Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-05-24, n. 201803105

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-05-24, n. 201803105
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201803105
Data del deposito : 24 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/05/2018

N. 03105/2018REG.PROV.COLL.

N. 00738/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 738 del 2009 proposto dal Comune di Serracapriola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F G S in Roma, via Paisiello, 55;

contro

S D B, R D B, S D B ed E D B (in qualità di eredi di C M G, Pompeo Oreste d’Adamo, in proprio e in qualità di procuratore generale di Rosa Brigida Maria d’Adamo, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato G E C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P T in Roma, via T. Campanella, 11;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Bari, Sezione III, n. 2573 del 12 novembre 2008, resa tra le parti, concernente domanda di risarcimento dei danni da illegittima occupazione di bene privato per ragioni di pubblica utilità.


Visti il ricorso in appello principale e i relativi allegati;

Visto il controricorso contenente, altresì, l’appello incidentale degli intimati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2018 il consigliere D D C e uditi per le parti gli avvocati Adriano Tolomeo (su delega dell’avvocato G M) e Giuseppe Misserini (su delega dell’avvocato G E C);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia riguarda l’azione proposta dai signori C M G, Pompeo Oreste d’Adamo, in proprio e in qualità di procuratore generale di Rosa Brigida Maria d’Adamo, per:

a) l’accertamento dell’illecita occupazione del fondo di loro proprietà (sito in agro di Serracapriola, località Contrada Defensa, distinto in Catasto alla partita 6902, foglio 28, particelle 263 e 266, per un’estensione di mq 4.717, utilizzato a fini di edilizia residenziale pubblica);

b) il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno conseguente all’anzidetta occupazione;

c) la condanna al pagamento dell’indennità per il periodo di legittima occupazione temporanea.

1.1. Il fondo è stato occupato in via temporanea e d’urgenza con decreto n. 6 del 1 luglio 1985 per la durata di cinque anni.

1.2. L’immissione in possesso è avvenuta con verbale del 16 settembre 1985.

1.3. L’occupazione del fondo si è protratta oltre il termine quinquennale di scadenza (16 settembre 1990) prevista dall’anzidetto decreto e anche oltre quella (16 settembre 1994) consentita dalla proroga automatica del termine ai sensi delle leggi n. 47/1988 e n. 158/1991.

1.4. Il decreto definitivo di esproprio non è mai stato adottato.

1.5. In data 12 dicembre 1998 è intervenuto tra le parti un accordo bonario per la cessione delle aree, a mezzo del quale si concordava in lire 30.000 al mq il prezzo di cessione e si subordinava l’efficacia del medesimo, nei confronti del comune, alla condizione che lo Stato concedesse il mutuo per l’acquisto.

2. Il T.a.r. per la Puglia, Bari, Sezione III, con la sentenza n. 2573 del 12 novembre 2008 ha:

a) dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda di pagamento dell’indennità per il periodo di legittima occupazione temporanea, per essere fornito di giurisdizione il giudice ordinario (il capo non è stato impugnato);

b) riconosciuto l’intervenuto perfezionamento della fattispecie dell’accessione invertita da occupazione acquisitiva e, per l’effetto, acclarato la definitiva perdita del bene da parte del privato;

c) qualificato le aree occupate come edificabili;

d) condannato, per l’effetto, il comune di Serracapriola, al risarcimento del danno patito, da quantificarsi - ai sensi dell’art. 35, comma 2 del D.lgs. n. 80/1998 - secondo i criteri stabiliti in motivazione (“ poiché l’illegittimità dell’occupazione si è verificata il 16.9.1990, opera il disposto del comma 7-bis all’art.

5-bis del d.l. n. 333/1992 (convertito nella legge n. 359/1992), introdotto con l’art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e, vertendosi in materia di risarcimento conseguente all’occupazione acquisitiva di aree edificabili, il danno il danno va determinato mediando il valore venale del bene e il reddito dominicale rivalutato dall’ultimo decennio, con esclusione della riduzione del 40% e con incremento del 10%
”);

e) stabilito che la somma così determinata andasse rivalutata in base agli indici ISTAT dalla data di effettiva occupazione e fino al deposito della sentenza;

f) riconosciuto la spettanza, sulla somma così rivalutata, degli interessi anno per anno in base agli indici annuali medi di svalutazione;

g) condannato, infine, il comune al pagamento delle spese di lite liquidate in complessivi euro 2.500,00.

3. La sentenza è stata oggetto di due impugnazioni, in via principale da parte dell’amministrazione comunale e in via incidentale da parte degli originari ricorrenti.

4. Il Comune di Serracapriola ha censurato la sentenza unicamente nella parte in cui ha accolto la domanda di risarcimento del danno per la definitiva perdita della proprietà del fondo, ritenendo perfezionata la fattispecie dell’accessione invertita da occupazione acquisitiva e ordinando al comune di “ formulare un’offerta alla parte ricorrente, entro il termine di giorni 90 dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione a cura di parte (se più tempestiva) della presente sentenza ”.

4.1. A sostegno del gravame ha dedotto due motivi di censura:

1) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del d.P.R. n. 327/2001 – Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto – Ingiustizia manifesta – Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. ”. Si assume che il primo giudice, violando l’art. 112 c.p.c., abbia pronunciato – accogliendola – su una domanda di risarcimento del danno che, invece, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile a cagione dell’impossibilità di applicare, a seguito della giurisprudenza europea maturata sull’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU e di quella interna a far data dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 2016, l’istituto – di creazione giurisprudenziale - dell’accessione invertita da occupazione acquisitiva. Pertanto, in mancanza di adozione di formale decreto di esproprio ai sensi dell’(allora vigente) art. 43 del d.P.R. n. 327/2001, il bene deve essere restituito e va esclusa ogni alternativa tecnica risarcitoria da perdita del diritto di proprietà.

2) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. – Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto – Ingiustizia manifesta ”. Si assume che il primo giudice ha omesso di pronunciare sulle ulteriori eccezioni sollevate dall’amministrazione comunale, concernenti: 1) il difetto di giurisdizione sul presupposto che la questione oggetto del giudizio riguardasse la misura delle indennità espropriative;
2) la stipulazione, tra le parti, di un accordo bonario sulla misura delle indennità espropriative, sicché i ricorrenti avrebbero avuto titolo unicamente al pagamento delle sole indennità concordate.

5. Con controricorso contenente, altresì, appello incidentale, i signori S D B, R D B, S D B ed E D B (in qualità di eredi di C M G, Pompeo Oreste Pompeo d’Adamo, in proprio e in qualità di procuratore generale di Rosa Brigida Maria d’Adamo):

a) hanno ribadito l’infondatezza dell’avversa eccezione di difetto di giurisdizione giacché:

a.1) la domanda originariamente proposta aveva ad oggetto l’accertamento e la condanna al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza dell’illegittima occupazione, ivi compresa la perdita del bene conseguente all’irreversibile trasformazione, e non già la domanda al pagamento dell’indennità di espropriazione;

a.2) l’accordo bonario di cessione delle aree intervenuto tra le parti non è mai divenuto efficace, non essendosi realizzata la condizione alla quale era stato sottoposto;

b) hanno sostenuto, altresì, l’infondatezza dell’avversa eccezione di inammissibilità della domanda risarcitoria, rappresentando che:

b.1) l’art. 3 della legge n. 458/1988, in materia di occupazione di aree destinate all’edilizia residenziale pubblica, prevede il diritto al risarcimento del danno con esclusione della retrocessione del bene. La disposizione è, anche ratione temporis , applicabile al caso all’esame – secondo la previsione dell’art. 58, comma 1, d.P.R. n. 327/2001 – trattandosi di fattispecie connessa a progetti approvati prima del 30 giugno 2003;

b.2) in ogni caso, anche a prescindere da tale previsione, il privato resta libero di optare per il risarcimento del danno per equivalente, in luogo della restituzione del bene irreversibilmente utilizzato a fini di pubblica utilità.

c) hanno, infine, impugnato in via incidentale la pronuncia nella parte in cui ha previsto che la misura del risarcimento del danno debba essere determinata facendo applicazione dell’art. 5 bis , comma 7 bis della legge n. 359/1992 (dichiarata incostituzionale con sentenza n. 349/2007), anziché degli artt. 3 della legge n. 458/1988 e 55 del d.P.R. n. 327/2001, come modificato dall’art. 2, commi 89 e 90 della legge n. 244/2007. Si predica, in particolare, l’applicazione del principio generale dell’integralità del ristoro del pregiudizio patito in conseguenza dell’illegittima occupazione del bene o della sua definitiva perdita.

6. Alla camera di consiglio del 17 febbraio 2009 la Sezione ha respinto con l’ordinanza n. 856/2009 la domanda cautelare proposta dal comune sulla base della seguente motivazione: “ Considerato che, nella valutazione sommaria tipica di questa fase, la sentenza gravata non appare affetta dai vizi evidenziati;

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