Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-06-04, n. 202404998

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-06-04, n. 202404998
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404998
Data del deposito : 4 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/06/2024

N. 04998/2024REG.PROV.COLL.

N. 04412/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4412 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da


DIRER

Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale Clodio n.18;

contro

Regione Campania, in persona del legale Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A B, Maria D'Elia e T M, con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, 29;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Prima) 22 ottobre 2014, n. 5407, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2023 il consigliere Angela Rotondano, udito per la parte appellante l’avvocato Medici e preso atto, altresì, del deposito della richiesta di passaggio in decisione senza la preventiva discussione, ai sensi del Protocollo d’intesa del 10 gennaio 2023, da parte dell'avvocato Monti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania

DIRER

Campania (di seguito “DIRER” ), associazione sindacale che rappresenta gli interessi dei quadri direttivi e dei dirigenti regionali, impugnava il regolamento avente ad oggetto “Ordinamento amministrativo della Giunta regionale” approvato dalla Giunta regionale con delibera del 29 ottobre 2011 n. 612 ed emanato dal Presidente della Giunta regionale con atto del 15 dicembre 2011, n. 12 (entrambi pubblicati sul Bollettino ufficiale della Regione Campania del 16 dicembre 2011, n. 77) e gli atti presupposti (precisamente, la delibera della Giunta Regionale n. 432 del 9 agosto 2011, il parere dell'Ufficio Legislativo del 29 ottobre 2011, prot. n. 14760/UDCP7GAB7UL, la nota del 15 dicembre 2011 prot. n. 17242/UDCP7GAB7UL, nonché le osservazioni formulate dalla Commissione consiliare permanente competente per materia).

1.1. Con motivi aggiunti la ricorrente estendeva la sua impugnazione alle delibere della Giunta regionale del 10 settembre 2012, nn. 475, 478 e 479, con le quali erano, rispettivamente, apportate modifiche e integrazioni al regolamento impugnato con il ricorso principale, definite le strutture ordinamentali della Giunta regionale in attuazione delle disposizioni regolamentari, e, infine, approvato il disciplinare per il conferimento degli incarichi dirigenziali, poi sostituito da un nuovo disciplinare approvato con delibera giuntale del 13 novembre 2012, n. 661, anch’essa impugnata con motivi aggiunti.

1.2. Il ricorso era articolato in sei motivi;
in due di essi erano sollevate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, l. reg. 6 agosto 2010, n. 8, ( Norme per garantire l'efficienza e l'efficacia dell'organizzazione della Giunta regionale e delle nomine di competenza del Consiglio regionale ), di autorizzazione della Giunta regionale a disciplinare con regolamento il proprio ordinamento amministrativo.

1.3. Due i profili di illegittimità costituzionale rilevati dalla ricorrente.

1.3.1. Per un primo profilo, la norma era detta in contrasto con gli articoli 121, comma 4 e 123, comma 1, Cost. per violazione dell’interposto art. 56, comma 2, dello Statuto regionale (approvato con l.reg. 28 maggio 2009, n. 6), avendo previsto un procedimento per l’approvazione del regolamento divergente da quello disciplinato in sede statutaria: l’art. 56, comma 2, dello Statuto regionale imponeva l’approvazione dei regolamenti da parte dal Consiglio regionale e l’emanazione del Presidente della Giunta, previa deliberazione di quest’ultima, mentre la legge regionale contestata aveva previsto che fosse acquisito il parere obbligatorio ma non vincolante della commissione consiliare permanente, senza approvazione da parte del Consiglio.

1.3.2. Da altro punto di vista, la ricorrente sosteneva l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, l. reg. n. 8 del 2010 per contrasto con l’art. 123 Cost. in ragione della violazione dell’interposto art. 56, comma 4, dello Statuto regionale: a fronte dell’obbligo imposto dalla disposizione statutaria – in caso di adozione di legge regionale di autorizzazione della Giunta ad emanare regolamenti in materie già disciplinate con legge, rientranti nella competenza esclusiva della Regione – di determinare le “norme generali regolatrici della materia” , con conseguente abrogazione delle norme legislative vigenti a far data dall’entrata in vigore delle norme regolamentari, il legislatore regionale s’era limitato a richiamare i principi generali dell’azione amministrativa, senza dare indicazioni in merito al modello organizzativo prescelto cui la Giunta avrebbe dovuto dare attuazione con le disposizioni regolamentari.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe, il T.a.r. adito respingeva il ricorso e i motivi aggiunti, ritenendoli infondati, così come entrambi i profili di illegittimità costituzionale prospettati dalla ricorrente.

3. Avverso la sentenza DIRER ha proposto appello, contestando nei primi due motivi la reiezione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate nel ricorso ed esponendo negli altri quattro motivi la critica alle ragioni poste a fondamento della reiezione delle altre doglianze articolate con il ricorso introduttivo del giudizio.

4. Con ordinanza del 19 settembre 2022, n. 8071 la sezione V del Consiglio di Stato, risolto preliminarmente in senso positivo il profilo della legittimazione a ricorrere dell'associazione appellante (che ha agito a tutela dell’interesse collettivo dei dirigenti regionali, inciso dal regolamento impugnato innanzi al giudice amministrativo e di cui l’associazione è titolare), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, dubitando della legittimità dell’art. 2, l. reg. Campania 6 agosto 2010, n. 8 per contrasto con l’art. 123 Cost., per violazione dell’interposto art. 56, comma 4, dello Statuto regionale, nonché per contrasto con gli articoli 121 e 97 Cost., ed ha disposto la sospensione del giudizio.

4.1. In particolare, la Sezione ha ritenuto rilevante per la decisione del giudizio la questione di legittimità costituzionale prospettata dall’appellante, in quanto il suo accoglimento avrebbe avuto “l’effetto di eliminare il presupposto normativo sulla base del quale è stato adottato il regolamento impugnato (così come avvenuto a seguito di Corte cost. 23 novembre 2021, n. 218)” .

4.2. In merito alla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità della norma regionale, l’ordinanza di rimessione ha invece sostanzialmente osservato che: “In definitiva, mancano nella legge di autorizzazione “norme generali regolatrici della materia” che esprimano la scelta di principio del legislatore per un certo modello di organizzazione amministrativa cui, poi, la normativa secondaria dia seguito nella successiva regolamentare.

Molteplici sono i modelli organizzativi possibili;
varie le modalità con le quali può essere strutturato l’assetto degli uffici dirigenziali;
la scelta per uno o per l’altro comporta un preciso ordinamento delle strutture amministrative.

Nulla prevedere nella legge di autorizzazione alla delegificazione circa il modello di organizzazione amministrativa da attuare significa adottare una delega in bianco rimettendo alla Giunta il potere di organizzare i propri uffici senza vicolo predeterminato da principi legislativi.

In questo modo, però, oltre, all’art. 123 Cost. nei termini precedentemente esposti, è violato anche l’art. 121 Cost. in quanto è alterato il rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo a livello regionale (che l’istituto della delegificazione riguardi la relazione tra Consiglio regionale e Giunta regionale è precisato nella sentenza della Corte costituzionale 6 dicembre 2004, n. 378).

È altresì violato l’art. 97 Cost. il quale, secondo la lettura concordemente accolta dalla giurisprudenza anche costituzionale, stabilisce la riserva di legge relativa in materia di organizzazione amministrativa, imponendo che le disposizioni regolamentari siano attuazione a norme di principio stabilite con legge” (cfr. par.

5.9 dell’ordinanza).

5. Con sentenza del 10 luglio 2023, n. 138, la Corte costituzionale ha: i) dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Campania 6 agosto 2010, n. 8 ( Norme per garantire l’efficienza e l’efficacia dell’organizzazione della Giunta regionale e delle nomine di competenza del Consiglio regionale );
ii) dichiarato in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 ( Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale ), l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2010, il quale prevede che la legge regionale Campania n. 11 del 1001 sia abrogata dalla data di entrata in vigore del regolamento.

6. Venuta meno la causa di sospensione del giudizio a seguito della sentenza della Corte costituzionale, la FEDIRETS (Federazione Dirigenti e Direttivi – Enti territoriali e Sanità), subentrata, a seguito di successive fusioni, alla

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