Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-07-31, n. 201804728
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Testo completo
Pubblicato il 31/07/2018
N. 04728/2018REG.PROV.COLL.
N. 04989/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4989 del 2012, proposto dal signor N P, rappresentato e difeso dall'avvocato C D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M F in Roma, viale Giulio Cesare, n. 78;
contro
Il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sez. II, n. 125/2012, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza della Sezione n. 2038 del 2012;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza del giorno 24 luglio 2018 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti l’avvocato Roberto Raglione, su delega dell’avvocato C D, e l'avvocato dello Stato Alfonso Peluso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza n. 125 del 19 gennaio 2012, il Tar per la Liguria ha respinto il ricorso n. 423 del 2011, proposto dal signor N P, titolare del bar denominato “Il Giardino”, sito in Riomaggiore, loc. Borgo dei Campi, avverso il provvedimento del Questore di La Spezia che – in data 16 dicembre 2010 - aveva disposto la sospensione della licenza e la chiusura dell’esercizio per un giorno, in quanto il locale era considerato ritrovo abituale di persone pregiudicate.
Parte ricorrente ha invocato (in primo grado) con motivi aggiunti anche il risarcimento del danno subito in conseguenza della chiusura.
Il TAR ha rilevato che “ L’art. 100 T.U.L.P.S. non richiede per la sua applicazione una responsabilità del gestore dell’attività commerciale, essendo sufficiente il verificarsi di uno dei due presupposti indicati dalla norma. In merito alla motivazione va osservato come la misura della sospensione della licenza di un esercizio risponde alla ratio di produrre un effetto dissuasivo sui soggetti ritenuti pericolosi, i quali da un lato sono privati di un luogo di abituale aggregazione e dall'altro sono resi avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle autorità preposte, indipendentemente dalla responsabilità dell'esercente, non necessitando quindi di specificata ed aggravata motivazione (vedasi ex multis TAR Calabria sezione staccata di Reggio Calabria 203\2011;TAR Lombardia 352\2011). Alla luce di tale consolidato orientamento giurisprudenziale la motivazione dell’atto impugnato non appare carente facendo riferimento ad una verifica da parte dei Carabinieri circa la frequentazione da parte di pregiudicati ”.
Avverso tale decisione propone appello il signor N P, riproponendo le censure di carenza di motivazione e d’istruttoria articolate in primo grado.
Resiste in giudizio il Ministero dell’Interno, che ha chiesto il rigetto dell’appello.
All’udienza del 24 luglio 2017, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere respinto.
In punto di fatto risulta accertato che il locale di titolarità dell’appellante era abituale ritrovo, sia all'interno che all'esterno dell’esercizio, di persone pregiudicate aventi un rapporto di personale conoscenza con il titolare dell’esercizio (per come risulta dalla segnalazione dei Carabinieri della Stazione di Riomaggiore, allegata in atti).
Tanto premesso va ricordato che la finalità perseguita dall'art. 100, T.U.L.P.S. non è solo quella di sanzionare la soggettiva condotta del gestore del pubblico esercizio per avere consentito la presenza nel proprio locale di persone potenzialmente pericolose per l'ordine pubblico, ma anche quella di impedire, attraverso la temporanea chiusura del locale, il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale, avendo riguardo esclusivamente all'obiettiva esigenza di tutelare l'ordine e la sicurezza dei cittadini, anche a prescindere da ogni personale responsabilità dell'esercente.
Nel caso in esame, deve ritenersi come gli elementi descritti nelle acquisite relazioni dei Carabinieri - ove si dà atto della reiterata presenza nel locale di pregiudicati a vario titolo coinvolti in vicende inerenti il consumo di sostanze stupefacenti - costituiscono circostanze di fatto sicuramente idonee a sorreggere un giudizio prognostico di pericolosità.
Peraltro, sotto il profilo della ragionevolezza, si deve rilevare che la minima durata della sospensione consente di ritenere anche rispettato il principio della proporzionalità sanzionatoria.
Invero, la determinazione circa la durata della sospensione muove da una valutazione discrezionale dell'autorità di pubblica sicurezza e nel caso in esame tali ragioni sono state specificamente rappresentate, nell’atto impugnato, con una motivazione che ha tenuto conto delle osservazioni difensive sviluppate in istruttoria dall’odierno appellante e non si configura né irragionevole né sproporzionata.
Per le ragioni suesposte, l’appello va respinto.
Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.