Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-02-07, n. 202301276

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-02-07, n. 202301276
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301276
Data del deposito : 7 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2023

N. 01276/2023REG.PROV.COLL.

N. 05361/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5361 del 2020, proposto da -OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato P L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Guardia di Finanza - Comando Generale, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di -OMISSIS- (Sezione Prima) n. -OMISSIS-resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Guardia di Finanza - Comando Generale e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2023 il Cons. Stefano Filippini;

Vista la richiesta di passaggio della causa in decisione senza discussione orale, presentata dai difensori delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con l’originario ricorso al TAR per la Lombardia -sezione staccata di --OMISSIS-- già ex graduato del Corpo della Guardia di Finanza (avendo prestato servizio dal 1 ottobre 1985 fino al collocamento in congedo del 6 marzo 2014), ha chiesto la condanna dell’intimata Amministrazione al risarcimento dei danni patiti per lesioni da infortunio in servizio.

1.1. Esponeva il -OMISSIS-:

-che alla data dell’evento dannoso egli rivestiva la qualifica di appuntato scelto e prestava servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di -OMISSIS- -Gruppo operativo antidroga- e che, dopo l’infortunio sul lavoro, non è più rientrato in servizio attivo;

-che la vicenda foriera di danno ha avuto la seguente dinamica ed evoluzione: verso le ore 15.00 del 22 marzo 2012, mentre si trovava a svolgere un’operazione di servizio di pattugliamento su strada insieme ad un collega, che conduceva l’autovettura, venivano richiamati con urgenza presso la caserma;
ivi giunti, il -OMISSIS- che si trovava a lato del guidatore, scendeva ed andava a citofonare al piantone in servizio perché aprisse la saracinesca del garage della caserma, al cui interno essi avrebbero dovuto salire su un’altra auto di servizio;
mentre si apriva la saracinesca il ricorrente tornava alla macchina per prendere la giacca che vi aveva lasciato, quindi in pochi secondi si dirigeva nuovamente verso il garage;
proprio mentre si accingeva a varcarne in tutta fretta la soglia, la saracinesca riprendeva repentinamente la discesa in funzione di chiusura automatica;
la parte facciale superiore del -OMISSIS- impattava con il bordo inferiore della saracinesca ed egli, protendendosi all'interno del garage, barcollava, perdeva l'equilibrio e cadeva all'indietro all'interno del garage stesso, sbattendo la testa e rimanendo privo di conoscenza;
i soccorritori della “-OMISSIS- lo trovavano privo di sensi in una pozza di sangue;
seguiva il ricovero presso il reparto di neurologia della Clinica -OMISSIS- di -OMISSIS-, dove gli veniva diagnosticato un trauma cranico commotivo;
dimesso il 26 marzo 2012 con la diagnosi di “trauma cranio-facciale commotivo ferita suturata emifronte sinistro-escoriazioni base naso e guancia sinistra”, non conservava alcun ricordo del momento dell’impatto, il cui unico testimone oculare era il collega alla guida del mezzo;
dopo l’infortunio cadeva in un profondo stato depressivo, con ansia per ogni attività della vita quotidiana, continui vuoti di memoria e perdita di stima di sé stesso, condizione che aveva inevitabili ricadute anche sulla sua serenità familiare;
seguiva un lungo periodo di cure, di circa due anni, durante il quale il -OMISSIS- veniva giudicato temporaneamente non idoneo al servizio di istituto;
con verbale della CMO di data 6.03.2014, considerato il periodo di aspettativa già usufruito di 662 giorni e tenendo conto dell’entità dell’infermità, veniva giudicato inidoneo permanentemente al servizio d’istituto in modo assoluto, non idoneo nella riserva, ma idoneo al transito a domanda nelle corrispondenti qualifiche del ruolo civile del Ministero delle Finanze;
veniva quindi collocato in congedo assoluto dalla medesima data;
con determinazione dirigenziale n. 470 in data 28 gennaio 2014 era riconosciuta come dipendente da fatti di servizio l'affezione “Pregresso trauma cranio facciale commotivo in assenza di deficit funzionale in atto”;
successivamente, tra il 2016 e il 2017, dopo un complesso iter, anche le altre due patologie, di “Disturbo Post Commotivo” e “Disturbo dell'adattamento con ansia e umore depresso misti”, venivano riconosciute come interdipendenti con la prima e dunque causalmente collegate all'infortunio occorso in data 22 marzo 2012.

1.2. Tanto premesso, ravvisando il -OMISSIS- una responsabilità dell’amministrazione per i danni subiti a titolo di responsabilità contrattuale, ai sensi degli artt. 1218 e 2087 c.c., ha chiesto il risarcimento del danno patito, sia non patrimoniale (danno biologico permanente, da inabilità temporanea, morale e relazionale), sia patrimoniale (differenziale retributivo tra il trattamento economico percepito prima dell’infortunio e quello successivo, nel periodo di temporanea inidoneità e, poi, dalla definitiva cessazione del servizio). A fondamento della responsabilità del datore di lavoro il -OMISSIS- affermava che presso la caserma non vi era mai stata predisposizione di misure specifiche volte ad eliminare i rischi di infortunio, né di misure di valutazione, prevenzione, informazione e formazione dei lavoratori/militari circa gli specifici pericoli della saracinesca in questione, la quale non era dotata di segnalazione acustica della messa in moto del meccanismo di chiusura, né di cartelli e segnali di pericolo.

2. L’Amministrazione intimata si costituiva e resisteva al ricorso, deducendo che presso la caserma in questione vige una disposizione di servizio che fa divieto assoluto di attraversare a piedi i varchi di accesso ai garage;
che l’impatto è avvenuto in ragione del tentativo del militare di interrompere il movimento di chiusura frapponendosi alla fotocellula, come dichiarato dall’unico testimone oculare;
- che l’impianto era regolarmente funzionante, avendo la fotocellula interrotto la discesa della serranda, e che l’impatto è stato determinato dal comportamento imprudente e avventato della stessa vittima, lanciatasi verso la serranda per arrestarne la discesa.

Quanto ai danni lamentati, la difesa erariale precisava che, a seguito dell’adozione del provvedimento di riforma del -OMISSIS- l’amministrazione aveva offerto al medesimo la possibilità di transitare nelle corrispondenti qualifiche del ruolo civile del Ministero delle finanze, mantenendo integralmente la posizione economica acquisita, ma che lo stesso vi aveva rinunciato optando per un assegno pensionistico di importo inferiore rispetto agli emolumenti riconosciuti in servizio. Sono inoltre stati liquidati l’equo indennizzo, la pensione di inabilità di privilegio gestione pubblica e il risarcimento danni previsto dalla polizza sanitaria stipulata dal fondo assistenza finanzieri del Comando Generale del Corpo per tutto il personale in servizio.

3. Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR ha rigettato la domanda, ravvisando che nella specie non sussistesse la violazione né dell’art. 2043 né dell’art. 2087 cod .civ., difettando adeguata dimostrazione di una qualche condotta colposa del datore di lavoro (sia sub specie di violazione di legge o di contratto sia di una regola di esperienza) nonché del nesso eziologico tra l’inadempimento datoriale ed evento lesivo (a quest’ultimo proposito valorizzandosi il comportamento del lavoratore, imprudente e trasgressivo di specifiche disposizioni di servizio, indipendente dalla sfera di organizzazione datoriale e dalle finalità del lavoro). Il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese di lite.

4. Avverso detta pronuncia ha proposto appello il -OMISSIS- deducendo i motivi che possono riassumersi nei termini seguenti:

-Violazione delle regole del contraddittorio, del principio di non contestazione e di formazione della prova, ex artt. 63 e 64 d.l.vo n. 104/2010, art. 416 cod. proc. civ., artt. 1218, 2087 e 2697 cod. civ: l'Amministrazione si è costituita in giudizio solo formalmente, senza effettuare alcuna deduzione in fatto e diritto, senza alcunché contestare, limitandosi a produrre la relazione amministrativa;
i fatti dedotti dal ricorrente dovevano dunque ritenersi provati.

-Violazione del principio di valutazione delle prove, dell'art. 64 c.p.a., dell'art. 2087 cod. civ. e della normativa antinfortunistica specifica;
il TAR ha fondato la decisione sulla documentazione dell'amministrazione priva di qualsivoglia efficacia probatoria;
la tesi del ricorrente ne risulta confermata: l’ordine formale di non usare a piedi il varco è del 2015, dunque successivo ai fatti;
un precedente ordine in tal senso, del 2006, era rivolto ai soli comandanti;
l’apertura dall’interno della serranda, operato dal piantone, rappresentava una consuetudine;
è comunque mancata la vigilanza circa il rispetto del divieto;
la valutazione del rischio compete al datore di lavoro e non può essere demandata all’installatore della serranda, che ha solo fornito la conformità CE del meccanismo, con il registro di manutenzione;
mancava un sistema di preallarme acustico del movimento.

- Violazione dell'art. 2087 e dell'art. 1218 cod. civ.;
il comportamento del -OMISSIS- non può definirsi negligente, non è avulso dalla prestazione lavorativa, non presenta i caratteri dell’abnormità e dell’imprevedibilità.

- Violazione degli artt. 1218, 2087 e 2697 cod. civ., nonché degli artt. 63 e 64 d.l.vo 104/2010 in tema di onere della prova: l'amministrazione non ha provato di avere adottato tutte le misure necessarie per evitare l'infortunio

5. L’Amministrazione intimata si è costituita anche nel giudizio di appello, contestando analiticamente il gravame, di cui ha chiesto il rigetto o, in subordine, il riconoscimento del concorso di colpa e il computo di quanto già percepito dal militare.

6. Sono state depositate memorie illustrative.

7. Sulle difese e conclusioni in atti, la causa è stata decisa all’esito dell’udienza del 17.1.2023.

DIRITTO

L’appello è fondato nei limiti infra precisati.

8. Ferma la evidente idoneità, al fine di valida contestazione fattuale e giuridica della domanda avanzata dal militare, delle relazioni amministrative (e dei documenti ad esse allegati) depositate dalla difesa erariale nel primo di giudizio e richiamate nei propri scritti difensivi, per la disamina dell’odierno gravame occorre prendere le mosse dalla ricostruzione della dinamica del sinistro come risultante in causa.

8.1. Al riguardo, le principali risultanze processuali sono rappresentate dalle relazioni di servizio all'uopo redatte dal -OMISSIS- medesimo e dall’App.Sc. --OMISSIS-(entrambe protocollate in data 26.3.2012);
riferisce il primo che “ in data 22.03.2012, comandato di servizio presso la Caserma -OMISSIS- con turno 08/14.00, alle ore 15.00 circa rientravo in macchina in caserma da un servizio di o.c.p. nell'ambito del P.P. 1413/12, insieme all'autiere App.Sc. -OMISSIS-. Arrivato difronte al garage scendevo dal lato del passeggero per citofonare al campanello del piantone allo scopo di farmi aprire la porta basculante. Una volta apertasi la basculante ritornavo presso la macchina per recuperare il giubbino dal quel momento non ricordo più nulla ”. Più dettagliata è la relazione del-OMISSIS- secondo cui il 12.3.2012 “ …alle ore 14.00, nel corso di un servizio di o.c.p. nell’ambito del p.p. 1413/12, per cui ero comandato unitamente all'App.Sc. --OMISSIS- mi recavo, a bordo dell'autovettura Ford- Kuga con targa militare -OMISSIS-, in qualità di autiere, presso la stazione di servizio Total sita in -OMISSIS- per fare rifornimento di carburante alla predetta auto. Al rientro in caserma, alle ore 15.00 circa, dal lato del garage posto sulla -OMISSIS-, l'App.Sc. -OMISSIS- scendeva dal lato passeggero della predetta auto per citofonare al campanello del piantone allo scopo di farsi aprire la porta basculante per far parcheggiare la Ford condotta dal rapportante. Una volta apertasi la basculante - che per motivi di sicurezza ha un intervallo ridotto fra l'apertura e la chiusura della stessa - lo stesso -OMISSIS- ritornava dal lato passeggero dell'auto per recuperare il giubbino ed il telefono che aveva dimenticato a bordo;
contemporaneamente la porta basculante riprendeva il suo funzionamento in modalità di chiusura e per evitare che la stessa si chiudesse completamente, l'App.Sc. -OMISSIS- si precipitava verso l'ingresso del garage per interrompere il circuito della fotocellula e far riaprire automaticamente la basculante. Durante tale operazione, l'App.Sc. -OMISSIS- non rendendosi conto della discesa della basculante, batteva la testa all'altezza della fronte in modo violento e, a causa del colpo, ricadeva all'indietro battendo la nuca a terra, perdendo completamente i sensi. Nel vedere questa scena spegnevo il motore dell'auto e mi precipitavo immediatamente a soccorrere l’App.Sc. -OMISSIS- che era a terra senza sensi ormai con il volto pieno di sangue ….”.

8.2. Atteso il vuoto di memoria ammesso dal -OMISSIS- e in assenza di adeguate risultanze di diverso tenore, la ricostruzione della dinamica dei fatti non può che operarsi alla luce delle lineari dichiarazioni fornite dal-OMISSIS- unico testimone oculare dell’accaduto. Può dunque ritenersi dimostrato che il -OMISSIS- dopo aver citofonato, ha chiesto e ottenuto dal piantone della caserma l’apertura della serranda finalizzata a permettere l’ingresso della vettura in uso;
dopo essere risalito in auto per prelevare propri oggetti personali, avendo percepito che la serranda aveva iniziato a richiudersi, il -OMISSIS- è precipitosamente sceso dalla Ford Kuga lanciandosi in direzione della serranda con la verosimile intenzione di interferire con la fotocellula e arrestare la discesa dell’avvolgibile;
evidentemente lo slancio o la foga dell’azione, unite alla rapida discesa della serranda e alla ridotta altezza del varco (profili sui quali si dirà meglio in seguito), hanno determinato l’impatto tra il volto del -OMISSIS- (le certificazioni mediche collocano le lesioni traumatiche tra la guancia sinistra, la base del naso e l’emifronte sinistra) e la base inferiore della saracinesca.

8.3. Considerando poi l’altezza del militare (in atti risulta che è alto mt. 1,83), la contenuta altezza del varco carrabile (agevolmente desumibile dalle fotografie in atti) e l’ubicazione delle lesioni riportate dal -OMISSIS- nell’impatto (la fronte e il volto), del tutto verosimile è che l’urto sia avvenuto quando la serranda aveva da poco iniziato a scendere (invero, il militare è comunque caduto all’interno del garage -fatto indicativo della circostanza che la serranda era ancora alta -, ricadendo all'indietro e battendo la nuca a terra –aspetto dimostrativo del fatto che le lesioni sul volto certificate dai sanitari sono state necessariamente determinate dell’impatto del viso con la serranda -cfr. dichiarazioni -OMISSIS--).

8.4. Quanto poi ai dati relativi al varco e alla serranda, dalle fotografie e dai documenti in atti emerge che trattasi di un passaggio di altezza tale da consentire il transito di vetture e pedoni, che la serranda era regolarmente funzionante (al pari della fotocellula che ne comandava l’arresto) e certificata dall’installatore (cfr. documentazione relativa), che l’apertura della saracinesca era materialmente comandata dal piantone, che la chiusura della stessa avveniva invece automaticamente e rapidamente (per intuibili esigenze di sicurezza della caserma) allorchè l’area della fotocellula risultava libera.

8.5. Costituiscono altresì elementi pacifici in causa, o comunque fatti notori, la circostanza che il varco in questione, la cui chiusura era assicurata dal macchinario di causa (la serranda, appunto), fosse normalmente utilizzato per l’ingresso e l’uscita dalla caserma, che il tipo di attività svolto dai militari della Guardia di Finanza comporti frequentemente il compimento di attività urgenti, condotte in maniera concitata, in condizioni di emergenza, da parte di personale che ben può essere stanco, sottoposto a stress, operante in orario notturno o in altre condizioni disagevoli.

8.6. Tali elementi, ad avviso del Collegio, costituiscono tutti fattori in base ai quali può affermarsi che l’utilizzo del varco di causa, da parte del personale della caserma, costituisse condotta normale e connessa con il servizio;
e, quindi, che l’interferenza tra il movimento del macchinario di causa (la serranda) e il transito dei militari fosse cosa del tutto ordinaria e usuale.

Dalle difese dell’amministrazione emerge altresì che il Comando provinciale GdF di -OMISSIS-, verosimilmente consapevole del rischio potenziale rappresentato dalla serranda in questione rispetto al transito pedonale, sin dal 2006 (cfr. nota prot. 3349 del 8.2.2006) aveva disciplinato l’utilizzo del relativo varco, riservandolo al controllo diretto di un piantone e al solo transito veicolare, con espresso divieto di quello pedonale. La richiamata nota del 2006, tuttavia, non risulta portata a conoscenza di tutto il personale della caserma (ivi compreso il -OMISSIS-), essendo diretta solamente ai Comandanti, al sottufficiale di servizio e al piantone. A differenza di quanto invece fatto con la nota prot. n. 718519 del 10.12.2015 (successiva, dunque, ai fatti di causa) nella quale il medesimo Comando, preso atto delle ripetute inosservanze delle precedenti disposizioni, ne ricordava la vigenza e sollecitava i Comandanti in indirizzo a sensibilizzare tutto il personale dipendente, e specialmente i piantoni, al rispetto del divieto di utilizzo pedonale del varco.

9. Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che risulti dimostrato in causa come al verificarsi dell’infortunio di specie abbia contribuito, in maniera significativa, la condotta imprudente e avventata del danneggiato che, con azione maldestra, si è lanciato in direzione di una serranda carraia già in movimento discendente al fine di farlo arrestare, interferendo con l’apposita fotocellula;
tuttavia, essendo quest’ultima collocata a pochissima distanza dalla verticale della serranda (cfr. fotografie in atti prodotte da entrambe le parti) e avendo la parte bassa dell’avvolgibile già raggiunto un’altezza che interferiva con il volto del -OMISSIS- lo slancio del militare ha finito per determinare il rovinoso impatto di cui si discute.

9.1. Ma, alla luce della ricostruzione appena operata, ritiene altresì il Collegio che non possano condividersi le conclusioni del primo giudice a proposito dell’insussistenza di un illecito datoriale e del nesso causale tra quest’ultimo e l’infortunio patito dal dipendente.

Al riguardo va premesso che, poiché la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. è di natura contrattuale, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di avere adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno stesso (così C.d.S., Sez. IV, 24 maggio 2018, n. 3104, che richiama sul punto Cass. civ., Sez. lav., 15 giugno 2017, n. 14865, e Cass, civ., Sez. III, 23 maggio 2011, n. 11290).

Gli obblighi che la norma del codice civile in esame impone al datore di lavoro in tema di tutela delle condizioni di lavoro si estendono, nella fase dinamica dell’espletamento della prestazione, ai comportamenti necessari per prevenire possibili incidenti (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 17 febbraio 1999, n. 1331;
id., 9 marzo 1992, n. 2835).

L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, atteso che la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge, o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 10 maggio 2000, n. 6018;
C.d.S., Sez. VI, 24 febbraio 2011, n. 1173). Poiché, peraltro, l’art. 2087 c.c. riveste, per il suo carattere generale, valenza sussidiaria rispetto alla specifica applicazione rinvenibile nella legislazione in materia di prevenzione e di assicurazione degli infortuni sul lavoro, ne discende che la determinazione degli obblighi del datore di lavoro va fatta, in concreto, anche alla stregua delle ordinarie norme di prudenza, diligenza e perizia dirette ad assicurare la sicurezza dei dipendenti: ciò importa che il datore di lavoro è tenuto ad osservare e far osservare sia le norme specifiche emanate per la prevenzione degli incidenti, sia quelle generiche dettate dalla comune prudenza (cfr. Cass. civ., Sez. lav., n. 2835/1992, cit.).

9.2. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche pare dunque al Collegio che, nella specie, la rilevata e riconosciuta (anche da parte della P.A) pericolosità del macchinario di causa (la serranda in questione) rispetto all’incolumità delle persone che transitano a piedi attraverso il passaggio in questione (a causa della contenuta altezza del varco, della particolare brevità dell’intervallo di azionamento automatico in chiusura della serranda, del ridotto distanziamento della fotocellula di sicurezza rispetto alla sede di scorrimento dell’avvolgibile, della mancanza di protezioni in gomma nella zona terminale, dei frequenti possibili utilizzi del passaggio da parte del personale della caserma che versi in condizioni di emergenza o di stanchezza determinate dai gravosi compiti espletati, ecc.), consenta di ravvisare in capo all’Amministrazione la violazione delle regole dettate dalla comune prudenza rispetto alla messa in effettiva sicurezza della serranda (dotata comunque di dichiarazione di conformità CE rilasciata dall’installatore, ditta BS Impianti snc) o alla reale e concreta prevenzione dell’uso pedonale del varco;
del resto, la stessa P.A., verosimilmente consapevole della sussistenza dei pericoli derivanti dall’azionamento automatico del meccanismo di chiusura del varco carraio di specie, nel 2015 aveva sentito la necessità di ribadire il divieto di attraversamento pedonale del passaggio, divieto risalente già al 2006 ma evidentemente scarsamente osservato e fatto osservare (come riconosce la nota del 2015);
cosa, quest’ultima, non certo impossibile o inesigibile, dato che l’apertura della serranda in questione è comandata direttamente da un piantone (il quale, dunque, è quindi in grado di percepire le modalità di transito da parte degli utenti, contrastare la violazione del divieto di transito pedonale o -eventualmente- di segnalarla a fini repressivi e sanzionatori di eventuali trasgressori).

E dunque, se non può escludersi la violazione, da parte del datore di lavoro, delle regole di comune prudenza e diligenza nella tutela della sicurezza dei luoghi di lavoro, d’altra parte, come già detto, neppure può revocarsi in dubbio che l’infortunio di cui si discute risulta esser stato per buona parte determinato dalla condotta maldestra e imprudente del -OMISSIS- il quale, nello slancio verosimilmente volto ad interferire con il raggio della fotocellula per far arrestare la discesa della serranda, ha finito per andare a sbattere contro l’avvolgibile oramai giunto all’altezza della sua testa.

Ma, pur nella descritta situazione, ad avviso del Collegio non può ravvisarsi una situazione idonea a esonerare l’Amministrazione dalla riscontrata violazione dei doveri presidiati dall’art. 2087 c.c.;
invero, secondo la dominante e condivisa giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile anche nel caso di imprudenza del lavoratore: tra le misure protettive a carico del datore rientrano pure quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del dipendente (cfr., Cass., Sez. L., n. 25597 del 21/09/2021). Purchè, ovviamente, non ricorra ipotesi di condotta abnorme, atipica ed eccezionale del prestatore, del tutto slegata dai compiti di servizio e quindi imprevedibile: ipotesi che nella specie non ricorre, trattandosi di un varco normalmente utilizzato per l’accesso in caserma, il cui transito pedonale, riconosciuto dalla stessa P.A. come pericoloso, pur conosciuto e previsto, non è stato concretamente e adeguatamente prevenuto, né impedito;
neppure risultano adottate quelle specifiche e ulteriori cautele generalmente conosciute e volte a rendere meno pericoloso il meccanismo di chiusura, quali ulteriori fotocellule maggiormente distanti dell’avvolgibile, protezioni in gomma delle zone terminali della serranda, segnalatori acustici dell’azionamento, ecc.).

10. In definitiva può concludersi, in punto responsabilità, nel senso di ravvisare, nella specie, un concorso colposo del militare danneggiato, in quanto l’infortunio è stato frutto di una condotta autonoma (seppure non qualificabile come abnorme, inopinabile ed esorbitante) del -OMISSIS- rispetto alla quale ha inciso in maniera rilevante il descritto inadempimento datoriale, ravvisandosi così una evidente coesistenza di comportamenti colposi di ambo le parti del rapporto di lavoro. (cfr. in termini, Cassazione, n. 36865/2021).

Ritiene al proposito il Collegio che il comportamento colposo del lavoratore, autonomamente intrapreso ma non tale da integrare gli estremi del rischio elettivo, possa determinare un concorso di colpa, da regolare ai sensi dell'art. 1227 c.c. (in senso conforme, Cass. n. 30679 del 2019;
conf. Cass. n. 1994 del 2012, Cass. n. 9817 dl 2008, Cass. n. 7328 del 2004;
e, in ambito previdenziale e di regresso, Cass. n. 21563 del 2018;
Cass. n. 17917 del 2017;
Cass. n. 2350 dl 2010) allorquando l'evento dannoso non possa dirsi frutto dell'incidenza causale decisiva del solo inadempimento datoriale, ma derivi dalla indissolubile coesistenza di comportamenti colposi di ambo le parti del rapporto di lavoro. Invero, l'inadempimento datoriale agli obblighi di prevenzione non è in sé incompatibile con l'esistenza di un comportamento del lavoratore qualificabile come colposo, in quanto di ciò non vi è traccia negli artt. 2087 e 1227 c.c., né in alcuna altra norma dell'ordinamento. Anzi, le norme sanciscono l'obbligo del lavoratore di osservare i doveri di diligenza (art. 2104 c.c.), anche a tutela della propria o altrui incolumità ed è indubbia la sussistenza di tratti del sistema prevenzionistico che coinvolgono anche i lavoratori (cfr., Cass. pen. n. 8883 del 2016), così come è scontato che i rapporti interprivati restino regolati anche dal generalissimo principio di autoresponsabilità per le proprie azioni.

11. Quanto poi alla determinazione della percentuale di contributo causale riconducibile al militare appellante, stima il Collegio che, alla luce -da una parte- della macroscopica azione maldestra del militare per come sopra descritta e -dall’altra- delle caratteristiche strutturali e funzionali del macchinario e del passaggio di causa, appaia corretto stimarla nella misura del 50%.

12. Può a questo punto passarsi alla disamina dei profili risarcitori.

Al riguardo, nulla può esser riconosciuto all’appellante in relazione al danno patrimoniale richiesto;
invero, la contrazione del reddito disponibile per il -OMISSIS- (quello derivante dalla pensione in godimento) rispetto ai maggiori redditi che percepiva in servizio o che avrebbe percepito in caso di pensionamento ordinario, risulta integralmente riconducibile alla sua scelta di non accettare il proposto transito nei ruoli civili del Ministero di (ex) appartenenza con assegni invariati rispetto al pregresso.

Quanto invece al risarcimento del danno non patrimoniale, occorre premettere alcune considerazioni.

In primo luogo giova considerare che debbono essere ascritte al sinistro, sia perché già riconosciute dall'Amministrazione come dipendenti da causa di servizio, sia perché tale derivazione è sostanzialmente incontrastata dalla difesa erariale, tutte le patologie lamentate dal ricorrente e considerate nella perizia medico legale di parte (datata 10 dicembre 2016, a cura del dott. -OMISSIS-), vale a dire il “pregresso trauma centro facciale commotivo in assenza di deficit funzionale in atto”, il “disturbo post commotivo” e il “disturbo dell'adattamento con ansia e umore depresso misti”.

Devesi poi ritenere che tale complesso patologico, secondo le valutazioni operate dal consulente di parte -che paiono al Collegio adeguatamente motivate e che non risultano specificamente contrastate dall’Amministrazione-, abbia determinato un danno biologico permanente nella percentuale che può stimarsi nel 17% (prendendo il valore mediale della valutazione di parte, pari al 16%-18%) nonché una inabilità temporanea totale di 10 giorni, parziale al 75% di 30 giorni, parziale al 50% di 60 giorni e parziale al 25% di 80 giorni.

Procedendo alla quantificazione del danno di natura non patrimoniale secondo le più recenti tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, basate sul punto percentuale di invalidità permanente (tabelle considerate dalla giurisprudenza di legittimità quale corretto criterio di valutazione equitativa e per ciò generalmente utilizzabili, cfr., Cass. n. 17018/2018 e Cass. n. 9950/2017) e considerando che il -OMISSIS- al momento dell’infortunio aveva l'età di 45 anni, si ottengono i seguenti importi: danno biologico relativo a 17 punti invalidanti, € 39.371,00;
danno da invalidità temporanea, per complessivi giorni 180, € 8000.

Oltre a tali voci, l’appellante chiede altresì la liquidazione del danno morale nonché di quello esistenziale ed alla vita di relazione, invocando la c.d. personalizzazione massima delle voci di danno;
a quest’ultimo proposito, tuttavia, il Collegio ritiene di poter riconoscere il solo danno morale, da liquidare equitativamente, sempre secondo le richiamate tabelle, in complessivi € 14.000, sia con riferimento al danno biologico permanente che alla invalidità temporanea.

Quanto, invece, alle ulteriori voci di “personalizzazione”, ritiene il Collegio che in causa non sia stata offerta dimostrazione adeguata dei necessari elementi costitutivi, anche in considerazione del fatto che il militare, per tutto il periodo di malattia, di inidoneità temporanea al servizio e di aspettativa (per almeno 662 giorni), ha goduto dei previsti trattamenti retributivi e, all’esito, pur idoneo all’impiego civile, ha optato per il collocamento in pensione, rifiutando così le intuibili opportunità di lavoro nonché gli stimoli vitali e relazionali che ben avrebbero potuto, secondo la comune esperienza e in difetto di prova contraria, attenuare, se non addirittura risolvere, la forma di depressione scaturita dagli eventi di causa e posta dal -OMISSIS- a fondamento della richiesta personalizzazione maggiorativa del danno.

In definitiva, il complessivo danno riconoscibile risulta pari ad € 61.371,00.

Atteso tuttavia il ritenuto concorso di colpa a carico del -OMISSIS- il predetto importo deve essere decurtato del 50%, riducendosi dunque ad € 30.685,50 .

A quest’ultimo importo, conformemente ai condivisi insegnamenti offerti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 1\2018, deve essere detratto quanto già percepito in via indennitaria (nella specie, per equo indennizzo), ammontante, secondo le deduzioni dell’appellante (cfr. pag. 18 della memoria del 15.12.2022) ad € 2.500 .

13. E quindi, in definitiva, il risarcimento liquidato all’appellante è pari ad € 28.185,50;
trattandosi di somma stimata al valore attuale, su di essa non è dovuta la rivalutazione monetaria, mentre gli interessi legali spettano dal giorno del deposito della presente pronuncia fino all’effettivo soddisfo.

13.1. Non può invece accogliersi la richiesta del Ministero appellato di sottrarre anche l'indennizzo assicurativo percepito (per l'importo di € 11.500,00) in escussione di apposita polizza sanitaria stipulata dal Fondo Assistenza Finanzieri del Comando Generale del Corpo, trattandosi, in base alle incontrastate deduzioni dell’appellante, di indennizzo assicurativo corrisposto per le sole spese mediche documentate, quindi per una ulteriore voce di danno non richiesta dall’appellante in questa sede.

14. Quanto, infine, alle spese di lite, in considerazione del parziale accoglimento dell’appello, ricorrono giusti motivi per disporne la compensazione in relazione al doppio grado di giudizio.

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