Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-05-03, n. 201601713

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-05-03, n. 201601713
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201601713
Data del deposito : 3 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08198/2015 REG.RIC.

N. 01713/2016REG.PROV.COLL.

N. 08198/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8198 del 2015, proposto dalla Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia, in Roma, via Barberini, n. 36;

contro

I signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati dai rispettivi tutori o genitori esercenti la potestà genitoriale, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati F V e tefano Miglietta, con domicilio eletto presso il signor Gregorio Equizi, in Roma, via della Conciliazione, n. 44;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, Srez. II, n. 917/2015, resa tra le parti, concernente la corresponsione di somme a persone non autosufficienti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2016 il Cons. P U e uditi per le parti gli avvocati A S e Stefano Miglietta per sè e per l’avvocato F V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Regione Puglia, con d.G.R. n. 2530/2013, ha approvato, in attuazione dell’art. 1, commi 1264 e 1265 della legge 296/2006, le Linee Guida per la corresponsione dell’assegno di cura alle persone gravemente non autosufficienti in relazione all’anno 2014, indirizzate a tutte le Aziende sanitarie.

2. Col ricorso n. 543 del 2014, proposto al TAR per la Puglia, Sede di Bari, la delibera è stata impugnata da alcune persone affette da patologie neurovegetative, in quanto ha previsto - a parità di livello invalidante della malattia e di conseguente limitazione della vita quotidiana, a fronte di un assegno mensile per i soggetti affetti da SLA/SMA pari ad euro 1.100,00 - un assegno di euro 600,00 per i soggetti affetti da altre malattie neurovegetative.

3. Il TAR, con la sentenza appellata (Sez. II, n. 917/2015), ha accolto il ricorso, affermando che:

(a) - La normativa statale di riferimento, di rango primario e secondario, non consente la discriminazione lamentata dai ricorrenti, riferendosi le disposizioni di settore indifferentemente alle persone non autosufficienti: così l’art. 1, commi 1264 e 1265 della legge 296/2006, che ha istituito il «Fondo per le non autosufficienze»;
l’art. 1, comma 272, della legge 228/2012, che ha finanziato il fondo;
il decreto interministeriale del 20 marzo 2013, che ha ampliato rispetto al precedente decreto del 27 ottobre 2011 la platea dei beneficiari delle risorse ed ha disposto la ripartizione delle risorse assegnate alle Regioni, destinando oltre diciassette milioni di euro alla Regione Puglia;

(b) - del resto la stessa difesa della Regione Puglia ha giustificato la disparità di trattamento tra malati di SLA/SMA e soggetti affetti da altre gravissime patologie, a parità di «punteggio B»;
ed anzi ha chiarito che proprio siffatto punteggio consente di “parificare” patologie ben diverse tra loro.

4. La Regione Puglia ha appellato la sentenza del TAR, chiedendo in sua riforma il rigetto del ricorso di primo grado.

Premessa una ricognizione del quadro normativo e fattuale della controversia (del tutto analoga a quella operata in primo grado), la Regione lamenta che:

(a) – il TAR sia partito da una premessa logico-giuridica errata, e cioè che il sostegno economico sia stato modulato in ragione del solo nomen della patologia, suddividendo i malati in due gruppi che, sebbene di pari gravità, risultano destinatari di un trattamento economico differenziato;

(b) – il contributo economico in favore delle famiglie che provvedono direttamente ad assistere soggetti non autosufficienti portatori di handicap psico-fisici costituisce un’obbligazione pubblica che non trae origine dalla legge, ma nasce da un provvedimento amministrativo di natura concessoria e di carattere discrezionale;

(c) – infatti, il d.m. 20 marzo 2013 ha ampliato la platea dei beneficiari del sostegno, ma l’adozione generica di un non definito concetto di “non autosufficienza” non consente di graduare o modulare gli interventi e, prima ancora, di definire gli aventi diritto;
sotto il profilo logico, sembra che la “gravissima disabilità” sia una graduazione peggiore della “non autosufficienza”, che tuttavia non è definita da alcuna disposizione statale;

(d) – la Regione ha (doverosamente) previsto la continuità al sostegno previsto già prima della d.G.R. n. 2530/2013 ai pazienti affetti da SLA, secondo le tre fasce modulate di concerto con il tavolo tecnico (ASL/associazioni dei pazienti) insediato a seguito dell’emanazione del d.m. del 2011;

(e) – viceversa, dalla sentenza del TAR discende un’unica figura di ‘disabile gravissimo’, sulla base di un unico criterio al quale ancorare in egual misura il contributo (la condizione di non autosufficienza) in disparte il nomen della patologia, il sistema di valutazione e di attribuzione dei punteggi B, il modello organizzativo della Regione Puglia;
ciò rappresenta una forzatura rispetto alla mancata definizione in sede nazionale e al dibattito in corso da anni tra malati SLA e disabili gravissimi, sulla soluzione più idonea;
in presenza di sfere di forte discrezionalità, il giudice si sarebbe dovuto limitare a valutare se sussistano profili di evidente illogicità, di contraddittorietà, di ingiustizia manifesta, di arbitrarietà o di irragionevolezza nella determinazione, e non poteva esercitare un sindacato ‘di dettaglio’;
tanto più che il programma attuativo della Puglia è stato valutato positivamente dal Ministero al fine del trasferimento delle risorse.

5. Gli appellati si sono costituiti in giudizio e sottolineano che la Regione Puglia ha perpetuato l’illegittimità colpita dall’annullamento, in quanto con d.G.R. n. 2128 in data 30 novembre 2015 - impugnato innanzi al TAR di Lecce - ha disposto che per i malati rientranti nelle 5 “priorità” di cui alla d.G.R. n. 2530/2013 l’assegno di cura sia fissato in 18 mesi (mentre per i malati SLA/SMA resta fissato in 24 mesi).

6. Replica la Regione, precisando che si è trattato di una cautela derivante dalla indisponibilità di risorse finanziarie per far fronte agli oneri conseguenti alla pronuncia del TAR.

7. Il Collegio osserva che, in ordine logico, la prima questione da affrontare è se la normativa nazionale preveda una distinzione, tra i malati delle patologie neurodegenerative e le famiglie dei quali è destinato l’assegno di cura, ai fini della quantificazione della sovvenzione.

Il TAR ha dato una risposta negativa.

E’ utile sottolineare che, secondo la stessa ricognizione fornita in giudizio dalla Regione:

- con il d.m. 27 ottobre 2011 (in coerenza con l’accordo concluso nel corso della Conferenza Unificata del 25 maggio 2011, ed in attuazione dell’art. 1, commi 1264 e 1265, della legge 296/2006, e dell’art. 1, comma 40, della legge 220/2010) venivano destinate risorse alla realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali nell’ambito dell’offerta integrata di servizi socio-sanitari, in favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica-SLA;

- a valere sulle risorse assegnate dal F.N.A. (Fondo nazionale non autosufficienza) 2011, la Regione Puglia ha attivato il progetto Qualify-Care SLA e con d.G.R. n. 1724/2012 ha approvato il dettaglio esecutivo in coerenza con il medesimo d.m.;
con determina n. 550/2012 ha approvato le prime linee guida per l’erogazione del nuovo assegno di cura, stabilendo l’importo di 500/800/1.000 euro mensili in relazione ai diversi stadi della SLA;

- su segnalazione da parte delle associazioni delle famiglie di una serie di casi in cui si era verificata incertezza nelle diagnosi di SLA rispetto ad un’altra malattia del motoneurone, quale la SMA1 e la SMA 2, si è valutata la possibilità di estendere il beneficio ad esse;

- il d.m. 20 marzo 2013 ha ampliato la platea dei beneficiari delle risorse, prevedendo (all’art. 3) una quota non inferiore al 30% « per interventi a favore di persone in condizione di disabilità gravissima, ivi inclusi quelli a favore dei persone affette da sclerosi laterale amiotrofica. Per persone in condizioni di disabilità gravissima, ai soli fini del presente decreto, si intendono le persone in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di assistenza continua nelle 24 ore (es: gravi patologie cronico degenerative non reversibili, ivi inclusa la sclerosi laterale amiotrofica, gravi demenze, gravissime disabilità psichiche multi patologiche, gravi cerebro lesioni, stati vegetativi, etc.) »;

8. Dunque, risulta effettivamente sussistente il presupposto posto a base della sentenza appellata, e cioè che la disciplina statale individua una categoria di persone in condizione di “disabilità gravissima”, in favore della quale prevede una riserva degli stanziamenti del «Fondo non autosufficienza», ma non distingue nell’ambito di detta categoria, menzionando la SLA e (per categorie generali) altre patologie, ma dichiaratamente solo a scopo esemplificativo.

I decreti che hanno ripartito le risorse del FNA per gli anni successivi (in data 7 maggio 2014 e 14 maggio 2015) confermano le previsioni e comunque l’impostazione del Fondo per il 2013 (salvo aumentare al 40%, con l’ultimo relativo al 2015, la quota minima di riserva per i disabili gravissimi) ed evidenziano che si tratta di uno stanziamento unico assegnato a ciascuna Regione o Provincia autonoma.

9. La seconda questione da affrontare è se, in assenza di un criterio stabilito a livello nazionale, una distinzione tra le patologie possa essere individuata mediante l’esercizio di una scelta discrezionale da parte delle Regioni, competenti a gestire la sovvenzione.

E’ utile sottolineare che, sempre secondo la ricognizione della Regione:

- con la d.G.R. n. 2530/2013, sono state approvate le linee guida per il nuovo assegno di cura 2014/2015, distinguendosi un assegno di cura per malati di SLA/SMA (e di altre cinque patologie affini per diagnosi e decorso della malattia: demenza frontotemporale-FTD;
atrofia muscolare spinale progressiva sporadica;
atrofia muscolare bulbo-spinale progressiva-malattia di Kennedy;
paraparesi spastica ereditaria-SPG;
sclerosi laterale primaria), pari a 500/1.000/1.100 euro;
da un assegno di cura per non autosufficienti gravissimi, rispetto al quale sono state individuate macroaree con accesso prioritario al contributo, vale a dire 5 “priorità”, definite in relazione al livello di non autosufficienza, ad es.: coma, stato vegetativo o di minima coscienza da oltre un mese (I priorità);
ma anche mediante indicazione esemplificativa di alcune patologie neurodegenerative o cronico-degenerative non reversibili di particolare impegno assistenziale, quali Corea di Huntington, Sindrome di Rett, Distrofia di Duchenne (IV), o mediante riferimento generico ad altre patologie cronico degenerative non reversibili, in questo caso previo parere del Coordinamento Regionale Malattie Rare e comunque in presenza di idonea copertura finanziaria (V), in tutti i casi con un importo fisso di 600 euro.

- con determinazione n. 4/2014, sono state date alle ASL le direttive applicative della d.G.R. 2530/2013 e sono state ripartite le somme 2014/2015 per l’erogazione degli assegni di cura.

10. La Regione difende la propria ,scelta sottolineando da un lato l’ampia discrezionalità che la legge e i decreti ministeriali avrebbero attribuito alle Regioni;
dall’altro (implicitamente, quale criterio in grado di indirizzare l’esercizio di tale discrezionalità), l’esigenza di consentire per i malati di SLA e malattie assimilate la continuità nella percezione dell’assegno di cura negli importi (come detto, 500, 1.000 e 1.100 euro), infine quantificati con la l.r. 45/2013.

11. Il Collegio non ritiene di poter escludere l’esistenza di una discrezionalità della Regione, nel graduare l’entità degli assegni di cura, sulla base di criteri oggettivi e scientificamente fondati, ed in relazione alla diversità delle situazioni dei percettori.

Tuttavia, il TAR ha correttamente annullato la delibera impugnata in primo grado, non negando a priori la sussistenza di un potere regionale al riguardo, quanto piuttosto sanzionando una disparità di trattamento a pari livello di disabilità e di non autosufficienza.

La sentenza appellata pone il fulcro di tale valutazione di illegittimità sul fatto che vi sia stata disparità di trattamento tra malati di SLA/SMA e soggetti affetti da altre gravissime patologie, “a parità di punteggio B”, avendo peraltro chiarito la Regione «che proprio siffatto punteggio consente di “parificare” patologie ben diverse tra loro (cfr. atto di costituzione pag. 18, primo cpv.)».

Ciò trova conferma nel fatto che, in fine, il TAR conclude nel senso che vadano «annullate le linee guida gravate nella parte in cui riservano un trattamento economico deteriore alle patologie gravissime diverse dalla SLA, a parità di punteggio B (oltre i 90 punti)».

12. Nel non contestare tale circostanza di fatto, la Regione ha precisato che costituisce requisito di ammissibilità al contributo avere una limitazione della vita quotidiana misurata in termini di «punteggio B» superiore a 90 punti (rilevato dalla Unità di Valutazione Multidimensionale, mediante scheda SVAMA, in termini di Activity Daily Living, valutazione integrata da un piano di assistenza individualizzato) e tale da richiedere assistenza continuativa di tipo sociosanitario e sanitario.

La Regione non ha invece smentito che una simile “quantificazione” della condizione di disabilità gravissima sia comune a tutti i malati destinatari di un assegno di cura, nelle due forme da essa previste.

13. Dunque, risulta condivisibile anche la valutazione di sostanziale illogicità e disparità di trattamento, alla base dell’annullamento disposto in primo grado.

14. Il Collegio osserva poi che l’esigenza di continuità nel regime assistenziale non può di per sé comportare una discriminazione delle categorie di malati non SLA/SMA, solo perché la normativa ha preso in considerazione la loro situazione solo in un secondo momento, rispetto a quella dei malati di SLA/SMA, o in ragione dell’esistenza di una quantificazione legislativa dell’importo dell’assegno di cura.

Non sfugge al Collegio che la controversia origina dal fatto che i malati beneficiari dell’assegno di cura, secondo l’ambito di patologie considerate dal decreto del 2011, sono circa 500, mentre quelli interessati all’ampliamento disposto dal decreto del 2013 sarebbero oltre 2000.

Tuttavia, pur in presenza di vincoli di carattere finanziario, la Regione è tenuta ad affrontare le delicate situazioni sostanziali o stanziando risorse aggiuntive, o mediante una redistribuzione generale delle risorse.

Non è invece possibile la discriminazione tra categorie di potenziali beneficiari, in assenza di esplicitati e motivati criteri distintivi legati alla gravità delle situazioni ed al bisogno assistenziale.

15. L’appello deve pertanto essere respinto.

Considerata la novità delle questioni affrontate, le spese del secondo grado di giudizio possono essere compensate tra le parti.

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