Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-11-25, n. 201908011

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-11-25, n. 201908011
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908011
Data del deposito : 25 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/11/2019

N. 08011/2019REG.PROV.COLL.

N. 01235/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1235 del 2019, proposto da
Daruma Centro s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati A B, P G e A I, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato S S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II TER n. 11516/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e del Ministero dello Sviluppo Economico;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2019 il Cons. F D M e uditi per le parti gli avvocati Giovannelli e Siracusa, l’avvocato dello Stato Giovanni Giovanni Greco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con verbale di accertamento 31 maggio 2018, agenti della Polizia municipale di Roma Capitale, a seguito di sopralluogo nei locali commerciali della Daruma Centro s.r.l., titolare di esercizio di vicinato per lo svolgimento di laboratorio di gastronomia, constatavano che “ oltre la metà dei locali è ingombra di piani di appoggio con sedute abbinate, sono comunque presenti arredi e relative modalità di utilizzo che consentono la consumazione come seduti al tavolo con caratteristiche di richiamo quantitativo della clientela e permanenza nel luogo di consumo. Si è notato, inoltre, l’assenza di bilancia e l’indicazione dei prezzi di vendita non per unità di misura ”.

1.1. Alla luce delle riportate circostanze fattuali gli agenti ritenevano che Daruma Centro s.r.l. avesse, in realtà, avviato un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande in assenza di idoneo titolo abilitativo (indicato come “ autorizzazione amministrativa o Scia ”) e trasmettevano rapporto alla competente Direzione che adottava la determinazione dirigenziale 18 settembre 2018 n. CA/2798/2018 di cessazione dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande entro quindici giorni dalla notifica dell’atto.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Daruma Centro s.r.l., impugnava il predetto provvedimento per contrasto con l’art. 3, comma 1, lett. f) - bis d.l. 4 aprile 2006, n. 223 conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248 per aver, quest’ultima disposizione, eliminato ogni divieto al consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso esercizi di vicinato, con l’utilizzo di locali e arredi dell’azienda, ad esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico sanitarie.

2.1. La ricorrente contestava, poi, la violazione dell’art. 1 d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. decreto liberalizzazioni) conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27, che aveva operato, a suo dire, il superamento di ogni disposizione contenente “ divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ” all’esercizio di attività economiche, ivi comprese, pertanto, quelle riferite agli esercizi di vicinato svolgenti attività di laboratorio di gastronomia. A sostegno della sua tesi la ricorrente citava, altresì, il parere reso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato 5 dicembre 2016.

2.2. Oggetto di contestazione, inoltre, era anche la Risoluzione del Ministero dello sviluppo economico 28 novembre 2016 n. 372321, espressamente richiamata nel provvedimento impugnato, che, in relazione alle condizioni legittimanti il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia in caso di esercizi di vicinato, si soffermava sugli arredi, con prescrizione di non abbinabilità di “ piani e sedute ”, nel senso che “ l’utilizzo congiunto della seduta e del piano d’appoggio non deve risultare normalmente possibile (ad esempio, per le diverse altezze dei medesimi) in modo che sia consentito ai fruitori il consumo degli alimenti e delle bevande da seduti (ma non al tavolo) ovvero appoggiando i prodotti su un piano (ma senza poterlo utilizzare da seduti) ”.

La ricorrente lamentava la violazione dell’art. 117 Cost. per aver l’Amministrazione statale dettato prescrizioni in materia di commercio, riservata alle Regioni e ai Comuni, nonché il superamento dei limiti consentiti all’attività amministrativa, per aver, a mezzo circolari, integrato il dettato normativo (e, precisamente, il richiamato art. 3, comma 1, lett. f) – bis d.l. n. 223/2006), che vieta, unicamente, che l’attività di consumo in esercizi di vicinato si svolga con il “ servizio ai tavoli ”.

2.3. Da ultimo, la ricorrente rilevava il contrasto del provvedimento impugnato con il Regolamento per l’esercizio delle attività commerciali ed artigianali nel territorio della Città Storica, approvato da Roma Capitale il 3 maggio 2018, che, all’art. 5, aveva introdotto una disciplina degli arredi degli esercizi di vicinato con consumo sul posto dei pasti, compatibile con la tipologia di arredi presenti nel locale in cui era svolta la sua attività (arredi minimali;
che non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e devono garantire condizioni minime di fruibilità).

2.4. Il giudizio di primo grado, cui prendeva parte Roma Capitale e nel quale si costituiva il Ministero dello sviluppo economico, era concluso dalla sentenza, sez. II – ter , 28 novembre 2018, n. 11516, di reiezione del ricorso e compensazione delle spese di lite.

2.4.1. Il Tribunale, preliminarmente, delimitava la questione posta dal giudizio nell’esatta individuazione dei presupposti e limiti che consentono, agli esercenti un’attività di vendita di prodotti alimentari da asporto, il consumo sul posto degli alimenti, senza incorrere nell’esercizio abusivo dell’attività commerciale.

2.4.2. Definito in maniera puntuale il quadro normativo di riferimento, era richiamato il precedente della medesima Sezione, 5 gennaio 2016, n. 100, e le situazioni, ivi riepilogate (perchè già colte in precedenti pronunce), rivelatrici di un’attività di somministrazione per il consumo sul posto, ovvero: a) la disposizione delle sedute e dei tavoli munite di apparecchiature per il consumo dei pasti con stoviglie e bevande;
b) la presenza di un rilevante numero di tavoli e sedie apparecchiati con stoviglie lavabili e menù che pubblicizzano prodotti al piatto con carta dei vini per la somministrazione;
c) la presenza di una macchina per il caffè, erogatori di birra alla spina;
d) un contesto connotato da un banco-bar attrezzato con relativo addetto, arredi funzionali alla somministrazione distribuiti sull’intera superficie utile del locale, modalità di offerta/esposizione delle bottiglie di alcoli, analcolici, superalcolici, uso di bottiglie con appositi dosatori a beccuccio per il tipo di mescita al banco, esposizione prezzi cocktails e prodotti da bar in genere, modalità di consumo delle bevande da parte degli avventori mediante banco lungo con sgabelli.

2.4.3. In relazione all’attività svolta dalla ricorrente, il giudice di primo grado riteneva non irragionevole il convincimento dell’amministrazione secondo il quale l’offerta era orientata ad un consumo sul posto con modalità similari o coincidenti con la somministrazione assistita, piuttosto che alla mera vendita di pasti, per: a) la presenza di arredi idonei di per sé a consentire la somministrazione assistita – intesa in senso “ funzionale ” vale a dire come organizzazione dell’offerta orientata a favorire la consumazione sul posto del prodotto – senza che rilevi l’altezza maggiore dei tavoli e delle sedie, trattandosi di caratteristica meramente di stile;
b) l’indicazione dei prodotti offerti in modalità non compatibile con la vendita da asporto, che presuppone la pesatura delle porzioni e quindi la bilancia e la indicazione dei prezzi per peso.

2.4.4. Da ultimo, in relazione alle novità introdotte dal nuovo Regolamento approvato da Roma Capitale, il giudice esaminava, principalmente, la possibilità per la ricorrente di giovarsi del periodo di adeguamento (di un anno) riconosciuta agli esercenti per adeguarsi alle nuove disposizioni, che, tuttavia, escludeva nel caso di specie, poiché non era, comunque, consentita a coloro che, precedentemente avevano condotto attività irregolari o non corrispondenti al previgente quadro normativo.

3. Propone appello Daruma Centro s.r.l.;
si è costituita in giudizio Roma Capitale. Le parti hanno presentato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm., e Daruma centro s.r.l. anche rituale replica. All’udienza del 29 ottobre 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

3.1. Con il proprio atto di appello, articolato in sei motivi, Daruma Centro s.r.l. contesta la sentenza di primo grado per aver respinto i motivi del ricorso, che vengono, pertanto, sostanzialmente riproposti in questa sede.

La tesi dell’appellante è che, per la previsione del già richiamato art. 3, comma 1, lett. f – bis d.l. 4 aprile 2006, n. 223 conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248, è consentito ora ad ogni esercizio di vicinato, che svolga attività di laboratorio di gastronomia, il consumo sul posto, purchè senza la predisposizione di “ servizio ai tavoli ”, pena, solo in quest’ultimo caso, la ricorrenza di un’attività di somministrazione di alimenti e bevande con conseguente necessità di munirsi di ulteriore titolo abilitativo. Trae rafforzamento tale convincimento anche dalle disposizioni normative di liberalizzazione del mercato, rivolte ad ampliare le possibilità dell’attività imprenditoriale.

4. Il motivo è fondato.

4.1. La questione posta dal motivo d’appello – le condizioni alle quali è consentito ai titolari di esercizio di vicinato alimentare di permettere il consumo sul posto degli alimenti alla propria clientela – è stata esaminata in maniera approfondita da questa Sezione nella sentenza 8 aprile 2019, n. 2280, dalle cui conclusioni non v’è ragione di discostarsi.

4.2. La richiamata pronuncia ha fissato il principio generale per il quale negli esercizi di vicinato, allorchè legittimati alla vendita dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, è ammesso il consumo sul posto di prodotti di gastronomia, purchè in assenza del servizio “ assistito ” di somministrazione.

Il “ servizio assistito ” di cui al citato art. 3, comma 1, lett. f – bis , d.l. 223/2006 è stato, quindi, identificato nell’offerta da parte del gestore di un servizio ai tavoli ad opera di personale impiegato nel locale e così in senso più strettamente letterale e non, invece, in senso “funzionale” come dalla pronuncia impugnata, come organizzazione dell’offerta da parte del gestore rivolta, nel suo complesso – e, dunque, anche in ragione delle modalità di strutturazione del locale – a favorire la consumazione sul posto dei prodotti di gastronomia.

4.3. Ne segue, quale logica conseguenza, che per l’interpretazione accolta di “ servizio assistito ” è del tutto irrilevante la predisposizione degli arredi all’interno del locale, poiché, in assenza di personale ai tavoli, non è impedito che il mero consumo in loco del prodotto acquistato possa avvenire servendosi materialmente di suppellettili ed arredi, anche dedicati, presenti nell’esercizio commerciale, ossia in primis tavoli e sedie, ma a rigore anche tovaglioli o stoviglie, la cui generale messa a disposizione per uso autonomo e diretto di per sé non integra un servizio di assistenza al tavolo, ben potendo essere utilizzati anche dagli acquirenti che decidano di non fermarsi nel locale.

4.4. Le Risoluzioni ministeriali che incentrano l’elemento distintivo fra attività di somministrazione di alimenti e bevande e attività di vendita sulla modalità di consumo dell’offerta, in particolare sull’attrezzatura utilizzabile per consentire il consumo sul posto, si pongono in contrasto, pertanto, con il dato normativo precedentemente richiamato.

In tal senso va condivisa – come già fatto nella sentenza di questa Sezione richiamata – la considerazione svolta dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione 27 ottobre 2016, n. S2605: “ Le richiamate Risoluzioni non tengono […] conto del fatto che già il D.L. n. 223/2006 aveva inteso superare o quantomeno coordinare con i principi di concorrenza tutte le attività di consumo sul posto di alimenti e bevande, individuando il discrimen tra l’attività di somministrazione e quella di vendita da parte degli esercizi di vicinato unicamente nella presenza o meno del servizio assistito. Esse, inoltre, non basano l’interpretazione offerta su quanto strettamente necessario a tutelare le esigenze di interesse generale tipizzate dal citato D.L. n. 201/2011, quali la «tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali » […]”.

4.5. Alla luce delle predette considerazioni, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza di primo grado, il provvedimento impugnato va annullato per aver ritenuto Daruma Centro s.r.l. esercente, senza titolo, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, laddove, invece, la stessa consentiva esclusivamente il consumo sul posto ai propri clienti nei limiti previsti dal legislatore, vale a dire senza approntare una qualche modalità di “ servizio assistito ” all’interno del proprio locale, ma solo mettendo a disposizione arredi idonei allo scopo.

4.6. Da ultimo, va precisato che il Regolamento per l’esercizio delle attività commerciali ed artigianali nel territorio della Città Storica, approvato con deliberazione dell’Assemblea capitolina 17 aprile 2018 n. 47 ed entrato in vigore il 18 maggio 2018, effettivamente ha introdotto nuove disposizioni relative alle modalità di espletamento dell’attività di esercizio di vicinato alimentare qualora sia offerta alla clientela il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia.

Tuttavia, il provvedimento impugnato ha carattere sanzionatorio, onde la sua legittimità va accertata relativamente ai presupposti e condizioni previsti al momento della sua adozione, fermo restando che, come evidenziato anche dal giudice di primo grado, è imposto a tutti gli esercenti di doversi adeguare alle nuove disposizioni nel termine ivi stabilito;
di ciò, dell’avvenuto adeguamento, non v’è, tuttavia, motivo di occuparsi nel presente giudizio.

5. In conclusione, in riforma della sentenza di primo grado, va accolto il ricorso proposto da Daruma Centro s.r.l. con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

6. La novità degli orientamenti giurisprudenziali sui quali è fondata l’odierna decisione giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio tra le parti in causa.

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