Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-03-02, n. 201101365

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-03-02, n. 201101365
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101365
Data del deposito : 2 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01336/2004 REG.RIC.

N. 01365/2011REG.PROV.COLL.

N. 01336/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 1336 del 2004, proposto dal signor Gerardo D’URSO, rappresentato e difeso dall’avv. A B, con domicilio eletto presso il signor G M in Roma, via E. Giulioli, 47/B/18,

contro

- il COMUNE DI CAPRIGLIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. F A, con domicilio eletto presso l’avv. M A in Roma, piazza Cavour, 15;
- la GEI S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;

per l’annullamento

della sentenza nr. 1533, resa inter partes il 12 giugno/8 luglio/17 novembre 2003, non notificata, con la quale la Sezione Seconda del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania di Salerno ha dichiarato inammissibile il ricorso distinto al nr. 1674/2001.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione dell’Amministrazione appellata;

Viste le memorie prodotte dall’appellante (in data 30 dicembre 2010) e dall’Amministrazione (in data 8 gennaio 2011) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2011, il Consigliere R G;

Uditi l’avv. Francesco Silvio Dodaro, su delega dell’avv. Barra, per l’appellante e l’avv. Lodovico Visone, su delega dell’avv. Accarino, per l’Amministrazione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il signor Gerardo D’Urso ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. della Campania ha dichiarato inammissibile il ricorso da lui proposto avverso la cartella di pagamento con cui il Comune di Capriglia gli aveva chiesto la corresponsione degli oneri relativi a una concessione edilizia a suo tempo rilasciatagli.

A sostegno dell’impugnazione, l’appellante ha dedotto:

1) erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034 (in relazione alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione di precedente nota con la quale al ricorrente era stato già intimato il pagamento della somma per cui è causa);

2) omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione (stante il decorso del termine decennale senza alcun valido ed efficace atto interruttivo da parte dell’Amministrazione comunale);

3) illegittimità dell’azione amministrativa;
violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241;
imparzialità e correttezza dell’azione amministrativa (in relazione alla mancata comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento);

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241;
difetto di motivazione;
difetto di istruttoria (in relazione alla mancata motivazione del calcolo dell’importo richiesto).

Resiste il Comune di Capriglia, assumendo l’infondatezza dei motivi d’appello e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 1 febbraio 2010, la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1. Il presente contenzioso concerne la concessione edilizia in sanatoria rilasciata dal Comune di Capriglia in favore del signor Gerardo D’Urso, con espresso rinvio alle tabelle di legge per la determinazione degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione.

In primo grado, il signor D’Urso ha impugnato la cartella esattoriale notificatagli nel 2001 dal Comune tramite la società incaricata della riscossione, nella quale era intimato il pagamento di complessive £ 37.304.875 (di cui £ 37.017.220 a titolo di costi di costruzione).

Il T.A.R. della Campania ha dichiarato inammissibile il ricorso, sul rilievo della mancata tempestiva impugnazione della precedente nota nr. 4087 del 27 ottobre 1994, con la quale all’interessato era stata comunicata la definitiva determinazione dei predetti oneri, con indicazione del termine di sessanta giorni per provvedere al pagamento.

2. Tanto premesso in punto di fatto, è fondato il primo motivo d’appello, con il quale viene lamentata l’erroneità della ridetta declaratoria di inammissibilità del gravame di primo grado;
in particolare, va condiviso l’avviso di parte appellante secondo cui nella specie non operava il termine decadenziale di cui all’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034.

Ed infatti, nelle controversie aventi per oggetto gli obblighi di pagamento dei contributi afferenti le concessioni e i permessi edilizi, il giudizio non ha carattere impugnatorio, ancorché esso sia proposto, formalmente, come contestazione di una determinazione amministrativa, in quanto mira ad accertare la sussistenza o la misura del credito vantato dal Comune;
ne deriva che il ricorso può essere correttamente proposto nel termine di prescrizione del diritto, e dunque anche dopo che siano trascorsi più di sessanta giorni dalla conoscenza, da parte dell’interessato, dell’atto con cui l’amministrazione ha quantificato i contestati contributi, richiedendone il pagamento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 novembre 2007, nr. 6237;
id., 21 aprile 2006, nr. 2258;
id., 10 luglio 2003, nr. 4102).

3. L’accertata ammissibilità del ricorso introduttivo comporta la necessità di esaminare i motivi di merito articolati in primo grado, qui riproposti con i successivi motivi d’appello, i quali però si appalesano infondati e pertanto meritevoli di reiezione.

3.1. Innanzi tutto, va respinta la doglianza afferente alla asserita prescrizione del diritto dell’Amministrazione alla riscossione delle somme dovute, per intervenuto decorso del termine di dieci anni a partire dalla data di rilascio della concessione.

Infatti, non v’è dubbio che la citata nota nr. 4087 del 1994 costituisce valido atto interruttivo della prescrizione, con la conseguenza che la successiva intimazione di pagamento del 2001 risulta posta in essere prima della scadenza del nuovo termine decennale decorrente da tale atto di interruzione.

Al riguardo, non può condividersi l’assunto di parte appellante, che vorrebbe considerare tamquam non esset l’atto interruttivo de quo, affermando di non averne mai avuto conoscenza: in senso contrario – e sul punto si conviene col primo giudice - fa fede la relata di notifica redatta dal messo comunale di Avellino, che attesta la consegna dell’atto a mani della “ figlia A capace e convivente ” (la quale, tuttavia, ha rifiutato di firmare per ricevuta).

A fronte dei rilievi di parte appellante, che assume l’inesistenza di tale “ figlia A ”, va richiamato da un lato quanto documentato dall’Amministrazione in ordine alla presenza nel nucleo familiare dell’istante di una figlia di nome “Antonietta” (nominativo che è spesso sostituito da quello di “A”), e per altro verso – e in modo assorbente – il granitico indirizzo giurisprudenziale secondo cui quanto attestato dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica fa fede fino a querela di falso (cfr. ex plurimis Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 2010, nr. 4193;
Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2008, nr. 25860): querela che nella specie l’appellante non risulta aver mai proposto.

3.2. Miglior sorte non merita l’ulteriore doglianza relativa alla mancata comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento culminato nell’impugnata richiesta di pagamento.

Ed invero, la liquidazione dei contributi per oneri concessori è atto che la legge collega direttamente ed automaticamente al rilascio della concessione edilizia il cui procedimento è instaurato ad istanza di parte, sicché non sussiste l’obbligo dell’avviso di avvio del procedimento atteso che nei procedimenti ad istanza del privato questi ben conosce che la sua istanza avvia il procedimento al quale, pertanto, può partecipare rappresentando tutto ciò che ritiene utile nel suo interesse.

3.3. Privo di pregio è anche l’ulteriore mezzo col quale parte appellante lamenta la mancanza di una compiuta esposizione delle ragioni a sostegno del computo della somma di cui il Comune ha chiesto la corresponsione.

Al riguardo, va innanzi tutto richiamato quanto già rilevato in ordine al carattere vincolato e automatico della determinazione degli oneri concessori, che avviene sulla base della rigida applicazione di criteri e parametri prefissati dalla legge;
a fronte di ciò, generiche e apodittiche appaiono le censure di parte istante, non avendo questa precisato dove e perché l’Amministrazione avrebbe errato nella determinazione dei costi richiesti (non potendo tenersi conto, per evidenti motivi, delle “specificazioni” contenute in una semplice memoria successiva al ricorso introduttivo).

4. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, se il ricorso di primo grado va giudicato ammissibile, lo stesso va però respinto nel merito.

5. Alla soccombenza segue la condanna alle spese, che sono liquidate equitativamente in dispositivo.

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