contributo, non si fa alcun riferimento ad insediamenti antichi puntuali e localizzati nel sito del complesso immobiliare del Podere Staggiano, ma solo un richiamo generico alla frequentazione antropica della più ampia zona in cui ricade il Podere medesimo. Si evidenzia, inoltre, che, se è vero che nelle particelle sottoposte a tutela non risultano ad oggi prove certe dell'interesse archeologico, comunque la più ampia zona circostante al complesso immobiliare ed al viale presenta labili segni di antropizzazione antica di età romana, come richiamato nella parte introduttiva della relazione scientifica allegata al provvedimento di vincolo, con l'esclusivo scopo di inquadrare il Podere nella storia del territorio »;

- « con la nota del 29 gennaio 2013 la Soprintendenza aveva dato riscontro alle osservazioni della società ricorrente, evidenziando come gli elementi dedotti a supporto dell’istanza ex art. 128 del d.lgs. 42/2004, erano stati, comunque, valutati in sede di apposizione del vincolo, ritenendo opportuno (in questo senso è la nota del 13 febbraio 2013) “che il vincolo monumentale attualmente gravante venga mantenuto al fine di non pregiudicare in via definitiva quanto rimane del bene in parola” »;

- « sempre la Soprintendenza, nel confutare le osservazioni […], aveva evidenziato, che gli elementi addotti dalla ricorrente, per dimostrare l’inesistenza di insediamenti più antichi, non avevano carattere di scientificità, in quanto non condotti da personale in possesso di adeguati profili professionali e che, ancora, “anche se per il complesso immobiliare e per il viale costituito dal podere Staggiano non esistono ad oggi prove certe dell’interesse archeologico… sicuramente la più ampia zona circostante al complesso immobiliare e al viale ha segni di antropizzazione antica di età romana” »;

- « nella relazione allegata al provvedimento di vincolo non è presente alcun riferimento ad insediamenti antichi puntuali e localizzati (che la ricorrente ritiene inesistenti), ma è presente solo un “richiamo generico alla frequentazione antropica della più ampia zona in cui ricade il podere medesimo” »;

- « la Soprintendenza è, quindi, consapevole che nelle particelle sottoposte a tutela non risultano prove dell’interesse archeologico, ma come emerge dalla documentazione in atti, la valutazione sull’imposizione del vincolo era stata già effettuata, avendo a riferimento la zona circostante al complesso immobiliare che presentava “labili segni di antropizzazione antica di età romana”, circostanza quest’ultima evincibile dalla relazione scientifica allegata al provvedimento di imposizione del vincolo e ritenuta dirimente ai fini della valutazione di area di interesse archeologico »;

- « il diniego di revisione del vincolo è stato adottato al termine di un procedimento, nell’ambito del quale la Soprintendenza ha preso in considerazione gli elementi contenuti nell’istanza presentata, ritenendo, nell’espressione di un potere discrezionale, che la documentazione della ricorrente non costituisse un “elemento di fatto sopravvenuto”, ma solo una “serie di asserite tesi non scientificamente dimostrabili né dimostrate” »;

- « l’art. 128 del d.lgs. 42/2004 subordina la possibilità di non rinnovare il vincolo, solo in presenza “di elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati, il Ministero può rinnovare, d'ufficio o a richiesta del proprietario”, circostanze la cui esistenza non è stata dimostrata nel caso di specie ».

Il T.a.r. escludeva pure la violazione del principio di proporzionalità « in considerazione del fatto che i ruderi fossero in pessimo stato di conservazione e in rapporto alle esigenze di produzione della società ricorrente » e che la situazione di degrado di un bene, oggetto di tutela, sarebbe del tutto irrilevante ai fini dell’eventuale rimozione del vincolo.

3.- Avverso la predetta sentenza ha interposto appello, chiedendone la riforma, S C s.r.l., dichiaratasi « attuale proprietario del bene interessato dal provvedimento impugnato e successore a titolo particolare dell’originaria ricorrente » e « attualmente titolare del permesso di escavazione dell’area su cui insiste l’immobile ».

3.1.- Le doglianze dell’appellante sono state così articolate:

1) Error in iudicando, erroneità, illogicità e difetto di motivazione;
eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione in relazione ai §§ da 1 a 1.9 della sentenza, nella parte in cui ha respinto il primo ed il terzo motivo di ricorso. Sostiene l’appellante che:

- sebbene il T.a.r. abbia riconosciuto che nelle particelle sottoposte a tutela non risultano prove dell’interesse archeologico, ha ritenuto il provvedimento non viziato sul rilievo che la « zona circostante » (indefinita, in tesi di parte appellante), presentava « labili segni di antropizzazione antica di età romana ». Premesso che la Donati Laterizi s.r.l. avrebbe prodotto a corredo della propria istanza idonea documentazione, il quadro degli elementi emersi avrebbe dovuto determinare la rimozione del vincolo o, comunque, il suo ridimensionamento, considerata anche l’assenza di prove dell’interesse archeologico;

- sarebbe dimostrato che nell’area di cui trattasi non vi sarebbero mai stati insediamenti archeologici e l’istruttoria si sarebbe indirizzata a fornire una « copertura » aggiornata al vincolo originariamente imposto, anziché puntare ad una effettiva ed approfondita analisi degli elementi di novità ex art. 128, comma 3, d. lgs. n. 42 del 2004, asseritamente ritraibili dalla relazione trasmessa a supporto della richiesta di riesame della Donati Laterizi s.r.l.;

- le ragioni del mantenimento del vincolo sarebbero state ‘spostate’ dal valore testimoniale complessivo dell’area in quanto tale, ad un (in tesi, imprecisato) nuovo e mai istruito « interesse archeologico » della medesima area.

Sostiene, ancora, l’appellante che l’Amministrazione avrebbe presidiato genericamente le risultanze della originaria relazione di vincolo, adducendo elementi nuovi ed (in tesi) inconsistenti, ma diretti a cercare di fornire una qualche legittimità dello stesso facendolo assurgere, nella sostanza, a vincolo di interesse archeologico, semplicemente perché nella zona (più o meno vicino al podere di Staggiano) si ritiene che fossero presenti insediamenti umani, perché l’area è vicina al tracciato della Via Emilia: situazione questa, che diversamente da quanto ritenuto dal T.a.r., non potrebbe radicare l’apposizione e il mantenimento di un vincolo diretto e puntuale.

In relazione all’originario terzo motivo di ricorso, l’appellante evidenzia che, alla luce dell’art. 128, comma 3, d. lgs. n. 42 del 2004, se all’esito dell’attività istruttoria che ne deriva, ove non sia, in effetti, adeguatamente riscontrata la perdurante sussistenza dei presupposti per il mantenimento del vincolo, lo stesso deve essere rimosso. In tal senso afferma che, nel caso di specie, un’adeguata istruttoria sarebbe mancata, considerato che l’Amministrazione si sarebbe spinta a dare una rilettura dei presupposti che originarono l’apposizione del vincolo e solo in minima parte a valutare gli elementi (in tesi, nuovi e rilevanti) che sarebbero stati offerti dalla richiedente a corredo dell’istanza.

Tale assetto avrebbe determinato la trasformazione dell’originario vincolo storico-artistico in vincolo di natura archeologica, ferma restando l’assenza dei relativi presupposti;

2) Error in iudicando;
erroneità, illogicità e difetto di motivazione;
eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione in relazione ai §§ da 2 a 2.2. della sentenza nella parte in cui ha respinto il secondo motivo di ricorso. La violazione della regola di contraddittorietà consisterebbe nell’assenza di un valore di testimonianza dei ruderi interessati, il quale non discendeva tanto dalla loro condizione, ma dal fatto che si trattasse di ruderi di immobili di recente costruzione e del tutto privi di valore storico, artistico, architettonico e archeologico;
si tratterebbe di edilizia rurale, realizzata non prima della fine del secolo XIX-inizio del secolo XX, in pessimo stato di conservazione, ciò che renderebbe il vincolo imposto palesemente sproporzionato.

La tutela della valenza storico-paesaggistica dell’area nel suo complesso sarebbe garantita dalla disciplina urbanistica, allo scopo, in tesi, più che sufficiente, in difetto di validi riscontri circa il presunto, e mai circostanziato, vincolo storico-artistico, divenuto archeologico, all’esito del procedimento avviato ex art. 128 d.lgs. 42 del 2004.

4.- Il Ministero della cultura, pur costituitosi in giudizio, non ha spiegato difese.

5.- Con distinte memorie depositate in prossimità della trattazione, l’appellante ha ribadito le proprie tesi difensive.

6.- All’udienza pubblica del 30 maggio 2024, presente il procuratore della parte privata il quale si è riportato alle già rassegnate domande e conclusioni, l’appello, su richiesta dello stesso, è stato trattenuto in decisione.

7.- L’appello, alla stregua di quanto si dirà, non è meritevole di accoglimento.

8.1.- L’art. 128 d. lgs. n. 42 del 2004 stabilisce che:

« 1. I beni culturali di cui all’articolo 10, comma 3, per i quali non sono state rinnovate e trascritte le notifiche effettuate a norma delle leggi 20 giugno 1909, n. 364 e 11 giugno 1922, n. 778, sono sottoposti al procedimento di cui all’articolo 14. Fino alla conclusione del procedimento medesimo, dette notifiche restano comunque valide agli effetti di questa Parte.

2. Conservano altresì efficacia le notifiche effettuate a norma degli articoli 2, 3, 5 e 21 della legge 1 giugno 1939, n. 1089 e le dichiarazioni adottate e notificate a norma dell'articolo 22 della legge 22 dicembre 1939, n. 2006, dell’articolo 36 del d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 e degli articoli 6, 7, 8 e 49 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

3. In presenza di elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati, il Ministero può rinnovare, d’ufficio o a richiesta del proprietario, possessore o detentore interessati, il procedimento di dichiarazione dei beni che sono stati oggetto delle notifiche di cui al comma 2, al fine di verificare la perdurante sussistenza dei presupposti per l’assoggettamento dei beni medesimi alle disposizioni di tutela […]».

8.2.- La previsione introduce una distinzione tra i vincoli introdotti in base alle leggi 1089 del 1939, 2006 del 1939, 1409 del 1963 e d.lgs. n. 490 del 1999, per i quali è prevista la revisione solo in presenza di fatti sopravvenuti o per fatti precedentemente non conosciuti, e quelli apposti in base alla l. 364 del 1909 e 778 del 1922, per i quali la revisione è imposta in ogni caso, evidentemente sul presupposto che il lungo tempo trascorso potrebbe aver fatto venir meno l’attualità delle esigenze di tutela (in tal senso Cons. Stato, sez. VI, n. 54 del 2022).

9.- Le doglianze dell’appellante, finalizzate a censurare il provvedimento che nega la presenza dei presupposti di rimozione/riduzione del vincolo, non sono idonee ad infirmare le conclusioni cui è pervenuta l’amministrazione e il giudizio che ne ha dato il T.a.r.

9.1. In primo luogo va detto che le doglianze dell’appellante più che essere rivolte a dar conto delle sopravvenienze, se esistenti, necessarie alla revisione del vincolo ai sensi dell’art. 128, comma 3, d. lgs. n. 42 del 2004, sono, nella sostanza, effettivamente volte a contestare i presupposti dell’originaria apposizione del vincolo medesimo, in mancanza di impugnazione del provvedimento originario di cui di cui oggi è chiesta la revisione.

9.2.- Ciò in evidente disallineamento con la logica, la ratio e la finalità dell’art. 128 d. lgs. n. 42 del 2004, il quale ravvisa, quali presupposti della rinnovazione del procedimento di dichiarazione di vincolo, gli « elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati ».

9.3.- In tal senso la pretesa dell’appellante non può che dirsi destituita di fondatezza, già in fatto in mancanza di siffatte sopravvenienze e risultando ogni elemento addotto già oggetto di sostanziale pregressa valutazione da parte dell’Amministrazione

9.4.- A ciò deve essere aggiunto che, al di là della circostanza della mancata dimostrazione dell’esistenza di un interesse archeologico, esso si evince, in ogni caso, dalle evidenze documentali indicate nella relazione scientifica a corredo del provvedimento di vincolo. Evidenze documentali che correttamente sono state ritenute sufficienti a determinare l’obiettivo di tutela.

9.4.1.- Premesso che il giudizio espresso dall’Amministrazione dei beni culturali ai fini dell’imposizione (o rimozione) di un vincolo, attesa la sua fisiologica opinabilità, può essere sindacato solo ove si collochi comunque al di fuori da quei limiti di naturale elasticità sottesi al concetto giuridico indeterminato che l'Amministrazione è istituzionalmente chiamata ad applicare, risultando, così, in tutto o in parte inattendibile (cfr. Cons. Stato, sez. VI n. 5455 del 2009), operativamente, al fine di non travalicare i confini propri della giurisdizione di legittimità, il giudice amministrativo dovrà guardarsi dal sovrapporre il proprio giudizio a quello espresso dagli organi tecnici;
incentrando invece il suo sindacato sulla verifica del corretto esercizio dei poteri affidati all’Amministrazione sotto il profilo della completezza dell'istruttoria, della effettiva sussistenza dei presupposti del provvedere nonché dell’osservanza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, Sez. n. 4322 del 2007).

9.4.2.- Ora, l’assetto delle richieste dell’appellante non offriva elementi di novità e, comunque, atteneva ad aspetti già valutati che non potevano essere messi in discussione, nei sensi invocati dalla parte privata, sulla base del potere tipizzato all’art. 128, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 in mancanza dei relativi presupposti. Rispetto agli elementi evidenziati dall’Amministrazione, puntualmente descritti dall’impugnato provvedimento, la discrezionalità tecnica dell’Amministrazione risulta essere stata correttamente esercitata, non emergendo elementi di illogicità o di abnormità nel richiamare – con valore fondante le esigenze di tutela – la funzione agricola-rurale del sito attestata almeno dal sec. XIV come indicato da fonti archivistiche e dalla cartografia più antica, così come per quanto attiene il viale di accesso al podere « quasi tutta la strada di collegamento con la Via Emilia Scauri è già testimoniata dal catasto leopoldino » (cfr. provvedimento impugnato).

Alla stessa stregua, il riferimento alla presenza, nella « più ampia zona circostante al complesso immobiliare ed al viale » di « labili segni di antropizzazione antica di età romana, come richiamato nella parte introduttiva della relazione scientifica allegata al provvedimento di vincolo, con l’esclusivo scopo di inquadrare il Podere nella storia del territorio », deponeva nel senso della logicità del rifiuto di rimozione del vincolo precedentemente apposto.

10.- In tal senso, dunque, l’istruttoria si è rivelata tutt’altro che difettosa.

11.- Né, ancora, la scelta di non rimuovere il vincolo e il vincolo stesso possono ritenersi sproporzionati o illogici in ragione dello stato di degrado dell’immobile di cui trattasi: anzi, è da dirsi che lo stato di degrado che interessi un determinato immobile sottoposto a vincolo non impedisce, all’amministrazione, di adottare provvedimenti di tutela del residuo pregio del bene vincolato, impedendo la sua ulteriore compromissione, in quanto la gestione del vincolo è notoriamente preordinata alla prevenzione di ulteriori aggravamenti.

12.- Nessun pregio ha l’affermazione secondo cui la tutela vincolistica di competenza del Ministero dei beni culturali possa essere, nel caso di specie, surrogata dalle previsioni del piano regolatore comunale. Ciò, stante la diversità dei corrispondenti ruoli, assetto giuridico, presupposti, finalità e soprattutto distinte competenze tra le diverse amministrazioni preposte al governo del territorio e alla tutela ex d.lgs. n. 42 del 2004. In ogni caso, i presupposti del mantenimento del vincolo sono stati correttamente delineati dall’Amministrazione preposta, ossia quella dei Beni culturali.

13.- Conclusivamente, l’appello va rigettato.

In mancanza di difese scritte della parte pubblica le spese del presente grado possono essere compensate.

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