Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-03-05, n. 201501125

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-03-05, n. 201501125
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201501125
Data del deposito : 5 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08556/2014 REG.RIC.

N. 01125/2015REG.PROV.COLL.

N. 08556/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8556 del 2014, proposto da:
Comune di Frattamaggiore, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. V B, con domicilio eletto presso lo Studio Vinti &
Associati in Roma, Via Emilia, n. 88;

contro

A S, A S, A S, C S, G S, T S, V S, rappresentati e difesi dall’Avv. Antonio Parisi, con domicilio eletto presso l’Avv. Gianluigi Pellegrino in Roma, Corso del Rinascimento, n. 11;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 03515/2014, resa tra le parti, concernente l’espropriazione di terreni


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di A S e di A S e di A S e di C S e di G S e di T S e di V S;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. Lazzara, per delega dell’Avv. Barone, e l’Avv. Pasqualone, per delega dell’Avv. Parisi;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I sigg. A S, A S, A S, C S, G S e V S hanno impugnato avanti al T.A.R. Campania i decreti di esproprio emessi dal Comune di Frattamaggiore per la realizzazione di opere infrastrutturali del piano per gli insediamenti produttivi approvato nel 2002 dal medesimo Comune.

2. I ricorrenti, assumendo la violazione dell’art. 13, comma 6, del d.P.R. 327/2001, dell’art. 26, comma 11, del medesimo d.P.R. 327/2001, dell’art. 57, comma 1, del medesimo d.P.R. 327/2001, l’eccesso di potere per mancanza dei presupposti fattuali, la violazione del giusto procedimento, il travisamento dei fatti e l’illogicità, per essere stati i decreti emessi oltre il termine quinquennale fissato dalla delibera commissariale n. 14533/2004 per il compimento dei lavori e delle procedure espropriative nonché per il mancato pagamento del saldo delle indennità alla sig.ra E L, deceduta il 10.4.2008, ne hanno chiesto l’annullamento, con ogni consequenziale statuizione.

3. Si è costituito in primo grado il Comune di Frattamaggiore, eccependo l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza del ricorso stesso.

4. Il T.A.R. Campania, con sentenza n. 3515 del 26.6.2014, ha accolto il ricorso, annullando i decreti di esproprio n. 22035 del 5.10.2009 e n. 22037 del 5.10.2009, e condannando il Comune di Frattamaggiore alla rifusione delle spese processuali in favore dei ricorrenti.

5. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Comune, lamentandone l’erroneità sotto tre distinti profili, che saranno di seguito singolarmente esaminati, e ne ha chiesto la riforma.

6. Si sono costituiti gli appellati, chiedendo la reiezione dell’avversario gravame.

7. Nella pubblica udienza del 10.2.2015 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

8. Preliminarmente deve essere esaminato il primo motivo di appello, con il quale il Comune lamenta l’ error in procedendo compiuto dal primo giudice nel non aver dichiarato interrotto il processo, nonostante l’intervenuto decesso del procuratore dei ricorrenti, benché portato a sua conoscenza con il deposito del relativo certificato di morte, per il rilievo che la fondatezza del ricorso avrebbe comunque potuto far superare l’arresto processuale determinatosi per effetto dell’evento interruttivo.

9. Il motivo è inammissibile, per quanto grave sia l’errore compiuto dal primo giudice nel non dichiarare interrotto il processo in presenza dell’evento interruttivo, perché le norme sull’interruzione del processo sono volte a tutelare la parte nei confronti della quale si sia verificato detto evento e che dallo stesso può essere pregiudicata ed essa è, conseguentemente, la sola legittimata a valersi della mancata interruzione, non essendo invece legittimata a dolersene la parte avversa (v., ex plurimis , Cons. St., sez. IV, 22.2.2013, n. 1098).

10. È infondato il secondo motivo di appello, incentrato sul presunto error in procedendo compiuto dal primo giudice nel non avere dichiarato improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, determinata dall’accettazione delle indennità di espropriazione e dalla sua consequenziale accettazione da parte degli odierni appellati.

11. Il motivo non merita condivisione perché questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che, in difetto di una esplicita manifestazione di volontà incompatibile con l’intenzione di coltivare il ricorso proposto contro il procedimento di occupazione d’urgenza o contro il successivo decreto di esproprio, la mera accettazione dell’indennità di espropriazione non vale a determinare acquiescenza ai provvedimenti impugnati e, pertanto, non implica la perdita di interesse alla decisione di quel gravame, atteso che l’eventuale accertamento dell’illegittimità della procedura espropriativa attribuisce all’interessato la diversa ed ulteriore utilità, rispetto all’indennizzo già percepito, del risarcimento dei danni (v., ex plurimis , Cons. St., sez. IV, 23.3.2004, n. 1476).

12. L’appello, ciò premesso, è nel merito fondato e deve essere accolto.

13. Il T.A.R. campano ha ritenuto che, quando al piano per gli insediamenti produttivi fa seguito l’approvazione di uno specifico progetto definitivo avente ad oggetto i singoli interventi, quali le opere di urbanizzazione e di infrastrutturazione a servizio del piano medesimo, dichiarate espressamente di pubblica utilità, la dichiarazione di pubblica utilità delle opere (e di indifferibilità ed urgenza dei lavori) e la disciplina dei termini per l’inizio dei lavori e delle espropriazioni non sono più rinvenibili nella delibera di approvazione del piano, ma nella delibera di approvazione dello specifico progetto definitivo, rimanendo, in tal caso, il piano, con la sua efficacia decennale, unicamente a presidio del vincolo preordinato all’esproprio.

14. La motivazione del primo giudice è viziata da error in iudicando.

14.1. Il Piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi (il P.I.P.) costituisce uno strumento facoltativo di pianificazione territoriale, introdotto dall’art. 27 della c.d legge sulla casa n. 875 del 1971, al fine di consentire ai Comuni di acquisire aree per insediamenti di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico nell’ambito delle zone all’uopo destinate dallo strumento urbanistico generale.

14.2. Quanto alla natura giuridica, il P.I.P. – pur essendo, sotto il profilo urbanistico, equivalente al piano particolareggiato, poiché entrambi gli strumenti attuano e specificano le prescrizioni del P.R.G. – si connota come un piano speciale di zona, avendo la duplice funzione, da un lato, di garantire un ordinato sviluppo urbanistico dell’ambito nel quale dovranno sorgere nuovi insediamenti produttivi e, dall’altro, di stimolare l’espansione produttiva nel territorio comunale attraverso la cessione, alle imprese interessate, dei terreni espropriati.

14.3. Ne consegue – come da tempo acquisito nella giurisprudenza della Sezione – che il P.I.P. vada iscritto nella categoria dei piani urbanistici funzionali di rilievo locale, aventi la finalità di rilanciare l’attività produttiva e di creare nuove opportunità di lavoro, offrendo alle imprese le aree occorrenti per i loro impianti, ad un prezzo politico, contribuendo a prevenire tensioni sociali connesse alla dismissione produttiva attraverso il rilancio di attività imprenditoriali aventi adeguato impatto occupazionale. (cfr., ex plurimis , Cons. St., sez. IV, 22.5.2000, n. 2939;
Cons. St., sez. IV, 10.4.2006, n. 1986).

14.4. Per quanto rileva nella presente controversia, più in particolare, la delibera di approvazione del P.I.P. equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere e trasformazioni urbanistiche (rete stradale, spazi e impianti di pubblico interesse, lotti) previste dallo strumento e consente al Comune di disporre la successiva espropriazione delle aree interessate.

14.5. La Sezione ha già avuto modo di chiarire, peraltro, che la fissazione dei termini di cui all’art. 13 della l 25 giugno 1865, n. 2359 non è necessaria, quando l’ambito temporale per l’effettuazione dei lavori e delle espropriazioni risulti già determinato con assoluta certezza, come avviene per i piani per gli insediamenti produttivi, la cui durata è stabilita dalla legge speciale – art. 27, comma terzo, della l. 865/1971 – in dieci anni (v., ex plurimis , Cons. St., sez. IV, 27.10.2003, n. 6631).

14.6. L’indicazione dei predetti termini che, com’è noto, svolge una funzione garantistica, costituendo riprova dell’attualità dell’interesse pubblico da soddisfare e della serietà ed effettività del relativo progetto, evitando di esporre sine die il diritto di proprietà al potere espropriativo della pubblica amministrazione, non trova alcuna giustificazione logico-giuridica nel caso del piano per gli insediamenti produttivi, la cui approvazione ha ex lege effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste e ne fissa inderogabilmente la durata in dieci anni (che costituisce anche il termine entro cui le previsioni del piano stesso devono essere attuate: v., ex plurimis , Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2939).

14.7. L’efficacia decennale della dichiarazione di pubblica utilità insita nell’approvazione del piano resta tale anche quando l’Amministrazione, come nel caso di specie, abbia approvato uno specifico progetto definitivo, avente ad oggetto singoli interventi e di carattere “lenticolare”, ed abbia fissato un termine inferiore (cinque anni) per il compimento dei lavori, poiché il termine decennale per la validità ed efficacia della dichiarazione di pubblica utilità è un effetto inderogabile discendente direttamente ex lege dalla natura stessa del piano.

14.8. L’Amministrazione, fissando il termine quinquennale per il compimento dei lavori, ha solo inteso imprimere, peraltro in modo contraddittorio rispetto alla natura ed alla funzione del piano, una più sollecita conclusione all’andamento degli stessi, ma non certo restringere l’efficacia temporale del vincolo espropriativo, poiché nella parte dispositiva della medesima delibera si legge, expressis verbis , che “ ai fini della dichiarazione di pubblica utilità delle opere di infrastruttura di cui al precedente capo 1 ” si dà atto che “ il vincolo preordinato all’esproprio nasce all’approvazione del Piano di Insediamenti Produttivi, definitivamente approvato con delibera di Consiglio comunale n. 30 del 25.02.02 ”.

14.9. E non avrebbe potuto essere altrimenti, giacché il riconoscere una diversa efficacia temporale ai diversi interventi attuativi del piano avrebbe potuto compromettere, come dimostra la presente vicenda contenziosa, l’attuazione del piano stesso nella sua interezza.

15. Diversamente ragionando, come ha fatto il primo giudice, si perverrebbe del resto alla illogica ed illegittima conclusione di attribuire alla delibera commissariale n. 14533 del 5.7.2004 una autonomia funzionale, che essa non possiede rispetto al piano per gli insediamenti produttivi, disapplicando il disposto normativo – l’art. 27, comma terzo, della l. 865/1971 – che riconosce al piano stesso una efficacia temporale di dieci anni quanto alla dichiarazione di pubblica utilità.

15.1. Così non è, tuttavia, e la diversa conclusione del primo giudice è viziata da error in iudicando , perché riconosce alla delibera una efficacia derogatoria al disposto della legge che essa non può legittimamente e, deve qui aggiungersi, non ha inteso effettivamente avere, riferendosi essa anche letteralmente al solo compimento dei lavori e delle espropriazioni e non già all’efficacia temporale della dichiarazione di pubblica utilità, la cui durata decennale, a partire dall’approvazione del piano, è anzi espressamente ribadita dalla delibera.

15.2. Occorre precisare che i ricorrenti in prime cure avevano impugnato i decreti di esproprio, lamentando che gli stessi fossero illegittimi per la mancata adozione dell’esproprio nel termine di cinque anni e, in particolare, che “ gli impugnati provvedimenti, essendo stati adottati in data 5 ottobre 2009, ben oltre, quindi, il termine quinquennale fissato con il succitato provvedimento commissariale, sono assolutamente illegittimi, essendo irrimediabilmente spirato il termine entro il quale essi potevano essere legittimamente e validamente essi ” (p. 4 del ricorso proposto avanti al T.A.R. campano).

15.3. Ma questa conclusione, per le ragioni vedute, è del tutto erronea, in presenza del piano per gli insediamenti produttivi, il quale comporta ex lege un vincolo preordinato all’esproprio e una dichiarazione di pubblica utilità aventi invariabilmente durata decennale anche in presenza di termini per il compimento dei lavori inutiliter dati.

15.4. Né a tale conclusione, giova qui solo aggiungere, può ostare la regola che vieta al giudice amministrativo la disapplicazione incidentale di un atto presupposto non avente natura normativa, poiché tale regola non impedisce al giudice, laddove l’atto presupposto – la delibera n. n. 14533 del 5.7.2004 – contenga due previsioni tra loro incompatibili e contraddittorie sul piano logico-giuridico (la riconosciuta efficacia decennale della dichiarazione di pubblica utilità riconducibile all’approvazione del piano e il termine quinquennale per l’emanazione dei decreti di esproprio), di privilegiare quella conforme a legge, applicando il generale principio di conservazione che impone di interpretare l’atto magis ut valeat quam ut pereat (art. 1367 c.c.), principio estensibile anche agli atti amministrativi (Cons. St., sez. V, 20.11.2013, n. 5465).

16. Ne consegue che la sentenza impugnata, in accoglimento dell’appello, merita riforma, con conseguente rigetto del ricorso proposto in primo grado.

17. Non essendo stata riproposta dagli appellati nella loro memoria di costituzione la censura relativa alla mancata corresponsione del saldo dell’indennità in favore della defunta sig.ra E L, peraltro, tale censura, assorbita dal primo giudice (p. 10 della sentenza impugnata), non può trovare ingresso nel presente grado di giudizio.

18. La complessità e la singolarità del caso, per le ragioni appena espresse, consentono di compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

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