Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-04-04, n. 201102076

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-04-04, n. 201102076
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201102076
Data del deposito : 4 aprile 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05341/2005 REG.RIC.

N. 02076/2011REG.PROV.COLL.

N. 05341/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5341 del 2005, proposto da P G, rappresentato e difeso dagli avvocati R C e D C, con domicilio eletto presso D C in Roma, viale Parioli, 160;

contro

Ministero delle politiche agricole e forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti della Amministrazione Pubblica (I.N.P.D.A.P.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall' avvocato Piera Messina, domiciliata per legge in Roma, via S. Croce in Gerusalemme, 55;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 03391/2004, resa tra le parti, concernente RIGETTO RICHIESTA DI RILIQUIDAZIONE DELL'INDENNITA' DI BUONUSCITA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle politiche agricole e forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 marzo 2011 il consigliere di Stato M M e uditi per le parti l’avvocato Chierroni per delega degli avvocati Capunzo e Crocco, l’avvocato dello Stato dello Stato Colelli, e l’avvocato Messina.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il dott. Giulio Palumbo, già Dirigente generale del Ministero delle politiche agricole e forestali collocato fuori ruolo quale membro del Nucleo ispettivo per la verifica degli investimenti pubblici, in quiescenza dal 1° giugno 1996, con ricorso n. 14209 del 2000, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto l’annullamento della nota ministeriale n. 37693 del 7 dicembre 1999, recante il rigetto delle richieste del ricorrente di riesame del trattamento pensionistico e di riliquidazione della buonuscita, nonché riguardo al riscatto del periodo universitario e del servizio militare, e il riconoscimento del diritto: allo stipendio definitivo attribuito ai Dirigenti generali a seguito della definizione degli accordi contrattuali, a decorrere dall’1 gennaio 1996;
all’indennità di posizione nella misura di lire 70.000.000;
all’indennità di buonuscita calcolata sulla base del trattamento economico di cui al punto precedente;
all’indennità di buonuscita con il calcolo delle indennità di posizione e di funzione;
del diritto che, ai fini della buonuscita, l’indennità di posizione sia calcolata nella misura di lire 70.000.000 salva, eventualmente, la restituzione dei contributi;
alla rivalutazione monetaria ed agli interessi sulle somme rivalutate.

2. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 3391 del 2004, ha respinto il ricorso compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l'appello in epigrafe è chiesto l'annullamento della sentenza impugnata con l'accoglimento delle domande proposte con il ricorso di primo grado.

4. All'udienza dell'1 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado si afferma:

- l’indennità di posizione prevista a favore dei dirigenti generali per gli anni 1996 e 1997 dall’art. 1, comma 1, della legge 2 ottobre 1997, n. 334 (“ Disposizioni transitorie in materia di trattamento economico di particolari categorie di personale pubblico, nonché in materia di erogazione di buoni pasto ”), “ a titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale ”, non può essere considerata quale attribuzione economica definitiva con corrispondente formazione di un diritto quesito, essendo limitata agli anni 1996 e 1997 ed in quanto prevista dalla norma nel quadro del rinvio all’assetto retributivo da definire in sede di accordi contrattuali;
non spetta perciò al ricorrente lo stipendio successivamente riconosciuto ai Dirigenti generali a seguito della definizione di tali accordi;

- è corretto l’ammontare dell’indennità di posizione, corrisposta al ricorrente nella misura di lire 18.000.000, considerate le funzioni svolte da egli svolte, né vale, in contrario, il richiamo di quanto disposto dall’art. 16, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (“ Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa ”), in quanto norma intervenuta soltanto successivamente alla definizione della posizione retributiva del ricorrente;

-quanto all’indennità di buonuscita non può essere accolta, in conseguenza di quanto sopra, la domanda del ricorrente a che venga calcolata sulla base del trattamento economico richiesto né che l’indennità di posizione vi sia computata nella misura di lire 70.000.000;

- non possono essere neppure accolte le domande di riconoscere l’indennità di buonuscita con il calcolo di quelle di funzione e di posizione. Quanto alla prima domanda, peraltro precisata dal ricorrente soltanto nelle memorie conclusionali, e perciò tardivamente ai fini della instaurazione del contraddittorio, si deve infatti considerare che l’art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (“ Testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato ”) prevede il computo dell’indennità di funzione per i dirigenti superiori e i primi dirigenti ma non per i dirigenti generali, non sussistendo peraltro una corrispondenza necessaria fra la natura retributiva di un emolumento e la sua utilità ai fini del trattamento previdenziale. Quanto alla indennità di posizione si osserva che: a) secondo giurisprudenza costante l’idoneità di un compenso quale parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita è definita dal regime impresso dalla legge a ciascun emolumento, ovvero dalla sua espressa previsione, non essendo sufficiente né la sua natura retributiva, né la sua pensionabilità;
b) le norme sulla indennità di buonuscita precisano le voci retributive che ne fanno parte, prevedendo poi, come clausola generale, che vi rientrano i compensi utili ai fini previdenziali, mentre la normativa sulla indennità di posizione ne prevede l’utilizzabilità a fini pensionistici e non previdenziali;
c) non sussiste una corrispondenza biunivoca tra la pensionabilità di un emolumento e la sua inclusione nell’indennità di buonuscita, avendo questa funzione previdenziale, a differenza del trattamento di fine rapporto per i lavoratori privati;
d) la normativa sulla base contributiva di calcolo dell’indennità di buonuscita individua voci specifiche, consistenti nello stipendio annuo (art. 2 della legge 2 marzo 1980, n. 75), nella indennità integrativa speciale (art. 1 della legge 29 gennaio 1994, n. 87) e nei soli assegni ed indennità tassativamente indicati (art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973 cit.), fra cui non compare l’indennità di posizione;
d) soltanto con il successivo accordo contrattuale del 5 aprile 2001 tale indennità è stata inclusa, non essendo però la previsione applicabile al ricorrente poiché decorrente dal 31 dicembre 1998;
d) né l’indennità in questione può rientrare nelle voci definite dalla normativa come stipendio, paga o retribuzione annui.

2. Nell’appello si censura la sentenza di primo grado, poiché:

- a) la provvisorietà del trattamento economico introdotto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 334 del 1997, in quanto anticipazione del trattamento definitivo su base contrattuale, comporta che quest’ultimo, come determinato con il Contratto collettivo nazionale per il quadriennio 1998- 2001, debba decorrere dall’1 gennaio 1996, così anche da colmare lo sfasamento temporale nel trattamento economico dei dirigenti indotto, a sfavore di quello dei dirigenti generali, dalla evoluzione della normativa di legge e della disciplina contrattuale in materia;
non è corretta, inoltre, l’affermazione della sentenza impugnata per cui l’indennità attribuita ai sensi dell’art. 1 della legge n. 334 del 1997 sarebbe limitata agli anni 1996-1997, poiché vi contrasta l’art. 24, comma 6, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che proroga le disposizioni dell’articolo suddetto fino all’entrata in vigore dei nuovi contratti;

- b) l’indennità di posizione spetta al ricorrente nella misura di lire 70.000.000 annui dall’1 gennaio 1996, e non di lire 18.000.000, se considerata non a titolo provvisorio ma definitivo, essendo previsto dall’art. 16, comma 2, del d.gs. n. 80 del 1998 che il trattamento economico dei dirigenti incaricati della direzione di uffici dirigenziali di livello generale è rapportato ai valori economici massimi di quello dei dirigenti, la cui indennità di posizione è stata infatti determinata in lire 70.000.000 annui dall’art. 38 del CCNL per il quadriennio economico 1994-1997;

- c) così come spetta al ricorrente la riliquidazione del trattamento di buonuscita sulla base dello stipendio definitivo previsto per i dirigenti generali a seguito degli accordi contrattuali intervenuti;

-d) nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita rientrano sia l’indennità di posizione che quella di funzione: la prima infatti è parte integrante della retribuzione ed è erronea, inoltre, l’affermazione che ai sensi del CCNL il calcolo delle detta indennità nella buonuscita decorrerebbe dal 31 dicembre 1998, essendo questa soltanto la data di decorrenza del nuovo trattamento economico previsto dall’art. 38 del citato Accordo contrattuale;
l’indennità di funzione (ribadita la tempestività della domanda al riguardo, poiché già dedotta nel ricorso introduttivo) risulta a sua volta emolumento fisso dei membri del Nucleo ispettivo per la verifica dell’attuazione degli investimenti pubblici (quale era il ricorrente) ed è perciò da qualificare come “retribuzione”.

3. L’Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti della Amministrazione Pubblica (INPDAP) si è costituito in giudizio eccependo la prescrizione dei diritti invocati ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (“Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato”) e dell’art. 2948 c.c.

L’eccezione, in quanto dedotta la prima volta in sede di appello, non può essere accolta, come da giurisprudenza costante, confermata da ultimo dall’art. 104, comma 1, del Codice del processo amministrativo ( ex multis , Cons. Stato, VI: 28 ottobre 2010, n. 7643;
5 ottobre 2010, n. 7284).

4. Le censure dedotte in appello sono infondate e in parte inammissibili.

4.1. E’ infondata la censura di cui sopra sub 2.a);
il ricorrente non ha infatti titolo all’attribuzione dall’1 gennaio 1996 dello stipendio definitivo successivamente determinato in sede contrattuale, poiché tale pretesa contrasta con la lettera e con la ratio dell’art. 1, comma 1, della legge n. 334 del 1997. Questa norma prevede che ai dirigenti generali spetta un’indennità di posizione “ In attesa dell’estensione del regime di diritto privato al rapporto di lavoro…ed in coerenza con la nuova struttura retributiva stabilita per la dirigenza pubblica dai rispettivi contratti collettivi nazionali…per gli anni 1996 e 1997…a titolo di anticipazione del futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale ”, qualifica tale indennità come pensionabile e ne determina gli importi lordi annui (24 o 18 milioni di lire annui a seconda delle funzioni);
essa dispone perciò, all’evidenza, che l’indennità di posizione in questione è data per un periodo determinato, per gli anni 1996 e 1997, e chiarisce che tale limitazione è coerente con la sua funzione di anticipazione di un trattamento retributivo che, altrettanto chiaramente, è individuato come “ futuro ”;
ne risulta che scopo della norma non è quello di far retroagire dal 1996 l’attribuzione di un trattamento a venire, relativo non soltanto alla eventuale previsione di indennità ma alla definizione della intera “ nuova struttura retributiva ”, ma di anticiparlo in via transitoria, commisurando tale anticipazione ad una indennità limitata nel periodo, precisata negli importi e, in coerenza, acquisita alla base pensionabile in quanto corrisposta nel detto periodo;
né contrasta con ciò la previsione dell’art. 24, comma 6, della legge n. 448 del 1998, poiché recante la conferma della transitorietà di quanto disposto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 334 del 1997 Fino alla data di entrata in vigore dei contratti di cui all’art. 24 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 …”, cioè fino alla determinazione del trattamento economico fondamentale con la contrattazione collettiva. Non rileva, infine, quanto dedotto in appello “sull’esigenza di assicurare un certo livellamento temporale al trattamento economico delle due categorie dirigenziali (prima e seconda fascia)”, essendo stata già definita la piattaforma contrattuale per i dirigenti non generali per gli anni 1995-1996, poiché la previsione di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 334 del 1997 “armonizza il trattamento economico dei dirigenti generali, inizialmente non interessati dalla privatizzazione del rapporto di lavoro (secondo l’originaria previsione contenuta nell’art. 2 del d.lgs, 3 febbraio 1993, n. 29), con il trattamento previsto per la dirigenza “contrattualizzata” dal CCNL, relativo al biennio 1996-1997” (Corte Costituzionale, ordinanza n. 162 del 2003), essendo poi intervenuta la contrattazione anche per i dirigenti generali definita per il quadriennio 1998-2001 con decorrenza del trattamento economico dal 31 dicembre 2008;

4.2. E inammissibile la censura di cui sopra sub 2.b) poiché con essa si riproduce il motivo di ricorso proposto al riguardo in primo grado senza alcuna deduzione specifica su quanto statuito dal giudice di prime cure, in rigetto del motivo, sulla inapplicabilità al ricorrente della normativa di cui al citato art. 16 in quanto intervenuta successivamente alla definizione della posizione retributiva del ricorrente.

4.3. E’ infondata la censura di cui sopra sub 2.c) poiché il disconoscimento del diritto a fruire dall’1 gennaio 2006 del nuovo trattamento retributivo definitivo stabilito in sede contrattuale comporta che tale trattamento non possa essere considerato ai fini della indennità di buonuscita.

4.4. Le censure di cui sopra sub 2. d) sono infondate.

Quanto alla domanda di riliquidazione della indennità di buonuscita con il calcolo delle indennità di posizione, nella memoria depositata dall’appellante in data 18 febbraio 2011 viene richiamata, a sostegno della pretesa, la sentenza della Corte dei Conti n. 1170 del 2007, che ha riconosciuto a favore del ricorrente la decorrenza dall’1 gennaio 2006 della retribuzione di posizione nella misura prevista dal CCNL per il periodo 1998-2001 (per la parte fissa pari a lire 40.000.000).

Al riguardo, osservato che la pronuncia citata concerne la riliquidazione della pensione del ricorrente e non la riliquidazione della indennità di buonuscita, si considera quanto segue:

- l'idoneità di un certo compenso a far parte della base contributiva dell'indennità di buonuscita viene definito dal regime impresso dalla legge a ciascun emolumento, ovvero dalla sua espressa previsione, non essendo sufficiente né la sua natura retributiva, né la sua pensionabilità (cfr., in particolare, Cons. St. Ad. plen. 21 maggio 1996 n. 4;
17 settembre 1996 n. 19), dal che la conseguenza che, alla data di collocamento a riposo dei dipendenti interessati, il computo agli effetti della base di calcolo dell'indennità di buonuscita resta ammesso soltanto per gli assegni e le indennità tassativamente previsti dall'art. 38 del D.P.R. n. 1032 del 1973, nonché per la tredicesima mensilità e per l’indennità integrativa speciale, secondo quanto previsto rispettivamente, dall'art. 2 della legge n. 75 del 1980 e dall'art. 1 della legge n. 87 del 1984 (Cons. Stato, VI, 28 gennaio 2009, n. 482);

- a seguito della normativa poi intervenuta, infine trasfusa nell’art. 24 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, la retribuzione di tutto il personale dirigente delle amministrazioni pubbliche risulta determinata dalla contrattazione collettiva, per cui al fine di stabilire se un dato emolumento è computabile o meno nella indennità di buonuscita dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, l’angolo di osservazione dell’interprete deve spostarsi dalla natura dell’emolumento alla concreta disciplina impressa, per lo specifico fine della sua computabilità, dalla contrattazione collettiva (Cons. Stato, Ad. plen., 16 gennaio 2007, n. 3;
cfr. anche VI, 23 marzo 2009, n. 1707);

-soltanto con l’art. 40 del “CCNL per il quadriennio 1998 – 2001 ed il primo biennio economico 1998 – 1999 del personale dirigente dell' Area I”, stipulato il 5 aprile 2001, la retribuzione di posizione è stata espressamente prevista ai fini del computo dell’indennità di buonuscita, essendosi disposto che: a) “le retribuzioni risultanti dall’applicazione degli articoli 38 e 39 hanno effetto …sull’indennità di buonuscita o di fine servizio (comma 1);
b) “gli effetti del comma 1 si applicano alla retribuzione di posizione nella componente fissa e variabile in godimento” (comma 2);
“agli effetti dell’indennità di buonuscita…si considerano soltanto gli scaglionamenti maturati alla data di cessazione del servizio” (comma 3);

-al riguardo è corretta la statuizione del primo giudice sulla non applicabilità al ricorrente di tale previsione, in quanto cessato dal servizio dall’1 giugno 1996, dal momento che nell’art 38 del detto Accordo la decorrenza del trattamento economico dei dirigenti di prima fascia, comprendente la retribuzione di posizione, è fissata a decorrere dal 31 dicembre 1998 e che nell’art. 40 è disposto che hanno effetto sulla indennità di buonuscita le retribuzioni “risultanti dall’applicazione” dell’art. 38, dovendosi da ciò concludere che tale effetto non può prodursi se non dalla data di corresponsione dell’indennità di posizione cui è riferito.

4.5. Né può essere computata ai fini della indennità di buonuscita l’indennità di funzione attribuita al ricorrente in quanto componente del Nucleo ispettivo per la verifica dell’attuazione degli investimenti pubblici (art. 3, comma 8, della legge 7 dicembre 1986, n. 878 e art. 12, comma 2, della legge 24 aprile 1990, n. 146). Questo Consiglio di Stato (IV, 12 marzo 2009, n. 1438) ha analizzato la natura della citata indennità di funzione per accertare la cumulabilità con essa di quella di posizione dirigenziale, essendo stata riconosciuta tale cumulabilità poiché l’indennità di funzione è “aggiuntiva (e non sostitutiva)” rispetto a quella di posizione dirigenziale, che costituisce “parte integrante ed inscindibile della struttura del trattamento economico del dirigente statale e non mero accessorio”;
l’indennità di funzione di cui si tratta, in quanto connessa alla “funzione specifica, temporanea e svolta, per espressa previsione legislativa, da personale estraneo al Nucleo, che non ha né organico né struttura di personale definita” non risulta perciò quale componente della struttura del trattamento economico dirigenziale né risultano norme che la prevedano come parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita, restando all’Amministrazione competente valutare se siano da restituire le trattenute contributive che si asseriscono versate.

5. Per quanto considerato l’appello è da dichiarare inammissibile, quanto alla censura sintetizzata sopra sub 2. b), ed è da respingere quanto alle restanti censure.

Sussistono motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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