Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-05-04, n. 202002839
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Pubblicato il 04/05/2020
N. 02839/2020REG.PROV.COLL.
N. 01550/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1550 del 2011, proposto dai Signori
P A, C T, L M T, M B, P A, P P, S P, rappresentati e difesi dall'avv. M R D, presso la quale sono elettivamente domiciliati in Roma, al Viale Carso n. 23;
contro
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
A F, S B, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima ter) n. 33072 del 29 ottobre 2010, resa tra le parti, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso N.R.G. 3664 del 2009, avente ad oggetto l’annullamento:
- della graduatoria definitiva approvata con determinazione del Direttore del Dipartimento istituzionale del 2 settembre 2009, n. A0259, relativa alla procedura di selezione per progressione verticale per la copertura di n. 196 posti a tempo pieno ed indeterminato, in categoria giuridica D, posizione economica iniziale D1, riservata al personale iscritto ai ruoli della Giunta regionale del Lazio, indetta con determinazione del Direttore del Dipartimento istituzionale della Regione Lazio del 31 ottobre 2007, n. A3770;
- delle determinazioni risultanti dai verbali delle riunioni assunte dalla Commissione, nominata con determinazione dirigenziale n. A1179 del 2 aprile 2008, relative alla valutazione delle idoneità valutabili ai sensi dell’art. 7 del bando di concorso;
- della determinazione del Direttore del Dipartimento istituzionale della Regione Lazio del 31 ottobre 2007, n. A3770 del 10 novembre 2007;
- degli atti di inquadramento nella categoria D relativi ai 196 candidati risultati vincitori.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, il Cons. Roberto Politi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso n. 3664 del 2009, proposto innanzi al T.A.R. del Lazio, gli appellanti hanno chiesto l’annullamento degli atti precedentemente indicati.
2. Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione regionale intimata ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa, in relazione alla mancata definizione delle posizioni dei singoli ricorrenti al fine dell’esclusione della sussistenza di interessi fra loro confliggenti e per genericità nella comparazione con le posizioni degli altri 40 graduati, indicati nel ricorso.
Autorizzata l’integrazione del contradditorio per pubblici proclami nei confronti dei candidati (non evocati) aventi poziore collocazione in graduatoria rispetto ai ricorrenti, l’adito Tribunale ha, poi, dichiarato il ricorso inammissibile con sentenza n. 33072 del 29 ottobre 2010.
In particolare, con essa è stato affermato che:
- “le posizioni rivestite dai vari ricorrenti sono diverse le une dalle altre, dal momento che gli stessi sono in possesso di titoli diversi (alcuni hanno solo il diploma di maturità;altri la laurea);peraltro, i medesimi risultano essere stati assunti nei ruoli regionali in date diverse e con differenti profili professionali”;
- “la giurisprudenza è consolidata nell’affermare che – laddove i soggetti del ricorso collettivo non specifichino le singole e concrete posizioni legittimanti e i presupposti dell'azione – è impedito al giudice di valutare la concreta posizione di ciascuno all'interno del ricorso …”;
- “è inammissibile il ricorso collettivo proposto avverso il medesimo provvedimento da parte di soggetti diversi, con distinti rapporti contrattuali e con posizioni giuridiche e fattuali differenziate o confliggenti, perché priva il giudice della possibilità di controllare la concreta e individuale pretesa vantata da ciascuno di essi …”;
conseguentemente, ritenendosi che “il presente ricorso collettivo non appare ammissibile poiché – pur se la questione da risolvere nel ricorso principale accomuna tutti gli interessati (e cioè l'annullamento della procedura in questione per illegittima valutazione dei titoli) – tuttavia soltanto alcuni di essi potrebbero conseguire l'utilità derivante dall'accoglimento della domanda mentre altri non ne conseguirebbero alcuna, poiché o non rivestono i requisiti per giovarsene, oppure non hanno posto il Collegio in condizione di verificare se essi rivestono una posizione identica a quella di tutti gli altri”.
3. Avverso tale pronuncia, è stato interposto appello, notificato l’8 febbraio 2011 e depositato il successivo 1° marzo.
Con esso, viene lamentato che i titoli e le posizioni indicate dagli appellanti – peraltro omogenee e tra loro non confliggenti – sarebbero assolutamente ininfluenti al fine di definire la controversia.
Evidenziano, gli stessi, di avere censurato, in prime cure, la legittimità dell’art. 7 del bando di concorso (che stabiliva il riconoscimento di punti 2 per le idoneità conseguite in altri concorsi pubblici);e, con esso, il punteggio (asseritamente non spettante) attribuito a 40 candidati meglio collocatisi nella conclusiva graduatoria.
Nel sottolineare che l’omogeneità delle posizioni vantate sia idonea a scongiurare ipotesi di conflitto di interesse, rappresentano gli appellanti che anche una eventuale declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado avrebbe potuto riferirsi a talune soltanto delle singole posizioni dedotte in giudizio (all’esito, peraltro, di approfondimenti istruttori volti ad appurare la validità, o meno, dei titoli contestati).
Conclude parte appellante, insistendo per l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.
4. In data 16 marzo 2020, l’Amministrazione regionale appellata si è costituita in giudizio, sostenendo che il giudice di prime cure abbia correttamente dichiarato l’inammissibilità del ricorso collettivo dinanzi al medesimo esperito;e chiedendo, previa confutazione delle argomentazioni esposte con l’atto introduttivo del presente giudizio, la conferma dell’appellata pronunzia.
5. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 28 aprile 2020.
DIRITTO
1. Va, in primo luogo, osservato che, a seguito di comunicazione di avviso di perenzione ultraquinquennale, in data 9 marzo 2016, le sole appellanti sigg.re L M T, M B e P P hanno, il 6 settembre 2016, depositato in atti istanza di fissazione di udienza.
Conseguentemente, ai sensi dell’art. 82, comma 1, c.p.a., deve dichiararsi la perenzione del presente giudizio, limitatamente alla posizione dei rimanenti appellanti, sigg.ri P A, C T, P A e S P.
2. Quanto sopra preliminarmente disposto, la delibazione della presente controversia non può prescindere dalla previa individuazione delle coordinate giurisprudenziali che assistono la valutazione in ordine alla ammissibilità – o meno – del ricorso collettivo;e che, in proposito, ne precisano gli ambiti di proponibilità.
Consolidati principi interpretativi consentono di affermare che, affinché il ricorso collettivo (come quello dagli odierni appellanti esperito in prime cure dinanzi al T.A.R. del Lazio) sia ammissibile, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali;e, cioè, che le domande giudiziali siano identiche nell'oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi.
Anche dopo la codificazione del 2010 (artt. 40 e ss. c.p.a.), la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale, secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione.
Pertanto, la proposizione contestuale di un'impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo:
- i primi, rappresentati dall'assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l'accoglimento della domanda di alcuni dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con l’accoglimento delle istanze degli altri;
- i secondi consistenti, invece, nell'identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (Cons. Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 363).
Quanto, in particolare, alla esclusa ravvisabilità di (anche potenziale) conflitto di interessi fra i ricorrenti – la cui riscontrabilità preclude la sollecitazione del sindacato giurisdizionale con modalità soggettivamente plurale – è stata puntualizzata l’esigenza che le posizioni dei suddetti soggetti siano omogenee fra di loro con riferimento:
- sia al petitum azionato,
- che alle doglianze dedotte,
sì da poter ragionevolmente considerare la pluralità dei ricorrenti un’unica parte processuale, seppure soggettivamente complessa (cfr. Cons. Stato: Sez. III, 16 agosto 2019, n. 5728;Sez. VI, 29 aprile 2019, n. 2738;Sez. VI, 15 gennaio 2019, n. 382).
3. Quanto sopra osservato, nella pronunzia sottoposta a critica, il T.A.R. Lazio, nell’evidenziare che:
- “le posizioni rivestite dai vari ricorrenti sono diverse le une dalle altre, dal momento che gli stessi sono in possesso di titoli diversi (alcuni hanno solo il diploma di maturità;altri la laurea)”;
- “i medesimi risultano essere stati assunti nei ruoli regionali in date diverse e con differenti profili professionali”;
ha ritenuto che:
- seppure “la questione da risolvere nel ricorso principale accomuna tutti gli interessati (e cioè l'annullamento della procedura in questione per illegittima valutazione dei titoli)”
- “tuttavia soltanto alcuni di essi potrebbero conseguire l'utilità derivante dall'accoglimento della domanda mentre altri non ne conseguirebbero alcuna, poiché o non rivestono i requisiti per giovarsene, oppure non hanno posto il Collegio in condizione di verificare se essi rivestono una posizione identica a quella di tutti gli altri”.
4. Corrisponde al vero che nella questione dedotta con l’atto introduttivo del giudizio di prime cure è rinvenibile carattere di unitarietà: essendosi lamentata, ad opera dei ricorrenti, l’illegittimità dell’art. 7 del bando di concorso, il quale prevedeva che “la valutazione dei titoli, sino ad un massimo di 15 punti, è effettuata nel modo che segue:
a) diploma di laurea specialistica o laurea breve: punti 10;
b) diploma di maturità: punti 8;
c) altri titoli di studio di livello inferiore: punti 3.
All’idoneità conseguita in concorsi pubblici banditi da altre pubbliche amministrazioni è attribuito un punteggio di punti 2. Il punteggio ottenuto per le predette idoneità è cumulabile con quello previsto per il titolo di studio”.
Ad avviso dei ricorrenti:
- avrebbero dovuto essere ritenute valutabili (soltanto) le idoneità ottenute in procedure concorsuali per l’accesso a qualifiche equivalenti o superiori alla categoria D (ex VII qualifica funzionale), in quanto una diversa interpretazione si sarebbe posta porrebbe in contrasto con il