Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-01-21, n. 201900492
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Pubblicato il 21/01/2019
N. 00492/2019REG.PROV.COLL.
N. 01952/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1952 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A D, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Panariti in Roma, via Celimontana, 38;
contro
Ministero dell'Interno, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n.-OMISSIS-, resa tra le parti, concernente divieto di detenzione di armi e revoca della licenza di porto d'armi;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il Cons. P U e uditi per le parti gli avvocati Sabina Lorenzelli su delega di A D;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia trae origine dal decreto in data -OMISSIS-con cui il Prefetto di Alessandria ha disposto nei confronti dell’attuale appellante il divieto di detenzione di armi e munizioni (e dal decreto in data -OMISSIS-, con cui il Questore di Alessandria ha conseguentemente disposto la revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia).
2. Il divieto è stato disposto poiché in data -OMISSIS-l’appellante è stato denunciato per avere esercitato la caccia in periodo di divieto, di notte e con terreno coperto di neve.
3. Occorre precisare che la licenza era stata già revocata all’appellante con decreto del Questore in data 8 maggio 2014 (confermato, in esito a ricorso gerarchico, con decreto prefettizio in data 4 settembre 2014), sulla base della medesima condotta, ma il TAR Piemonte con sentenza n. -OMISSIS-aveva annullato il provvedimento, rilevando che “non risulta che la revoca della licenza sia stata disposta sulla base di valutazioni della condotta criminosa ulteriori rispetto a quelle che già costituiscono il presupposto legislativamente tipizzato nell’art. 32 della legge n. 157/1992, per l’applicazione delle sanzioni accessorie ivi disciplinate” (sospensione, e non revoca della licenza).
4. I suddetti provvedimenti sono stati impugnati dinanzi al TAR Piemonte, lamentando la violazione del giudicato formatosi sulla sentenza n. -OMISSIS-, e comunque deducendo i medesimi vizi di violazione dell’art. 32, cit., già ritenuti fondati da detta sentenza.
5. Il TAR, con la sentenza appellata (I, n. -OMISSIS-), ha respinto il ricorso.
6. Nell’appello, torna a prospettare la nullità della sentenza per contrasto con il giudicato formatosi sulla precedente pronuncia del TAR, sottolineando che il contenuto dei provvedimenti impugnati è identico e che dalla sentenza di annullamento deriva un vincolo conformativo a non adottare provvedimenti di revoca (in quanto consentita “esclusivamente nei casi in cui l’infrazione commessa, pur iscrivendosi in un contesto di attività di caccia, per le particolari modalità dell’infrazione medesima concreti un’ipotesi di abuso della licenza ulteriore o comunque doverosa e non riconducibile all’interno delle ipotesi tipizzate dalla legge n. 157 del 1992 …”).
Lamenta inoltre che il TAR erroneamente abbia ritenuto che i provvedimento si riferissero ad un diverso fatto successivo e che si trattasse di recidiva, mentre invece il fatto ed i documenti istruttori allegati dall’Amministrazione sono gli stessi, e dunque non giustificano una differente sanzione e una differente pronuncia.
7. Il Collegio osserva preliminarmente che il ricorso in appello risulta notificato al Ministero dell’interno presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, anziché presso l’Avvocatura Generale dello Stato, e pertanto dovrebbe essere dichiarato nullo, non essendo intervenuta, a sanare la nullità, la costituzione in giudizio dell’Amministrazione.
8. Tuttavia, non essendo stato dato al riguardo in udienza l’avviso di cui all’art. 73 cod. proc. amm., il Collegio, per esigenze di celerità, ritiene di decidere l’appello nel merito, stante la sua evidente infondatezza.
E’ sufficiente osservare che la sentenza appellata, dopo aver affermato che, nonostante l’esistenza della fattispecie sanzionatoria di cui agli artt. 30 e 32 della legge 157/1992, “in linea di principio non può negarsi la possibilità che una condotta impropria manifestatasi nell’esercizio della caccia possa originare considerazioni di più vasta scala e di maggiore pregnanza sulla stessa affidabilità del soggetto alla detenzione e al porto delle armi. Ciò che si impone, tuttavia, è che un’eventuale prognosi di inadeguatezza di questo tipo venga tracciata su basi argomentative più ampie del mero richiamo alla violazione consumata”, ha sottolineato la significativa differenza, non di fatti successivi, bensì della valutazione dell’unica condotta dell’appellante successivamente effettuata dall’Amministrazione.
E che, nella prospettiva indicata, il TAR ha ritenuto che “i provvedimenti qui impugnati contengono elementi di connotazione della condotta criminosa del ricorrente ulteriori o più ampi rispetto a quelli che costituiscono il presupposto legislativamente tipizzato nell’art. 32 della citata legge 157/1992, per l’applicazione delle sanzioni accessorie ivi disciplinate. In particolare, l’affermazione secondo cui l’infrazione nella quale è incorso il ricorrente costituirebbe “indice sintomatico di superficialità e negligenza nell’uso delle armi e quindi rivelatore di una potenziale pericolosità nel possesso delle stesse”, appare fondata non su un mero richiamo alla denuncia subita dal ricorrente per la violazione sanzionata dalla legge n. 157 del 1992, ma su elementi circostanziali specifici che in parte vengono enunciati nelle premesse iniziali del provvedimento (ove si afferma che il ricorrente è stato denunciato per avere esercitato la caccia in data -OMISSIS-, in periodo di divieto, di notte e con la neve);ed in altra parte vengono integrati de relato nella motivazione del provvedimento attraverso il richiamo alle informative delle Forze dell’Ordine” (poi nella sentenza analiticamente riportate).
Pertanto, la rinnovata considerazione della condotta dell’appellante si muove nell’ambito indicato dalla prima sentenza ed appare tutt’altro che illogica, e la relativa valutazione da parte del TAR non è inficiata da alcun travisamento.
9. Nulla per le spese del grado di giudizio, in assenza di costituzione di controparte.