Consiglio di Stato, sez. II, sentenza breve 2023-09-21, n. 202308453

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza breve 2023-09-21, n. 202308453
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308453
Data del deposito : 21 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/09/2023

N. 08453/2023REG.PROV.COLL.

N. 07019/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 7019 del 2023, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore e dal Comando generale della Guardia di finanza, in persona del Comandante Generale pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

contro

il signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato S A, con domicilio digitale come da

PEC

Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione IV, del -OMISSIS-resa tra le parti, avente ad oggetto diniego di monetizzazione delle ferie non godute.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2023, il Cons. Antonella Manzione e udito per l’Amministrazione appellante l’avvocato dello Stato Liborio Coaccioli, avendo il difensore dell’appellato presentato istanza di passaggio in decisione senza previa discussione orale.

Sussistendo i presupposti, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., per una decisione immediata in forma semplificata.


1. Il signor -OMISSIS-è un ex appuntato scelto della Guardia di finanza, collocato in congedo assoluto in data 16 ottobre 2017 dopo un periodo di convalescenza e aspettativa per motivi di salute protrattosi dal 2014, transitato, a domanda, nelle aree funzionali del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 14, comma 5, della l. 28 luglio 1999, n. 266 e così impiegato presso la Commissione tributaria provinciale di Catania.

1.1. Ha impugnato innanzi al T.a.r. per il Lazio i dinieghi di liquidazione dei periodi di licenza non fruiti a causa dell’assenza per infermità, per un totale di 92 giorni, oppostigli dapprima con determina n. 327101 del 30 ottobre 2017 dal competente ufficio della Guardia di finanza, indi con provvedimento n. 10237 del 12 dicembre 2017 del Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze. Il primo diniego, regolarmente preceduto dal previsto preavviso ex art. 10- bis della l. n. 241 del 1990, veniva motivato richiamando l’orientamento più volte espresso dal Comando generale della Guardia di finanza, secondo il quale l’onere della monetizzazione delle ferie non godute dovrebbe ricadere sull’amministrazione presso la quale il militare è transitato;
il secondo, affermando in senso diametralmente opposto che « eventuali richieste di ferie maturate in ragione del pregresso rapporto di servizio e non fruite, all’atto del transito stesso devono essere fatte valere esclusivamente nei confronti dell’Amministrazione militare ». In maggior dettaglio, in occasione di tale secondo rigetto si è chiarito anche che, essendo il dipendente in costanza di servizio presso il Ministero, osterebbe all’accoglimento dell’istanza il generale divieto posto dall’art. 5, comma 8, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 135, tanto più che l’istituto delle ferie non sarebbe assimilabile a quello della licenza ordinaria considerando le relative fonti normative che prevedono una diversa maturazione dei giorni spettanti, legata a criteri di calcolo non univoci.

2. Il Tribunale adito, dato atto come incontestato tra le parti che l’allora ricorrente non avesse goduto dei periodi di ferie/riposo per ragioni a lui non imputabili (lo stato di infermità in cui versava) e che di conseguenza il divieto di monetizzazione non si applicasse, ne ha affermato il diritto, ritenendo che il conseguente onere finanziario dovesse ricadere sull’Amministrazione presso la quale il dipendente era incardinato al momento della maturazione delle ferie, e cioè sulla Guardia di finanza (in proposito, si veda la richiamata pronuncia della medesima Sezione del T.a.r. per il Lazio, 27 marzo 2023 n. 5218, riferita ad analoga fattispecie).

2.1. La cornice ordinamentale di riferimento, letta alla luce dei principi di cui alla sentenza della Corte costituzionale del 6 maggio 2016, n. 95, non escluderebbe la monetizzazione - in quanto la norma può essere interpretata in senso conforme alla Costituzione e alle fonti internazionali ed europee a tutela del lavoro - nelle ipotesi di cessazione dal servizio, qualora il mancato godimento sia dovuto a causa non imputabile al lavoratore, quali, appunto, la malattia. Il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi è cioè riconducibile alle fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia dovuta ad una scelta o a un comportamento del lavoratore, quali dimissioni, risoluzione, mobilità, pensionamento per raggiungimento dei limiti di età, che comunque consentono di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento tra le esigenze organizzative del datore di lavoro e le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie.

2.2. Anche la Corte di Giustizia dell’Unione europea (v. C.G.U.E. del 20 luglio 2016, resa nella causa C-341/15) ha del resto ribadito che il diritto alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, conferito a ogni lavoratore, indipendentemente dal suo stato di salute, anche quando è cessato il rapporto di lavoro e allorché la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite non è più possibile. L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 prevede infatti che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria, non essendo lo stesso assoggettato ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato.

3. Avverso tale sentenza hanno proposto appello le Amministrazioni sopra indicate, articolando un unico motivo di gravame, che può essere così sintetizzato:

- la sentenza è incorsa in errore non avendo tenuto conto della mancanza, nella fattispecie, dell’evidente presupposto, per la monetizzazione del congedo/riposo non fruito, dell’impossibilità per l’interessato di poter comunque godere delle ferie per cui è causa, e così ponendosi in contrasto con il disposto dell’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95/2012. Invero, il rapporto di lavoro dell’appellato non è cessato, ma è proseguito presso il medesimo Dicastero dell’economia e delle finanze: il transito negli impieghi civili non ha dunque comportato la caducazione del preesistente rapporto di pubblico impiego, che è continuato presso i ruoli civili della stessa Amministrazione, come confermato in più occasioni dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. II, 30 giugno 2023, n. 6362; id ., 13 ottobre 2021, n. 6882 e 21 aprile 2021, n. 3235, ove si è chiaramente affermato, tra l’altro, che « La fruizione dei giorni non goduti dovrà avvenire presso il Ministero dell’economia e delle finanze, dove l’appellato presta attualmente servizio, senza che possa invocarsi in senso contrario i dinieghi al riguardo a lui a suo tempo opposti dalla Guardia di Finanza o dalla Direzione del personale del Ministero dell’Economia e delle Finanze […] atteso che, anche se il dipendente non ha espressamente impugnato ciascuno di detti atti, tale circostanza, in sede di giurisdizione esclusiva e in tema di diritti soggettivi, deve ritenersi non dirimente in presenza della lesione di diritti nascenti dal rapporto di lavoro subordinato […]»;

- nel caso di specie l’appellato, dopo aver presentato al Corpo della Guardia di finanza l’istanza finalizzata alla monetizzazione dei giorni di licenza non fruiti, la ha riproposta negli stessi termini nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, che gli ha opposto il proprio diniego con nota della Commissione tributaria provinciale di Catania n. 10237 in data 12 dicembre 2017, atto avverso il quale avrebbe dovuto insorgere.

3.1. Le Amministrazioni appellanti chiedevano altresì la sospensiva cautelare della sentenza impugnata.

4. L’appellato si è costituito in giudizio invocando il rigetto dell’appello per infondatezza e la conferma della sentenza impugnata. Con successiva memoria, ha evidenziato come la Commissione tributaria provinciale di Catania ha anche escluso che egli possa fruire del congedo maturato presso la Guardia di finanza, quale unica Amministrazione che poteva riconoscerglielo.

5. Alla camera di consiglio del 12 settembre 2023, la parte presente è stata avvisata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. dell’intenzione del Collegio di decidere la causa direttamente nel merito, stante la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, a tanto non ostando la mancata presenza in giudizio della parte appellata.

6. L’appello è fondato nei sensi infra precisati.

7. Come correttamente affermato dalla difesa erariale, la questione del diritto alla monetizzazione delle ferie non godute per causa non imputabile al dipendente in caso di transito dello stesso presso altra articolazione dello stesso Ministero, è già stata oggetto di plurime pronunce, anche della Sezione, ai cui principi si intende fare integrale riferimento. In particolare, è stato chiarito che il transito nei ruoli civili del Ministero dell’economia e delle finanze non comporta affatto la cessazione del rapporto di lavoro, che al contrario prosegue con conseguente possibilità di godimento delle ferie arretrate. Della disposizione di cui all’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione […] , sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile […]» il Giudice di primo grado ha offerto dunque un’interpretazione non condivisibile, enfatizzando il dato del passaggio dal ruolo militare a quello civile, ma senza considerare come l’Amministrazione di appartenenza è rimasta la stessa. Nel caso di specie, al contrario, non ricorre un’ipotesi di cessazione del rapporto di impiego, ma di sua prosecuzione, sebbene in forme e con regime giuridico differenti (come già riconosciuto in passato da Cons. St., sez. VI, n. 5758/2006);
e comunque, quand’anche fosse rinvenibile una cesura, saremmo al cospetto di un’ipotesi di cessazione per mobilità, che è espressamente contemplata e ricompresa nella disposizione.

7.1. La Corte costituzionale, con la sua pronuncia n. 95 del 2016, richiamata anche dal T.a.r. per il Lazio, ha ravvisato nella disposizione di cui all’art. 5, comma 8, il fine di « riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie ». E’in tale ottica che va letto il divieto posto dal legislatore di corrispondere trattamenti sostitutivi nei casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro è pur sempre riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età), che comunque gli consentivano una tempestiva pianificazione del periodo di godimento delle ferie. Nel caso in esame, invece, stante la prosecuzione del rapporto di lavoro (che, come detto, per quanto emerge dagli atti, deve ritenersi ancora in corso), è evidente come la fruizione dei giorni di congedo non goduti nel passato (fosse e) sia ancora possibile, facendo quindi salvo il diritto alle ferie consacrato dalla Costituzione e dalle fonti internazionali (art. 31, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea;
direttiva 23 novembre 1993, n. 93/104/CE del Consiglio, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell'orario di lavoro, poi confluita nella direttiva n.2003/88/CE, che è intervenuta a codificare la materia). Ed è soltanto in ragione della insopprimibile permanenza di tale possibilità che l’Amministrazione può legittimamente negare, come ha fatto, la richiesta monetizzazione.

8. Vero è che in occasione del secondo rigetto della relativa istanza l’Amministrazione ha incidentalmente affermato, impropriamente attingendo alle indicazioni fornite dal Ministero della Difesa sul punto, che « eventuali richieste di ferie maturate in ragione del pregresso rapporto di servizio e non fruite all’atto del transito stesso devono essere fatte valere esclusivamente nei confronti dell’amministrazione militare ». Su tale obiter dictum il dipendente non ha avanzato specifiche censure. Trattasi tuttavia di un’affermazione ultra petita , estranea al perimetro dell’odierna controversia, e comunque inidonea ex se a comprimere un diritto del lavoratore costituzionalmente garantito e non ancora fatto valere con apposita istanza, avendo lo stesso erroneamente perseguito la sola strada dell’equivalente monetario, di cui oggi è causa.

8.1. Al riguardo, infatti, non possono non valere a fortiori le affermazioni del Consiglio di Stato già sopra ricordate e riferite al caso di mancata impugnativa in toto , e non in parte qua , del provvedimento avversato: pur non avendo il dipendente nell’impugnativa di detto atto lamentato tale specifico vizio, la circostanza, in sede di giurisdizione esclusiva e in tema di diritti soggettivi, deve ritenersi non dirimente, non trattandosi, in tal caso, di un giudizio impugnatorio nell’ambito della giurisdizione di legittimità, bensì di un normale giudizio sulla sussistenza o meno di un diritto, della sua conformazione e dei suoi eventuali limiti), ed essendosi dunque in presenza della lesione di diritti nascenti dal rapporto di lavoro subordinato (v. Cons. Stato, n. 6362 del 2023, cit. sub § 3, tra quelle, peraltro, invocate dalla stessa difesa erariale).

9. Nei sensi sopra precisati va dunque accolto l’appello, ribadendosi tuttavia che all’impossibilità di monetizzare, in costanza di rapporto, le ferie non godute, per le ragioni sinora evidenziate, corrisponde la permanenza del diritto del lavoratore al godimento delle stesse presso l’Amministrazione ove è transitato.

9.1. Ne consegue che la sentenza impugnata va riformata, con l’effetto di respingere l’originario ricorso in primo grado e le domande con esso proposte, in quanto limitate alla richiesta di monetizzazione delle ferie non godute e fermo restando il diritto del dipendente di avanzare istanza di fruizione delle stesse presso la Commissione provinciale tributaria di Catania.

10. Sussistono giustificati motivi, in relazione anche ai contraddittori comportamenti delle diverse articolazioni della stessa Amministrazione, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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