Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-12-27, n. 201009508

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-12-27, n. 201009508
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201009508
Data del deposito : 27 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02443/2002 REG.RIC.

N. 09508/2010 REG.SEN.

N. 02443/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2443 del 2002, proposto da:
L'ASSAINATO MARIA, rappresentata e difesa dagli avv. F D L e G M, con domicilio eletto presso l’avv. F D L in Roma, viale Carso, n. 20;

contro

REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. M L, con domicilio eletto presso C R in Roma, via Barberini, n. 36;
AZIENDA U.S.L. TA/1, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. G P, con domicilio eletto presso A C in Roma, via di Villa Pepoli, n. 4;
GESTIONE LIQUIDATORIA EX U.S.L. TA/6, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Fabrizio Panza, con domicilio eletto presso A C in Roma, via di Villa Pepoli, n. 4;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, Sez. II, n. 597 del 24 febbraio 2001, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE SOMME;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia, dell’A.U.S.L. TA/1 e della Gestione Liquidatoria ex U.S.L. TA/6;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2010 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Liberti e Coluzzi, su delega dell' avv. Fabrizio Panza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza n. 597 del 24 febbraio 2001 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede staccata di Lecce, sez. II, respingeva il ricorso proposto da L’Assainato Maria teso ad ottenere la declaratoria del diritto al compenso per il mancato godimento di riposi settimanali a causa dell’espletamento dei turni di reperibilità, secondo la retribuzione giornaliera in godimento all’atto della richiesta nella misura di tre giornate lavorative per ogni mancato riposo, e per la condanna delle intimate amministrazioni (Azienda U.S.L. TA/1, Gestione Stralcio TA/6 e Regione Puglia) al relativo pagamento.

A fondamento del rigetto del ricorso il tribunale poneva la propria precedente sentenza n. 519 del 23 febbraio 2001, resa in un identico giudizio).

2. L’interessata con atto rituale e tempestivo atto di appello chiedeva la riforma della predetta sentenza, deducendo innanzitutto l’assoluto difetto di motivazione (non potendo considerarsi sufficiente, a suo avviso, il mero richiamo ad una sentenza resa in un giudizio a cui le parti in causa erano del tutto estranee), contestando in ogni caso la fondatezza delle considerazioni svolte nella richiamata decisione ed insistendo per l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado, il diritto al riposo settimanale essendo a suo avviso costituzionalmente garantito ed irrinunciabile, così che la sua violazione costituiva fonte di danno biologico risarcibile quanto meno proprio con il compenso richiesto.

Resisteva al giudizio l’A.U.S.L. TA/1, deducendo l’inammissibilità dell’avversa domanda per difetto di giurisdizione (trattandosi di una pretesa fondata su di un fatto illecito) e per difetto di legittimazione passiva (la pretesa essendo relativa a periodi per i quali la gestione spettava all’ex U.S.L. TA/6) e comunque la sua infondatezza nel merito.

Si costituivano in giudizio anche la Gestione Liquidatoria dell’U.S.L. TA/6 e la Regione Puglia, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello, con riserva di ulteriori approfondite deduzioni.

3. Nell’imminenza dell’udienza di discussione la Gestione Liquidatoria e la Regione Puglia hanno illustrato con apposite memorie le proprie tesi difensive: in particolare la Regione Puglia ha eccepito anche l’irricevibilità del gravame (essendo stato l’appello proposto oltre il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza).

Alla pubblica udienza del 19 novembre 2010, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

4. L’infondatezza nel merito del gravame esime la Sezione dall’esaminare le eccezioni preliminari di irricevibilità per tardività dell’appello (avanzata dalla Regione Puglia) e di inammissibilità della domanda per difetto della legittimazione passiva (sollevata dalla Regione Puglia e dall’A.U.S.L. TA/1), fermo restando che la controversia de qua appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo (infondata essendo al riguardo l’eccezione sollevata dall’A.U.S.L. TA/1).

Infatti, anche a voler interpretare la domanda giudiziale come tesa ad ottenere esclusivamente il risarcimento del danno all’integrità psico – fisica subita per il mancato riposo connesso all’espletamento dei turni di reperibilità, è sufficiente ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (da ultimo Cass. SS.UU., 22 febbraio 2010, n. 4064) “Ove il pubblico dipendente proponga nei confronti dell’amministrazione datrice di lavoro domanda di risarcimento del danno per lesione dell’integrità psico – fisica, ai fini dell’accertamento della natura giuridica dell’azione di responsabilità non rileva la qualifica formale data dal danneggiato come responsabilità contrattuale o extracontrattuale, essendo necessario stabilire se sia stata denunciata una condotta dell’amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi, indifferentemente, nei confronti della generalità dei cittadini e nei confronti dei propri dipendenti, costituendo, in tal caso, il rapporto di lavoro mera occasione dell’evento dannoso;
oppure se la condotta lesiva dell’amministrazione presenti caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti a essa non legati da rapporti di impiego e le sia imputata la violazione di specifici obblighi di protezione dei lavoratori, nel qual caso la responsabilità ha natura contrattuale”.

Nel caso di specie la domanda in esame ha evidentemente carattere contrattuale, trovando fondamento esclusivamente nel rapporto di lavoro e nella prospettata violazione del diritto al riposo settimanale.

5. Passando all’esame del gravame la Sezione osserva che, come emerge dall’esposizione in fatto, essa concerne la pretesa dell’interessata (che ha dichiarato di aver prestato nel periodo Giugno 1990/Giugno 1998 la sua attività lavorativa anche nei giorni festivi per assicurare la “pronta disponibilità” senza mai fruire del riposo settimanale) di ottenere il pagamento del compenso, anche a titolo risarcitorio, per il mancato godimento di 156 riposi compensativi e quindi per il conseguente danno da usura psicofisica.

5.1. Innanzitutto deve escludersi che la decisione impugnata sia affetta da difetto di motivazione per aver i primi giudici richiamato a fondamento del proprio convincimento la propria precedente sentenza n. 519 del 23 febbraio 2001.

E’ infatti ammissibile la motivazione della sentenza per relationem, dovendosi giudicare la sua completezza e logicità sulla base degli elementi contenuti nell'atto al quale si opera il rinvio e che, proprio in ragione del rinvio, diviene parte integrante dell'atto rinviante, tanto più che costituisce principio generale dell'ordinamento, desumibile dagli art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 per gli atti amministrativi e, a maggior ragione, valido in forza dell'art. 111 Cost., per l'attività del giudice, quello secondo cui il rinvio deve essere operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione per relationem (Cass. III, 16 gennaio 2009, n. 979) e sempreché la fonte richiamata sia identificabile ed accessibile alle parti (Cass. SS.UU. 12 luglio 2010, n. 16277).

Nel caso di specie non vi è dubbio che la sentenza cui è stato fatto riferimento era identificabile (essendone stati puntualmente indicati tutti gli estremi) e sicuramente accessibile, rendendo così agevole il controllo della motivazione per relationem, ciò senza contare che la stessa puntuale confutazione da parte dell’appellante delle argomentazioni contenute nella sentenza richiamata per relationem esclude che si possa essere verificato un qualche vulnus al diritto di difesa postulato dall’articolo 24 della Costituzione.

5.2. Quanto al merito, la Sezione osserva quanto segue.

5.2.1. Il D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985 – 1987, relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale) disciplina all’articolo 18 il servizio di pronta disponibilità.

Esso, secondo quanto disposto dal comma 1, è caratterizzato dalla immediata reperibilità del dipendente e dall’obbligo per lo stesso di raggiungere il presidio nel più breve tempo possibile dalla chiamata, secondo intese da definirsi in sede locale.

Il successivo comma 5 precisa che “nel caso in cui la pronta disponibilità cada in giorno festivo spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale”.

Il comma 10, infine, prevede che “in caso di chiamata l’attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata con recupero orario”.

5.2.2. La pronta disponibilità, che si connota per l’obbligo di attesa dell’eventuale chiamata, può dar luogo a due diverse situazioni, la prima delle quali si esaurisce proprio nel mero rispetto dell’obbligo di attesa di essere chiamato nel periodo orario prestabilito per raggiungere il presidio (c.d. reperibilità passiva), senza che a tale disponibilità segua un’effettiva chiamata e quindi una prestazione di servizio, mentre la seconda è caratterizzata dalla effettiva chiamata e dalla conseguente prestazione lavorativa (c.d. reperibilità attiva).

Entrambe le situazioni danno diritto alla corresponsione dell’indennità di reperibilità: tuttavia nella seconda ipotesi, inoltre, quando cioè vi è stata la chiamata (c.d. reperibilità attiva), l’attività prestata viene retribuita come prestazione straordinaria oppure viene compensata con un recupero orario (art. 18, comma 10, del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270).

La giurisprudenza (C.d.S., sez. V, 9 settembre 2009, n. 5270;
Cass. Civ., sez. lav., 19 novembre 2008, n. 27477;
9 luglio 2008, n. 18812), ha precisato che la reperibilità si configura in effetti come una prestazione strumentale ed accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori dell’orario di lavoro, in vista di un’eventuale prestazione lavorativa;
quanto al diritto al riposo compensativo allorquando il turno di reperibilità, senza svolgimento di effettiva attività lavorativa, sia caduto in un giorno festivo, è stato evidenziato che esso, non comportando riduzione del debito orario settimanale, presuppone la domanda del dipendente cui spetta di valutare la convenienza di utilizzare il giorno di riposo con prolungamento dell’orario di lavoro negli altri giorni della settimana.

5.2.3. La previsione del quinto comma dell’articolo 18 del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, nell’attribuire al dipendente, che ha prestato la pronta disponibilità in giorno festivo senza svolgere tuttavia attività lavorativa (c.d. reperibilità passiva), un riposo compensativo gli ha sostanzialmente attribuito la facoltà di eseguire la propria ordinaria obbligazione lavorativa (36 ore settimanali) in modo da poter recuperare il mancato riposo festivo, previa presentazione all’amministrazione di apposita domanda.

E’ questo infatti il senso che deve ragionevolmente riconoscersi all’espressione “senza riduzione del debito orario lavorativo”, cui è subordinata la spettanza del riposo compensativo.

In altri termini, ferma restando l’ordinaria prestazione oraria settimanale globalmente immutata, le ricordate disposizioni consentono al lavoratore che ha prestato il turno di pronta disponibilità la fruizione di un giorno di riposo con conseguente variazione in aumento della durata dell'attività lavorativa prestata o da prestare negli altri giorni: viene, cioè introdotta in favore del prestatore di lavoro un’obbligazione facoltativa in quanto, mentre oggetto dell’obbligazione rimane sempre la prestazione lavorativa da svolgere secondo gli ordinari orari di lavoro, nel caso in cui il dipendente abbia prestato una “pronta disponibilità” allo stesso è attribuita la facoltà di estinguere l’obbligazione lavorativa eseguendo una prestazione diversa sotto il profilo temporale, distribuendo il proprio orario settimanale di lavoro su di un giorno in meno, nel quale beneficerà del riposo compensativo.

Rientrando nella facoltà del prestatore di lavoro l’adempimento della prestazione mediante una diversa distribuzione dell’orario settimanale con fruizione di un giorno di riposo, l’amministrazione non era né obbligata, né legittimata a chiedere o ad imporre d’ufficio la prestazione lavorativa secondo una diversa scansione temporale, spettando invece al prestatore di lavoro dell’onere di richiedere espressamente di poter diversamente modulare la propria prestazione lavorativa.

5.2.4. Le considerazioni svolte in ordine al c.d. reperibilità passiva quanto alla fruizione del riposo compensativo valgono, ad avviso della Sezione, anche nella diversa ipotesi della c.d. reperibilità attiva: infatti, la previsione del comma 10 dell’articolo 18 del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, secondo cui in caso di chiamata l’attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata con recupero orario, deve considerarsi “aggiuntiva” rispetto a quella di carattere generale di cui al precedente comma 5 e non fa venir meno l’onere per il dipendente di chiedere espressamente all’amministrazione la possibilità di una diversa modulazione dell’orario ordinario di lavoro.

5.2.5. Alla stregua delle osservazioni svolte la domanda proposta non può pertanto trovare accoglimento, atteso che la parte interessata si è limitata a rivendicare il proprio diritto ad ottenere il compenso per i riposi compensativi asseritamente non goduti, anche a titolo di risarcimento danno, senza neppure provare di aver presentato domanda di godimento del riposo compensativo spettante per la reperibilità passiva e attiva svolta ovvero di aver chiesto in qualsiasi altro modo una diversa articolazione dell’ordinaria prestazione lavorativa cui era obbligato e tanto meno ha provato che l’amministrazione abbia respinto tale domanda, negando la possibilità di una diversa articolazione della prestazione lavorativa, unico presupposto necessario per poter verificare l’ammissibilità della domanda alternativa di corresponsione di una somma di danaro in luogo del riposo compensativo, asseritamene non goduto.

6. In conclusione l’appello deve essere respinto.

La peculiarità della controversia giustifica tuttavia la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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