Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-11-23, n. 201806636

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-11-23, n. 201806636
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806636
Data del deposito : 23 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/11/2018

N. 06636/2018REG.PROV.COLL.

N. 04214/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4214 del 2018, proposto da:
Go Restauro Opere D’Arte s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a - Invitalia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F C e G L P, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

nei confronti

Tecnireco s.r.l. Tecnici Restauro Conservazione Beni Culturali di S F e P V;
Tecni.Cor di P M e Z P s.n.c.;
Conservazione e Restauro di G C e D B s.n.c., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dagli avvocati Marco Paoletti, Pietro Ilardi e Vieri Paoletti, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Filippo Corridoni, n. 14;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VENETO, Sez. II, n. 00384/2018, resa tra le parti;


Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a - Invitalia;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Tecnireco s.r.l. Tecnici Restauro Conservazione Beni Culturali di S F e P V;
Tecni.Cor di P M e Z P s.n.c. e Conservazione e Restauro di G C e D B s.n.c.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il dispositivo di sentenza n. 5648 del 2 ottobre 2018;

Relatore nell'udienza pubblica del 27 settembre 2018 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Adriano Tortora su delega dell'avvocato A S, G L P, Vieri Paoletti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. La Go Restauro Opere D’Arte s.r.l. (nel prosieguo Go Restauro), che aveva partecipato alla gara indetta il 18 luglio 2017 dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a - Invitalia per l’affidamento dei lavori di restauro del ciclo di affreschi del Giusto dè Menabuoi nel Battistero della Cattedrale di Padova, di importo pari a € 660.560,00, classificandosi al secondo posto, impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto il provvedimento di aggiudicazione della predetta procedura al R.T.I. composto da Tecnireco s.r.l. Tecnici Restauro Conservazione Beni Culturali di S F e P V (nel prosieguo Tenireco), mandante, Tecni.Cor di P M e Z P s.n.c. (nel prosieguo Tecni.Cor), Conservazione e Restauro di G C e D B s.n.c. (nel prosieguo, Conservazione e Restauro).

La ricorrente lamentava a mezzo di tre motivi di ricorso che la partecipazione alla gara del R.T.I. Tecnireco era inficiata da varie irregolarità, riguardanti sia la Conservazione e Restauro che la Tecni.Cor, e domandava l’annullamento dell’aggiudicazione e del contratto, ove intervenuto, nonchè il risarcimento del danno in suo favore, in forma specifica o per equivalente.

Si costituivano in giudizio Invitalia e il R.T.I. controinteressato, eccependo l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso oltre che la sua infondatezza nel merito.

2. Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito Tribunale:

- ha ritenuto irricevibili per tardività il primo e il terzo motivo di ricorso che, in quanto volti a censurare l’ammissione alla gara dell’aggiudicataria, avrebbero dovuto essere proposti nel termine di trenta giorni di cui all’art. 120 comma 2- bis del Cod. proc. amm., decorrente dalla pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante delle imprese ammesse, avvenuta nella specie il 31 ottobre 2017, mentre il ricorso è stato notificato il 13 gennaio 2018;

- ha ritenuto in ogni caso infondato nel merito il primo motivo per la regolarità della partecipazione alla gara dell’impresa Conservazione e Restauro, essendo irrilevante la circostanza che l’impresa avesse sottoscritto la dichiarazione di impegno a costituirsi in A.T.I. in caso di aggiudicazione emergendo dall’intera documentazione di gara, ivi compresa la stessa dichiarazione, la sua partecipazione al R.T.I. in qualità di cooptata, con quota non superiore al 10%, e non di mandante, con conseguente non necessità del possesso dell’attestazione SOA OS2-A richiesta dalla procedura;
la partecipazione come cooptata era poi regolare, in quanto l’impresa era risultata in possesso della qualificazione di cui all’art. 248, comma 4, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, per la partecipazione agli appalti di importo pari o inferiore a € 150.000;

- ha ritenuto in ogni caso infondato nel merito anche il terzo motivo, rilevando che la circostanza dedotta dalla parte ricorrente (secondo cui uno dei due soci della società di persone Tecni.Cor aveva barrato nel documento unico di gara europeo entrambe le caselle corrispondenti alla dichiarazione di aver subito e di non aver subito condanne penali) era un mero errore materiale, inidoneo a inficiare la validità della dichiarazione di non aver subito condanne penali già precedentemente resa nello stesso documento e ulteriormente precisata con la cancellazione di tutti i riferimenti a eventuali condanne penali;

- ha ritenuto infine infondato il secondo motivo, con cui la ricorrente aveva contestato l’attribuzione alla controinteressata del punteggio per l’esecuzione di lavori svolti nel periodo ottobre 1987 - giugno 1988 dalla società Conservazione e Restauro, costituitasi solo il 24 novembre 1993: infatti nel settore dei beni culturali, ai sensi degli artt. 146, comma 2, e 148, commi 1 e 4, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, ciò che rileva è il soggetto che ha materialmente eseguito il lavoro di restauro e che nella fattispecie dalla documentazione versata in atti emergeva che i lavori indicati come requisito esperenziale erano stati eseguiti personalmente dai due soci, uno in qualità di direttore tecnico, l’altro in qualità di capo cantiere e restauratore.

3. Avverso tale sentenza la Go Restauro ha proposto l’odierno appello, chiedendone la riforma alla stregua dei seguenti motivi di gravame:

I) illegittimità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato l’irricevibilità del ricorso per violazione dell’art. 29, comma 1, del d.lgs. 50/2016 in combinato disposto con l’art. 120 comma 2- bis Cod. proc. amm., erronea interpretazione di legge, difetto di motivazione e illogicità manifesta: il rito c.d. “super-accelerato” di cui all’art. 120 comma 2- bis Cod. proc. amm. non troverebbe applicazione al caso di specie, in quanto la mera elencazione dei soggetti ammessi alla procedura in cui si è sostanziata la pubblicazione sul sito del committente sarebbe stata del tutto inidonea a far emergere eventuali vizi nella documentazione presentata dai ricorrenti, vizi che sono stati appurati solo dopo aver esperito accesso agli atti;

II) illogicità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso sulla violazione degli artt. 12 e 21 del disciplinare di gara in combinato disposto con l’art. 92, comma 5, d.P.R. n. 207/2010, difetto di motivazione, erroneità nell’interpretazione della normativa di gara in combinato disposto con la disciplina della cooptazione ex art. 92 comma 5 d.P.R. 207/2010: la sentenza sarebbe erronea per non aver rilevato l’impropria commistione tra gli istituti del raggruppamento temporaneo di imprese e della cooptazione effettuata dall’aggiudicataria, scelta quest’ultima che deve risultare da una dichiarazione espressa, chiara e inequivoca, che nella specie era mancante, avendo le due effettive componenti dell’A.T.I., Tecnireco e Tecni.Cor, pur in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dalla lex specialis , arruolato l’impresa Conservazione e Restauro facendola figurare prima come componente del raggruppamento poi come cooptata, cosa che ha assunto in gara una importanza determinante in quanto i requisiti esperenziali di quest’ultima (esecuzione di lavori analoghi a quelli posti in gara nella Basilica di Sant’Antonio da Padova) sono stati valutati ai fini dell’attribuzione dei punteggi tecnici, consentendo il raggiungimento da parte del raggruppamento del massimo punteggio tecnico tra le concorrenti ammesse. Tali lavori analoghi, poi, non avrebbero potuto comunque essere attribuiti alla Conservazione e Restauro, in quanto eseguiti sei anni prima della costituzione della società;
il contrario avviso espresso dalla stazione appaltante si baserebbe su una erronea e risalente interpretazione delle norme di riferimento.

L’appellante, oltre alla riforma della sentenza appellata e all’annullamento dell’aggiudicazione, ha chiesto anche il risarcimento del danno in forma specifica, mediante il subentro nell’appalto cui si è dichiarata disponibile, ove ancora possibile, ovvero per equivalente nell’importo costituito dalle voci della perdita subita, da quantificarsi in via equitativa, del lucro cessante, da quantificarsi secondo le indicazioni di cui alla sentenza della Corte di giustizia 1° giugno 1995 (causa 42/94 Heidmij Advies BC/Parlamento europeo) o nella diversa misura di giustizia, del danno professionale derivante dalla perdita di chance, da liquidarsi equitativamente ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c..

4. Si sono costituite in giudizio le società Tecnireco, Tecni.Cor e Conservazione e Restauro e Invitalia, che hanno dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame di cui hanno chiesto il rigetto.

5. Tutte le parti hanno successivamente illustrato con apposite memorie le rispettive tesi difensive.

6. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 27 settembre 2018.

DIRITTO

1. L’appello è infondato, il che consente di soprassedere dall’esame delle eccezione preliminari sollevate dalle parti appellate.

2. Con il primo motivo di appello la Go Restauro censura la parziale declaratoria di irricevibilità del ricorso per tardività, ai sensi dell’art. 120 comma 2- bis Cod. proc. amm., sostenendo che tale norma, letta – come necessario - in combinato disposto con l’art. 29, comma 1, del Codice dei contratti di cui al d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, sarebbe inapplicabile alla fattispecie, in quanto la pubblicazione sul sito del committente dei soggetti ammessi a partecipare alla gara sarebbe consistita in un mero elenco, di per sé inidoneo a far emergere i vizi della documentazione presentata dal R.T.I. Tecnireco, vizi che sarebbe stati appurati solo mediante il successivo accesso agli atti.

La censura deve essere respinta.

2.1. L’art. 120 Cod. proc. amm. Al comma 2 bis stabilisce che “ Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L'omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l'illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale ”;
il successivo comma 6- bis delinea il rito della predetta impugnativa, caratterizzato da una particolare celerità.

L’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che “ Il termine per l'impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione ”: il riferimento è alla precedente previsione secondo cui “ Al fine di consentire l'eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell' articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all'esito della verifica della documentazione attestante l'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali ”.

L’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 26 aprile 2018, n. 4 (cfr. capo 19.3.6) ha evidenziato che il rito c.d. “superaccelerato” è volto “ nella sua ratio legis, a consentire la pronta definizione del giudizio prima che si giunga al provvedimento di aggiudicazione e, quindi, a definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all'esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione (Consiglio di Stato, parere n. 855/2016 sul codice degli appalti pubblici). Il legislatore ha quindi inteso evitare che con l'impugnazione dell'aggiudicazione possano essere fatti valere vizi attinenti alla fase della verifica dei requisiti di partecipazione alla gara, il cui eventuale accoglimento farebbe regredire il procedimento alla fase appunto di ammissione, con grave spreco di tempo e di energie lavorative, oltre al pericolo di perdita di eventuali finanziamenti, il tutto nell'ottica dei principi di efficienza, speditezza ed economicità, oltre che di proporzionalità del procedimento di gara (Consiglio di Stato, parere n. 782/2017 sul decreto correttivo al nuovo codice degli appalti pubblici )”, dando poi atto [cfr. lett. c) del capo 19.3.7] che la giurisprudenza amministrativa non ha avuto incertezze nel ritenere che le norme di cui si tratta (quanto ai vizi scrutinabili) siano di stretta interpretazione e sottolineando che “ è rimasto infatti chiarito, ad esempio, che l'esclusione dalla procedura di gara dopo la valutazione del contenuto dell'offerta, in conseguenza dell'attribuzione di un giudizio di inidoneità, non ricade nella fattispecie del rito camerale super-accelerato di cui all'art. 120 commi 2 bis e 6 bis, c.p.a. Questo rito è, infatti, utilizzabile solo quando l'esclusione avvenga prima dell'esame dei dettagli tecnici dell'offerta da parte della Commissione giudicatrice, ossia quando si discuta esclusivamente del possesso dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali necessari per l'ingresso nella procedura di gara. Non appare, invece, applicabile quando la stazione appaltante abbia espresso un giudizio di valore sull'offerta già ammessa, nel confronto con le altre offerte ”.

In definitiva emerge che con tale rito [cfr. lett. b) e d) del capo 19.3.10] “ il legislatore abbia voluto perimetrare l'interesse procedimentale (cristallizzazione della platea dei concorrenti, ammissioni ed esclusioni) a di cui favorire l'immediata emersione, attraverso una puntuale e restrittiva indicazione dell'oggetto del giudizio da celebrarsi con il rito ‘superaccelerato’” ;
che “ l'intento del legislatore è stato, infatti, quello di definire prontamente la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all'esame delle offerte (Cons. St, commissione speciale, parere n. 885 dell’1 aprile 2016), creando un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda» (Cons. St., sez.V^, ordinanza n. 1059 del 15 marzo 2017 ”.

L’esigenza di “cristallizzazione” della platea dei partecipanti in un momento antecedente all’esame delle offerte voluto dal legislatore implica, quanto più possibile, la sincronicità dei tempi delle differenti azioni giurisdizionali che i diversi partecipanti possono esperire, sincronicità che può essere tendenzialmente perseguita solo a partire dall’individuazione di un dies a quo per l’impugnazione dei provvedimenti di ammissione/esclusione uguale per tutti i concorrenti e agevolmente individuato in quello di pubblicazione dei relativi provvedimenti, regola che, pur soffrendo di alcune eccezioni (mancata pubblicazione;
conoscenza anticipata) delinea una sub -fase che attiene all’ammissione delle offerte e che comprende anche il loro esame estrinseco/formale al fine di riscontrare l’assenza di irregolarità ovvero carenze documentali tali da comportarne l’esclusione a termini di lex specialis : con la conseguenza che tutte le ragioni di esclusione o mancata esclusione che attengono a questa fase preliminare della procedura devono essere sottoposte al vaglio giurisdizionale, a pena di decadenza, mediante lo speciale rimedio processuale di cui al comma 2- bis dell’art. 120 del Cod. proc. amm., laddove tutte le ragioni di esclusione/mancata esclusione che siano emerse nella successiva fase di valutazione delle offerte ricevono tutela giurisdizionale mediante l’ordinario regime (pure esso, tuttavia, speciale) del processo appalti (Cons. Stato, III, 20 agosto 2018 n. 4983).

2.2. Nella fattispecie in esame le illegittimità censurate dalla Go Restauro nei confronti dell’impresa Conservazione e Restauro (qualità di mandante o cooptata;
possesso della richiesta qualificazione) attenevano esclusivamente alla fase di ammissione del R.T.I. Tecnireco ed erano rilevabili sin dalla data di pubblicazione dell’elenco delle imprese ammesse in gara sul sito del committente. Al riguardo giova rilevare che:

- la stazione appaltante ha pubblicato, ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016 il provvedimento di ammissione il 31 ottobre 2017, dandone contestuale informazione a tutti i concorrenti mediante comunicazione pec;

- il provvedimento di ammissione ha richiamato il contenuto dei verbali della procedura relativi all’esame della documentazione amministrativa (verbali di gara nn.1, 2 e 3) e ha rappresentato la disponibilità di tutta la documentazione inerente alle buste amministrative dei partecipanti, richiedibile dagli interessati al RUP, tramite piattaforma telematica. In tal senso, del resto, si esprimeva il disciplinare di gara (pag. 1: “ ai sensi dell’art. 74, co. 1 del Codice dei Contratti, i documenti di gara sono accessibili all’indirizzo https://gareappalti.invitalia.it, come indicato nel prosieguo del presente documento …”);

- il verbale n. 3 del 23 ottobre 2017 ha dato atto degli esiti favorevoli del soccorso istruttorio posto in essere dalla stazione appaltante secondo quanto stabilito nel precedente verbale n. 2 dell’11 ottobre 2017 in ordine alla qualificazione della partecipazione dell’impresa Conservazione e al possesso, in capo alla medesima, dei connessi requisiti. La relativa richiesta è stata inoltrata l’11 ottobre 2017.

Alla stregua di tali elementi di fatto la sentenza appellata quanto al profilo in contestazione risulta corretta, avendo rilevato come le censure relative all’ammissione alla gara della Conservazione e Restauro avrebbero dovuto essere proposte nel termine di trenta giorni di cui all’art. 120 comma 2- bis del Cod. proc. amm., decorrente dalla predetta pubblicazione del 31 ottobre 2017, mentre il ricorso è stato notificato solo il 13 gennaio 2018.

Né al riguardo risultano convincenti le diverse argomentazioni dell’appellante.

Deve infatti escludersi, proprio in ragione degli elementi di fatto sopra evidenziati, che la documentazione disponibile all’atto della pubblicazione delle ammissioni alla gara non raggiungesse quel grado di completezza che integra la conoscibilità di eventuali vizi inficianti il relativo provvedimento;
del resto anche laddove si fosse reso necessario un’estensione del termine per l’impugnazione questa estensione avrebbe dovuto essere limitata a quanto strettamente necessario per consentire l’accesso agli atti (Cons. Stato, V, 5 febbraio 2018, n. 718: “ poiché l'art. 79 comma 5quater d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 regola l'accesso agli atti del procedimento di gara consentendo la visione ed estrazione copia entro dieci giorni dalla comunicazione, il termine per l'impugnazione può essere prorogato al massimo di 10 giorni rispetto a quello decorrente dalla data di comunicazione dell'avvenuta aggiudicazione (e deve essere correlativamente ridotto nelle ipotesi in cui, effettuato l'accesso agli atti della gara, la relativa documentazione sia stata resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni) ”, non potendo non osservarsi che nel caso di specie, a fronte della ricordata pubblicazione del 31 ottobre 2017, la richiesta di accesso è stata formulata solo il 28 dicembre 2017, ovvero solo dopo la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione, intervenuta il 14 dicembre 2017.

Le considerazioni svolte e gli elementi di fatto che connotano, come visto, la fattispecie in esame escludono la stessa rilevanza dei pretesi dubbi compatibilità costituzionale ed eurounitaria delle disposizioni del rito c.d. “superaccelerato”.

3. E’ da respingere anche il secondo motivo di gravame, con cui l’appellante ha lamentato che il primo giudice non avrebbe rilevato l’impropria commistione tra gli istituti del raggruppamento temporaneo di imprese e della cooptazione effettuata dal R.T.I. Tecneco.

3.1. La Sezione ha di recente chiarito, con statuizione richiamata dalla sentenza appellata (Cons. Stato, V, 21 giugno 2017 n. 3036) che la cooptazione è un istituto di carattere speciale che abilita un soggetto, privo dei prescritti requisiti di qualificazione (e, dunque, di partecipazione), alla sola esecuzione dei lavori nei limiti del 20%, in deroga alla disciplina vigente in tema di qualificazione SOA , per cui il soggetto cooptato: non può acquistare lo status di concorrente;
non può acquistare alcuna quota di partecipazione all’appalto;
non può rivestire la posizione di offerente, prima, e di contraente, poi;
non può prestare garanzie, al pari di un concorrente o di un contraente;
non può, in alcun modo, subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire.

Pertanto, in positivo, è richiesto che il ricorso alla cooptazione, alla luce del carattere eccezionale e derogatorio dell’istituto, scaturisca da una dichiarazione espressa e inequivoca del concorrente, per evitare che un uso improprio della stessa consenta l’elusione della disciplina inderogabile in tema di qualificazione e di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica (Cons. Stato, n. 3036/2017 cit.).

In negativo, è richiesto che la società asseritamente cooptata non abbia tenuto un comportamento tale da manifestare “ la volontà, oltre che di eseguire lavori, anche di impegnarsi direttamente nei confronti della Amministrazione appaltante al pari di una sostanziale associata ” (Cons. Stato, IV, 3 luglio 2014, n. 3344).

3.2. Nel caso di specie la sentenza appellata risulta aver fatto buon governo di tali coordinate ermeneutiche, chiarendo che se era vero che l’impresa Conservazione e Restauro aveva sottoscritto una dichiarazione di impegno a costituirsi in A.T.I. in caso di aggiudicazione, era anche vero che la medesima impresa: nella sottoscrizione di tale dichiarazione si era dichiarata “cooptata”;
nella stessa veste (con quota non superiore al 10%), era stata considerata nel DGUE e nell’offerta economica;
non aveva infine sottoscritto la cauzione provvisoria, come richiesto alle componenti dei R.T.I. dall’art. 14 del disciplinare di gara.

Tali elementi soddisfano tutti gli indici sopra richiamati per ritenere l’inequivocità del titolo di partecipazione, né in contrario avviso può deporre la già richiamata circostanza che Invitalia in corso di gara ha richiesto all’impresa “ di fornire comprova che l'ammontare complessivo delle qualificazioni possedute dall’impresa cooptata sia almeno pari all'importo dei lavori che saranno ad essa affidati. Tale comprova, dovrà consistere nell’attestazione di qualificazione rilasciata da una SOA, regolarmente autorizzata, in corso di validità, o alternativamente nel possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria e dei requisiti di capacità tecnica e professionale previsti dall’articolo 90 del D.P.R. 207/2010 per l’esecuzione di lavori fino a € 150.000,00 ”.

Chiarito, infatti, che la cooptata ha per l’effetto rappresentato, tra altro, di aver eseguito lavori per la categoria 0S2-A, nell’ultimo quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, per un importo pari a € 117.000,00, ben superiore all’importo presuntivo dei lavori a lei affidati nell’ambito del R.T.I. (circa € 35.000,00), la richiesta in parola è infatti idonea ad attestare soltanto che, alla luce dei verbali di gara nn. 2 e 3, il punto ha formato oggetto di soccorso istruttorio, i cui esiti sono stati validati dalla sentenza appellata con conclusioni prive di mende [“ è inoltre da osservare che, in quanto cooptata, la predetta Impresa non necessitava della specifica attestazione SOA ai sensi dell’art. 95, comma 4, del DPR 21 dicembre 1999, n. 554, e nel corso della procedura la medesima ha chiarito di essere in possesso delle specifiche qualificazioni necessarie (avendo eseguito lavori per € 155.000 nel quinquennio a fronte dei € 35.000 richiesti, avendo sostenuto per il personale un costo complessivo pari al 15% dell’importo dei lavori eseguiti ed essendo in possesso dell’attrezzatura tecnica necessaria), in linea con quanto richiesto dall’art. 248, comma 4, del DPR 5 ottobre 2010, n. 207, per la partecipazione agli appalti di importo pari o inferiore a 150.000 euro ].

3.3. Resta, pertanto, legittima l’ammissione del R.T.I. Tecnireco nonché l’attribuzione alla relativa offerta tecnica del punteggio relativo anche al requisito esperenziale della cooptata, non avendo parte appellante, tra altro, neanche dimostrato (ma solo supposto) che, in assenza di valutazione di tale requisito, essa sarebbe risultata vincitrice della gara.

3.4 . Con altra censura del secondo motivo l’appellante sostiene, contrariamente a quanto affermato nella sentenza gravata, che la cooptata non poteva vantare i requisiti dichiarati in gara (esecuzione di lavori analoghi a quelli banditi dalla procedura per cui è causa nella Basilica di Sant’Antonio da Padova) perché risalenti a sei anni prima della costituzione della società.

La doglianza è completamente destituita di fondamento.

Il primo giudice ha osservato sul punto che nel settore dei beni culturali, ai sensi degli artt. 146 comma 2 e 148 commi 1 e 4 del d.lgs. n. 50/2016, nonché alla luce del comunicato Anac n. 58 del 2010 e della giurisprudenza, ciò che rileva è il soggetto che abbia materialmente eseguito il lavoro di restauro, e che nella fattispecie dalla documentazione in atti emergeva che i lavori indicati come requisito esperenziale della cooptata erano stati eseguiti personalmente dai due soci, uno in qualità di direttore tecnico, l’altro in qualità di capo cantiere e restauratore.

L’assunto del primo giudice, fondato sulla specialità dei lavori di che trattasi, è corretto.

Il comma 2 dell’art. 146 del d.lgs. 50/2016, stabilisce, in ordine alle qualificazioni per gli appalti nel settore dei beni culturali, dispone che “ I lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che li ha effettivamente eseguiti ”. A sua volta, il successivo art. 148, al comma 4, relativo ai lavori delineati al comma 1 (contenente la regola tendenziale secondo cui i “ lavori concernenti beni mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico o archeologico, gli scavi archeologici, anche subacquei, nonché quelli relativi a ville, parchi e giardini ” non devono essere “assorbiti” dalla prevalenza quantitativa di altre prestazioni), collega i requisiti di qualificazione ai “ soggetti esecutori ” (“ I soggetti esecutori dei lavori di cui al comma 1 devono in ogni caso essere in possesso dei requisiti di qualificazione stabiliti dal presente capo ”).

Le predette disposizioni autorizzano la conclusione in ordine alla rilevanza delle specifiche professionalità degli operatori propriamente intesi, quale riflesso delle peculiari caratteristiche dell’intervento.

Di contro, l’affermazione dell’appellante, che sostiene che il riferimento alla nozione di operatore debba intendersi effettuato all’operatore economico “in forma di impresa”, oltre a essere disarmonico con il dato letterale emergente dalle norme di che trattasi, non risulta neanche esplicitato nei suoi presupposti fondanti e si risolve, pertanto, in un enunciato generico, inidoneo a costituire una reale critica alla statuizione appellata.

Neanche convince la considerazione dell’appellante secondo cui i riferimenti assunti a supporto della conclusione in esame (la previgente diposizione dell’art. 253, comma 30, del d.lgs. 163/2006;
il comunicato Anac del 2010;
la sentenza del Tar Palermo n. 13565/2010) sarebbero risalenti: rileva che la statuizione appellata si è fondata sulle vigenti disposizioni del Codice dei contratti, applicabili alla procedura in esame in quanto bandita dopo la sua entrata in vigore, e che l’appellante non ha neanche tentato di dimostrare i presupposti che consentirebbero di ravvisare cesure tra la precedente regolazione e quella attuale dello specifico comparto dei lavori pubblici afferenti a beni culturali, che, del resto, non si presta ex se a sovvertimenti quali quelli meramente evocati dall’appellante.

4. Per tutto quanto precede l’appello deve essere respinto.

La peculiarità della vicenda contenziosa giustifica la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite del grado.

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