Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-09-13, n. 201006564
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N. 06564/2010 REG.DEC.
N. 06329/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 6329 del 2010, proposto:
dall’INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avv. E L, L P, domiciliata per legge in Roma, via della Frezza, n.17;
contro
L A, C S, rappresentati e difesi dagli Avvocati V C e M C C, con domicilio eletto presso V C in Roma, via N. Ricciotti, n. 9;
nei confronti di
V O;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE III-quater, n. 11594/2009, resa tra le parti, concernente RIDETERMINAZIONE INDENNITA' DI BUONUSCITA E TRATTAMENTO PENSIONISTICO – ESECUZIONE DEL GIUDICATO RINVENIENTE DA UNA PRONUNCIA DEL T.A.R. DEL LAZIO
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di L A e di C S;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 agosto 2010 il Consigliere Claudio Contessa e uditi per le parti gli Avvocati E L e V C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’Istituto Nazionale della Previdenza sociale (d’ora innanzi: ‘l’INPS’) riferisce che, con sentenza 13 maggio 1999, n. 1138, il T.A.R. del Lazio aveva riconosciuto agli odierni appellati, Avvocati dell’Ente collocati a riposo sin dal 1983, il diritto alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita e del trattamento di pensione mediante l’inclusione nella base di calcolo delle quote di onorari riscossi nel triennio precedente la cessazione dal servizio, con particolare riguardo alle somme risultate riscosse nel corso del 1982, anche se contabilizzate in periodi successivi a quelli dell’effettivo incasso.
La sentenza in questione non veniva appellata e passava in giudicato.
L’istituto appellante riferisce, altresì, che all’indomani della pronuncia in parola ebbe a dare compiuta esecuzione al jussum rinveniente dalla richiamata pronuncia, provvedendo alla riliquidazione sia dell’indennità di buonuscita, sia della pensione, nonché alla corresponsione delle differenze spettanti agli avvocati Sciacca e Arcidiacono.
Risulta agli atti che, con atto di diffida emessa in mora notificato all’I.N.P.S. in data 5 febbraio 2009, i richiamati avvocati lamentavano che l’Ente non avesse in alcun modo provveduto a dare esecuzione al giudicato in parola e preannunciavano (in caso di persistente inottemperanza) l’avvio di un’azione volta all’esecuzione del giudicato.
Con ricorso depositato presso la Segreteria del T.A.R. del Lazio in data 18 giugno 2009, gli stessi chiedevano, quindi, l’adozione delle misure esecutive conseguenti all’inottemperanza da parte dell’Amministrazione (anche attraverso la nomina di un Commissario ad acta ).
2. Con la pronuncia oggetto del presente gravame il Tribunale adito accoglieva il ricorso e per l’effetto ordinava all’I.N.P.S. di dare piena ed integrale esecuzione al giudicato rinveniente dalla richiamata pronuncia n. 1138/1999. Il Tribunale, inoltre, nominava un Commissario ad acta il quale avrebbe provveduto all’adozione degli atti adempitivi omessi dall’Ente su semplice richiesta dei ricorrenti una volta trascorso infruttuosamente il termine di 30 giorni dalla sentenza.
Risulta agli atti che, prima del passaggio in decisione del presente ricorso, il Commissario nominato abbia effettivamente avviato la propria attività, rivolgendo numerose istanze agli Uffici dell’Ente volte a stabilire se ed in quale misura l’I.N.P.S. abbia dato effettivamente esecuzione alle prescrizioni rinvenienti dalla più volte richiamata pronuncia del 1999.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, l’I.N.P.S. lamenta in primo luogo che la pronuncia in epigrafe sia meritevole di integrale riforma per non avere i primi Giudici rilevato la mancata, corretta, instaurazione del contraddittorio di causa (non essendo stato il ricorso introduttivo notificato all’Amministrazione, ma soltanto depositato presso la segreteria del Tribunale adito).
Nel merito, poi, l’I.N.P.S. osserva che laddove fosse stata posta in condizione di intervenire nel primo giudizio, avrebbe dimostrato di non essere affatto rimasta inadempiente rispetto agli obblighi rinvenienti dalla richiamata pronuncia, avendo – altresì – provveduto sia dal 2000 a rideterminare in favore degli appellati sia l’indennità di buonuscita, sia i ratei di pensioni spettanti agli odierni appellanti.
Si costituivano in giudizio gli Avvocati Sciacca e Arcidiacono, i quali concludevano nel senso della reiezione del gravame.
Alla Camera di consiglio del giorno 31 agosto 2010 i procuratori delle Parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni e (previo avvertimento sul punto ai Difensori presenti) il ricorso veniva trattenuto in decisione, ritenendo il Collegio la sussistenza dei presupposti per l’assunzione di una decisione informa semplificata ai sensi degli articoli 4 e 9 della l. 205 del 2000.
3. L’appello è fondato.
3.1. In particolare, il Collegio osserva che i primi Giudici abbiano trattenuto il ricorso in decisione senza rilevare l’assenza della necessaria, regolare integrazione del contraddittorio di causa nei confronti dell’Istituto odierno appellante.
In tal modo, è stato realizzato un error in procedendo per non essere stata tenuta in adeguata considerazione la previsione di cui all’art. 91 del R.D.17 agosto 1907, n. 642, a tenore del quale il ricorso per l’esecuzione del giudicato deve essere depositato nella segreteria della Sezione deputata alla decisione. Il secondo comma della disposizione prevede che “ il segretario ne dà immediata comunicazione [all’Amministrazione] competente, [la] quale, entro venti giorni dalla ricevuta comunicazione, può trasmettere le sue osservazioni alla segreteria ”.
Al riguardo è noto che, all’indomani dell’entrata in vigore della l. 1034 del 1971, l’interpretazione della disposizione da ultimo richiamata ha dato luogo a due opposte interpretazioni per ciò che attiene la sua complessiva conformità con il principio del contraddittorio processuale.
Secondo un primo orientamento, un’interpretazione attenta al dato testuale depone nel senso che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per l’esecuzione del giudicato, non sia necessaria la notificazione del ricorso stesso all’Amministrazione asseritamente inadempiente (in tal senso: Cons. Stato, Sez. IV, sent. 6 ottobre 2003, n. 5847;id., Sez. IV, sent. 12 dicembre 1997, n. 1436).
Secondo un opposto (e ad oggi prevalente) orientamento, la piena applicazione del generale principio del contraddittorio comporta che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per ottemperanza, la previsione di cui all’art. 91, cit. debba essere intesa nel senso del carattere comunque necessario della notifica all’Amministrazione (in tal senso: Cons. Stato, Sez. V, sent. 2 marzo 2000, n. 1069; id ., Sez. V, sent. 22 febbraio 2000, n. 938).
E noto al riguardo che la questione interpretativa della richiamata previsione sia stata recentemente scrutinata dalla Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale al riguardo sollevata, osservando che la salvaguardia del generale principio del contraddittorio di causa (sintetizzato nel noto brocardo ‘ audietur et altera pars ’) sia ordinariamente assicurata attraverso il meccanismo della preventiva notifica del ricorso introduttivo, ma che nell’ambito del particolare meccanismo processuale delineato dagli articoli 90 e 91 del R.D. 642, cit., anche lo strumento della comunicazione all’Amministrazione incorso di causa possa risultare idoneo ad assicurare la conformità con il principio in parola.
Al contrario, non sarebbe conforme a Costituzione una lettura della disposizione a tenore della quale il ricorso per l’esecuzione del giudicato possa essere trattenuto in decisione a prescindere dalla notifica del ricorso (ovvero – quanto meno - dalla comunicazione da parte della competente Segreteria nei confronti dell’Amministrazione circa la proposizione del ricorso).
Secondo la Consulta, infatti, la forma di comunicazione prescelta dalla norma censurata (attraverso lo strumento della comunicazione ad opera della Segreteria) appare compatibile con il vigente ordinamento costituzionale, nel senso che, al pari della notificazione, costituisce mezzo idoneo ad assicurare quelle garanzie di conoscenza e di ufficialità necessarie per il rispetto dei principi della difesa in giudizio ex art. 24 comma 2, Cost, e del contraddittorio, quale presupposto del ‘giusto processo’ ex art. 111, secondo comma, Cost, ma a condizione che la si integri nel senso di prevedere un obbligo di comunicare l’atto nella sua interezza, in tempo utile e in modo da consentire alla P.A. una effettiva conoscenza della domanda e l’articolazione tempestiva dei mezzi di difesa, giacché solo interpretata in tal senso la norma impugnata si sottrae alle censure proposte. L’assimilazione della comunicazione alla notificazione, che deriva dalla comunicazione integrale dell’atto, consente inoltre di estendere alla stessa i principi affermati dalla Corte in ordine alla effettività dell’avvenuta conoscenza dell’atto da parte del destinatario (Corte cost., sent. 9 dicembre 2005, n. 441).
E’ tuttavia pacifico che la salvaguardia del principio del contraddittorio in tanto potrà dirsi rispettata, in quanto l’Amministrazione sia stata posta in condizione di avere contezza della proposizione del ricorso e degli elementi essenziali della questione controversa attraverso la notifica del ricorso introduttivo, ovvero – quanto meno – attraverso lo strumento della comunicazione ad opera della Segreteria.
Conseguentemente, la pronuncia in epigrafe è meritevole di riforma per non avere i primi Giudici rilevato la mancata, rituale instaurazione del contraddittorio di causa nei confronti dell’Ente odiernamente appellante.
4. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto deve essere disposto l’annullamento della pronuncia in epigrafe, con rinvio al T.A.R. del Lazio, che deciderà in diversa composizione.
Il Collegio ritiene che il regolamento della spese di lite debba essere rinviato al definitivo.