Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-12-06, n. 201305841
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N. 05841/2013REG.PROV.COLL.
N. 10510/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10510 del 2009, proposto da:
Policlinico San Marco S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. ti G C, A L e D V, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
contro
Regione Lombardia, in persona del Presidente
pro tempore
, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti V M, C G e Raffaela Schiena, con domicilio eletto presso Emanuela Quici, in Roma, via Nicolò Porpora, 16;
Azienda Ospedaliera "Istituti Clinici di Perfezionamento", non costituita nel presente giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO - sezione III n. 4232/2009, resa tra le parti, concernente determinazione della remunerazione delle funzioni non coperte da tariffe predefinite.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013, il Cons. Hadrian Simonetti;
Uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati Bellocchio su delega di Ciampoli, Lirosi, Vaiano e Vivone su delega di Schiena;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La Regione Lombardia, con delibera di Giunta del 20.7.2005 n. 8/370, ha modificato i criteri di remunerazione delle funzioni non tariffabili di cui al D.M. 30.6.1997 e L.R. 31/1997 (art. 13, co. 15), prevedendo, per quanto più interessa in questa sede, che l’incremento delle risorse per il 2004, per le strutture accreditate, non potesse superare il tetto del 30% rispetto a quelle assegnate nel 2003.
2. Il Policlinico San Marco, titolare dell’omonima struttura ospedaliera accreditata con il Servizio Sanitario Regionale, ha impugnato tale delibera contestando la previsione del limite del 30% sia sotto il profilo procedimentale che nel merito, con specifico riferimento agli effetti che ciò determinerebbe sulla remunerazione delle funzioni di Pronto Soccorso.
2.1. Sotto il primo profilo, ha dedotto, con il secondo ed il quarto motivo, da un lato la violazione degli artt. 7 ed 8 della l. 241/1990, assumendo che le importanti modifiche apportate alle modalità di remunerazione non sarebbero state preventivamente discusse con gli interessati;e dall’altro la tardività delle modifiche stesse, in quanto sopravvenute nel mese di luglio del 2005 sebbene aventi ad oggetto attività prestate nell’esercizio 2004, così ledendo le legittime aspettative delle strutture accreditate.
2.2. Sotto il secondo profilo, con il primo ed il terzo motivo, sono contestati la coerenza e la ragionevolezza del nuovo criterio, nonché la relativa motivazione posta a fondamento della delibera, lamentando in particolare la soppressione della quota variabile nella remunerazione della funzione di Pronto Soccorso che, di conseguenza, non terrebbe più conto dei volumi di attività.
3. Il Tar, dopo un’ampia ricognizione in ordine alle modalità di finanziamento del sistema sanitario e di remunerazione delle prestazione rese dalle singole strutture, sia in generale che nel caso specifico della Regione Lombardia qui in esame, ha giudicato il ricorso infondato, muovendo dalla duplice premessa che la delibera impugnata fosse un atto generale di programmazione e che il finanziamento delle prestazioni non tariffabili fosse da inquadrare nella nozione di sovvenzione pubblica, cui ha ritenuto essere correlato un ampio potere discrezione della Giunta quanto alla sua quantificazione.
4. Con il presente appello è impugnata la sentenza, contestando entrambe tali premesse e quindi riproponendo ed approfondendo le originarie censure.
Si è costituita la Regione, resistendo all’appello.
All’udienza pubblica del 24.10.2013, in vista della quale le difese hanno depositato memorie illustrative, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.
5. Osserva il Collegio, per una migliore intelligenza dei fatti dedotti, come parte appellante abbia contestato i nuovi criteri di remunerazione delle prestazioni non tariffabili, adottati dalla Regione Lombardia con la delibera del luglio 2005, essenzialmente sotto due profili, distinti ma in buona misura convergenti.
5.1. Per un verso si duole, infatti, delle modalità procedimentali che avrebbero condotto a tale modifica, sia perché non sarebbe stato instaurato un previo contraddittorio con le strutture accreditate, interessate dai cambiamenti in questione, sia perché la tempistica seguita non sarebbe state attenta agli affidamenti sino a quel momento legittimamente maturati.
5.2. Per altro verso si duole della ragionevolezza del tetto posto all’incremento della remunerazione, che è stato fissato in una percentuale massima del 30% di quanto riconosciuto l’anno prima.
Nell’insieme parte appellante contesta quindi la fissità e l’astrattezza dei criteri adottati per il contenimento della spesa ed il fatto che tali criteri non consentirebbero di distinguere da caso a caso e di tenere conto delle funzioni concretamente svolte dalle strutture accreditate, con particolare riferimento, nel caso di specie, a quelle di Pronto Soccorso.
5.3. Replica sul punto la difesa regionale sottolineando, da un lato, la nota esigenza della programmazione e del controllo della spesa sanitaria e, dall’altro, la peculiarità della remunerazione della “funzione non tariffata”, consistente nel suo carattere aggiuntivo a copertura dei costi fissi a prescindere dal numero delle prestazioni rese.
5.4. Così riassunte in sintesi le contrapposte deduzioni di parte, reputa il Collegio che le censure di parte ricorrente, sebbene indubbiamente suggestive in linea generale, soffrano a loro volta di una genericità di fondo.
5.5. Infatti, premesso che in linea generale si verte in materia di esercizio del potere autoritativo di fissazione dei tetti di spesa e di controllo della spesa sanitaria in funzione di tutela della finanza pubblica affidato alle regioni, al di là delle due questioni di massima che investono la natura dell’atto impugnato e l’esatto inquadramento teorico della remunerazione in contestazione, parte appellante non dimostra minimamente in quale misura gli importi a lei riconosciuti per l’anno 2004 sarebbero stati in concreto non remunerativi rispetto alle prestazioni eseguite.
Né è dato comprendere a quale diverso (e se, in ipotesi, migliore) esito della vicenda avrebbe condotto una sua maggiore procedimentalizzazione da parte della Regione, fermo restando che il Collegio condivide l’inquadramento della delibera impugnata - tendente a garantire la corretta gestione delle risorse disponibili - nel novero degli atti aventi natura programmatoria, la cui adozione influisce nella materia qui in esame sulla possibilità stessa di disporre delle risorse per remunerare le prestazioni erogate.
5.6. Anche a voler concedere, comunque, che il nuovo meccanismo adottato nel 2005 fosse perfettibile nei modi e nei tempi – come potrebbe dimostrare il suo superamento avvenuto a partire dal 2007 – difetta la prova della sua lesività nel caso specifico, ove si consideri con la dovuta attenzione che si controverte in ordine non già ad un taglio di spesa, quanto, piuttosto, in merito ad un contenimento del suo eventuale incremento, stabilito in una misura massima, che per il 2004 poteva comunque ancora giungere sino alla ragguardevole soglia del 30% di aumento rispetto all’importo riconosciuto per l’anno precedente.
5.7. E’ evidente allora come, anche in ragione della misura in ogni caso rilevante di tale percentuale ( all’apparenza più che congrua in termini sia quantitativi che qualitativi ) e del carattere pur sempre aggiuntivo della quota forfettaria destinata alla remunerazione delle funzioni di Pronto Soccorso (v. nota della Regione 25.2.2008 in adempimento dell’ordinanza istruttoria del Tar n. 26/2008), fosse preciso onere della parte ricorrente fornire la prova contraria, tanto più che l’azione di annullamento formalmente proposta in questa sede prelude ed è comunque strumentale ad un diverso accertamento del rapporto, nel senso del riconoscimento in favore dell’odierna appellante di un maggior credito.
5.8. Le stesse considerazioni rendono poco pertinente il richiamo alla giurisprudenza formatasi in tema di retroattività dei tetti massima di spesa, non senza ricordare peraltro come, proprio sulla scorta di tale giurisprudenza (v., da ultimo, Cons. St. Ad. Plen. n. 4/2012), la tardività non è motivo di per sé solo sufficiente a rendere illegittima la determinazione sopravvenuta nel corso dell’anno;ciò alla luce del noto e necessario bilanciamento tra il “nucleo irriducibile” del diritto alla salute ed i limiti imposti da imprescindibili esigenze di carattere finanziario.
5.9. In conclusione, per tali ragioni, l’appello è infondato e va respinto.
6. Sussistono giustificati motivi per compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti costituite, data la novità delle questioni affrontate.