Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-12-31, n. 202008562

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-12-31, n. 202008562
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202008562
Data del deposito : 31 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/12/2020

N. 08562/2020REG.PROV.COLL.

N. 10387/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10387 del 2019, proposto dai signori S M D B, R D B, S D B, E D B, Oreste Pompeo D’Adamo, Rosa Brigida Maria D’Adamo, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato G E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Serracapriola, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F G S in Roma, via Giovanni Paisiello, n. 55;

per l’ottemperanza

della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3105 del 24 maggio 2018, resa tra le parti, concernente la condanna al risarcimento per l’occupazione sine titulo di un fondo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Serracapriola;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le istanze di passaggio in decisione senza discussione, depositate dal resistente Comune e dalle parti appellanti rispettivamente in data 7 dicembre 2020 e 9 dicembre 2020;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2020, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Cons. L L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel presente giudizio è chiesta l’ottemperanza della sentenza indicata in epigrafe, relativa ad una vicenda di occupazione comunale di un terreno privato protrattasi oltre il periodo di occupazione legittima, senza che mai venisse emanato il decreto di esproprio.

1.1. Con la sentenza in parola, in particolare, questo Consiglio di Stato ha respinto l’appello del Comune di Serracapriola ed ha accolto l’appello incidentale degli odierni ricorrenti e, per l’effetto, sul presupposto della ricorrenza, nella specie, di un’ipotesi “ pacifica ed indiscussa ” di rinuncia abdicativa, ha stabilito i criteri che il Comune deve seguire nel proporre ai ricorrenti, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., la quantificazione della somma loro dovuta a titolo risarcitorio.

1.2. Il Consiglio di Stato ha precisato, con riferimento al danno da perdita del bene, che:

- “ il negozio unilaterale di rinunzia comportante l’abbandono della proprietà … va individuato nel mese di settembre 2007 (ovvero quando è stato proposto il ricorso di primo grado) ”;

- “ la somma corrispondente costituisce debito di valore, soggetto a rivalutazione e interessi al tasso legale (da calcolarsi separatamente sulla sorte capitale) sino alla stima che sarà effettuata dal comune ”.

1.3. Quanto, invece, alla quantificazione del danno da perdita del godimento del bene a seguito della compressione delle facoltà dominicali per l'intervallo di tempo fra l'inizio dell'occupazione illecita (16 settembre 1990) e l'atto abdicativo (settembre 2007) ”, il Consiglio di Stato ha sostenuto che, “ in difetto di prova rigorosa di ulteriori e diversi profili di danno ”, possa determinarsi il relativo ammontare in via equitativa, “ tenendo conto dei criteri risarcitori dettati dall'art. 42 bis, comma 3, d.P.R. 327 del 2001, nonché dell'andamento del tasso degli interessi legali e della svalutazione monetaria nel periodo di riferimento ”: il Consiglio ha, pertanto, ritenuto congrua “ una somma onnicomprensiva pari al cinque per cento annuo del valore del terreno, come da vincoli e destinazioni urbanistiche concretizzatisi prima della rinuncia al diritto di proprietà (ovvero sopra al valore dei fondi al settembre 2007 e per 17 anni) ”, oltre interessi legali “ dalla stima effettuata dalla Amministrazione e fino all’effettivo soddisfo ”.

1.4. Il Consiglio, infine, ha aggiunto che:

- “ la somma complessivamente offerta dal Comune [ossia sia quella relativa al danno da perdita del bene, sia quella relativa al danno da perdita di godimento del bene] dovrà essere decurtata di quanto già eventualmente corrisposto agli appellanti incidentali (o, eventualmente, ai loro danti causa) a titolo di acconto sul dovuto ”;

- “ tali somme sono da ritenersi omnicomprensive di ogni ulteriore posta di danno ”;

- “ su tutti gli importi come sopra liquidati spettano gli interessi legali dalla data della stima effettuata dalla Amministrazione e fino all’effettivo saldo ”.

2. Gli odierni ricorrenti, in esito a pronuncia di incompetenza funzionale del T.a.r. per la Puglia, hanno adito nelle forme di cui all’art. 112 c.p.a. questo Consiglio, lamentando che:

- il Comune si sarebbe limitato a corrispondere le spese di lite cui era stato condannato dalla sentenza in discorso, ma non avrebbe provveduto ad individuare la somma dovuta a titolo risarcitorio nel termine fissato nella sentenza stessa (centottanta giorni dalla data della relativa pubblicazione);

- soltanto in data 4 novembre 2019 l’Ente avrebbe individuato una somma, prendendo tuttavia a base di computo il valore venale a suo tempo indicato nell’accordo bonario di cessione concluso fra le parti in data 12 dicembre 1998, mai divenuto efficace a causa del mancato avveramento della condizione sospensiva ivi apposta (consistente nella concessione all’Ente di un mutuo statale).

2.1. I ricorrenti, pertanto, hanno chiesto che questo Consiglio disponga l’ottemperanza, condannando l’Ente a corrispondere loro la somma dovuta.

2.2. In proposito, i ricorrenti hanno fatto riferimento alla media dei valori di mercato individuati in una consulenza di parte relativa ai terreni per cui è causa, già posta a base di pronunce del Giudice ordinario passate in giudicato, ed in una consulenza tecnica d’ufficio disposta dall’Autorità giudiziaria ordinaria nell’ambito di una controversia vertente sull’illegittima occupazione, da parte del Comune, di suoli limitrofi.

2.3. In subordine, i ricorrenti hanno chiesto che sia disposta consulenza tecnica d’ufficio “ al fine della quantificazione delle poste risarcitorie di cui al ricorso ”.

2.4. I ricorrenti, infine, hanno chiesto il danno non patrimoniale, “ da liquidarsi nei termini di cui all’art. 42 bis del d.p.r. 327/2001 ”, e sollecitato la fissazione di astreintes ex art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a..

3. Il Comune di Serracapriola si è costituito in resistenza.

4. In vista della trattazione del ricorso le parti hanno versato in atti difese scritte.

4.1. In particolare, il Comune ha sostenuto che il ricorso svolto ex adverso sia inammissibile, posto che controparti “ fino alla proposizione del presente ricorso in riassunzione non hanno mai puntualmente contestato la legittimità o, comunque, la congruità del prefissato valore venale dell’area irreversibilmente trasformata ” individuato nell’accordo bonario cessione del 1998 e non potrebbero, dunque, pretendere in questa sede di “ rinnovare ” tale stima.

4.2. Il Comune, in proposito, ha precisato che nell’impugnazione incidentale a suo tempo svolta avanti il Consiglio di Stato le controparti si sarebbero limitate a contestare “ la pronuncia [del T.a.r. per la Puglia] nella parte in cui ha previsto che la misura del risarcimento del danno debba essere determinata facendo applicazione dell’art. 5 bis, comma 7 bis della legge n. 459/1992 .. .. .. anziché degli artt. 3 della legge n. 458/1988 e 55 del d.PR. n. 327/2001, come modificato dall’art. 2, commi 89 e 90 della legge n. 244/2007 .. ”.

4.3. Il Comune, inoltre, ha aggiunto che pure la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale svolta ex adverso sarebbe inammissibile, in quanto formulata per la prima volta in questa sede.

4.4. Tale richiesta, peraltro, sarebbe comunque infondata, sia perché la sentenza ottemperanda avrebbe espressamente qualificato come “ omnicomprensive ” le somme da essa menzionate, fra cui non figurano quelle deputate al risarcimento del danno non patrimoniale, sia perché i ricorrenti non avrebbero “ neppure dedotto gli indefettibili presupposti di un danno ingiusto di natura non patrimoniale ”.

5. Il ricorso è stato introitato per la decisione alla camera di consiglio del 10 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 e deliberato in pari data in video-conferenza, ai termini della medesima disposizione.

6. Prendendo le mosse dalle questioni di rito, il Collegio osserva che non ricorre alcuna ipotesi di inammissibilità del ricorso in riassunzione.

6.1. Non rileva, infatti, la condotta processuale tenuta dai ricorrenti (quale che essa sia) antecedentemente alla pronuncia ottemperanda.

6.2. Invero, tale pronuncia, intervenendo nella vicenda con la forza del giudicato, rappresenta un invalicabile diaframma sostanziale e processuale: è, dunque, con esclusivo riferimento alle statuizioni stabilite in tale pronuncia che deve essere svolto lo scrutinio di ammissibilità dell’ actio judicati .

6.3. Ove, dunque, questa sia diretta (come nella specie) ad ottenere quanto sancito in via giurisdizionale, l’ actio è per ciò stesso ammissibile, in quanto contenuta entro i confini del previo decisum .

7. E’, viceversa, inammissibile la richiesta degli odierni ricorrenti di percezione del risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto non formulata di fronte al T.a.r..

7.1. E’ noto che, a seguito di una pronuncia di incompetenza, il giudizio, ai sensi dell’art. 15 c.p.a., “ continua ” avanti il Giudice dichiarato competente ove, come nella specie, venga riassunto nel termine di trenta giorni dal provvedimento che dichiara l’incompetenza.

7.2. La “ continuazione ” del processo implica, evidentemente, l’identità dello stesso e, dunque, la conseguente inammissibilità di una successiva mutatio libelli .

7.3. La richiesta, peraltro, è pure infondata nel merito, giacché nella sentenza ottemperanda il Consiglio di Stato non ha menzionato il pregiudizio non patrimoniale ed ha, anzi, definito “ omnicomprensive di ogni ulteriore posta di danno ” le voci risarcitorie ivi dettagliatamente enucleate.

8. Ciò posto, il ricorso è, per il resto, fondato ai sensi e per gli effetti che seguono.

9. La sentenza ottemperanda ha stabilito che, per quantificare il valore venale del bene illecitamente occupato, si deve fare riferimento al settembre 2007, data di radicamento del ricorso di prime cure (e, dunque, di realizzazione degli effetti dell’istituto della rinuncia abdicativa), ed ha espressamente aggiunto che “ l’accordo [del 12 dicembre 1998] non è mai divenuto efficace tra le parti (o, almeno, di ciò non vi è prova in atti) a cagione del mancato avveramento della condizione, sicché la pretesa – oggi vantata dal comune – di essere tenuto al ristoro dei danni nella misura di lire 30.000 al mq non è assolutamente da condividersi. Quel prezzo, infatti, era stato concordato dalle parti per il (solo) caso che fosse andata a buon fine la cessione delle aree al tempo della stipulazione, e non già per il diverso caso (per il quale oggi è causa) concernente il ristoro dei danni patiti in conseguenza dell’illegittima occupazione protrattasi sine die senza adozione di valido ed efficace decreto di esproprio ”.

10. La decisione del Consiglio è, dunque, cristallina e non lascia margine alcuno al Comune in ordine alle modalità da seguire per la relativa (e doverosa) attuazione.

11. Ne consegue che la nota del 4 novembre 2019 non costituisce congruo adempimento dell’obbligo pubblicistico del Comune di conformazione al dictum di questo Consiglio.

12. Al fine, quindi, di addivenire alla corretta esecuzione del giudicato, il Collegio stima congruo, stante la necessità di procedere ad una stima del valore dei terreni ora per allora, nominare commissario ad acta il Prefetto della Provincia di Foggia, con facoltà di sub-delega.

12.1. Il Prefetto, insediandosi senza alcun indugio, provvederà alla quantificazione del valore venale del terreno per cui è causa al settembre 2007 (valendosi, se ritenuto opportuno, dei competenti uffici dell’Amministrazione pubblica) e, quindi, alla conseguente liquidazione, a favore dei ricorrenti, delle poste risarcitorie stabilite nella sentenza ottemperanda, disponendo materialmente i relativi pagamenti in sostituzione degli uffici del resistente Comune e con oneri a carico del relativo bilancio, con facoltà di procedere ai necessari interventi contabili.

12.2. Le spese dell’intervento commissariale graveranno sul bilancio dell’Ente.

13. Stante l’immediatezza dell’intervento commissariale, non si ravvisano i presupposti per disporre ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a..

14. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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