Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-05-03, n. 201002496

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-05-03, n. 201002496
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201002496
Data del deposito : 3 maggio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01327/2005 REG.RIC.

N. 02496/2010REG.SEN.

N. 01327/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 1327 del 2005, proposto da -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- rappresentati e difesi dall'avv. F P V, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, 24;

contro

Provincia di Torino, rappresentata e difesa dagli avv.ti S G e A L, con domicilio eletto presso A L in Roma, via Dora, 1;

nei confronti

Centro Recuperi e Servizi S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. ti Alessandra Carozzo e Mario Sanino, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
Comune di Settimo Torinese, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Menghini e Giorgio Santilli, con domicilio eletto presso Mario Menghini in Roma, via della Mercede 52;
-OMISSIS-, n.c.;
Federazione Provinciale Coltivatori Diretti di Torino, n.c.;

per la riforma

della sentenza del TAR PIEMONTE - TORINO: Sezione II n. -OMISSIS-/2004, resa tra le parti, concernente REALIZZAZIONE IMPIANTO DI RECUPERO E RICICLAGGIO AUTOVEICOLI E RELATIVO INTERRAMENTO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2010 il consigliere di Stato M M e uditi per le parti gli avvocati Videtta, Lorizio, Carrozzo, Sanino e Menghini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il 1° ottobre 1999, la Società ‘Centro Recuperi e Servizi (CRS) s.r.l.’ presentava alla Provincia di Torino istanza di avvio della fase di valutazione di compatibilità ambientale ai sensi della legge regionale 14.12.1998, n. 40, sul progetto per la realizzazione nel Comune di Settimo Torinese di un impianto di recupero e riciclaggio autoveicoli mediante la triturazione delle relative carcasse e di un annesso impianto di interramento controllato monouso e monomateriale di 2^ categoria tipo B, destinato allo smaltimento di rifiuti speciali costituiti dal materiale non metallico di risulta (c.d. fluff) e dei fanghi derivanti dall'abbattimento delle polveri.

Intervenuta la pubblicazione il 7 ottobre 1999, sul quotidiano “La Stampa”, degli elaborati progettuali e, il 27 ottobre 1999, sul B.U.R.L., dell’avviso di avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale e svoltesi le riunioni della conferenza di servizi il 6 e 21.12.1999, il 18.4. ed il 19.6.2000, con deliberazione G.P., n. 906-18125 del 5.9.2000, veniva autorizzato con prescrizioni il progetto dell’impianto di frantumazione, da realizzarsi in area Polo Integrato di Sviluppo (PIS).

Quanto all’impianto di interramento, fermo il proseguimento del monitoraggio da parte dell’ARPA, venivano richiesti al proponente approfondimenti progettuali in ordine al rispetto dei limiti di soggiacenza della falda e, dopo il deposito di questi e lo svolgimento di ulteriori riunioni della conferenza di servizi, con delibera G.P., n. 857-168367/2001 del 31 luglio 2001, nelle cui premesse si dà conto dell’iter istruttorio, veniva espresso giudizio positivo sulla compatibilità ambientale con approvazione del progetto con prescrizioni.

2. I sign.ri -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, con ricorso n. 1807 del 2001 proposto al TAR per il Piemonte, hanno chiesto l’annullamento: della detta deliberazione della Giunta Provinciale 31 luglio 2001, recante "Progetto di impianto di recupero e di riciclaggio di veicoli per la produzione di rottame ed annesso impianto di interramento controllato monouso di 2^ cat. tipo B, in Settimo Torinese, centro recupero e servizi s.r.l. procedura di V.I.A.: giudizio positivo e autorizzazioni coordinate per l'impianto di interramento controllato e modifiche ed integrazioni alla D.P.G. 906-181525/2000;
di tutti gli atti presupposti, precedenti, consequenziali, successivi o comunque connessi.

2. Il TAR, con sentenza n. 2188 del 2004, ha respinto il ricorso compensando tra le parti le spese di giudizio.

Nella sentenza si afferma che sono infondati gli asseriti vizi di:

-incostituzionalità, per lesione della competenza regionale in materia urbanistica, dell’art. 27 del d.lgs. n. 22 del 1997 (“Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio”), per il quale l’approvazione del progetto, e autorizzazione dell’impianto, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori: il vizio non sussiste poiché nella norma citata la detta approvazione è di competenza della Giunta regionale (nella specie con delega alla Provincia ai sensi della l.r. n. 59 del 1995), prevedendosi altresì il coinvolgimento degli enti locali interessati;

-mancata indicazione dei termini ai sensi dell’art. 13 della legge n. 2359 del 1865: si tratta di termini relativi al procedimento di espropriazione non attivato nella specie;

-mancata pubblicità del procedimento: è stata assicurata essendo stati adempiuti gli oneri di pubblicazione previsti dalla legge speciale in materia di V.I.A. (articoli 12 e 13 della legge regionale n. 40 del 1998);

-mancata valutazione della pericolosità del “fluff” e incompetenza della Provincia al riguardo: nella specie il prodotto di cui è autorizzato il conferimento in discarica è soltanto quello, originato dalla frantumazione dei veicoli dismessi, qualificato come non pericoloso, dovendosi anche precisare, riguardo alle procedure di bonifica dei rottami dell’impianto di frantumazione necessarie per evitare di produrre “fluff” pericoloso, che il detto impianto osserva le prescrizioni date con il provvedimento di autorizzazione del 5 settembre 2000, non impugnato;

-violazione dell’art. 29 della legge regionale n. 56 del 1977, in relazione alla contiguità dell’impianto con fonti di approvvigionamento idrico e con il ristorante-pizzeria della ricorrente sign.ra -OMISSIS-: la relazione svolta dall’organo tecnico, in cui si stima “un impatto trascurabile sia sul reticolo irriguo sia sulla Bealera Nuova” (che scorre sul confine del sito, classificata quale ‘corridoio ecologico’), risulta esente da vizi di logica o di irrazionalità, unici censurabili a fronte di una valutazione tecnica approfondita;

-insufficienza di istruttoria e della motivazione in materia di fattori escludenti e penalizzanti secondo il P.P.G.R.: i campionamenti eseguiti in occasione dell’accertamento tecnico preventivo avanti il Tribunale ordinario confermano l’insussistenza di tali censure, dovendosi anche richiamare l’approfondimento istruttorio intervenuto ai fini dell’approvazione dell’impianto di interramento con riguardo alla soggiacenza della falda;

-incompatibilità dell’impianto con la destinazione agricola dell’area e non istruita possibilità di siti alternativi: la detta incompatibilità non sussiste, poiché l’art. 25 della legge regionale n. 56 del 1977 consente la realizzazione di infrastrutture nelle aree a destinazione agricola, l’area di cui si tratta è già stata definita idonea dal P.P.G.R., senza impugnazione da parte dei ricorrenti, non è illogico che la Società C.R.S. abbia localizzato la discarica in area idonea e vicina all’impianto di frantumazione;

-mancato raffronto fra posti di lavoro creati e persi e fra attività di discarica da insediare ed attività poste in pericolo di cessazione: si tratta di mere eventualità non dimostrate, comunque non sindacabili in giudizio poiché attinenti al merito, risultando in ogni caso esaustiva l’istruttoria svolta in punto di localizzazione della discarica;

-insufficiente considerazione della relazione del “Dipartimento attività economiche e produttive della Provincia”, insufficienza di istruttoria ed insufficienza di motivazione e sviamento della causa: la detta relazione è stata adeguatamente valutata dalla Giunta provinciale, in un quadro di bilanciamento degli interessi coinvolti che non risulta irragionevole, in virtù del principio comunitario di prossimità tra luogo di discarica e luogo di conferimento dei rifiuti (non pericolosi) e nel rispetto delle prescrizioni date;

-carenza di pubblica utilità: che sussiste, invece, quanto ai profili di pubblico interesse connessi all’impianto (smaltimento di fluff non pericoloso in prossimità dell’impianto di triturazione).

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

4. All’udienza del 9 marzo 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nell’appello si richiama, anzitutto, quanto alla discarica che: non si tratta di un impianto di interramento, bensì di un accumulo fuori terra;
insiste su un terreno a destinazione agricola di proprietà del sign. -OMISSIS-, il quale aveva in corso un contratto di affittanza agraria con i finitimi ricorrenti signori -OMISSIS-, che, avrebbero goduto, in virtù della contiguità, di un diritto di prelazione agraria, non esercitata;
sul confine del sito scorre la storica Bealera Nuova, risalente al Quattro/Cinquecento, classificata come "corridoio ecologico", che fa da connessione tra la pianura agraria settimese-volpianese-leinicese con la fascia fluviale del Po nell'ambito del Progetto Territorio Operativo (P.T.O.) "Tutela e valorizzazione del Fiume Po" e nel Piano d'area, adottati dal Consiglio Regionale nel 1995;
il sito è circondato da aziende agricole (in numero di ventidue), cinque delle quali produttrici di latte di alta qualità;
nella fascia di rispetto di duecento metri dall'area insistono numerosi pozzi ad uso idropotabile, alcuni dei quali destinati anche al consumo umano ed una falda;
sempre in strettissima contiguità, praticamente ai margini del sito di discarica, si trovano il ristorante-pizzeria di proprietà della ricorrente -OMISSIS- e l'azienda artigiana del ricorrente signor -OMISSIS-, con le rispettive abitazioni;
complessivamente, infine, ai margini (pochissimi metri) del sito destinato alla discarica vivono sette famiglie.

Si censura quindi la sentenza di primo grado per avere respinto i seguenti motivi:

-mancata indicazione dei termini ai sensi dell’art. 13 della legge n.2359 del 1865: all’atto dell’approvazione del progetto, comportante dichiarazione di pubblica utilità implicita, il fondo era di proprietà -OMISSIS- che aveva stipulato con C.R.S. un contratto di opzione risolutivamente condizionato all’esercizio del diritto di prelazione da parte dei proprietari confinanti, dovendo perciò essere apposti i termini di cui al detto art. 13 essendo ciò indipendente dall’eventualità che non si debba espropriare e, in ogni caso, delimitando tali termini tassativamente anche l’arco temporale entro cui i fondi finitimi sono soggetti alle servitù ai sensi dell’art. 64 della legge citata;

-mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990: non potendo surrogare un avviso pubblico indeterminato la comunicazione a quanti sono direttamente incisi dagli effetti ambientali derivanti dall’esecuzione di un’opera;

-pericolosità del ‘fluff’: la ovvia prescrizione da parte della Provincia di conferire fluff non pericoloso non è sufficiente a superare la potenziale dannosità del materiale in questione, stante la concreta impossibilità di escludere tale pericolosità connessa alla eterogeneità dei materiali provenienti dall’impianto di frantumazione;

-violazione della fascia di rispetto dei 100 metri imposta dall’art. 29 della legge regionale n. 56 del 1977 riguardo alla ‘Bealera Nuova’: in quanto vincolo assoluto non superabile con la sola asserzione di modesto impatto, peraltro dubbio, e comunque a fronte della classificazione come ‘corridoio ecologico’;

-sussistenza dei fattori ‘escludenti’ (ai sensi del Piano provinciale di gestione dei rifiuti-PPGR): a) della mancanza della distanza minima di tre metri fra il piano di campagna e la falda soggiacente (che deve comunque trovarsi nella sua escursione massima a due metri dal fondo della discarica), essendosi svolto l’accertamento tecnico in sede di giudizio civile in presenza di fattori anomali ed essendosi riscontrati, nonostante ciò, livelli inferiori;
b) dell’inosservanza della fascia di rispetto di 200 metri rispetto a pozzi di uso idropotabile, essendo situate entro tale fascia le case dei ricorrenti e aziende zootecniche che si approvvigionano dai pozzi, utilizzati anche per l’alimentazione di bovini nelle aziende dei sign.ri -OMISSIS- e -OMISSIS-;
c) dell’esistenza entro una fascia di 500 metri di aree residenziali, essendo stato escluso tale fattore senza alcuna verifica di fatto, adottandosi una definizione di ‘nucleo abitato’ fuorviante, poiché tratta dal Codice della strada e non riferita al PPGR, con erroneo richiamo dell’osservanza delle fasce di rispetto soltanto per i “rifiuti speciali generici”;
d) della necessaria qualificazione del ristorante pizzeria della sign.ra Borriello quale “struttura sensibile” in quanto molto frequentata ed involgendo la ristorazione profili di salute del pubblico;

-sussistenza in ogni caso del fattore “penalizzante” (altresì ai sensi del citato PPRG) della considerazione dei detti insediamenti quali “case sparse”: non essendovi stata alcuna valutazione al riguardo, tanto più per le case immediatamente contigue alla discarica;

-impossibilità di situare una discarica in area agricola di pregio ai sensi dell’art. 25 della legge regionale n. 56 del 1977 e del citato PRG: essendo consentite strutture pubbliche e non, come nella specie, una pertinenza privata dell’impianto privato di triturazione, dovendosi ritenere impugnata la previa dichiarazione di idoneità della zona con l’impugnativa dell’intero procedimento;

-mancata dimostrazione della possibilità di localizzazioni alternative: essendo stato in concreto pretermesso il vincolo, apposto per l’erogazione del contributo pubblico per la riconversione da parte di C.R.S del preesistente impianto siderurgico, ad insediare la nuova iniziativa nelle stesse aree del detto impianto, non essendo stata collocata la discarica nelle vicinanze di questo (dista una percorrenza stradale di circa 4/5 chilometri dall'impianto di triturazione), risultando altre discariche già autorizzate allo smaltimento di rifiuti speciali, non essendo dimostrata l’effettiva esistenza di vincoli che impediscano la individuazione di altre aree, né potendo l’eventuale distanza essere considerata pericolosa per la sicurezza del trasporto dei materiali da conferire, che è comunque da garantire;

-mancata comparazione fra i posti di lavoro attivati e quelli persi: che non è ipotesi astratta ma realtà effettiva, stante la certa penalizzazione dell’attività delle già citate aziende zootecniche, a fronte di posti di lavoro per la discarica comunque attivabili in altro sito;

-mancato esame dei rischi di contaminazione per tali aziende (in particolare per quelle operanti a ridosso della discarica) a ragione del rischio di dispersione delle polveri del fluff per fattori atmosferici;

-indimostrata esistenza di benefici per il Comune di Settimo Torinese dovendosi, invece, valutare il danno per le aziende latterio-casearie;

-non considerazione della relazione del Dipartimento attività produttive della Provincia: le cui puntuali analisi negative non sono state esaminate e comunque ritenute da superare a fronte del principio comunitario della prossimità della discarica all’impianto di frantumazione, come visto di fatto non applicato;

-dovendosi concludere che la scelta fatta non risulta ispirata a finalità di interesse pubblico ma a giustificazione di una decisione privata, con il conseguente, vizio di sviamento di potere oggettivamente rilevabile.

2. Le censure sono infondate.

Infatti:

-riguardo alla fissazione dei termini di cui all’art. 13 della legge n. 2359 del 1865 questo Consiglio ha chiarito che “in ogni caso in cui la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera operi ex lege” -come è nel caso in esame in cui è stato applicato l’art. 27 del d.lgs, n. 22 del 1997- “la fissazione dei termini di inizio e fine lavori, di norma contenuti nella dichiarazione stessa ex art. 13 L. 25.6.1865, n. 2359, possano invece essere stabiliti in un momento successivo, ovvero mediante il primo atto con cui l’Amministrazione decide di esercitare in concreto la potestà ablatoria, dando impulso alla declaratoria già contenuta nella disposizione di legge (Sez. VI, 8 ottobre 2009, n. 6186). Ne consegue che correttamente nella specie non si è proceduto alla fissazione dei termini non essendo stata esercitata in concreto la potestà ablatoria poiché la proprietà dei terreni interessati è stata alienata a C.R.S., da parte dei danti causa -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS-, con atto di compravendita del 27 marzo 2002 (in atti);

-la partecipazione degli interessati al procedimento risulta assicurata, essendosi, anzitutto, provveduto agli adempimenti di cui agli articoli 12, comma 2, lett. b), e 13, comma 1, della legge regionale n. 40 del 1998 (pubblicazione su un quotidiano a diffusione regionale e sul BURL della notizia dell’avvenuto deposito del progetto), e risultando poi, come indicato nelle premesse del provvedimento impugnato, osservazioni da parte dei soggetti interessati, ricorrenti inclusi (in particolare da “Gruppo di cittadini residenti in prossimità del sito di discarica;
Comitato Agricoltori Settimo Torinese;
-OMISSIS-;…-OMISSIS- F.lli”) e svolto “un incontro pubblico tra il proponente e i soggetti che hanno presentato osservazioni” (ai sensi dell’art. 14, comma 3, l.r. citata);
dovendosi con ciò ritenere la conoscenza del procedimento da quanti se ne ritenessero incisi e legittimamente conseguito lo scopo sostanziale della effettiva partecipazione ad esso da parte di ogni interessato (Cons. Stato: Sez. VI, 4.8.2009, n. 4899;
Sez. IV: 15.5.2008, n.2249;
30.9.2002, n.5003);

-sulla pericolosità del “fluff” si deve osservare che l’asserzione della potenziale dannosità del materiale conferito è argomentazione rilevante se sia dimostrata la non adeguata prevenzione del possibile rischio alla luce di carenze dell’autorizzazione rilasciata quanto all’oggetto e ai controlli.

Al riguardo si richiama che: il progetto approvato riguarda (punto 3, lett. a), “rifiuti speciali non pericolosi, non tossici e nocivi provenienti esclusivamente dall’attività di cui al precedente punto 1), costituiti da parti leggere provenute dalla demolizione di veicoli” (fluff), codificati con il CER 16.01.05 (in applicazione della Decisione della Commissione n. 2001/118/CE del 16/01/2001, dal 1 gennaio 2002 tale tipologia di rifiuto sarà classificata con il codice 19.10.04), subordinatamente all’ottemperanza alle prescrizioni riportate nell’allegato ‘D’, facente parte integrante della presente deliberazione”;
il detto allegato D dispone controlli periodici, bimestrali e semestrali, per il monitoraggio dei gas emessi, delle acque di spurgo, di tutti i parametri chimici e dei dati previsti, con obbligo di relazione annuale sulle attività della discarica, essendo altresì prescritto, nell’allegato E, ‘uno specifico protocollo fra la Provincia di Torino e l’ARPA” per la definizione delle modalità di “controllo dei materiali in ingresso alla discarica e in particolare con riferimento alle sostanze componenti il rifiuto da avviare alla discarica ed alla garanzia che il rifiuto conferito rientri nei criteri di ammissibilità indicati ai precedenti punti” (relativi alla immissione del solo “fluff” come sopra individuato);
risulta svolta un’articolata istruttoria tecnica oggetto di “Relazione generale sull’istruttoria dell’organo tecnico” (in seguito: ‘Relazione generale tecnica’), integrata in due fasi (16.8.2000 e 26.7.2001;
allegati B1 e B2 alla delibera impugnata), con la quale sono stati esaminati tutti i diversi profili di impatto ambientale dell’opera e nelle cui “Valutazioni sintetiche e conclusioni” responsabilmente si asseverano, in via generale, effetti ambientali non rilevanti, anche alla luce dei previsti interventi e dispositivi di mitigazione “degli impatti più significativi, sulle componenti atmosfera, rumore, acque superficiali” e si ribadiscono le prescrizioni sui controlli;
sul “fluff” ci si sofferma altresì, in particolare, nel citato aggiornamento della Relazione generale tecnica del 26.7.2001, da cui emerge piena consapevolezza della natura del rifiuto in questione, positiva valutazione degli interventi di impermeabilizzazione in progetto, conferma della rilevanza dei controlli sul rifiuto specificamente prodotto.

Il provvedimento impugnato perciò, in quanto adottato a seguito di adeguata istruttoria, con particolare individuazione del tipo di rifiuto conferibile, autorizzato quale non pericoloso, e corredato con la specificazione di misure preventive e di puntuali prescrizioni di monitoraggio, risulta definito, all’atto della sua adozione, in modo idoneo a prevenire il rischio paventato;

-rispetto alla vicinanza della Bealera Nuova (distante dal sito 60 metri nel punto più vicino, come indicato nella citata ‘Relazione generale tecnica’) si osserva che già in primo grado, nelle memorie della Provincia di Torino e del Comune di Settimo Torinese, era stato controdedotto, e nuovamente richiamato nel presente giudizio, che “si tratta di canale arginato”, per il quale l’art. 29, comma 1, lett. c), della legge regionale n. 56 del 1977 stabilisce la fascia di rispetto 25 metri, non risultando ciò specificamente contestato nell’appello, né provato il contrario, dovendosi inoltre richiamare che nelle premesse dell’impugnata delibera è previsto “un intervento di monitoraggio e di valorizzazione del ‘corridoio ecologico’ della Bealera Nuova”, con “la dismissione di una piccola area sul fianco est dell’impianto…onde consentire la realizzazione di un corridoio ecologico verde a salvaguardia e tutela del percorso della Bealera Nuova”;

-per i fattori “escludenti” e “penalizzanti”, il giudizio sulla cui sussistenza deve, come per ogni altro profilo, essere dato con riferimento alla congruità delle valutazioni assunte all’atto dell’adozione della delibera impugnata, si osserva:

-quanto alla soggiacenza della falda: questo fattore risulta essere stato oggetto di specifico, ulteriore riscontro nel corso dell’istruttoria per l’approvazione della delibera, essendosi sospesa l’espressione del giudizio di compatibilità ambientale in attesa di “approfondimenti progettuali in ordine al rispetto dei limiti di soggiacenza della falda”, che hanno portato alla riduzione della volumetria dell’impianto di interramento da 575.000 a 350.000 mc, con il giudizio, assunto nella premesse della delibera, di piena rispondenza ai requisiti di legge quanto alla soggiacenza e al franco falda, alla luce del “complesso delle misure effettuate dall’ARPA… e di una serie di dati completa e significativa comprensiva anche di eventi eccezionali”. Nella Relazione generale tecnica ciò è chiarito (pag. 14) indicando che il parametro assunto è quello del franco minimo di 1 metro tra il fondo della discarica e la massima escursione di falda registrata, quale “previsto per le discariche di tipo 2B dalla normativa vigente (Delibera Comitato Interministeriale 27 luglio 1984)”, nonché che, nel caso specifico, “viene rispettato il franco minimo di 2 metri tra il fondo discarica e la massima escursione di falda registrata, sulla base della scelta progettuale/localizzativa più cautelativa effettuata dal proponente, al fine di garantire un livello di sicurezza superiore” e che, infine, richiamate allo scopo le prescrizioni del PPGR, “le precedenti versioni progettuali non rispettavano il vincolo”, ivi previsto, della soggiacenza della falda inferiore a 3 metri rispetto al piano di campagna.

Risulta dunque che i parametri assunti all’atto dell’adozione della delibera sono stati quelli, suddetti, del franco minimo di 2 metri rispetto al fondo delle discarica e di almeno 3 metri dal piano di campagna e che la delibera è stata approvata sul presupposto dell’osservanza di tali parametri ad esito delle modifiche progettuali apportate, recando altresì al riguardo, nell’allegato D, prescrizioni dettagliate riguardo alla impermeabilizzazione (D 6, 10,11,12, 21.a), b), c) d), e al monitoraggio (21 e).

In questo quadro il Collegio deve concludere per la congruità dell’istruttoria alla base delle delibera, in quanto né omessa né insufficiente, e del connesso sistema di prescrizioni, risultando altresì corretto il richiamo del giudice di primo grado alla riscontrata osservanza del prescritto franco minimo di 1 metro ai sensi della normativa con riguardo all’accertamento preventivo presso il Tribunale civile, fermo restando l’obbligo della più rigorosa esecuzione dei controlli periodici prescritti e conseguenti interventi eventualmente necessari, anche alla luce del detto accertamento;

-quanto alla presenza di pozzi ad uso idropotabile, di abitazioni e di aziende zootecniche: anche al riguardo si osserva che nelle premesse della delibera si dà conto, nel quadro della accertata assenza di aree alternative “a seguito della sovrapposizione dei diversi fattori escludenti”, della previsione di “modalità di impermeabilizzazione della discarica maggiormente cautelative rispetto a quanto prescritto dalle norme per le discariche 2B” e dell’adeguata prevenzione del rischio “di contaminazione delle acque sotterranee” con “definite specifiche prescrizioni riguardanti la predisposizione di un progetto per il monitoraggio e un piano di emergenza per l’approvvigionamento idrico alternativo… a favore degli utenti eventualmente interessati, accompagnato da “un programma di controllo sul latte prodotto dalle aziende zootecniche situate all’intorno della discarica, al fine di verificare l’assenza di contaminanti” attuato da parte della ASL competente;
si deve anche richiamare che nel PPRG la fascia di rispetto dei 500 metri è prevista per le “aree residenziali” (con il rinvio al “perimetro dei centri e dei nuclei abitati”), che è nozione diversa da quella di “case sparse”, che appare più correttamente applicabile alle abitazioni di cui si qui tratta, richiamata nel detto Piano come “fattore penalizzante” e quindi superabile con idonee motivazioni della scelta operata e con prescrizioni di tutela, come è nella specie, e, infine, che non si può propriamente qualificare “struttura sensibile” un ristorante-pizzeria ai sensi della relativa nozione, di cui al punto 1.2.1.3 del PPRG, dove è esemplificata citando “scuole, ospedali e altre strutture sensibili”, queste ultime da ritenere assimilabili a quelle nominate se analogamente di servizio pubblico a favore di una popolazione caratterizzata per la particolare esposizione a rischi;

-quanto alla prescrizione di cui all’art. 25 della legge regionale n. 56 del 1977: il Collegio condivide la valutazione del giudice di primo grado riguardo all’applicazione nel caso di specie del comma 5 dell’articolo citato, per il quale “il Piano Regolatore non può destinare ad usi extragricoli i suoli utilizzati per colture… se non in via eccezionale, quando manchino le possibilità di localizzazione alternativa, per interventi strettamente necessari alla realizzazione di infrastrutture e servizi pubblici” prevedendosi che “ulteriori eventuali eccezioni devono essere circostanziatamente motivate”, risultando la scelta dell’area, che, si richiama, era già stata previamente e formalmente individuata come idonea, ampiamente motivata nella delibera rispetto all’assenza di aree alternative a congrua distanza dall’impianto di frantumazione e trattandosi nella specie di intervento qualificato di “pubblica utilità” (premesse della delibera, pag. 7);

-quanto alla possibilità di localizzazione in aree alternative, in relazione alla prescrizione dell’utilizzo delle stesse aree ai fini del contributo per la riconversione: il Collegio osserva che ciò è stato oggetto nell’istruttoria di uno specifico approfondimento, nel quale non soltanto si è genericamente asserita la mancanza di aree alternative ma si è anche proceduto alla loro specifica considerazione, in quanto indicate nelle osservazioni dei partecipanti al procedimento, precisando i motivi dell’esclusione e, al contempo, tenendo fermo il vincolo della più compatibile vicinanza all’impianto di frantumazione (“Allegato B1, Relazione generale tecnica, punto 4.2);

-quanto alla comparazione delle prospettive in ordine ai posti di lavoro, il Collegio concorda con la valutazione sulla sua insindacabilità in giudizio trattandosi di un esercizio per ipotesi a loro volta fondate su premesse di merito;

-le valutazioni espresse dal Dipartimento attività economiche produttive della Provincia di Torino, con relazione del 13 giugno 2000, toccano sinteticamente questioni (caratterizzazione agricola dell’area, sussistenza di aziende zootecniche, impatto ambientale) che nell’istruttoria tecnica sono state trattate specificamente e diffusamente, come emerge anche dai richiami a tale istruttoria fatti, di volta in volta, più sopra;
così come, nella medesima istruttoria, è puntualmente trattata la questione delle “ricadute all’esterno della discarica” riguardo alla “componente atmosfera”, che si ritengono trascurabili dati i prescritti interventi di mitigazione e di controllo (Allegato B2, ‘Relazione generale tecnica’ cit., pag. 21).

3. Da quanto esaminato il Collegio, richiamata l’insindacabilità delle valutazioni di merito svolte dall’Amministrazione, ritiene di poter trarre la conclusione che il procedimento seguito per l’adozione della delibera impugnata sia in particolare esente dal dedotto vizio di sviamento di potere, essendo stata svolta un’istruttoria approfondita ed essendo stata condizionata l’approvazione del provvedimento alla definizione di precise e dettagliate prescrizioni, nell’ottica del bilanciamento dei contrapposti interessi alla tutela dell’ambiente circostante, da un lato, ed al necessario e regolato smaltimento dei rifiuti dall’altro;
fermo ovviamente, come già richiamato, il doveroso e costante svolgimento con la massima accuratezza dei controlli previsti e di ogni conseguente intervento.

4. Per quanto considerato l’appello è infondato e deve perciò essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

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