Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-07-26, n. 202406770

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-07-26, n. 202406770
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406770
Data del deposito : 26 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/07/2024

N. 06770/2024REG.PROV.COLL.

N. 09152/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul in appello ricorso numero di registro generale 9152 del 2023, proposto da
aCapo Soc. Coop. Soc. Int., in persona del legale rappresentante pro tempore , in relazione alla procedura

ID

2579, rappresentata e difesa dagli avvocati C B e F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Consip S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti

Numero Blu Servizi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Giangiacomo e Nicola Lais, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Nicola Lais in Roma, via Giovanni Nicotera n. 29;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Funzione Pubblica Cgil Roma e Lazio, Funzione Pubblica Cgil Roma e Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato Carlo De Marchis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
ad opponendum:
C.I.S.A.L. Terziario – Segreteria Provinciale di Roma, A.N.P.I.T. - Associazione Nazionale per L'Industria ed il Terziario Sede di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati Iconio Massara, Mario Sanino e Fabrizio Viola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli n. 180;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) 30 ottobre 2023, n. 16048, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip Spa e di Numero Blu Servizi S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Barreca, Rapisarda, Giangiacomo, Lais, Viola e l’avvocato dello Stato Caselli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in esame, la società cooperativa aCapo chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 30 ottobre 2023, n. 16048, che ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento del provvedimento di Consip S.p.a. di aggiudicazione in favore di Numero Blu Servizi S.p.a. della gara per l’affidamento del servizio di contact center per il programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione.

1.1. La società cooperativa aveva impugnato l’aggiudicazione deducendo sette motivi di ricorso, essenzialmente incentrati sulla difformità dei costi della manodopera indicati nell’offerta economica dell’aggiudicataria rispetto a quelli indicati nella scheda dei costi del personale impiegato nel servizio, rilevando in specie:

- che i costi del personale impiegato erano riferiti a un periodo di 36 mesi invece dei 39 mesi previsti dal contratto da affidare;

- che nell’offerta aggiudicataria mancava l’indicazione dei costi relativi al personale occasionalmente impiegato nell’appalto;

- che l’offerta aggiudicataria era complessivamente inattendibile, per cui sarebbe censurabile anche la decisione di Consip di non procedere alla verifica della congruità dell’offerta sull’assunto che non sussisterebbero elementi nemmeno per una verifica facoltativa;

- che l’aggiudicataria intenderebbe applicare un contratto collettivo di lavoro non conforme alle indicazioni della lex specialis di gara e dell’art. 30, comma 4, del codice dei contratti pubblici approvato con il d.lgs. n. 50 del 2016;

- in subordine, che l’attribuzione del punteggio all’aggiudicatario sarebbe erronea con riferimento al criterio sub A.2 (relativo al modello della struttura organizzativa).

1.2. Con la sentenza citata, il T.a.r. per il Lazio ha respinto tutte le censure.

2. La società cooperativa aCapo , rimasta soccombente, ha proposto appello in parte reiterando i motivi del ricorso di primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

3. Resiste in giudizio Consip S.p.a. , eccependo la inammissibilità e comunque la infondatezza dell’appello.

3.1. Si è costituita in giudizio anche la società Numero Blu Servizi S.p.a., chiedendo il rigetto dell’appello.

3.2. Con atto di intervento ad adiuvandum si è costituito in giudizio il sindacato Funzione Pubblica

CGIL

Roma e Lazio, a sostegno delle censure dedotte nel quarto motivo del ricorso della società aCapo Soc. Coop. Soc. Int. , per la violazione dell’art. 30, comma 4, nonché dell’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 15 del capitolato d’oneri.

3.3. Resistono in giudizio, con atto di intervento ad opponendum , anche il sindacato C.I.S.A.L. Terziario – Segreteria provinciale di Roma e l’associazione A.N.P.I.T. - Associazione Nazionale per l’Industria ed il Terziario sede di Roma, insistendo per la reiezione dell’appello.

4. All’udienza dell’8 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Si può prescindere dalle eccezioni di inammissibilità dell’appello sollevate dalle parti appellate, salvo quanto sarà precisato per il terzo motivo di appello, considerata l’infondatezza nel merito del gravame.

6. Con una censura preliminare (pp.

3-4 dell’appello), la società cooperativa aCapo impugna la sentenza per la violazione dei principi del giusto processo e del contraddittorio, deducendo che nel corso del giudizio di primo grado le controparti hanno integrato e sviluppato le proprie difese solo con le memorie di replica, mentre la ricorrente (odierna appellante) ha potuto replicare solo nel corso della discussione all’udienza pubblica, senza che gli argomenti formulati in replica siano stati oggetto di compiuta verbalizzazione. Deduce, pertanto, la erroneità della sentenza nei punti in cui sostiene che la ricorrente non avrebbe contestato gli argomenti difensivi nuovi contenuti nelle memorie di replica avversarie.

6.1. La censura è infondata, non solo perché non è supportata da alcun riferimento ad atti del processo (posto che dal verbale di udienza innanzi al T.a.r. nulla risulta di quanto affermato dall’appellante;
che, eventualmente, come d’uso nelle udienze del processo amministrativo, ove non si effettua la verbalizzazione integrale della discussione delle parti, avrebbe dovuto chiedere al presidente del collegio di mettere a verbale le dichiarazioni di interesse), ma anche perché dalle deduzioni dell’appellante non emerge in alcun modo quale sia stata la lesione del diritto di difesa o del contraddittorio che ai sensi dell’art. 105, comma 1, del codice del processo amministrativo, potrebbe indurre il giudice d’appello alla rimessione della causa al primo giudice.

6.2. Fuori da questa ipotesi specifica, infatti, la censura si riduce alla denuncia di un (eventuale) difetto di motivazione, che tuttavia implicherebbe - in ossequio all’effetto devolutivo e sostitutivo dell’appello e al principio della conversione (o assorbimento) dei vizi di nullità della sentenza in motivi di impugnazione (art. 161, primo comma, c.p.c.) - la sola necessità di correggere la motivazione della sentenza, che andrebbe emendata dall’errata valutazione compiuta.

Peraltro, nel caso in esame il paventato vizio di motivazione nemmeno sussiste, come emergerà chiaramente dall’esame dei successivi motivi di appello.

7. Con il primo motivo (pp. 4 ss. dell’atto di appello), l’appellante deduce l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha disatteso il primo motivo di ricorso, con cui era stata dedotta la violazione dell’art. 15 del capitolato d’oneri perché l’offerta aggiudicataria sarebbe stata formulata con riferimento a una durata del contratto pari a 36 mesi invece dei 39 previsti dalla legge di gara. Il che rileverebbe in particolare per quanto riguarda il costo del personale impiegato nello svolgimento dei servizi, che – secondo l’appellante – nell’offerta dell’aggiudicataria sarebbe calcolato solo per 36 mesi.

L’appellante ribadisce, in critica alla sentenza, che – come emergerebbe dalla stessa formulazione dell’offerta economica dell’aggiudicataria – questa ha presentato un’offerta difforme rispetto alla durata contrattuale indicata nella lex specialis ;
il che avrebbe dovuto portare alla sua doverosa esclusione. L’argomento utilizzato dal primo giudice (basato sull’art. 2S dello schema di contratto) sarebbe errato perché anche l’art. 2 S richiama espressamente l’art.

4.1 del capitolato tecnico, il quale indica una fase di avvio delle attività di 3 mesi, decorsa la quale prenderebbe avvio la durata di 36 mesi, portando la durata complessiva del contratto a 39 mesi.

7.1. Il motivo è infondato.

7.2. In disparte il rilievo di Consip (in cui si dimostra che le risorse indicate nell’offerta aggiudicataria sono idonee a coprire anche i tre mesi precedenti l’inizio del contratto;
in altri termini, le allegazioni di Consip servono a dare conto del fatto che se anche il periodo contrattuale fosse di 39 mesi il costo del lavoro indicato nell’offerta di Numero Blu è comunque idoneo a far fronte anche a questa eventualità), la questione va risolta interpretando i documenti di gara, e in particolare l’art. 2S dello schema di contratto (allegato al capitolato d’oneri), il quale stabilisce che «il presente contratto spiega i suoi effetti dalla data della sua sottoscrizione ed avrà termine allo spirare di 36 mesi decorrenti dalla “Data di attivazione” (successiva alla fase di avvio delle attività, cfr. par.

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