Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2009-12-28, n. 200908773

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2009-12-28, n. 200908773
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200908773
Data del deposito : 28 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01357/2005 REG.RIC.

N. 08773/2009 REG.DEC.

N. 01357/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 1357 del 2005, proposto da G A, quale amministratore della Soc. Gal. pi Elettronica s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv.ti A S, G S e R S, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n..2;

contro

Sviluppo Italia S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. S V, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, via Emilia n. 88;

per la riforma della sentenza del TAR CAMPANIA – NAPOLI, Sezione III, n. 15494/2003, resa tra le parti, concernente REVOCA AMMISSIONE A BENEFICI DI CUI ALLA LEGGE n. 44/1986 .


visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione della soc. Sviluppo Italia s.p.a.;

viste le memorie difensive prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti tutti gli atti della causa;

nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2009, relatore il Cons. Domenico Cafini, uditi per le parti gli avvocati Adavastro, per Sellitto, Soprano e Barbieri, per Vinti;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. Con ricorso notificato il 23.4.2001 l’ing. A G - nella sua qualità di amministratore della società Gal.pi Elettronica s.r.l., già ammessa ai benefici previsti del D.L. n. 786/1985, convertito con modificazioni nella legge n. 44/1986, con decreto in data 16.3.1991 del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno - adiva il T.a.r. della Campania per chiedere l’annullamento della nota 13.2.2001 n.10627 con cui la Sviluppo Italia s.p.a. aveva revocato le agevolazioni già concesse alla società istante, a causa, tra l’altro, del mancato rispetto degli impegni in materia assunti con la sottoscrizione dell’atto di adesione ed obbligo e del mancato pagamento di rate per interessi di preammortamento sul mutuo agevolato maturato alla data dell’8.1.2001, tenuto conto che la Gal.pi Elettronica s.r.l. era stata dichiarata fallita con sentenza n. 717/2000 del Tribunale di Napoli.

A sostegno del gravame, il ricorrente deduceva la illegittimità della revoca dell’ammissione della predetta società. ai benefici previsti dalla legge n.44/1986, sostenendo, in sintesi, che:

a) per quanto riguardava il “contributo in conto capitale” (interamente erogato), esso non poteva essere revocato, non essendosi verificati inadempimenti da parte della società, che aveva rispettato invece gli obblighi a cui era tenuta;

b) per quanto riguardava il “contributo per spese di gestione”, non si comprendeva il motivo che giustificasse la revoca del contributo erogato, giacché le relative somme erano state concesse, dietro presentazione di copiosa documentazione, per far sì che i bilanci di esercizio per i primi tre anni si avvicinassero il più possibile al pareggio, il che nel caso in esame era “puntualmente avvenuto”;

c) per quanto riguardava il “contributo in conto mutuo a tasso agevolato”, valeva anche per tale contributo quanto esposto nel punto a) che precede.

Sotto altro profilo, la parte ricorrente deduceva che il provvedimento impugnato sembrava fondare la revoca anche sulla circostanza che la società anzidetta non avrebbe provveduto agli impegni in materia assicurativa su di essa gravanti e che però all’obbligo assicurativo la medesima società aveva sempre e tempestivamente provveduto, salvo il caso in cui, a causa di un incendio, si era verificata la disdetta da parte dell’istituto assicurativo, da cui si attendeva peraltro la corresponsione del relativo indennizzo.

Nelle conclusioni l’istante chiedeva che, in accoglimento del proposto gravame, l’atto impugnato fosse annullato.

Nel giudizio si costituiva la Sviluppo Italia s.p.a., che depositava documentazione e memoria difensiva, replicando a quanto prospettato nel ricorso e concludendo per la sua reiezione.

2. Con la sentenza in epigrafe specificata l’adito T.a.r. dichiarava inammissibile il gravame anzidetto per difetto di legittimazione da parte del ricorrente, dopo avere rilevato che:

- risultava pacifico tra le parti in causa che la società Gal. pi. Elettronica, beneficiaria del contributo previsto dal D.L. n. 786/1985, convertito con modificazioni nella legge n. 44/1986, poi revocato con l’impugnato provvedimento, era stata dichiarata fallita con sentenza n.717/2000 del Tribunale di Napoli in data 8.11.2000;

- l’ing. A G, quale amministratore della società suddetta, aveva impugnato il provvedimento sopra menzionato di revoca del contributo concesso con decreto ministeriale del 16.3.1991, allorquando, come peraltro specificato nello stesso provvedimento impugnato, la società era stata già dichiarata fallita;

- risultava evidente, quindi, come l’amministratore della società non avesse più, in seguito alla dichiarazione di fallimento da parte del competente Tribunale civile, i poteri di amministrazione della società stessa;
poteri che in virtù della legge fallimentare erano passati al curatore nominato nel caso in esame (avv. Ilaria Malagrida);

- non v’era dubbio, pertanto, che solo il curatore fallimentare avesse la legittimazione ad impugnare il provvedimento di revoca delle agevolazioni concesse e non anche l’amministratore della società, il quale per legge, a seguito della dichiarazione fallimentare, non poteva nemmeno considerarsi più tale.

3. Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello, con cui l’ing. Galdiero - ampliando le argomentazioni svolte nel giudizio di primo grado - contesta le statuizioni del T.a.r., rilevando nella sostanza che:

a) avrebbero errato i primi giudici nel dichiarare l’inammissibilità dell’impugnativa per difetto di legittimazione da parte del ricorrente, in quanto nella materia in questione costituisce “jus receptum” il principio secondo cui la perdita della capacità processuale del fallito, a seguito della dichiarazione di fallimento, non è assoluta, ma relativa alla massa dei creditori alla quale soltanto (e per essa il curatore) è concesso eccepirla, con la conseguenza che, se il curatore rimane inerte ed il fallito agisce per proprio conto, la controparte non è legittimata a proporre l’eccezione, né il giudice può rilevare d’ufficio il difetto di capacità;

b) la sentenza impugnata sarebbe erronea anche nella parte in cui non ha rilevato la denunciata illegittimità del provvedimento impugnato col ricorso originario, che ha determinato la revoca delle agevolazioni di cui è causa per il mancato rispetto degli impegni in materia associativa assunti con la sottoscrizione dell’atto di adesione e d’obbligo e per il mancato pagamento di rate per interessi di preammortamento sul mutuo agevolato, maturati alla data dell’8.1.2001.

L’appellante - dopo avere avanzato richiesta volta ad acquisire dalla curatela fallimentare della Gal.pi s.r.l., ove necessario, ogni documento utile alla definizione del giudizio - ha chiesto, in conclusione, l’accoglimento del gravame con conseguente riforma della sentenza impugnata.

Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase processuale, la Sviluppo Italia s.p.a. ha replicato, con un’articolata memoria, ai rilievi ex adverso mossi, concludendo per la reiezione del gravame.

Con successivi scritti difensivi le parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive difese insistendo nelle già rese conclusioni.

Alla pubblica udienza del 10 novembre 2009 la causa, infine, è stata assunta in decisione.


DIRITTO

1. Il ricorso in appello non è meritevole di accoglimento.

2. Va esaminato, anzitutto, il primo motivo, con cui l'appellante lamenta che erroneamente il T.a.r. della Campania avrebbe dichiarato il difetto di legittimazione ad agire del ricorrente quale amministratore della fallita società Gal.pi Elettronica s.r.l., affermando che tale legittimazione sarebbe spettata al solo curatore fallimentare.

La doglianza è infondata e deve, di conseguenza, essere disattesa.

Va, in proposito, ricordato che società anzidetta - a cui fa riferimento il provvedimento di revoca impugnato in primo grado, adottato dopo che la stessa era stata ammessa, in accoglimento della sua domanda del 4.12.1986, ai benefici previsti dal D.L. n. 786/1985, convertito con modificazioni nella L.n. 44/1986, con decreto del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno in data 16.3.1991 - è una società che, dopo l’attribuzione dei benefici anzidetti, è stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Napoli 8.11.2000 n. 717/2000.

Appare evidente, pertanto, che l'interesse sostanziale alla base del ricorso, volto al conseguimento di quanto disposto nel provvedimento ministeriale che aveva attribuito i menzionati benefici, anche attraverso l'annullamento dell’atto impugnato in prime cure, è, di certo, un interesse di esclusiva spettanza della società Gal.pi Elettronica, la quale agisce soltanto attraverso i propri organi;
ed appare evidente, altresì, che nel caso in esame, essendo stata la medesima società dichiarata fallita con la citata sentenza del Tribunale di Napoli, è soltanto il curatore che allo stato, ai sensi dell'art. 43 della legge fallimentare, risulta essere il titolare della legittimazione e della capacità processuale.

Al riguardo deve osservarsi, invero, che l’art. 43, comma 1, R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare) dispone chiaramente che nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento “sta in giudizio il curatore” (salvo il limite di cui al comma 2, in materia di “intervento” in giudizio per le questioni dalle quali può dipendere una imputazione per bancarotta, o per espressa previsione di legge) e che lo stare in giudizio del curatore è specularmente correlato alla perdita di capacità processuale del fallito rispetto ai rapporti di diritto patrimoniale acquisiti al fallimento.

La legittimazione processuale del fallito per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento dunque non può riconoscersi salva l’ipotesi, prevista in via eccezionale, della sussistenza di un disinteresse o di una inerzia degli organi preposti al fallimento.

Con riguardo a tale ipotesi, in particolare, l’elaborazione della giurisprudenza di legittimità è nel senso che la legittimazione processuale del fallito per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento può, appunto, riconoscersi eccezionalmente solo caso di disinteresse o inerzia degli organi preposti al fallimento, ove risulti che i detti organi non si siano concretamente attivati.

Ciò, invero, è conseguenza diretta del rilievo che per legge sta in giudizio il curatore e che non è concepibile che la valutazione compiuta dagli organi fallimentari circa l’opportunità di non proporre impugnazione possa essere messa nel nulla da iniziative contrastanti del fallito, in particolare ove si consideri che quest’ultimo può “intervenire” nel giudizio, a norma dell’art. 43, comma 2, della legge fallimentare esclusivamente per le questioni dalle quali può dipendere una imputazione per lui di bancarotta, oppure quando l’intervento è previsto dalla legge (cfr., Cass. civ. 21.5.2004 n. 9710, 28 aprile 2003, n. 5202, 3 aprile 2003 e, più recentemente, Cons. St, Sez.IV, 10 aprile n.2009, n.2223).

In applicazione del principio enunciato, è stata quindi affermata l’inammissibilità, eccepibile dalla controparte e rilevabile d’ufficio, dell’impugnazione proposta dal fallito, salva l’ipotesi del configurarsi di quella inerzia o di quel disinteresse degli organi preposti al fallimento che, soli, potrebbero comportare la eccezionale legittimazione del fallito stesso.

Ora, nel caso oggetto di esame, tale eccezionale legittimazione non sembra sussistere.

Infatti, da parte dell’ing. G – che ha agito peraltro “uti singulus”, come amministratore, che non poteva nemmeno considerarsi più tale, dopo l’intervenuta dichiarazione di fallimento della società Gel.pi – non è stato fornito alcun elemento che autorizzi a ritenere che la sua iniziativa a proporre l’impugnativa innanzi al T.a.r. fosse stata determinata dal totale disinteresse degli organi fallimentari e quindi dall’inerzia della curatela, da cui far discendere, di conseguenza, l’accennata speciale capacità e legittimazione processuale del fallito, che viene a profilarsi eccezionalmente a fronte di una inerzia degli organi preposti alla tutela degli interessi del fallimento.

Ed invero, nella specie non risulta dimostrato, con riferimento al breve lasso di tempo compreso tra la emissione dell’impugnato provvedimento del 13.2.2001 e la notificazione del ricorso di primo grado in data 23.4.2001, da parte del ricorrente (che non ha fornito appunto documenti utili a dimostrare la propria tesi, prospettando nel gravame anzi “la necessità di ordinare alla curatela fallimentare della Gel. pi s.r.l. l’esibizione di ogni documento utile alla definizione del processo”) l’asserita inerzia o disinteresse degli organi fallimentari suddetti, né che gli stessi abbiano espresso comunque valutazioni in ordine alla convenienza o meno della instaurazione della controversia.

Alla stregua delle considerazioni che precedono appare evidente dunque che nel caso di cui trattasi la legittimazione spettava esclusivamente alla curatela fallimentare e non all’amministratore, odierno appellante, e che la speciale capacità e legittimazione processuale sostitutiva della società fallita non poteva comunque profilarsi nel caso in esame, non risultando in concreto sussistente l’ipotesi eccezionale di inerzia degli organi fallimentari nella tutela degli interessi del fallimento rispetto a beni suscettibili di essere compresi nel fallimento stesso, inerzia che avrebbe potuto dare corpo appunto alla legittimazione passiva del fallito, alla stregua di quanto previsto dalla giurisprudenza.

Anche a voler prescindere dalla carenza di legittimazione processuale dell’odierno ricorrente per le ragioni ora precisate, deve osservare, peraltro, il Collegio che l’amministratore della società fallita di cui trattasi non ha certamente un suo interesse sostanziale al gravame, atteso che egli non è destinatario del provvedimento di revoca in questione, né subisce un diretto concreto pregiudizio da tale atto.

Infatti, il decreto di revoca impugnato in primo grado incide soltanto, come evidenziato anche dalla società appellata, nell’ambito della sfera del Fallimento, determinando la revoca, con il connesso recupero delle somme corrisposte, delle agevolazioni finanziarie a suo tempo concesse alla s.r.l. Gal.pi Elettronica e non certamente nell’ambito della sfera dell’odierno appellante, già amministratore della stessa, quale soggetto singolo, sicché nessun danno quest’ultimo può subire direttamente in conseguenza dell’emissione del decreto di revoca oggetto del gravame, che incide esclusivamente, come accennato, soltanto nella sfera giuridica della menzionata società.

Alla stregua delle considerazioni che precedono il primo motivo ora esaminato non può essere dunque condiviso.

3. La rilevata infondatezza del motivo di gravame anzidetto esclude la possibilità di passare all'esame delle ulteriori doglianze, dall'appellante formulate nel punto II dell’appello, subordinatamente all' accoglimento della prima censura, con cui si deduce, in sintesi, che la sentenza impugnata sarebbe erronea anche nella parte in cui non ha rilevato la denunciata illegittimità del provvedimento impugnato col ricorso originario.

4. In conclusione, l'appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Le spese processuali del presente grado possono essere compensate, sussistendo nella specie giusti motivi in relazione alla particolarità della controversia.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi