Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-04-29, n. 201902711

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-04-29, n. 201902711
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902711
Data del deposito : 29 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/04/2019

N. 02711/2019REG.PROV.COLL.

N. 06383/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6383 del 2016, proposto da:
Attivi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati S A M e P P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S A M in Roma, via Oslavia, 14;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S S, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

nei confronti

Asl Roma 1, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Gloria Di Gregorio, con domicilio eletto presso la sede di Roma 1 Azienda Asl in Roma, borgo Santo Spirito, 3;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II TER, n. 7973/2016, resa tra le parti, concernente l’ordine di cessazione dell’attività di cottura in un esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e della Asl Roma 1;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2018 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Marrama Sabatino Alessio, Siracusa Sergio, Di Gregorio Gloria;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- La presente controversia ha ad oggetto l’appello interposto da Attivi s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio 12 luglio 2016, n. 7973, che ha respinto il suo ricorso avverso l’ordine comunale di cessazione (di cui alla determina dirigenziale in data 10 marzo 2016) dell’attività di cottura svolta nel locale sito in Roma, alla via della Croce 76/b, nell’esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, denominato “Enoteca Antica”.

2. - Tale provvedimento è stato adottato da Roma Capitale in ragione della riscontrata assenza, in tale locale, della canna fumaria e della ritenuta inadeguatezza dell’impianto alternativo di smaltimento dei fumi utilizzato.

Nel giudizio di primo grado la società Attivi ha dedotto, tra l’altro, che alla propria attività commerciale non è applicabile l’art. 64 del regolamento di igiene, su cui l’Amministrazione capitolina fonda il proprio provvedimento, e che l’impianto di captazione dei fumi installato all’interno del locale è conforme a quanto previsto dalla l.r. 29 novembre 2006, n. 21 ed al regolamento regionale del Lazio 19 gennaio 2009, n. 1, il cui art. 12 consente l’utilizzo di strumenti od apparati tecnologici aspiranti e/o filtranti per lo smaltimenti dei fumi (in particolare, nel caso di specie, l’impianto di emissione a carboni attivi) alternativi alle canne fumarie, purchè tecnicamente idonei.

3. - La sentenza di primo grado, come premesso, ha respinto il ricorso affermando la perdurante vigenza del regolamento comunale di igiene, e rilevando che è mancato l’accertamento preventivo, in concreto, circa l’equivalenza degli effetti di neutralizzazione dei fumi (e dunque l’efficienza di rendimento) con l’impianto a carboni attivi rispetto a quelli tradizionali.

4. - All’esito della sentenza di primo grado la società ha fatto espletare, in data 20 luglio 2016, un’indagine ambientale tradottasi in perizia giurata, il cui epilogo è stato quello per cui l’impianto con filtrazione di carboni attivi garantisce una resa qualitativamente maggiore di quella assicurata da una via di fumo tradizionale con canna fumaria.

5. - Con l’appello la Attivi s.r.l. deduce, nel merito, la violazione dell’art. 12, comma 2, del regolamento regionale n. 1 del 2009, che, a suo dire, consente agli esercizi commerciali, nei contesti urbani di particolare pregio artistico-architettonico (quale è quello in cui si trova via della Croce, strada interamente vincolata in quanto inserita nel contesto storico-architettonico del c.d. Tridente”), di utilizzare, in alternativa alle canne fumarie, « altri strumenti o apparati tecnologici aspiranti e/o filtranti per lo smaltimento dei fumi, la cui idoneità è accertata secondo la normativa vigente in materia ». Lamenta altresì l’appellante che il Comune di Roma non abbia adeguato il proprio regolamento alla fonte regolamentare regionale, in volazione di quanto prescritto dall’art. 15 del predetto regolamento n. 1 del 2009, precisando ancora che l’art. 64 del regolamento comunale di igiene debba ritenersi abrogato per incompatibilità con la norma posteriore. In ogni caso, ad avviso di Attivi s.r.l., in attesa dell’adozione del nuovo regolamento comunale, la verifica dell’idoneità di un apparato tecnologico alternativo alle canne fumarie può essere effettuata anche nell’ambito del processo amministrativo.

6. - Si è costituita in resistenza la A.S.L. Roma 1, assumendo l’obbligo di installazione della canna fumaria ai sensi dell’art. 64 del regolamento di igiene del Comune di Roma e dell’art. 48 del regolamento edilizio del Comune di Roma a tutela della salute pubblica.

7. - Si è altresì costituita in resistenza Roma Capitale eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso in appello, nell’assunto della insalubrità delle esalazioni da cottura di cibi non convogliate con canna fumaria esterna oltre il tetto.

8. - Con ordinanza 14 marzo 2017, n. 1162 il Collegio ha disposto un approfondimento istruttorio, in particolare finalizzato all’acquisizione di documentate informazioni da parte di Roma Capitale circa le ragioni che la inducono a ritenere che la tipologia di impianti del genere e del tipo per cui è causa risulti pericolosa per la qualità dell’aria, e dunque per la pubblica salute.

9. - L’Amministrazione capitolina, con relazione del Municipio Roma 1 Centro, Unità Organizzativa Amministrativa, SUAP-Commercio e Artigianato, depositata presso la Segreteria della Sezione in data 14 aprile 2017, in evasione alla richiesta istruttoria, ha esposto, dopo una puntuale ricostruzione della normativa multilevel che disciplina la materia in esame, di non essere competente ad esprimersi sulla pericolosità degli impianti che assumono rilievo nella presente controversia, spiegando altresì che i provvedimenti interdittivi dell’attività di cottura in assenza di canna fumaria sono stati adottati a seguito di segnalazioni della ASL RM1, richiamanti la necessità della canna fumaria, quale prerequisito strutturale degli esercizi che effettuano la cottura degli alimenti a vario titolo, alla stregua di quanto disposto dall’art. 64 del regolamento di igiene del Comune di Roma del 1932.

10. - Con successiva ordinanza 21 settembre 2017, n. 4408 la Sezione ha disposto una verificazione tecnica, finalizzata a chiarire se l’impianto tecnologico di smaltimento dei fumi adottato dalla società appellante sia idoneo, alla stregua della normativa vigente, a garantire la conservazione dei livelli di qualità dell’aria della città, in alternativa alla via di fumo tradizionale, e cioè mediante canna fumaria, officiando per tale incombente istruttorio l’ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, in persona del suo Presidente, con facoltà di delega al Dipartimento o soggetto con maggiori competenze nel campo specifico oggetto della verificazione.

11. - L’incombente è stato adempiuto mediante il deposito, in data 13 luglio 2018, della relazione tecnica dell’I.S.P.R.A.

12. - All’udienza pubblica dell’11 ottobre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.-Occorre anzitutto rappresentare che la verificazione tecnica disposta dal Collegio ha accertato che l’impianto di captazione ed abbattimento dei fumi installato nel locale dell’appellante, seppure non totalmente efficiente, risulta valido come alternativa all’invio in canna fumaria, in ragione della « minore quantità di inquinanti immessi nell’aria dell’ambiente urbano e quindi con minori impatti sulla qualità dell’aria della città ».

In particolare, sotto il profilo dell’efficienza, la verificazione tecnica ha rilevato che l’impianto opera con una temperatura dei fumi al di sotto del 40 per cento, e garantisce la permanenza dell’inquinante sul letto di carbone attivo per solo 0,126 secondi (mentre la massima efficienza richiede un tempo di contatto di almeno un secondo).

Roma Capitale, con la propria memoria difensiva, ha contestato le conclusioni della verificazione, la quale, peraltro, ha dato risposta positiva al quesito posto dalla Sezione, finalizzato a chiarire se l’impianto tecnologico di smaltimento dei fumi adottato dall’appellante sia idoneo, alla stregua della normativa vigente, a garantire le conservazione dei livelli di qualità dell’aria della città, in alternativa alla via di fumo tradizionale, e cioè mediante canna fumaria.

2. - Le risultanze della verificazione consentono di ritenere illegittima l’impugnata determinazione che ha disposto la cessazione dell’attività di cottura nell’esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande per i profili dedotti dalla società appellante.

In particolare, l’art. 12 del regolamento regionale n. 1 del 2009 consente ai Comuni di garantire l’equilibrio tra le esigenze di tutela dei contesti urbani di particolare pregio artistico-architettonico e quelle di tutela della libera iniziativa economica degli esercizi già operanti all’interno dei contesti stessi.

Tale bilanciamento di interessi viene effettuato dalla norma riconoscendo a tali esercizi la possibilità di « utilizzare, in alternativa alle canne fumarie, altri strumenti o apparati tecnologici aspiranti e/o filtranti per lo smaltimento dei fumi, la cui idoneità è accertata secondo la normativa vigente in materia ».

Ciò tanto più in considerazione del fatto che la stessa l.r. Lazio 29 novembre 2006, n. 21 (in esecuzione della quale è stato adottato il regolamento regionale supra ricordato), all’art. 7, comma 2, lett. d), prevedeva, da parte dei Comuni, l’adozione di regolamenti per disciplinare, in particolare, « l’utilizzo, da parte dei locali in cui si svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande, di più moderni ed ecologicamente idonei strumenti o apparati tecnologici per lo smaltimento dei fumi, di preferenza senza immissione in atmosfera, e per la diminuzione dell’inquinamento acustico, con particolare riferimento ai centri storici ».

Peraltro, anche con riferimento alla disciplina di cui al (comunque subordinato, sul piano della gerarchia delle fonti) regolamento di igiene del Comune di Roma, risalente al 1932, va precisato che l’art. 64, ultimo comma, prevede che l’Ufficio d’Igiene « potrà anche prescrivere caso per caso, quando sia ritenuto necessario, l’uso esclusivo dei carboni magri o di apparecchi fumivori ».

Si aggiunga che l’art. 58 del regolamento edilizio, pur prescrivendo in generale che ogni “focolare” deve essere dotato di canna fumaria prolungata oltre il piano di copertura dell’edificio e che i locali destinati a cucina devono inoltre essere dotati di cappa posta sopra i fornelli comunicante con canna esalatrice, precisa che nel caso in cui « si usino fornelli elettrici è sufficiente che detta canna esalatrice sfoci all’aria libera, su un muro esterno, purchè sia dotata di efficiente aspiratore elettrico e purchè lo sbocco non sia ubicato direttamente sotto finestre di stanze di abitazione ».

Dal complesso delle disposizioni in esame deve escludersi che per i locali commerciali in cui si svolge l’attività di gastronomia calda, in particolare nel caso di specie in cui la cottura dei cibi è assicurata con piastre ad induzione elettrica, sussista un obbligo inderogabile di convogliare i fumi ed i vapori sulla sommità dell’edificio e di espellere gli stesi tramite una canna fumaria.

Come sostenuto dall’appellante, le disposizioni ora richiamate consentono un’alternativa a tale sistema (nel caso di specie, l’impianto a carboni attivi di smaltimento dei fumi), purchè in grado di abbattere il livello delle emissioni inquinanti.

L’illegittimità dell’ordine di cessazione è dunque derivante dal fatto che Roma Capitale non ha verificato la possibilità di percorrere le alternative previste a livello regolamentare, alternativa la cui efficacia, alla stregua di metodica tecnica finalizzata a garantire la conservazione dei livelli di qualità dell’aria della città, è stata invece accertata mediante il disposto incombente istruttorio.

Ogni ulteriore motivo di appello rimane dunque assorbito.

3. - Alla stregua di quanto esposto, l’appello va accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, nei limiti dell’interesse.

La complessità e novità delle questioni controverse giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

Sono invece poste definitivamente a carico di Roma Capitale le spese della verificazione, che verranno liquidate (ove esistenti rispetto all’acconto già riconosciuto) quando l’ausiliario presenterà la richiesta del compenso.

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