Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-04-22, n. 201402018

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-04-22, n. 201402018
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402018
Data del deposito : 22 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05762/2012 REG.RIC.

N. 02018/2014REG.PROV.COLL.

N. 05762/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5762 del 2012, proposto da:
G G, L M, D A, M A, G G, F F, rappresentati e difesi dall'avv. S D, con domicilio eletto presso S D in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Tecnica 2000 s.r.l., nella persona dell’amministratore in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati R A, A L e M S, con domicilio eletto presso M S in Roma, viale Parioli, 180;

nei confronti di

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, non costituita;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III BIS n. 04522/2012, resa tra le parti, concernente modalità di ammissione in soprannumero ai corsi di laurea triennale in fisioterapia di coloro che risultino diplomati o iscritti al corso di terapista della riabilitazione presso l'istituto Tecnica 2000 di Avezzano.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Tecnica 2000 s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2013 il Cons. Vito Carella e uditi per le parti gli avvocati Dore, Lucarelli e Sanino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I.- Risulta dagli atti che la Tecnica 2000 s.r.l. eserciva in Avezzano una scuola per terapisti della riabilitazione in virtù di autorizzazione rilasciata con delibera del Consiglio regionale dell’Abruzzo del 9 luglio 1983, n. 100/11, in applicazione del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, convertito dalla legge 30 marzo 1971, n. 118 (D.M. Sanità 10 febbraio 1974) e secondo il “canale formativo regionale”.

A detta società è stato ingiunto dalla Regione di non attivare il primo anno di corso dall’anno 1996/1997 (nota dirigenziale 2 agosto 1996) in attuazione dell’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (come da circolare del Ministero della Sanità in data 9 agosto 1996), determinante la soppressione di siffatte scuole ed escludente valore abilitante al relativo titolo perché non equipollente all’ordinamentale corso universitario della laurea di fisioterapista.

Ne è nato un contenzioso davanti al Tribunale amministrativo dell’Abruzzo (L’Aquila) e al Consiglio di Stato (deciso da Cons. Stato, IV, 5 agosto 2003, n. 4476, che ha statuito l’inapplicabilità alla formazione professionale regionale del citato d.lgs. n. 502 del 1992 e che ha determinato la riattivazione da parte della società dei corsi dall’anno 2003/2004).

Nel frattempo sono sopravvenute in tema varie previsioni, legislative confermative del livello esclusivamente universitario della formazione per l’accesso nonché per l’esercizio delle professioni infermieristiche, della riabilitazione e della prevenzione (art. 4- quater d.l. 5 dicembre 2005, n. 250, convertito dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27 nonché art. 2 della legge 1 febbraio 2006, n. 43). È anche intervenuta una condanna da parte dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato a carico della società Tecnica 2000 per pubblicità ingannevole nel reclamizzare il proprio titolo come equipollente al diploma universitario di fisioterapista ai fini dell’esercizio professionale (provvedimento n. 16096/2006).

La controversia si è implementata a seguito della revoca regionale di detta autorizzazione rilasciata nel 1983 e della rimozione di valore professionalizzante al titolo conseguito dagli allievi dell’istituto Tecnica 2000 (delibera di Consiglio n. 96/2 del 12 febbraio 2008 e di Giunta regionale n. 444 del 19 maggio 2008);
ulteriormente dopo l’ammissione in soprannumero di 150 studenti di tale scuola al terzo anno del corso universitario di laurea in fisioterapia presso l’Ateneo di L’Aquila nell’anno accademico 2008/2009;
ancor più all’emanazione del Decreto Interministeriale 11 febbraio 2009 (che ha consentito per legittimo affidamento e a sanatoria l’iscrivibilità in soprannumero presso le Università degli studenti della predetta scuola di Avezzano, secondo i debiti formativi individualmente riconosciuti).

Sono poi intervenute a parziale riforma della sentenza del Tribunale amministrativo per l’Abruzzo (Sez. I, n. 583 del 2009) due decisioni di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, III, 7 dicembre 2011, n. 6444;
17 settembre 2013, n. 4582 in revocazione dichiarata inammissibile), che hanno respinto i ricorsi riuniti e i connessi motivi aggiunti contro il detto decreto interministeriale dell’11 febbraio 2009 e avverso i bandi rettorali emessi nel 2009 a favore degli studenti della scuola Tecnica 2000 dalle università di L’Aquila e Gabriele d’Annunzio, di Chieti-Pescara.

II.- Nel presente giudizio è oggetto d’impugnazione la sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio 9 maggio 2012, n. 4522 1 che, in accoglimento del ricorso della società Tecnica 2000, ha annullato il bando dell’Università “La Sapienza”, di Roma (n. 355 del 7 aprile 2009) per l’ammissione, in soprannumero, ai corsi di laurea triennale in Fisioterapia per coloro che risultino diplomati o iscritti al corso di Terapista della Riabilitazione presso l’Istituto Tecnica 2000 di Avezzano.

Questa pronuncia è stata fondata dalla sentenza su due ordini di rilievi: il primo, in derivazione dal richiamato Decreto Interministeriale, annullato dal Tribunale amministrativo dell’ Abruzzo con la ricordata sentenza n. 583 del 2009;
il secondo, sull’affermata distorsione al giusto equilibrio tra il “canale formativo universitario” e il “canale formativo regionale” garantito anche dalla ripartizione di competenze tra Stato e Regione.

L’appello in esame è stato proposto da taluni studenti iscritti ai corsi della scuola di Avezzano, convinti di conseguire un diploma equipollente a quello universitario di fisioterapista, e che si sono immatricolati, a seguito di positiva selezione, presso l’Università di Roma La Sapienza la quale, nella propria autonomia universitaria, ha inteso aderire alla regolarizzazione curricolare degli allievi della scuola di Avezzano, come da citato d.i. dell’11 febbraio 2009.

Costoro, criticata la sentenza a mezzo di sei motivi di censura, hanno lamentato l’omessa pronuncia sulle eccezioni di rito sollevate da essi interventori quali controinteressati sostanziali;
la mancanza di legittimazione attiva in capo alla società Tecnica 2000 ad impugnare il bando finalizzato al conseguimento da parte degli studenti della scuola di Avezzano di un regolare diploma valido ed efficace per l’espletamento della professione;
il difetto di contraddittorio per la trascurata chiamata in giudizio di almeno uno studente immatricolato e facilmente identificabile;
la dimenticata impugnazione del d.i. dell’11 febbraio 2009 e la saltata notifica alle amministrazioni emananti;
la carenza di interesse a contestare il riconoscimento di crediti perché la scuola di Avezzano non è di rango universitario;
la illogicità e la insufficienza della motivazione della sentenza quando era nota la pendenza dell’appello avverso la pronuncia del Tribunale amministrativo dell’Abruzzo n. 583 del 2009, riformata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 6444 del 2011.

III.- L’appellata società Tecnica 2000 si è costituita in giudizio il 24 agosto 2012 e, con la memoria depositata il 18 febbraio 2013, ha innanzitutto prospettato, in disparte dall’allora pendente revocazione della quale si è già fatto cenno, la sua vittoria dinanzi al Tribunale amministrativo del Lazio nel ricorso con medesimo oggetto come da sentenza 18 ottobre 2012, n. 8599 (che non risulta fatta oggetto di appello e concernente l’atto rettorale dell’Università degli studi La Sapienza n. 356 del 7 aprile 2009 per quanto relativo alle modalità di immatricolazione).

Nello specifico del merito sono state invece contrapposte: l'esistenza della figura professionale di Terapista della Riabilitazione;
la correttezza dell'operato della scuola Tecnica 2000;
l’eccezionalità dell'operato illegittimo posto in atto dai Dicasteri con il decreto interministeriale;
la mancanza di interesse dei ricorrenti ad una pronuncia sull'oggetto del ricorso, visto che i medesimi studenti della scuola professionale hanno ottenuto più di quanto in proprio diritto, entrando, senza test di ingresso, direttamente al terzo anno di Fisioterapia di alcune università italiane.

Nell’ambito dei vari scritti difensivi in vista dell’udienza, con la memoria depositata il 5 novembre 2013, la società appellata ha opposto che gli odierni ricorrenti avrebbero dovuto proporre opposizione di terzo e non appello nonché l’insussistenza di un loro interesse sostanziale all’annullamento della sentenza gravata, oltre a sollevare pregiudiziale comunitaria (art. 234 TCE e art. 267 TFUE), in relazione alla Direttiva 2005/36, allo scopo dell’accertamento di conformità al diritto comunitario del “titolo professionale” rilasciato e da non confondere con il “titolo di studio” finalizzato alla laurea.

Su tali punti gli appellanti hanno replicato con l’ultima memoria versata il 15 novembre 2013, evidenziando la pretestuosità delle opposizioni, specie quanto alla mancanza di nesso tra il provvedimento originario impugnato e la direttiva comunitaria 2005/36 sul riconoscimento delle qualifiche professionali, questione pregiudiziale del resto già affrontata e superata dalla Sezione Terza del Consiglio di Stato nella citata decisione n. 6444 del 2011.

IV.- L’intimata Università degli studi La Sapienza di Roma non si è costituita in giudizio.

All’udienza del 10 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Nell’odierna controversia si disputa dell’accesso di studenti alla formazione per l’esercizio della professione di “Terapista” e, in particolare, se sussista equipollenza tra i corsi di qualificazione professionale autorizzati da una regione e quelli regolati dallo Stato nell’ambito della disciplina legale delle professioni e, nello specifico, di quelle sanitarie.

In linea preliminare, per esaustività, si deve disattendere l’eccezione introdotta dalla società appellata secondo la quale gli odierni ricorrenti avrebbero dovuto proporre opposizione di terzo e non appello, atteso che gli studenti appellanti, a termini dell’art. 102, comma 2, Cod. proc. amm., sono titolari di posizione giuridica autonoma in funzione di una regolare acquisizione di valido titolo universitario per l’esercizio della professione di terapista.

Si può invece prescindere dalle altre numerose eccezioni reciprocamente contrapposte dalle parti, in quanto l’appello merita di essere esaminato nel merito ed accolto, con il conseguente rigetto del ricorso in primo grado.

2.- Il giudice di prima istanza ha accolto l’originario ricorso della società appellata in derivazione dall’annullamento disposto dal Tribunale amministrativo dell’Abruzzo del decreto interministeriale dell’11 febbraio 2009 e in dichiarata giusta salvaguardia del concorrente “canale formativo regionale”, garantito anche dalla ripartizione di competenze tra Stato e regione.

Di tali questioni ritenute dalla sentenza impugnata, la prima, relativa al decreto interministeriale dell’11 febbraio 2009 (atto questo assunto a presupposto dal bando odiernamente gravato), è da considerarsi ormai superata alla luce dell’intervenuta decisione della Sezione III di questo Consiglio di Stato n. 6444 del 2011, passata in giudicato, con la conseguenza che non è quindi dato prescindere da quella pronuncia e dubitare della legittimità di un provvedimento finalizzato dai ministeri concertanti (Università e Salute) a regolarizzare la situazione curricolare determinatasi nella scuola appellata a carico di studenti ignari.

La seconda, cui la prima si correla, concernente la natura della formazione universitaria rispetto a quella regionale, è invece da disattendere, in virtù dell’evocato concorrente regime di competenze tra Stato e regione, spettando alla sola legge statale, pur dopo la legge costituzionale n. 3 del 2001, la determinazione delle figure professionali nonché la definizione degli elementi costitutivi e delle modalità formative, in generale e nel concreto dello svolgimento di professioni sanitarie (Corte cost., 23 maggio 2013, n. 98;
11 marzo 2011, n. 77;
22 ottobre 2010, n. 300;
28 dicembre 2006, n. 449, e 26 luglio 2005, n. 319, in tema di massaggiatore e di non equipollenza del relativo titolo regionale per l’esercizio della professione).

Ne segue che non possono essere create da norme regionali nuove professioni o introdotte diversificazioni in seno all'unica figura professionale disciplinata dalla legge statale, di cui si dirà in appresso, per la diversità di ambito dei contenuti formativi rimessi alle regioni.

La formazione regionale è invero da ricondurre alla materia dell'addestramento pratico professionale per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e si può concludere con un “attestato di qualifica”, in nulla assimilabile alla disciplina statale delle professioni regolamentate e ai percorsi disciplinati della relativa formazione didattica nell’area dell’istruzione superiore a contenuto professionalizzante (“diploma o laurea”), in quanto tali perciò non comparabili e non equipollenti perché titoli a differenziato valore legale.

3.- Non è qui il caso di ripercorrere l’evoluzione della disciplina delle professioni sanitarie ausiliarie, seppur fermo il principio che le relative qualifiche spettano solo a quanti abbiano conseguito i rispettivi diplomi di Stato, previa frequenza delle scuole previste dagli artt. 135 e 136 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (scuole-convitto professionali istituite dalle università con facoltà di medicina e chirurgia, dai comuni, dalle istituzioni pubbliche di beneficenza o da altri enti morali e funzionanti presso ospedali pubblici o privati autorizzati), o in applicazione degli artt. 42 e 43 del r.d. 21 novembre 1929, n. 2330 (tirocinio professionale riconosciuto dalle apposite commissioni o diplomati da scuole professionali organizzate a convitto).

Per quanto ora occupa, deve essere richiamato l’art. 2 l. 19 luglio 1940, n. 1098 ( Disciplina delle professioni sanitarie ausiliarie infermieristiche e di igiene sociale, nonché dell’arte ausiliaria di puericultric ”), che fa divieto a tutti gli enti pubblici e privati, “ ad eccezione delle amministrazioni dello Stato e delle università ”, di istituire e far funzionare senza la preventiva autorizzazione dei Ministri concertanti (ora Ministeri dell’Università e della Salute) “ scuole o corsi che rilascino diplomi o attestati con l'attribuzione di qualifiche che comunque involgano il concetto dell'assistenza infermieristica o medico-sociale ” (comma 1), con facoltà riconosciuta “ di modificare tutte le qualifiche risultanti dai diplomi o attestati rilasciati in precedenza da enti pubblici o privati, qualora esse siano in contrasto con la disposizione di cui al precedente comma ” (comma 2).

Per completezza, l’art. 132 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130 ( Stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri ”), relativamente alla figura dei terapisti della riabilitazione ai fini dell’ammissione ai concorsi di assunzione, ha considerato validi i diploma di scuola speciale universitaria e solo il diploma di infermiere professionale congiunto a diploma di corso di specializzazione in fisiochinesiterapia ai sensi dell’art. 3 della citata legge n. 1098 del 1940, sino a quando non fossero state emanate norme legislative riguardanti l’ordinamento delle scuole di formazione nelle professioni sanitarie ausiliarie e tecniche.

Più recentemente, l’art. 6, lett. q) , della legge 23 dicembre 1978, n. 833 ( Istituzione del servizio sanitario nazionale ) ha riservato alla competenza statale “ la fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari;
le disposizioni generali per la durata e la conclusione dei corsi;
la determinazione dei requisiti necessari per l'ammissione alle scuole, nonché dei requisiti per l'esercizio delle professioni mediche e sanitarie ausiliarie
”, competenza esclusiva ribadita in una serie di atti legislativi, anteriori e successivi (tra cui: art. 6, numero 20), del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4 sul trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera;
art. 30, lettere r) e s) , del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, circa la fissazione dei requisiti minimi per la determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari e in ordine alla determinazione dei livelli minimi di scolarità necessari per l'ammissione alle scuole per operatori sanitari, nonché dei requisiti minimi per l'esercizio delle professioni mediche, sanitarie ed ausiliarie, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e di cura sulla base delle vigenti leggi;
l’art. 124, lettera b) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 sulla conservazione allo Stato della determinazione delle figure professionali e dei relativi profili delle professioni sanitarie, sanitarie ausiliarie e delle arti sanitarie, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

Il quadro normativo vigente è stato dunque completato con il detto art. 6, comma 3, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 ( Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421 ) che, nel fare richiamo all'art. 9 della legge 19 novembre 1990 n. 341 ( Ordinamento dei corsi di diploma universitario, di laurea e di specializzazione , che “ devono rispettare la normativa comunitaria in materia ”), ha previsto la formazione in ambito ospedaliero del personale da preporre a mansioni infermieristiche, tecniche e riabilitative per le cui “ finalità le regioni e le università attivano appositi protocolli di intesa ” ai fini dell'espletamento di tali corsi, secondo “ le figure professionali da formare ed i relativi profili ” individuati dal Ministro della sanità con proprio decreto.

Infine, sorvolando su altre norme intervenute in materia (la legge 10 agosto 2000, n. 251, che ha incluso le diverse figure professionali sanitarie, di cui al citato art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, e successive modificazioni, in distinte fattispecie qualificatorie), occorre accennare a quanto disposto dalla legge 26 febbraio 1999 n. 42 e, in particolare, all'art. 1 (dove si sostituisce la denominazione " professione sanitaria ausiliaria " di cui al ricordato regio decreto n. 1265 del 1934 con quella di " professione sanitaria ", disponendosi nel contempo che il campo di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie di cui all'art. 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992 è " determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali” ) nonché all'art. 4 (nel quale è stata ritenuta l'equipollenza tra i diplomi conseguiti prima del 1992, che avevano già dato accesso alle professioni sanitarie riconosciute dal S.S.N., ed i titoli di studio necessari per l'accesso alle nuove figure professionali formatesi nelle scuole ospedaliere istituite nel frattempo).

Non pare quindi dubbio che, anche oggi dopo la legge costituzionale n. 3 del 2001, la potestà legislativa regionale in materia di professioni sanitarie debba rispettare il principio da sempre vigente, secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici, spetta solo allo Stato (tra le tante, Corte cost., 12 dicembre 2003, n. 353) e come al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca in concerto con il Ministero della salute competa intervenire su scuole e corsi di formazione sanitaria nonché su diplomi o attestati rilasciati in precedenza da enti pubblici o privati non autorizzati da disposizione statale (Cons. Stato, V, 21 giugno 2013, n. 3410, e 8 luglio 2010, n. 4427;
VI, 3 agosto 2007, n. 4312).

4.- Quanto sopra è utile per pervenire alla finale considerazione della manifesta irrilevanza della sollevata questione pregiudiziale comunitaria, non dovendosi fare nessuna applicazione diretta o indiretta della 2005/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, e non sussistendo alcuna omogeneità disciplinare tra gli attestati regionali di qualifica pratico-professionali e i diplomi universitari di laurea professionalizzante regolamentati dalla direttiva ai fini della libera circolazione (nella specie, in fisioterapia, la cui abilitazione universitaria ha carattere unitario e pertanto non scindibile affatto in “titolo professionale” e “titolo di studio” finalizzato alla laurea).

Tale pregiudiziale è anche infondata, e anzi è altresì prospettabile nei suoi confronti inammissibilità per carenza d’interesse, in quanto l’art. 2, comma 1, della legge 1 febbraio 2006, n. 43, ha previsto che “ L'esercizio delle professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, è subordinato al conseguimento del titolo universitario rilasciato a seguito di esame finale con valore abilitante all'esercizio della professione. Tale titolo universitario è definito ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c), è valido sull'intero territorio nazionale nel rispetto della normativa europea in materia di libera circolazione delle professioni ed è rilasciato a seguito di un percorso formativo da svolgersi in tutto o in parte presso le aziende e le strutture del Servizio sanitario nazionale, inclusi gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), individuate dalle regioni, sulla base di appositi protocolli d'intesa tra le stesse e le università, stipulati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ”.

Tanto comporta che la scuola Tecnica 2000, pur se all’epoca autorizzata dalla Regione in applicazione dell’art. 5 (scuole per la formazione di assistenti-educatori, di assistenti sociali specializzati e di personale paramedico) della legge 30 marzo 1971, n. 118 ( Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili ) ed ove anche riconosciuta (ma così non pare) nei termini di cui all’art. 3 del decreto ministeriale della Sanità 10 febbraio 1974 (“ Il ministero della pubblica istruzione riconosce con proprio decreto le scuole, di concerto col ministero della sanità, e con lo stesso decreto vengono approvati lo statuto ed il regolamento speciale. Le scuole per terapisti della riabilitazione sono sottoposte alla vigilanza della regione ”), comunque non può operare nel vigore del nuovo ordinamento delineato dall'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, perché l’espletamento dei corsi in terapisti della riabilitazione è stato demandato alla formazione universitaria professionalizzante, nei limiti della programmazione sanitaria.

Infatti, in base al d.m. 14 settembre 1994, n. 741, il fisioterapista o terapista della riabilitazione (contrariamente a quanto additato dalla società appellata, non è questione di nomen juris , ma di sostanza del percorso formativo per l’esercizio di tale attività professionale “ paramedica ”) è il professionista sanitario in possesso del diploma universitario abilitante o dei diplomi e attestati conseguiti in base alla normativa precedente a quella attuativa dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, e successive modificazioni, indicati come equipollenti nelle tabelle allegate ai dd.mm. 27 luglio 2000 e 29 marzo 2001.

Ne deriva che la pregiudiziale in commento non converge con gli obiettivi comunitari e nazionali di realizzare l’unificazione dei percorsi formativi e degli insegnamenti nell’ottica della uniformazione dei relativi diplomi allo scopo, appunto, di assicurare la libera circolazione di tali professionisti in ambito europeo, con la conseguenza che il ricorso di primo grado avverso il bando in odierna attenzione si palesa del tutto infondato ed anche privo di oggetto sotto i profili della legittimazione e dell’interesse ad impugnare un atto non suscettibile di arrecare utilità alcuna in vista di una (inattuale e ultrattiva) continuazione della scuola di terapisti della riabilitazione a suo tempo autorizzata e poi ritirata dalla Regione.

5.- Per le considerazioni svolte, l’odierno gravame proposto dagli studenti ricorrenti della scuola di Avezzano va accolto e, a riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso in primo grado della società Tecnica 2000.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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