Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-12-21, n. 201206638
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Testo completo
N. 06638/2012REG.PROV.COLL.
N. 06304/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6304 del 2011, proposto da:
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Italserfin s.p.a. non costituita in questo grado di giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 3363/2011, resa tra le parti, concernente pratica commerciale scorretta - irrogazione sanzione amministrativa pecuniaria
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e udito per l’appellante l’avvocato dello Stato Santoro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- L’Autorità garante della concorrenza e del mercato impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 18 aprile 2011, n. 3363 nella parte in cui, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla società Italserfin spa, ha ridotto da 50.000,00 euro a 30.000,00 euro la sanzione amministrativa pecuniaria irrogata alla società predetta in relazione ad una pratica commerciale (diffusione di volantini con messaggi pubblicitari non correttamente formulati) ritenuta scorretta ai sensi degli artt. 20,21,22 e 23 del d.lgs. 6 settembre 2005, n.206 recante il Codice del consumo .
A base del decisum oggetto di appello il giudice di primo grado, dopo avendo confermato la sussistenza degli illeciti contestati, in relazione alla non corretta veicolazione presso il pubblico dei consumatori di alcuni messaggi pubblicitari relativi ad operazioni di prestito, ha tuttavia tenuto conto, ai fini della riduzione della sanzione, dell’atteggiamento collaborativo del soggetto sanzionato nonché del breve lasso temporale di durata della condotta illecita.
Deduce l’Autorità appellante che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, ai fini della determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria, dovrebbe tenersi conto soltanto di quei comportamenti fattivi dell’agente che si concretizzino nella eliminazione dei danni provocati dall’illecito amministrativo anteriormente all’avvio del procedimento sanzionatorio e non invece della mera collaborazione procedimentale consistente nella pronta esecuzione di tutti gli incombenti istruttori richiesti.
In definitiva, l’Autorità contesta che possa risultare rilevante, sempre in funzione della riduzione della sanzione, la desistenza da parte del professionista dalla pratica commerciale in corso di procedimento sanzionatorio, dato che tale elemento potrebbe al più rilevare ai fini della determinazione della durata della violazione, ma non quale condotta virtuosa capace di attenuare la responsabilità dell’agente professionista. Conclude pertanto l’autorità appellante per l’accoglimento dell’appello e, in riforma del capo impugnato, per l’integrale rigetto del ricorso di primo grado.
All’udienza del 4 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è fondato e va accolto.
Come si è anticipato, il giudice di prime cure ha valorizzato, in accoglimento della censura di primo grado in punto di quantificazione della sanzione irrogata, due elementi della fattispecie che a ragione l’Autorità appellante ritiene ininfluenti in tale prospettiva: la collaborazione dimostrata dalla società appellata nell’ambito del procedimento sanzionatorio e la breve durata della violazione contestata.
Va premesso che i criteri generali di cui fare applicazione in sede di commisurazione delle sanzioni pecuniarie nelle materie di cui al d.lgs. 6 settembre 2005 n.206 (recante il Codice del consumo ) sono rinvenibili nell'ambito delle previsioni generali dell'art. 11 l.24 novembre 1981, n. 689 , per il quale "nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche" . Ciò in quanto l'articolo 27, comma 13, del Codice del consumo stabilisce che per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni delle relative norme si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni ivi indicate della legge n. 689 del 1981, e perciò l'art. 11 della stessa.
Come chiarito da questo Consiglio di Stato, l'art. 11, pacificamente ritenuto in linea generale applicabile alle sanzioni comminate dalle Autorità indipendenti, è norma espressiva di un principio generale di proporzionalità (che se, in termini generali va inteso quale principio volto a massimizzare la tutela dell'interesse pubblico con il minimo sacrificio possibile dell'interesse privato, va costruito, nell'ambito sanzionatorio, quale principio di giusta retribuzione, da osservare nella reintegrazione dell'ordine giuridico violato) (Cons. Stato, VI, 8 marzo 2006, n. 1269).
Ritiene il Collegio che, come correttamente osservato dalla Autorità appellante, l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della violazione non può consistere con la mera, sia pur fattiva, collaborazione procedimentale post factum del soggetto nei cui confronti si sia proceduto alla contestazione dell’illecito amministrativo. La leale collaborazione delle parti nella fase procedimentale assume invero una valenza neutra ai fini sanzionatori, essendo un siffatto comportamento collaborativo da qualificare in termini di normalità: nessuna premialità la legge gli ricollega per derogare ai principi generali circa il carattere essenzialmente retributivo della sanzione amministrativa.
Piuttosto, ai fini della diminuzione della sanzione in concreto, i comportamenti rilevanti sono quelli che in concreto comportano una attenuazione delle conseguenze pregiudizievoli prodotte dall’illecito purché consapevolmente, spontaneamente e operativamente assunti dall’agente prima dell’apertura del procedimento sanzionatorio nei suoi confronti.
Non si richiede, ai fini della determinazione della sanzione pecuniaria in misura più ridotta, un atteggiamento necessariamente fattivo dell’agente: può valere anche la mera interruzione volontaria della condotta che attenui le conseguenze dell’illecito, pur restando maggiormente apprezzabile un atteggiamento assimilabile al recesso attivo, fino al contrarius actus inteso ad eliminare o ad attenuare le conseguenze pregiudizievoli della condotta.
È comunque imprescindibile, nell’un caso e nell’altro, è che tali condotte siano poste in essere consapevolmente in un momento antecedente l’avvio del procedimento sanzionatorio: è perciò irrilevante in funzione diminuente l’atteggiamento successivo (del resto, un’eventuale ed anormale persistenza porterebbe casomai a connotare, a contrario, in termini di particolare gravità la condotta da sanzionare).
Pertanto correttamente l’Autorità ha lamentato l’erroneità della sentenza impugnata dove, ai fini della quantificazione della sanzione, ha tenuto conto della sola cessazione della condotta illecita dopo l’avvio del procedimento, vale a dire di un comportamento neutro ai fini che qui interessano.
Anche sotto il secondo profilo di censura, non è convincente la valutazione del giudice di primo grado per cui l’Autorità, nell’irrogare la sanzione, non avrebbe adeguatamente considerato la durata non eccessiva (due mesi) della diffusione dei messaggi impressi sui volantini. La valutazione del giudice di prime cure è apodittica: un volantinaggio di due mesi non è di suo un fattore diminuente della sanzione, non risultando irragionevole la negativa valutazione di una tale pratica pubblicitaria così protrattasi per tale periodo quale condotta particolarmente insistente e persuasiva.
Anche in considerazione di tale fattore temporale, la sanzione irrogata dall’Autorità in misura ben al di sotto del massimo edittale (pari a 500.000,00 euro) non risulta eccessiva e, in definitiva, risulta congruamente determinata, avuto riguardo ad ogni elemento a tal fine rilevante secondo le già descritte indicazioni normative.
3.-Per quanto detto, l’appello va accolto e, in parziale riforma della impugnata sentenza, va integralmente respinto il ricorso di primo grado proposto dall’odierna società appellata.
Le spese del grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.