Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-08-17, n. 202207158
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Pubblicato il 17/08/2022
N. 07158/2022REG.PROV.COLL.
N. 06822/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6822 del 2000, proposto da M P A E s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M P C e C N, con domicilio eletto presso lo studio Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, 43;
contro
Comune di Empoli, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati R F, M P e P L S, con domicilio eletto presso lo studio Damiano Pallottino in Roma, via Luigi Calamatta, 16;
Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen. Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza n. 7 del 2000.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Empoli e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2022 il Cons. Ugo De Carlo e viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Molino Ponte a Elsa S.p.a. impugnava la sentenza 7/2000 del T.a.r. per la Toscana che aveva respinto il ricorso avverso i provvedimenti di diniego di sanatoria edilizia e di ingiunzione alla demolizione, sia per ragioni ambientali, sia per ragioni idrauliche, emessi dal Comune di Empoli.
2. La complessa vicenda può così riassumersi: la società appellante aveva acquistato un mulino ad acqua, situato in parte su terreno adiacente il fiume Elsa, utilizzato, in forza di una concessione di acqua pubblica, per produrre idraulicamente l'energia elettrica necessaria al funzionamento degli impianti di macinazione. Nel corso della gestione, avendo necessità di realizzare in adiacenza alla costruzione principale del mulino due gruppi di silos, chiese un’autorizzazione edilizia qualificando i manufatti come volumi tecnici pertinenziali dei fabbricati industriali esistenti. Il comune di Empoli rilasciò una prima autorizzazione in data 12 ottobre 1983, n. 284, per realizzare alcuni piccoli silos destinati al temporaneo deposito dei cereali macinati. Il progetto presentato non indicava le dimensioni, trattandosi di manufatti prefabbricati, la loro struttura e, quindi, le loro esatte dimensioni dipendevano dalle caratteristiche tecniche predisposte dalla ditta fornitrice e non potevano essere esattamente previste. I pali di fondazione furono realizzati secondo le prescrizioni imposte dall'Ufficio del Genio Civile in quanto essi dovevano risultare al livello dell'acqua del fiume. Con successiva autorizzazione n. 28 del 1988, il comune di Empoli aveva autorizzato la realizzazione di un secondo gruppo di silos di maggiori dimensioni;il progetto non precisava la loro altezza.
Il Comune non individuò una puntuale collocazione poichè il definitivo posizionamento dei silos dipendeva in concreto dalle oggettive esigenze di stabilità in rapporto alla conformazione del terreno su cui le fondazioni avrebbero insistito, sulla scorta delle prescrizioni imposte dall’Ufficio del Genio Civile con la nota n. 2989 del 25 giugno 1987, richiamata anche nell'autorizzazione n. 28/1998, anche ai fini paesaggistici. Il progetto aveva ottenuto il parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico, espresso con deliberazione della Giunta Municipale del 27 ottobre 1987 n. 1293.
Con ordinanza n. 7532 del 27 gennaio 1994, il Comune imponeva alla società appellante di intervenire, al fine di ricondurre le opere edilizie realizzate, in conformità alle autorizzazioni edilizie n. 284/1983 e n. 28/1988 ripristinando lo stato dei luoghi.
Il provvedimento veniva impugnato innanzi al T.a.r. per la Toscana e contestualmente, per cercare di evitare comunque il protrarsi del contenzioso, la società appellante presentava un’istanza di autorizzazione in sanatoria, ai sensi dell'art. 13 della l. n. 47/85, per i manufatti realizzati.
L'istanza veniva respinta con la nota del 15 novembre 1994, con conseguente ordinanza n. 8103 del 2 gennaio 1995, di demolizione delle opere abusive. Anche tali provvedimenti venivano impugnati.
A meri fini tuzioristici, la società appellante presentava anche due istanze di condono edilizio ex art. 31 1. n. 47/85 (domanda n. 27 prot. n. 28 del 26 novembre 1994 e domanda n. 27bis prot n. 28bis di pari data) che venivano respinte con due provvedimenti del 17 ottobre 1995, emessi sulla scorta del parere negativo espresso dalla Commissione Edilizia Integrata in data 11 ottobre 1995. Successivamente il Sindaco emanava due nuove ordinanze di demolizione parimenti impugnate innanzi al T.a.r. per la Toscana insieme ai dinieghi di condono.
Nel febbraio 1996 la società presentava al Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche un progetto di messa in sicurezza dell'area in questione, cui seguiva un secondo elaborato, corredato da un ampio studio idraulico, ed inequivocabilmente volto a dimostrare l'assenza di qualsivoglia impatto dei silos in parola sul regime idraulico del fiume Elsa.
Il Comitato Tecnico Amministrativo del Provveditorato esprimeva, tuttavia, voto contrario a tale progetto. Tale provvedimento veniva, ancora una volta, impugnato davanti al Tar della Toscana.
L’ultima impugnazione riguarda le ordinanze nn. 120 e 121 del 26 marzo 1998- di rigetto delle più recenti istanze di condono ai sensi della l. 724/1994 con contestuale ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato dei luoghi.
Tutti i ricorsi presentati venivano riunti dal T.a.r. per la Toscana e decisi con la sentenza impugnata.
3. La sentenza del T.a.r. ha affrontato, in primo luogo, le censure avverso la prima ordinanza di ripristino da cui si era originato il contenzioso, accogliendo il ricorso relativamente a quella parte del provvedimento che ingiungeva un ripristino anche relativamente ad un ponte di cemento armato che era stato autorizzato con concessione edilizia n. 262 del 25 agosto 1982;per la restante parte del provvedimento il ricorso era improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse dal momento che era stata presentata l’istanza di accertamento di conformità. Il diniego di sanatoria ed il connesso ordine di demolizione, così come i due dinieghi sulle istanze di condono, venivano dichiarati parimenti improcedibili in quanto la sanatoria è assorbita dalle domande di condono e queste ultime dall’essere state presentate più recenti domande di condono.
Sul ricorso avverso il rigetto del progetto per la messa in sicurezza delle opere il T.a.r. affermava l’esistenza di un difetto di giurisdizione in favore del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.
Gli ultimi due ricorsi, attinenti alle più recenti domande di condono, venivano respinti poiché le opera da sanare sarebbero in contrasto con l’art. 96 R.D. 523 del 1904 e l’area ove si trovano i manufatti rientra tra quelle per le quali non è possibile procedere alla sanatoria ex art. 33 L. 47 del 1985.
4. L’appello è articolato su nove motivi:
a) il primo contesta l’esistenza dei presupposti per poter definire con una pronuncia di rito la maggior parte dei ricorsi presentati nel corso del tempo. Le domande di accertamento di conformità prima e di condono poi, erano state avanzate, non perché la società intendeva fare acquiescenza alla prima ordinanza che di remissione in pristino, ma nella prospettiva di risolvere il problema senza affrontare il contenzioso davanti al giudice amministrativo, avendo interesse a conservare le strutture indispensabili per la produzione proseguendo nella gestione del mulino.
Pertanto la presentazione dell’istanza ex art. 13 L. 47 del 1985 aveva un mero scopo cautelativo tanto da rendere necessario in primo luogo affrontare sotto ogni profilo il ricorso presentato avverso il provvedimento del 27 gennaio 1994, e, solo in caso di sua reiezione, sorgeva l’interesse ad esaminare la domanda di accertamento di conformità. Paradossalmente in caso di accoglimento del primo ricorso, che poteva avvenire solamente previo accertamento della piena conformità edilizia dei silos alle due autorizzazioni rilasciate negli anni ottanta, sarebbero divenuti improcedibili tutti gli altri;
b) il secondo lamenta che, per effetto della pronuncia in rito, non erano stati esaminate le doglianze a sostegno del primo ricorso che controdeducevano sulla pretesa difformità dei silos realizzati rispetto a quelli assentiti con le autorizzazioni: i due gruppi di silos sono volumi tecnici privi di ogni rilevanza edilizia se non per quanto attiene ai pilotis di supporto che rilevano come opera idraulica, e che sono stati realizzati in conformità alle prescrizioni del Genio Civile di Firenze;
c) il terzo censura il diniego di sanatoria per illegittimità derivata dal momento che la mancanza di difformità della realizzazione dei silos rispetto alle autorizzazioni rilasciate dal Comune di Empoli, avrebbe consentito di emanare un provvedimento di accertamento di conformità con effetto confermativo delle originarie autorizzazioni;a ciò va aggiunto che l’impatto negativo dei silos sull'ambiente circostante è affermato ma non dimostrato e la conformità al P.R.G è garantita dal fatto che i silos sono consentiti in zona industriale quali volumi tecnici al servizio degli edifici. Vi è, comunque, un difetto di motivazione poiché la conformità va valutata sul piano edilizio senza commistioni con considerazioni di natura ambientale che vanno delibate in altra sede;
d) il quarto eccepisce l’illegittimità delle ragioni poste dal Comune a fondamento del diniego del condono in quanto la necessità della sanatoria poteva nascere al massimo da mere difformità, rispetto ai progetti approvati, nel 1983 e nel 1988, anche sotto il profilo paesaggistico, considerando che quelle autorizzazioni non contenevano prescrizioni sulle altezze o su altre caratteristiche che i silos dovevano avere. Anche in questo caso vi è stata una motivazione centrata su ragioni legate al paesaggio per negare un provvedimento di natura edilizia;
e) il quinto contesta l’esistenza del difetto di giurisdizione affermato dalla sentenza in quanto i provvedimenti impugnati del Genio Civile hanno ad oggetto solo in via indiretta il regime delle acque del fiume Elsa, mentre sono legati alla valutazione della regolarità o abusività delle opere di cui trattasi. Nel merito i provvedimenti sono illegittimi poiché i silos furono regolarmente autorizzati da parte del Genio Civile Regionale, e la loro precisa collocazione nelle aree pertinenziali del molino, la loro realizzazione ed il loro collaudo furono seguiti con la massima attenzione da parte degli uffici del Genio Civile, senza successive contestazioni su quanto a suo tempo autorizzato. Inoltre le opere in esame non insistono su area demaniale e non interferiscono con il corretto regime idraulico di quel tratto del fiume Elsa;
f) il sesto afferma l’illegittimità dei provvedimenti impugnati laddove il Comune ha fatto riferimento nella motivazione a quanto disposto dall’art. 96 R.D. 523 del 1904, per sostenere che il diniego derivava dall’accertamento che le opere ricadono all'interno dell'alveo del fiume Elsa. Si tratta di un errore di fatto circa la natura ed il posizionamento delle opere cosicché è illogico è errato sostenere la legittimità del diniego di sanatoria ai sensi dell'art. 33 della 1. n. 47/85 in quanto sussisterebbe un vincolo idrogeologico antecedente alla realizzazione dell'opera;
g) il settimo ritiene erronei i dinieghi fondati sul presupposto che le opere ricadano in zona vincolata paesaggisticamente: il vincolo è sorto in data 30 giugno 1985 quando i primi silos erano stati già autorizzati, mentre per quelli autorizzati successivamente vi era stato il parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico -espresso con deliberazione della Giunta Municipale del 27 ottobre 1987 n. 1293;
h) l’ottavo censura la mancata valutazione comparativa fra le esigenze paesaggistiche e quelle produttive che avrebbero potuto condurre ad una sanzione meramente pecuniaria e non demolitoria;
i) il nono lamenta l’incompetenza del Sindaco ad emettere i provvedimenti impugnati che invece dovevano essere a firma del dirigente comunale del settore.
5. L’appello è stato discusso per la prima volta all’udienza del 7 marzo 2001, quando il giudizio fu sospeso per l’esistenza di un giudizio civile pregiudiziale innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche;una seconda sospensione è stata disposta all’udienza del 4 giugno 2002 per lo stesso motivo con l’unica differenza che il giudizio civile era passato per competenza dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Firenze. All’udienza del 27 gennaio 2009 veniva ribadita la sospensione del giudizio perdurando la pendenza del giudizio innanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Firenze. Con ordinanza emessa in data 8 settembre 2021, il Presidente titolare della Sezione chiedeva alle parti ed alla cancelleria del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Firenze di conoscere lo stato del processo che determinava da moltissimi anni la sospensione del giudizio.
La società appellante faceva presente a tal fine che il giudizio innanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Firenze era tuttora pendente in quanto era stato sospeso in attesa della conclusione del presente giudizio;inoltre rappresentava che nel 2005 aveva proposto un autonomo ricorso al T.a.r. per la Toscana per impugnare il diniego di acquisto dell’area ove sorgeva il mulino da parte dell’Agenzia del Demanio di Firenze. All’esito di un regolamento preventivo di giurisdizione, il ricorso era stato attribuito al giudice civile ove attualmente è pendente perché il giudizio è stato sospeso in attesa della definizione del presente processo e di quello in essere innanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Firenze.
6. All’udienza del 27 gennaio 2022, fissata con l’ordinanza presidenziale di cui sopra, veniva emessa un’ulteriore ordinanza collegiale per chiedere sia al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Firenze che al Tribunale di Firenze quali provvedimenti intendessero assumere per uscire da questa situazione di stallo nella quale ogni organo giudiziario aveva sospeso il giudizio ritenendo pregiudiziale il processo pendente presso gli altri tribunali.
7. Il Presidente del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Firenze inviava una nota nella quale comunicava la decisione di revocare la sospensione ex art. 295 c.p.c. e di assegnare a sè stesso il ricorso;il Tribunale di Firenze non rispondeva alla richiesta fatta con l’ordinanza del 27 gennaio 2022.
8. Con le ultime memorie inviate dalla società appellante e dal Comune di Empoli veniva richiesto di concludere il giudizio non ritenendo sussistere validi motivi per mantenere il giudizio sospeso.
9. Il Collegio ritiene che non via siano ulteriori motivi per sospendere il giudizio dal momento che i contenziosi in essere presso altri plessi giurisdizionali riguardano aspetti del complesso contenzioso che la società appellante ha con vari enti pubblici, che non hanno carattere di pregiudizialità rispetto alle questioni sollevate con l’atto di appello.
10. Prima di esaminare i singoli motivi dell’appello è opportuno analizzare le due autorizzazioni in forza delle quali la società ha potuto installare i silos oggetto di tutti i successivi provvedimenti impugnati dal Comune di Empoli: l’autorizzazione del 12 ottobre 1983 fu rilasciata sulla base di un progetto presentato dalla società che è allegato all’atto amministrativo;lo stesso può dirsi per la successiva autorizzazione del 25 gennaio 1988 che fu accompagnata da un’autorizzazione ai sensi dell’allora vigente art. 3 L. 1497 del 1939 dal momento che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1 l. 431 del 1985, vi era un vincolo paesaggistico nella fascia di 150 metri dall’argine del fiume. Il primo provvedimento impugnato, ossia l’ordinanza n. 7532 del 27 gennaio 1994, afferma l’esistenza di difformità delle opere realizzate rispetto alle autorizzazioni appena richiamate ed ordina di provvedere a porre in essere gli opportuni interventi necessari per ricondurre le opere realizzate a piena conformità rispetto alle autorizzazioni rilasciate. L’ordinanza era la conseguenza di accertamenti svolti dalla Polizia Municipale del Comune di Empoli che, all’esito di un sopralluogo, aveva rilevato che i silos erano stati realizzati quanto a dimensioni, altezza e materiali utilizzati in difformità rispetto all’autorizzazione edilizia.
Esaminando nel dettaglio le due autorizzazioni rilasciate nel 1983 e nel 1988 non si rileva l’esistenza di nessuna delle prescrizioni asseritamente violate secondo il Comune cosicché l’ordinanza del sindaco è motivata sulla scorta di un presupposto inesistente ed inoltre si osserva che, quando si contestano delle difformità, andrebbe fatto riferimento ai punti specifici contenuti nell’autorizzazione che sarebbero stati violati. Il richiamo alle violazioni di prescrizioni che non risultano sussistere permane anche nell’ordinanza 8103 del 2 gennaio 1995 con la quale si respinge la domanda di sanatoria facendo anche riferimento ad un parere da parte della Commissione edilizia integrata del 4 novembre 1994 che avrebbe invitato il Sindaco a negare la sanatoria sul piano paesaggistico perché i manufatti erano di notevoli dimensioni.
Orbene quanto al profilo paesaggistico, va osservato che l’area interessata dai silos è classificata dal P.R.G. come zona industriale esistente con possibilità di ulteriore incremento volumetrico;pertanto all’epoca della prima autorizzazione non vi era alcun vincolo paesaggistico o ambientale, mentre in occasione della seconda autorizzazione era subentrato il vincolo nascente ex lege dalla L. 431 del 1985 con cui l’opera era stata dichiarata compatibile in virtù della deliberazione della Giunta Municipale del 27 ottobre 1987 n. 1293.
11. Alla luce di quanto appena richiamato, appare evidente che il primo motivo di ricorso, laddove lamenta la troppo estesa declaratoria di improcedibilità per effetto delle varie istanze formulate dalla società, è fondato.
La declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione relativa al primo ricorso avverso l’ordinanza del 1994 per effetto della presentazione della richiesta di accertamento di conformità, non ha valutato che tale istanza era stata presentata per cercare comunque di non giungere ad un provvedimento che ordinasse la demolizione, senza però prestare acquiescenza alla prima ordinanza che imponeva una remissione in pristino in conformità a dei requisiti che nelle originarie autorizzazioni non erano presenti.
12. Parimenti fondato è il secondo motivo. I silos sono volumi tecnici che non soggiacciono a particolari prescrizioni di natura edilizia, salvo che per le basi su cui poggiano e che nel caso di specie sono state realizzate in conformità alle indicazioni del Genio Civile. Peraltro essendo materiali prefabbricati, su di essi nelle autorizzazioni non vi era alcuna indicazione sulla loro posizione, dimensione, altezza e sui materiali di costruzione utilizzati. Il richiamo dell’art. 10 l. 47 del 1985 non è pertinente in quanto l’autorizzazione esisteva, mentre la norma si riferisce ad interventi edilizi eseguiti in assenza di un’autorizzazione edilizia. Infine non trattandosi di un provvedimento vincolato per le circostanze in concreto verificatesi, la comunicazione di avvio del procedimento che è stata omessa avrebbe consentito alla società appellante di interloquire sulla reale natura dell’intervento edilizio che si assumeva essere stato realizzato in difformità dalle due autorizzazioni a suo tempo rilasciate. Ad ulteriore conferma della legittimità dei silos contestati vi è la perizia di parte del geometra A G, depositata dalla società e non contestata da controparte, dalla quale risulta che i silos non si trovano in area demaniale perché la loro distanza dalla sponda del fiume Elsa è superiore ai dieci metri.
12. Una volta accolti i due motivi di ricorso inerenti il primo provvedimento impugnato, tutti gli altri motivi, ad eccezione del quinto, possono considerarsi assorbiti in quanto se non vi era alcuna difformità rispetto alle autorizzazioni, la sanatoria e le istanze di condono presentate per mero tuziorismo, perdono di interesse così come gli ultimi due motivi che sollevavano vizi formali.
13. Il quinto motivo contesta la declaratoria di difetto di giurisdizione relativamente all’impugnazione dei due pareri (57/1996 e 66/1997) del Comitato Tecnico Amministrativo esistente presso il Provveditorato alle opere pubbliche per la Toscana che si era espresso negativamente per opere di consolidamento della sponda destra del fiume Elsa. Il T.a.r. aveva ritenuto che i suddetti pareri appartenevano alla giurisdizione del T.S.A.P. in forza dell’art. 143 R.D. 1775 del 1933. La parte della norma che interessa il presente giudizio è quella contenuta nel punto b) che afferma la cognizione del T.S.A.P. per “ i ricorsi, anche per il merito, contro i provvedimenti definitivi della autorità amministrativa adottati ai sensi degli articoli 217 e 221 della presente legge;nonché contro i provvedimenti definitivi adottati dall'autorità amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche ai sensi dell'art. 2 del testo unico delle leggi sulle opere idrauliche approvato con regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l'art. 22 della legge 13 luglio 1991, n. 744, del regio decreto 19 novembre 1921, n. 1688, e degli articoli 378 e 379 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F. ” Orbene l’art. 2 R.D. 623 del 1904 afferma che “ Spetta esclusivamente alla autorità amministrativa lo statuire e provvedere, anche in caso di contestazione, sulle opere di qualunque natura, e in generale sugli usi, atti o fatti, anche consuetudinari, che possono aver relazione col buon regime delle acque pubbliche, con la difesa e conservazione, con quello delle derivazioni legalmente stabilite, e con l'animazione dei molini ed opifici sovra le dette acque esistenti;e così pure sulle condizioni di regolarità dei ripari ed argini od altra opera qualunque fatta entro gli alvei e contro le sponde.
Quando dette opere, usi, atti, fatti siano riconosciuti dall'autorità amministrativa dannosi al regime delle acque pubbliche, essa sola sarà competente per ordinarne la modificazione, la cessazione, la distruzione. Tutte le contestazioni saranno regolate dall'autorità amministrativa, salvo il disposto dell'art. 25, n. 7, della L. 2 giugno 1889, n. 6166.
Spetta pure all'autorità amministrativa, escluso qualsiasi intervento dell'autorità giudiziaria, riconoscere, anche in caso di contestazione, se i lavori rispondano allo scopo cui debbono servire ed alle buone regole d'arte.
Tuttavolta che vi sia inoltre ragione a risarcimento di danni, la relativa azione sarà promossa dinanzi ai giudici ordinari, i quali non potranno discutere le questioni già risolute in via amministrativa.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche a tutte le opere di carattere pubblico che si eseguiscono entro l'alveo o contro le sponde di un corso d'acqua. ”.
Sebbene l’appellante affermi che i due pareri si sono espressi negativamente, in quanto fuorviati dall’errato presupposto dell’abusività dei silos alla cui salvaguardia il progetto era finalizzato, ciò non toglie che la soluzione tecnica proposta deve essere comunque valutata, alla luce della sua possibile incidenza sul regime delle acque pubbliche, con un giudizio che non può che essere introdotto innanzi al T.S.A.P.
E’ evidente, però, che, alla luce dell’accoglimento dei motivi di ricorso che riguardano la contestata abusività dei silos, potrà essere reiterata la presentazione di un progetto cui non potrà più opporsi l’esistenza di vizi di natura edilizia, cosicché il Comitato dovrà entrare nel merito tecnico del progetto con possibilità di una pronuncia favorevole essendo venuto meno il problema dell’abusività e della collocazione dei silos in area demaniale.
La statuizione di difetto di giurisdizione merita, in conclusione, di essere confermata.
14. L’appello va, quindi accolto in relazione ai primi due motivi, con conseguente declaratoria di improcedibilità di tutti gli altri ad eccezione del quinto in relazione al quale va confermata la declaratoria di difetto di giurisdizione operata dal T.a.r. per la Toscana.
15. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza per il Comune di Empoli, mentre possono essere compensate nei riguardi del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile.