Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-14, n. 202103809

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-14, n. 202103809
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103809
Data del deposito : 14 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/05/2021

N. 03809/2021REG.PROV.COLL.

N. 07906/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7906 del 2014, proposto da
AUTORITÀ PER L’ENERGIA ELETTRICA E IL GAS E IL SISTEMA IDRICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



contro

IRETI SPA (ex IREN ACQUA GAS SPA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati D A, G B, M S, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, n. 180;



nei confronti

PROVINCIA DI GENOVA, non costituita in giudizio;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia n. 1275 del 2014;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ireti s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2021 il Cons. Dario Simeoli;

L’udienza si svolge ai sensi degli articoli 25 del decreto-legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, decreto-legge 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

1.‒ La società IRETI s.p.a., ex IREN ACQUA GAS s.p.a. (di seguito: “la Società”) ‒ gestore del servizio idrico integrato nell’ambito territoriale di Genova ‒ impugnava sotto svariati profili i seguenti atti dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (oggi Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, di seguito: “l’Autorità”): i) la deliberazione n. 585 del 28 dicembre 2012 avente ad oggetto la “regolazione dei servizi idrici: approvazione del metodo tariffario transitorio (MTT) per la determinazione delle tariffe negli anni 2012 e 2013”; ii) la deliberazione n. 73 del 2013; iii) i documenti per la consultazione prot. n. 204 e n. 290 del 2012, nonché la richiesta di parere inoltrata al Consiglio di Stato in data 23 ottobre 2012; iv) le deliberazioni n. 88 del 2013 e n. 108 del 2013; v) la deliberazione n. 273 del 2013, in tema di “Restituzione agli utenti finali della componente tariffaria del servizio idrico integrato relativa alla remunerazione del capitale, abrogata in esito al referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011, con riferimento al periodo 21 luglio-31 dicembre 2011 non coperto dal metodo tariffario transitorio”; vi) il documento di consultazione n. 290 del 2012; vii) la deliberazione n. 38 del 2013, recante “avvio del procedimento per la restituzione agli utenti finali della componente tariffaria del servizio idrico integrato relativa alla remunerazione del capitale investito, abrogata in esito al referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011, con riferimento al periodo 21 luglio-31 dicembre 2011, non coperto dal metodo tariffario transitorio”; viii) gli atti di determinazione dell’entità dell’importo da restituire a titolo di remunerazione del capitale investito, e specificamente il provvedimento dirigenziale della Provincia di Genova prot. n. 98698/2013 del 30 settembre 2013.

2.‒ Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, con sentenza n. 1275 del 2014, in parziale accoglimento del ricorso, annullava la sola deliberazione dell’Autorità n. 273 del 2013 ed il provvedimento della Provincia di Genova prot. n. 98698/13 del 30 settembre 2013. In particolare, il giudice di prime cure respingeva le censure relative all’‘ an’ della restituzione della componente della remunerazione del capitale investito, ed invece accoglieva le censure sollevate in relazione al ‘ quantum ’ di tale restituzione.

3.‒ Avverso la predetta sentenza hanno proposto appello sia l’Autorità (in via principale), sia la Società (in via incidentale), ciascuna in relazione alle statuizioni di reciproca soccombenza.

3.1.‒ L’Autorità deduce l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha statuito che la delibera impugnata, nel determinare il quantum oggetto di restituzione, avrebbe illegittimamente escluso il capitale ‘proprio’ tra i costi di investimento, in quanto:

i) si baserebbe sull’assunto erroneo secondo cui l’Autorità avrebbe previsto «la restituzione dell’intera componente R»;

ii) non avrebbe tenuto conto del fatto che, se si accogliessero le richieste delle imprese ricorrenti in merito al riconoscimento del capitale ‘proprio’ per il periodo successivo al referendum, in aggiunta al già operato riconoscimento a piè di lista di tutti gli oneri finanziari effettivamente pagati, gli importi da restituire risulterebbero nulli o addirittura negativi per l’utente (giungendosi cioè alla paradossale conseguenza per cui il referendum del giugno 2011, abrogando il criterio della adeguatezza della remunerazione del capitale investito, avrebbe determinato un diritto a maggiori introiti per i gestori per il periodo 21 luglio 2011-31 dicembre 2011, precedente all’entrata in vigore del nuovo metodo tariffario).

3.2.‒ Con l’appello incidentale, la Società insiste invece nel contestare in radice il potere di intervento dell’Autorità per la restituzione di quanto pagato a titolo di remunerazione del capitale nel periodo 21 luglio-31 dicembre 2011, sull’assunto che l’art. 170 del d.lgs. n. 152 del 2006 prevedrebbe la sopravvivenza del metodo normalizzato sino all’approvazione del nuovo metodo tariffario e tale norma non sarebbe mai stata oggetto di abrogazione espressa.

L’obbligo di restituzione viene altresì censurato per violazione: i) del principio del legittimo affidamento, poiché inciderebbe su situazioni pregresse e ormai consolidate; ii) delle norme nazionali e comunitarie in tema di concessione di servizi, da cui si ricaverebbe in ogni caso il principio del riconoscimento di un ragionevole ritorno economico del capitale investito; iii) delle istruzioni impartite dal Consiglio di Stato nel parere n. 267 del 2013, nella parte in cui la delibera prevede la restituzione col primo documento di fatturazione utile e non in sede di determinazione delle nuove tariffe; iv) del principio del full cost recovery, dal momento che lascia alla discrezionalità degli enti d’ambito la decisione sulla detrazione delle voci di costo dall’ammontare oggetto di restituzione, e perché prende a riferimento soltanto il dato stimato senza tenere conto del grave stato di insolvenza del gestore.

3.3.‒ Non sono stati invece oggetto di impugnazione i capi della sentenza di primo grado che hanno respinto i motivi di censura proposti dalla Società avverso le deliberazioni n. 585 del 2012, n. 73 del 2013, n. 88 del 2013 e n. 108 del 2013, rispetto alle quali deve quindi ritenersi oramai formato il giudicato.

4.‒ Con ordinanza n. 4834 del 2015, questa Sezione del Consiglio di Stato ‒ « Considerato che: negli appelli iscritti ai numeri 5890/2014 e 5940/2014 del Ruolo Generale, rispettivamente proposti dal Codacons e dall’Associazione Acqua Bene Comune Onlus e Federconsumatori, questo Consiglio di Stato, per assicurare la completezza dell’istruttoria ai fini di un compiuto sindacato giudiziale esterno, sub specie di non manifesta illogicità, sull’attendibilità e ragionevolezza tecnica della voce tariffaria relativa alla copertura degli oneri finanziari, onde valutarne la conformità al vigente assetto normativo quale scaturito dall’esito referendario, non potendo tale componente tariffaria più essere improntata al criterio «dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito», bensì al criterio, diverso e più restrittivo, della copertura integrale dei costi (segnatamente, per quanto qui rileva, dei costi del capitale proprio investito), ha ritenuto la necessità di disporre consulenza tecnica d’ufficio; rispetto al presente giudizio la decisione degli appelli n. 5890/2014 e 5940/2014 assume, sotto il profilo economico e sostanziale, una rilevanza pregiudiziale di natura non solo logica, ma anche tecnico-giuridica, in quanto l’eventuale dichiarazione di illegittimità del criterio di calcolo del capitale investito, travolgendo una voce centrale del metodo tariffario determinato dall’AEEG, produrrebbe una evidente alterazione dell’equilibrio economico che la tariffa intende assicurare; l’eventuale caducazione del criterio di calcolo del costo del capitale avrebbe, di conseguenza, un significativo impatto anche sulle altre voci tariffarie oggetto di specifica contestazione nel presente giudizio, in quanto per stabilire se tali voci rispettino il principio di integrale copertura dei costi (c.d full cost recovery) o se, al contrario, diano surrettiziamente luogo ad una forma di remunerazione del capitale investito, la valutazione delle diverse componenti tariffarie, nonostante la loro formale autonomia non può che avvenire secondo una prospettiva globale ed unitaria; tale rapporto di interdipendenza emerge, fra l’altro, dalla stessa formulazione dei quesiti sottoposti al consulente tecnico d’ufficio (cfr. in particolare il secondo quesito, in cui si fa anche riferimento ad una eventuale duplicazione di fattori di rischio già considerati in altre parti della deliberazione in questione); esiste, pertanto, un rapporto di dipendenza-consequenzialità tra la decisione degli appelli riuniti e la decisione della questione relativa alla legittimità del criterio tariffario di calcolo del costo del capitale investito, dovendosi ritenere, come emerge chiaramente dalla formulazione dei quesiti demandati al consulente tecnico d’ufficio, che la

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