Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-04-27, n. 202304228

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-04-27, n. 202304228
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304228
Data del deposito : 27 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/04/2023

N. 04228/2023REG.PROV.COLL.

N. 05388/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5388 del 2022, proposto da A L, rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi n. 5;

contro

Università degli Studi Napoli Federico Ii, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 1533/2022


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi Napoli Federico II;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2023 il Cons. S Z;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso con cui il professor A L, Ordinario di diritto costituzionale e titolare della relativa cattedra presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Napoli, aveva chiesto l’annullamento della nota rettorale prot. 82343 del 13 ottobre 2020 avente ad oggetto: “recupero compenso derivante da attività libero professionale forense incompatibile con lo status di docente in regime di impegno a tempo pieno ai sensi dell’art. 53, comma 7, del D.Lgs 165/2001 e ss. mm. ii.” e di tutti gli atti connessi, conseguenti e presupposti.

A supporto del gravame sono esposte le seguenti circostanze:

- con la nota dell’1 agosto del 2019 l’Università degli Studi di Napoli Federico II rappresentava alla parte appellante che il suo nominativo era inserito nel SICID tra quelli dei difensori di parte nei contenziosi e che risultava altresì lo svolgimento di incarichi da parte sua, rispetto ai quali richiedeva chiarimenti;

- dopo un primo riscontro, l’Università invitava l’interessato a produrre documentazione a supporto di due cause, una del 2010 e l’altra del 2012. Anche quest’ultima richiesta veniva riscontrata.

- Con la nota del 3 aprile del 2020 l’Università, avviando il procedimento, rappresentava alla parte appellante che gli incarichi svolti quale difensore di parte innanzi al tribunale erano incompatibili col ruolo di professore ordinario a tempo pieno e chiedeva all’Ufficio Stipendi di quantificare le somme da recuperare (differenze retributive tempo pieno/tempo definito);

- il 13 luglio del 2020 l’Università comunicava all’interessato che, all’esito del procedimento, era risultato lo svolgimento di attività in violazione dell’art. 11, comma 5 del D.P.R. n. 382/1980, dell’art. 6, comma 9, legge 240/2010 e dell’art. 3, comma 1, dei Regolamenti di Ateneo nel tempo vigenti in materia, dal 15 dicembre 2010 (data della nota prot. n. 25773 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di conferimento incarico) al 18 maggio 2015 (data di pubblicazione della sentenza n. 7435/2015 emessa dal Tribunale di Napoli), in particolare dell’incarico libero professionale di difensore di parte nel giudizio n.r.g. 28966/2010 dinanzi al Tribunale Sezione Lavoro, ritenuto assolutamente incompatibile con il suo ruolo di professore ordinario in regime di impegno a tempo pieno;

- il 30 settembre del 2020, a seguito di arresti giurisprudenziali, l’Università sospendeva il procedimento di recupero, ma, circa un mese dopo, con la nota del 13 ottobre del 2020, sollecitava il versamento della somma di euro 10.000,00 per la sola attività professionale svolta nel corso del ricordato giudizio n.r.g. 28966/2010 dinanzi la Sezione Lavoro;

- questo provvedimento veniva impugnato innanzi al TAR della Campania;

- nelle more della fissazione dell’udienza di discussione, con la nota del 21 gennaio del 2021, l’Università rappresentava che l’importo lordo da recuperare era pari ad euro 16.000,00 così come risultava dall’ordinativo di pagamento n.9129 dell’1 dicembre del 2016, trasmesso il 5 novembre del 2020 dal Direttore dell’U.O.C. Gestione Risorse Economico Finanziarie dell’A.O.U. Federico II;

- l’1 febbraio del 2021, la parte appellante contestava la circostanza che la somma richiesta fosse stata calcolata “al lordo delle imposte”, invitando l’’Università a riformulare i conteggi, ma, con nota del 19 febbraio del 2021, l’ente informava la parte che avrebbe proceduto al recupero dell’importo lordo di euro 16.000,00 considerando legittimo il riversamento e assumendo che fosse onere del contribuente, ai sensi dell’art.10 del D.P.R. n.917 del 1986, portare eventualmente in deduzione del reddito complessivo le somme tassate oggetto di restituzione, sicché, con il decreto del 3 marzo del 2021, era disposto il relativo recupero;

- avverso tali ultimi provvedimenti venivano proposti motivi aggiunti notificati e depositati il 18 marzo del 2021.

- Con nota del 7 settembre del 2021 l’Università comunicava la chiusura del parallelo procedimento amministrativo per il recupero delle differenze imponibili tra trattamento economico a tempo pieno e trattamento economico a tempo definito, concludendo che, poiché l’attività extra-istituzionale svolta non aveva comportato alcun detrimento delle attività didattiche di ricerca e gestionali affidate alla parte appellante, non sarebbero state avviate ulteriori attività di recupero.

La sentenza impugnata ha ritenuto infondato il ricorso principale, accogliendo i motivi aggiunti nella parte in cui censuravano l’illegittimità della pretesa recuperatoria a lordo delle imposte dovute.

Tanto premesso avverso la sentenza la parte ha dedotto i seguenti motivi di appello:

I. ERROR IN IUDICANDO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 10

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