Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-10-05, n. 202005839

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-10-05, n. 202005839
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005839
Data del deposito : 5 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/10/2020

N. 05839/2020REG.PROV.COLL.

N. 02587/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2587 del 2020, proposto da
Istituto comprensivo -OMISSIS- – Villanova, Ministero dell’Istruzione e Ufficio scolastico regionale Lazio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-;
-OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-;
-OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale del minore -OMISSIS-;
e -OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Giorgio Vecchione e Riccardo Vecchione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Bioristoro Italia s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 20 febbraio 2020 n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2020 il Cons. D S e uditi per le parti l’avvocato Giorgio Vecchione e per l'Avvocatura Generale il dott. Federico Giuseppe Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 2587 del 2020, l’Istituto comprensivo -OMISSIS- – Villanova, il Ministero dell’Istruzione e l’Ufficio scolastico regionale Lazio propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 20 febbraio 2020 n. -OMISSIS-, con la quale è stato in parte dichiarato irricevibile e in parte accolto il ricorso proposto da -OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-;
-OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-;
-OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale del minore -OMISSIS-;
e -OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-, per l'annullamento

- della nota del Dirigente Scolastico prot. n. 4975 del 6.09.2019 nonché, parzialmente, il “Regolamento consumazione pasto domestico per gli alunni della scuola primaria iscritti al tempo pieno”, approvato dal consiglio d’istituto in data 30.10.2017.

Il ricorso veniva altreì proposto nei confronti della Bioristoro Italia s.r.l. e vedeva l’intervento ad opponendum di -OMISSIS-.

I fatti di causa possono essere così riassunti.

I ricorrenti hanno impugnato la nota del Dirigente Scolastico prot. n. 4975 del 6.09.2019 nonché, parzialmente, il “Regolamento consumazione pasto domestico per gli alunni della scuola primaria iscritti al tempo pieno”, approvato dal consiglio d’istituto in data 30.10.2017.

Riferiscono che: a) esercitano la potestà genitoriale sui figli, tutti iscritti presso l’I.C. -OMISSIS-;
b) hanno deciso di iscrivere i figli ad un modello scolastico a tempo pieno, che prevede il c.d. tempo mensa;
c) hanno deciso di aderire al modello orario scolastico offerto dalla scuola, ma non al servizio di ristorazione collettiva fornito dall’Amministrazione comunale, preferendo la c.d. autorefezione, sulla scorta della sent. della Corte d’Appello di Torino, 21.06.2019, n. 21049;
d) la Dirigente scolastica, con nota prot. n. 4975 del 6.09.2019, imponeva la fruizione obbligatoria del servizio di refezione scolastica offerto dall’Amministrazione comunale ovvero l’uscita da scuola durante il tempo mensa.

Si è costituita in giudizio Bioristoro Italia S.r.l., società che gestisce il servizio di refezione scolastica presso il predetto Istituto, istando per il rigetto del ricorso, in ragione dell’infondatezza dello stesso.

Si sono costituiti inoltre, con atto di intervento ex art. 50 c.p.a., i Sig.ri -OMISSIS-, in virtù della loro qualità di genitori di alunni iscritti presso le scuola di Guidonia Montecelio, istando per il rigetto del ricorso in ragione dell’insussistenza del diritto all’autorefezione scolastica e delle contrapposte esigenze di sicurezza alimentare.

Si sono costituite, infine, le Amministrazioni resistenti, per mezzo dell’Avvocatura dello Stato, istando per il rigetto del ricorso;
rilevando precisamente: a) l’inesistenza di un interesse ad agire in relazione all’impugnazione del regolamento;
b) la carenza assoluta di legittimazione delle amministrazioni resistenti nella gestione della refezione;
c) l’inammissibilità del ricorso per tardività dell’impugnazione in relazione al regolamento del 2017;
d) l’improcedibità del ricorso per mancata notifica ad almeno un controinteressato;
e) nel merito, l’assenza di un diritto soggettivo all’autorefezione scolastica.

In prossimità dell’udienza di discussione le parti articolavano le proprie argomentazioni con ulteriori scritti difensivi.

All’udienza pubblica del 4 febbraio 2020 la causa discussa e decisa con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, richiamando un proprio precedente e, a sua volta, i principi affermati nella sentenza della Corte di Appello di Torino n. 1049/2016, esplicitamente citata in motivazione, “con conseguente riconoscimento del diritto dei minori ad essere ammessi a consumare i propri pranzi di preparazione domestica nel locale refettorio.”

Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie difese, come meglio descritte in parte motiva.

Nel giudizio di appello, si sono costituiti -OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-;
-OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-;
-OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale del minore -OMISSIS-;
e -OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sui minori -OMISSIS-, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 11 giugno 2020, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza 11 giugno 2020 n. 3350.

Alla pubblica udienza del 1 ottobre 2020, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - La vicenda in esame, scaturente dal ricorso di alcun esercenti la potestà genitoriale, attiene al riconoscimento della possibilità per gli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado di essere ammessi a consumare, nel medesimo locale adibito a refettorio per i pasti forniti dalla ditta appaltatrice del servizio di ristorazione collettiva, anche i rispettivi pasti di preparazione domestica, senza divisioni e separazioni rispetto agli altri fruitori, garantendo ed assicurando per tutti i discenti l’assistenza educativa del personale docente oltre che le dovute prestazioni di pulizia e di sanificazione dei locali senza oneri in capo alle famiglie.

Si tratta di una questione che, sebbene ancora in via di completa definizione, ha visto maturare nella discussione giurisprudenziale alcuni punti di accordo, specialmente in tema di individuazione della situazione giuridica soggettiva protetta.

In particolare, questa Sezione ha inquadrato la pretesa nell’ambito dell’interesse legittimo, evidenziando come la possibilità di scelta “quale esplicazione del diritto costituzionale alla scelta alimentare tutelato dagli articoli 2 e 32 Cost., deve avere pari dignità rispetto a qualsiasi altra scelta clinica, etica o religiosa, specie in presenza di documentate ragioni igienico-sanitarie” (Cons. Stato, VI, ord. 6 dicembre 2019 n. 6074) e che quindi la sua esplicazione non comporta necessariamente una modalità solitaria di consumazione del pasto, dovendosi, per quanto possibile, garantire, da parte dell’Amministrazione scolastica, la consumazione dei pasti degli studenti in un tempo condiviso che favorisca la loro socializzazione.

La riconduzione nell’ambito dell’interesse legittimo appare altresì condivisa dal giudice ordinario che, espressamente negando che nel caso in esame si sia di fronte ad un “invocato diritto soggettivo perfetto o incondizionato all'autorefezione scolastica”, ha dapprima ricondotto il servizio mensa nel cd. tempo scuola, “perché esso condivide le finalità educative proprie del progetto formativo scolastico di cui esso è parte, come evidenziato dalla ulteriore funzione cui detto servizio assolve, di educazione all'alimentazione sana” e poi ha icasticamente notato che “non di libertà (personale) si tratta, ma di un diritto sociale (all'istruzione), evidentemente condizionato e dipendente dalle scelte organizzative rimesse alle singole istituzioni scolastiche, sulle quali i beneficiari del servizio pubblico possono influire nell'ambito del procedimento amministrativo, in attuazione dei principi di buon andamento dell'amministrazione pubblica, di cui all'art. 97 Cost., e con i consueti strumenti a tutela della legittimità dell'azione amministrativa. Il detto procedimento è la sede nella quale effettuare le opportune valutazioni, anche di natura tecnica, nella ricerca del più corretto bilanciamento degli interessi individuali di coloro che chiedono di consumare il cibo portato da casa con gli interessi pubblici potenzialmente confliggenti, tenuto conto delle risorse a disposizione dell'amministrazione.” (Cass. civ., sez. un., 30 luglio 2019, n.20504).

La posizione delle originarie parti ricorrenti è, dunque, secondo le prospettazioni convergenti del giudice ordinario e di quello amministrativo, un interesse legittimo che, necessariamente, deve trovare il suo assetto all’interno del procedimento amministrativo, con gli ordinari strumenti di tutela ivi predisposti.

3. - Sulla scorta dell’inquadramento appena svolto, la questione sottoposta a scrutinio appare di agevole soluzione, viste: le posizioni delle parti esplicatesi durante il processo;
la soluzione data alla vicenda dal giudice di prime cure;
e le ragioni dell’appello proposto davanti a questa Sezione.

3.1. - In relazione al primo punto, ossia le posizioni delle parti, va evidenziato come nel ricorso introduttivo di giudizio gli originari ricorrenti abbiano proposto sia motivi di legittimità sul modus operandi dell’amministrazione, in relazione al provvedimento gravato, sia una più generale ed ampia ricostruzione della questione, tesa al riconoscimento del proprio diritto soggettivo ad ottenere la chiesta possibilità di consumazione.

3.2. - In relazione alla posizione del primo giudice, va evidenziato come questi, superate le eccezioni processuali, abbia congiuntamente trattato la vicenda e accolto la domanda in relazione al secondo profilo, riconoscendo cioè sia l’esistenza di un diritto soggettivo, come vantato dalle parti facendo espresso e testuale richiamo alla sentenza 21 giugno 2016 della Corte d’Appello di Torino, sia implicitamente riconoscendo la propria giurisdizione, che peraltro non era stata oggetto di contestazione, seppur pronunciandosi sull’esistenza di una situazione giuridica tutelata normalmente dal giudice ordinario.

3.3. - In relazione al terzo profilo, ossia le posizioni in appello dove, non essendo stata contestata la giurisdizione, questa deve intendersi correttamente radicata davanti al giudice amministrativo, va notato come l’amministrazione appellante abbia svolto eccezioni di carattere processuale, ma abbia fondamentalmente contestato l’esistenza dell’evocato diritto soggettivo. Dall’altra parte, le parti appellate hanno ribattuto sulle questioni e antiteticamente hanno insistito sul riconoscimento del detto diritto soggettivo.

4. - Cosi evidenziato lo sviluppo processuale e ancora una volta rilevato che il tema della giurisdizione risulta superato stante la sua mancata contestazione, questa Sezione deve unicamente statuire se la pretesa azionata sia considerabile o meno un diritto soggettivo perfetto, atteso che, in caso positivo, la sentenza del primo giudice andrà integralmente confermata, essendo fondata solo su tale profilo;
oppure, in senso opposto, andrà accolto l’appello, nel caso la pretesa vantata appaia riconducibile all’interesse legittimo, ossia ad una situazione giuridica soggettiva che trova la sua tutela nell’ambito del procedimento amministrativo.

La questione appare dunque già risolta sulla base delle considerazioni espresse in apicibus, dovendosi condividere le osservazioni svolte dal giudice dei diritti, nella già citata Cass. civ., sez. un., 30 luglio 2019, n. 20504. La detta sentenza è stata assunta dopo che “le Sezioni Unite sono state investite dal Primo Presidente, a seguito di ordinanza della Prima Sezione civile dell'11 marzo 2019, della soluzione della seguente questione di massima di particolare importanza: se sia configurabile un diritto soggettivo perfetto dei genitori degli alunni delle scuole elementari e medie, eventualmente quale espressione di una libertà personale inviolabile, il cui accertamento sia suscettibile di ottemperanza, di scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica e il pasto portato da casa o confezionato autonomamente e di consumarlo nei locali della scuola e comunque nell'orario destinato alla refezione scolastica, alla luce della normativa di settore e dei principi costituzionali, in tema di diritto all'istruzione, all'educazione dei figli e all'autodeterminazione individuale, in relazione alle scelte alimentari (artt. 2 e 3 Cost., art. 30 Cost., comma 1, art. 32 Cost., art. 34 Cost., commi 1 e 2);
se possa essere interpretata in senso ricognitivo di un simile diritto la sentenza del Consiglio di Stato n. 5156 del 2018, confermativa di sentenza che ha annullato per eccesso di potere una delibera di un Comune che vietava, nei locali in cui si svolge il servizio di refezione scolastica, il consumo, da parte degli alunni, di cibi diversi da quelli forniti dalla ditta appaltatrice del servizio.”

Al termine di una completa ricostruzione della vicenda in esame, a cui si può rinviare esplicitamente, la Corte di cassazione, giudice dei diritti soggettivi, enunciava il seguente principio: “un diritto soggettivo perfetto e incondizionato all'autorefezione individuale, nell'orario della mensa e nei locali scolastici, non è configurabile e, quindi, non può costituire oggetto di accertamento da parte del giudice ordinario, in favore degli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado, i quali possono esercitare diritti procedimentali, al fine di influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa, rimesse all'autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche, in attuazione dei principi di buon andamento dell'amministrazione pubblica.”

L’esclusione di un tale diritto soggettivo perfetto, ritenuto invece azionabile dal T.A.R. che, si noti, si è fondato sulla sentenza della Corte d’Appello di Torino, 21 giugno 2016 espressamente annullata dalla pronuncia appena citata, permette quindi di ritenere non tutelabile la pretesa per come avanzata dalle parti ricorrenti e come riconosciuta dal primo giudice, dovendosi così disporre l’annullamento della sentenza qui gravata e il rigetto del ricorso introduttivo di giudizio.

5. - L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa.

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