Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-07-20, n. 202206322

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-07-20, n. 202206322
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206322
Data del deposito : 20 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/07/2022

N. 06322/2022REG.PROV.COLL.

N. 02635/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2635 del 2015, proposto da
Cerimele Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato S D P, con domicilio eletto presso lo studio Center Italia Srl Regus Business in Roma, piazza del Popolo n.18;

contro

Comune di Roccaraso, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M D N, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Albalonga, n. 7;
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Soprintendenza belle arti e paesaggio dell'Abruzzo con esclusione della città dell'Aquila e Regione Abruzzo, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi;
Provincia dell’Aquila, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) n. 930/2014, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Roccaraso e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della Soprintendenza belle arti e paesaggio dell'Abruzzo con esclusione della città dell'Aquila e della Regione Abruzzo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2022 il Cons. G P e uditi per le parti gli avvocati S D P e Francesco Casertano per delega dell'avv. M D N;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Cerimele, odierna appellante, ha acquistato la proprietà di un terreno nel Comune di Roccaraso, indicato al catasto al fg. 4, part. nn. 59 e 60, ed è subentrata nella licenza edilizia (per la costruzione, su detto suolo, di 7 corpi di fabbrica) n. 95 del 1968.

1.1 Poco dopo l'inizio dei lavori relativi alla realizzazione dei primi tre edifici (denominati A, B e C), con ordinanza n. 50 del 5.7.1969, il Comune di Roccaraso ha disposto la sospensione dei lavori e, con successiva ordinanza n. 66 del 27.12.1969, ha annullato la licenza edilizia, in quanto rilasciata in violazione della legge n. 765 del 1967 in considerazione del divieto di lottizzazione in difetto di PRG e in quanto rilasciata in assenza della previsione delle opere di urbanizzazione primaria.

1.2 In seguito all’emanazione della legge n. 47/1985, l’odierna appellante ha presentato tre separate istanze di sanatoria (prot. n. 4862, 4863, 4864 del 30 settembre 1986).

1.3 Il relativo iter procedimentale si è dilatato anche a causa della controversia circa la natura demaniale o privata del terreno destinato ad ospitare i manufatti di cui si parla. Solo con sentenza definitiva del Commissario degli usi civici n. 8 del 2003, è stata riconosciuta la natura privata del suolo in parola.

1.4 Il 4 aprile 2006, la Costruzioni Cerimele Srl ha provveduto al versamento delle somme corrispondenti agli oneri di urbanizzazione, relativamente a tutti e tre i corpi di fabbrica cosi come in precedenza richiesti dal Comune.

1.5 Il 21 luglio 2006, l’odierna appellante ha comunicato all’Amministrazione comunale l’intenzione di procedere al completamento dei lavori ex art. 35 L. 47/1985.

1.6 Con tre note, rispettivamente nn. 5672, 5673, 5674 del 28.8.2006, il Comune ha diffidato la soc. Cerimele dall’eseguire i lavori per l’ultimazione dei fabbricati e l’ha invitata a presentare il progetto di completamento relativo alle sole strutture realizzate e condonabili.

1.7 Con tre distinti ricorsi (iscritti rispettivamente al nrg 598, 599 e 600 del 2006), la Costruzioni Cerimele Srl ha impugnato dette note dinanzi al Tar dell’Abruzzo.

1.8 Il 9 giugno 2010 la Costruzioni Cerimele Srl ha notificato al Comune di Roccaraso separati atti di diffida e costituzione in mora intimando al Comune stesso di concludere i procedimenti di condono ancora in itinere.

1.9 Con nota n. 6060 del 28.9.2010, il Comune ha risposto a tale atto diffida. Tale nota è stata impugnata dalla Costruzioni Cerimele Srl con un ulteriore ricorso (iscritto al nrg 688 del 2010).

1.10 Nelle more dello svolgimento dei giudizi dinanzi al Tar, il Comune, con due provvedimenti del 22.11.2011, n. 7592 e n. 7591, ha revocato le note nn. 5673 e 5672, esprimendo, relativamente alle palazzine A e B, parere favorevole al rilascio del condono edilizio, condizionandolo ad alcune prescrizioni.

1.11 Con ricorso per motivi aggiunti, la società appellante ha impugnato anche i provvedimenti di condono prot. nn. 7591 e 7592 del 2011 ritenuti illegittimi nella parte in cui il Comune li ha sottoposti a prescrizioni.

2. Dopo aver riunito i diversi ricorsi per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, attenendo alla medesima vicenda procedimentale, il Tar dell’Abruzzo, Sezione prima, con sentenza n. 930/2014, ha così deciso:

2.1 Con riferimento ai ricorsi n.r.g. 598 e 599 del 2006, con cui sono state impugnate, rispettivamente, le note n. 5672 del 2006 (relativa alla palazzina A) e n. 5673 del 2006 (relativa alla palazzina B) il primo giudice ha dato atto della sopravvenuta carenza di interesse perché, successivamente all’instaurazione del giudizio, con due provvedimenti del 22.11.2011, n. 7592 e n. 7591, il Comune di Roccaraso ha revocato le note nn. 5673 e 5672, impugnate con i ricorsi introduttivi, esprimendo relativamente alle palazzine A e B parere favorevole al rilascio del condono edilizio, seppur subordinatamente ad alcune prescrizioni (su questi due ultimi provvedimenti si tornerà nel prosieguo, quando si parlerà del ricorso per motivi aggiunti che li hanno riguardati).

La revoca delle note impugnate in via principale ha fatto venir meno l’interesse alla loro impugnativa.

2.2 Il ricorso iscritto al nrg 600 del 2006 (che aveva ad oggetto la nota n. 5674 del 28.8.2006 con la quale il Comune aveva intimato all’odierna appellante di non dare corso all’esecuzione dei lavori per l’ultimazione della palazzina C di cui alla comunicazione del 21.7.2004 e l’aveva invitata a presentare il progetto di completamento relativo alle sole strutture realizzate e condonabili) è stato separato dagli altri e deciso con autonoma sentenza (anch’essa impugnata dalla soc. Cerimele).

2.3 Anche il quarto ricorso (n. 688 del 2010) con il quale la Costruzioni Cerimele Srl ha impugnato la nota n. 6060 del 28.9.2010, con cui il Comune di Roccaraso ha risposto al suo atto di diffida e messa in mora, volto alla definizione dei procedimenti di condono edilizio nn. 556, 557 e 558, rifiutandosi di provvedere in pendenza dei ricorsi presentati dinnanzi al Tar è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto con due successivi provvedimenti del 22.11.2011, n. 7592 e n. 7591, il Comune resistente ha revocato le note nn. 5673 e 5672, esprimendo relativamente alle palazzine A e B, parere favorevole al rilascio del condono edilizio, seppur subordinatamente ad alcune prescrizioni, e, relativamente alla palazzina C, con nota n. 1860 del 6.3.2013, ha comunicato l’avvio del procedimento di diniego dell’istanza di condono edilizio.

Ha sostenuto il primo giudice che la nota impugnata con cui l’Amministrazione comunale si è rifiutata di provvedere sull’istanza della società ricorrente è stata superata dai successivi atti con cui sono stati revocati i provvedimenti di diffida a eseguire i lavori di completamento delle opere oggetto di istanza di condono ed è stato espresso parere favorevole alla sanatoria, individuando specifiche prescrizioni da osservare a tal fine. Peraltro, avendo l’Amministrazione espressamente provveduto rispondendo all’istanza della società ricorrente, non era più configurabile alcuna sua eventuale inerzia.

2.4 Infine, il primo giudice ha ritenuto parzialmente fondato il ricorso per motivi aggiunti, con il quale la società Cerimele ha impugnato i provvedimenti del 22.11.2011, n. 7592 e n. 7591, con cui il Comune resistente ha revocato le note nn. 5673 e 5672, esprimendo relativamente alle palazzine A e B, parere favorevole al rilascio del condono edilizio, subordinatamente ad alcune prescrizioni.

Secondo il Tar per l’Abruzzo l’Amministrazione comunale poteva subordinare il rilascio del titolo edilizio in sanatoria sia alla realizzazione della strada di accesso al lotto ove insistono i due fabbricati in questione, sia alla partecipazione pro quota delle spese per le opere di urbanizzazione primaria da quantificare da parte dell’ufficio tecnico. L’Amministrazione comunale, invece, non poteva subordinare il rilascio del condono edilizio all’assunzione dell’impegno di adeguarsi alle urbanizzazioni definitive che saranno in futuro realizzare dall’Amministrazione comunale o per suo conto, stante l’incertezza e l’indeterminatezza di questo impegno, nonché alla rinuncia ai ricorsi pendenti dinnanzi all’Autorità giudiziaria, soprattutto perché si imponeva un’accettazione della compensazione delle spese di lite. Entro questi limiti gli atti gravati sono stati dichiarati illegittimi.

3. La società Cerimele Costruzioni ha proposto appello avverso la sentenza del Tar per l’Abruzzo 930/2014 sulla base dei motivi che saranno più avanti analizzati.

4. Si è costituito in appello il Comune di Roccaraso chiedendo il rigetto del gravame.

5. Questa Sezione, con ordinanza n. 3314, pronunciata in camera di consiglio il giorno 22 aprile 2021, ha chiesto all’appellante di depositare in giudizio il ricorso introduttivo di primo grado al fine di stabilire se vi sia stata omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno da ritardo che si asseriva proposta, appunto, con il ricorso introduttivo di primo grado.

6. Con ordinanza n. 8040, pronunciata nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2021, questo Collegio ha poi disposto: a) di acquisire agli atti del processo la perizia di parte (richiamata nell’atto di appello, relativa alla quantificazione dei danni);
b) di decidere la presente causa unitamente al ricorso in appello recante n. 3676 del 2016 proposto avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per Abruzzo, Sez. I, 22 ottobre 2015, n.716, che ha deciso una causa connessa a quelle decise con la sentenza impugnata nel presente processo di appello.

7. L’appellante ha depositato in giudizio i documenti richiesti nelle citate ordinanze istruttorie di questa Sezione. Anche il connesso ricorso in appello n. 3676/2016 è stato iscritto al ruolo dell’udienza pubblica del 10 marzo 2022.

8. All’udienza del 10 marzo 2022 l’appello è stato trattenuto per la decisione.

9. L’appello è infondato.

10. Con il primo motivo di appello (rubricato: Error in indicando e in procedendo . Omessa pronuncia. Violazione del principio tra chiesto e pronunciato. Violazione degli artt. 112 c.p.c, 30, 39 e 117 c.p.a. e 24 Costituzione) si sostiene che la sentenza appellata sarebbe viziata nella parte in cui non avrebbe deciso sull'azione risarcitoria autonomamente proposta dalla ditta appellante nel giudizio n.r.g. 688/2010.

Il motivo è infondato.

L’istanza risarcitoria è stata proposta dall’appellante nell’ultimo dei quattro giudizi proposti in primo grado, precisamente il ricorso 688/2010, con il quale è stata impugnata la nota n. 6060 del 28.9.2010, con cui il Comune di Roccaraso ha risposto all’atto di diffida e messa in mora, volto alla definizione dei procedimenti di condono edilizio nn. 556, 557 e 558.

Relativamente a detto ricorso, nella sentenza impugnata si legge quanto segue:

Con ricorso ritualmente notificato (iscritto al nrg 688 del 2010), la Costruzioni Cerimele Srl impugnava la nota n. 6060 del 28.9.2010, con cui il Comune di Roccaraso aveva risposto al suo atto di diffida volto alla definizione dei procedimenti di condono edilizio nn. 556, 557 e 558, rifiutandosi di provvedere in pendenza dei ricorsi presentati dinnanzi al Tar.

Parte ricorrente chiedeva, pertanto, all’adito Tribunale di annullare la nota impugnata, di dichiarare l’inerzia del Comune resistente sulle istanze di condono per cui è causa e di condannare l’Amministrazione al risarcimento dei danni subiti, allegando violazione di legge ed eccesso di potere ”.

Il primo giudice, pertanto, aveva ben presente l’esistenza della domanda risarcitoria.

Sul punto conviene richiamare il principio secondo il quale: “ Laddove una sentenza menzioni nella parte descrittiva in fatto un motivo di doglianza, pur se ometta di pronunciarsi espressamente su di esso nella parte motiva, ciò non configura un vizio di omessa pronuncia, dovendosi considerare la pronuncia sul punto implicita nella statuizione complessiva della sentenza ” (Consiglio di Stato, sez. V, 03/06/2021, n. 4225).

Il primo giudice ha ritenuto implicitamente infondata la domanda di risarcimento.

10.1 In ogni caso, anche il Collegio ritiene infondata la domanda di risarcimento.

Come è noto, la risarcibilità del danno derivante dalla violazione del termine per provvedere presuppone la sussistenza dei presupposti di carattere oggettivo e soggettivo. Con l'ulteriore precisazione che la valutazione di questi ultimi (dolo o colpa della p.a.) non può essere fondata soltanto sul dato oggettivo del superamento del termine di conclusione del procedimento amministrativo;
in ogni caso, infatti, occorre quantomeno verificare se il comportamento dell'apparato amministrativo abbia travalicato i canoni della correttezza e della buona amministrazione, ovvero sia trasmodato in negligenza, omissioni o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili;
ne consegue che la responsabilità deve essere negata quando la violazione dei termini procedimentali sia dipesa dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali o dall'incertezza del quadro normativo di riferimento o dalla complessità della situazione di fatto (Consiglio di Stato, sez. V, 02/08/2021, n. 5648).

Si deve ricordare, inoltre, che il risarcimento del danno per il silenzio serbato dall'Amministrazione su un'istanza del privato — anche ammesso che i presupposti per configurare il silenzio inadempimento sussistano — equivale al risarcimento di un danno per ritardo nel provvedere e come tale non può essere accordato se non viene dimostrata la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero se non si dimostra che, con ragionevole probabilità, l'Amministrazione avrebbe dovuto accogliere l'istanza del privato, sulla quale non ha provveduto, e accordargli così il bene della vita con essa richiesto (Consiglio di Stato, sez. IV, 01/07/2021, n. 5033).

Nel caso di specie è certamente vero che dal momento in cui l’appellante ha proposto istanza di condono al momento in cui il Comune di è pronunciato su di esso sono trascorsi molti anni.

Ma è altrettanto vero che non può essere imputato al Comune un comportamento neghittoso né tantomeno colpevolmente dilatorio.

Una domanda di condono può essere accolta solo se risultano rispettati tutti i presupposti di operatività della normativa rilevante e vengano posti in essere gli adempimenti richiesti (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 20/05/2021, n. 3904).

Uno dei presupposti è l’acclarata titolarità dell’area. Nel caso di specie molto tempo è trascorso dal momento della proposizione della domanda di condono perché è sorto il dubbio che le opere fossero state costruite su suoli gravati da uso civico (vedi art. 32, comma 4, legge 47/85). Solo nel 2003 si è avuta la sentenza che ha accertato la natura privata dei beni in questione. Non è imputabile al Comune il fatto che ci sia voluto tanto tempo per definire uno dei tanti presupposti necessari per deliberare (in un modo o nell’altro) sulla domanda di condono.

Dalla documentazione prodotta in giudizio, risulta che tra il 2003 (data della sentenza che ha acclarato la natura privata del suolo) e il 2006 (data di proposizione dei primi tre ricorsi) il Comune non sia rimasto inerte, ma abbia posto in essere attività tipiche della fase istruttoria di una pratica di condono edilizio. Dopo la proposizione dei ricorsi il Comune ha diligentemente deciso di attendere il pronunciamento del giudice amministrativo così da avere un quadro giuridico di riferimento certo entro il quale muoversi.

Da tutte le considerazioni esposte discende che, nella specie, non è possibile imputare all’amministrazione qualsivoglia responsabilità.

11. Con il secondo motivo di appello (rubricato: Violazione e falsa applicazione dell'art. 34, c. 3 c.p.a. Omessa pronuncia. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto) si sostiene che la sentenza appellata sarebbe altresì viziata nella parte in cui dichiara l'improcedibilità del ricorso n.r.g. 688/2010 per sopravvenuto difetto di interesse senza provvedere ad accertare e dichiarare l'illegittimità dell’impugnata nota prot. n. 6060/2010 (con cui il Comune ha opposto il rifiuto a concludere i procedimenti di condono in corso) nonché del silenzio fino ad allora colpevolmente serbato dall'amministrazione comunale sulle istanze di condono. L’appellante avrebbe avuto interesse ad ottenere una statuizione sui punti appena indicati per via della domanda risarcitoria proposta nello stesso ricorso 688/2010.

Anche questo motivo di appello è infondato alla luce delle considerazioni appena svolte.

Correttamente il giudice di primo grado ha dichiarato improcedibile il ricorso 688/2010 per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto, come si è visto, con due successivi provvedimenti del 22.11.2011, n. 7592 e n. 7591, il Comune ha revocato le note nn. 5673 e 5672, esprimendo relativamente alle palazzine A e B, parere favorevole al rilascio del condono edilizio, seppur subordinatamente ad alcune prescrizioni, e, relativamente alla palazzina C, con nota n. 1860 del 6.3.2013, ha comunicato l’avvio del procedimento di diniego dell’istanza di condono edilizio.

Secondo il lineare ragionamento del Tar appare evidente, da un lato, che la nota impugnata, con cui l’Amministrazione comunale si è di fatto rifiutata di provvedere sull’istanza della società ricorrente, è stata superata dai successivi atti con cui ha revocato i provvedimenti di diffida a eseguire i lavori di completamento delle opere oggetto di istanza di condono e ha espresso parere favorevole alla sanatoria, individuando specifiche prescrizioni da osservare a tal fine. Dall’altro, avendo l’Amministrazione espressamente provveduto rispondendo all’istanza della società ricorrente, non è più configurabile alcuna sua eventuale inerzia.

La sentenza di primo grado ha escluso che ci fossero i presupposti tanto per affermare l’inerzia dell’amministrazione (che avrebbe legittimato un’azione di responsabilità) quanto per considerare sussistente un’ipotesi di silenzio.

In ogni caso conviene richiamare quanto detto al punto precedente: non si può parlare nella specie di un inutile decorso del tempo ai fini del formarsi della fattispecie del silenzio, perché l’amministrazione ha volta per volta indicato i requisiti che dovevano essere integrati per poter giungere ad una pronuncia sulla domanda di condono (decisione che alla fine è stata presa una volta acquisiti tutti gli elementi istruttori necessari). Ad ulteriore conforto di tale affermazione si può citare il principio sancito dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. II , 28/09/2020, n. 5693 secondo il quale “ Ai fini della formazione del silenzio -assenso su domanda di condono edilizio, il termine biennale, previsto dall'art. 35 della Legge n. 46/1985, non decorre nel caso in cui la domanda sia carente dei documenti necessari ad identificare compiutamente le opere oggetto della richiesta sanatoria, conseguentemente quando manca la prova della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti, il termine di ventiquattro mesi decorre, in caso di incompletezza della domanda o della documentazione inoltrata a suo corredo, dal momento in cui tali carenze siano state eliminate ad opera della parte interessata ”.

Del pari, nella specie, non esistono i presupposti per addossare all’amministrazione una responsabilità da ritardo.

Si deve concludere che non trovano fondamento le considerazioni svolte dall’appellante circa la mancata conclusione da parte del Comune del procedimento di condono. Da un lato perché il procedimento alla fine si è concluso, dall’altro perché si è concluso non appena questo è stato possibile. Il Comune poteva esprimersi solo dopo che fossero stati acquisiti tutti gli elementi necessari. In questo caso, acclarare questi elementi ha richiesto molto tempo (come, ad esempio, attendere gli esiti del giudizio circa l’effettiva natura privata dei suoli).

12. Con il terzo motivo di appello (rubricato: Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione e falsa applicazione art. 31, 34 c.p.a. Violazione e falsa applicazione artt. 2, 2- bis l. 241/1990) si sostiene che la sentenza appellata sarebbe viziata nella parte in cui dichiara l'improcedibilità del ricorso n.r.g. 688/2010 relativamente alla palazzina C: il TAR - in mancanza di un provvedimento conclusivo del procedimento - avrebbe dovuto accertare e dichiarare l'illegittimo inadempimento del Comune all'obbligo di concludere il procedimento e la relativa condanna ad adempiere.

La censura è infondata.

Le vicende relative alla palazzina C trovano coronamento nel ricorso n.r.g. 600 del 2006 che aveva ad oggetto la nota n. 5674 del 28.8.2006 con la quale il Comune aveva intimato all’odierna appellante di non dare corso all’esecuzione dei lavori per l’ultimazione della palazzina C di cui alla comunicazione del 21.7.2004 e l’aveva invitata a presentare il progetto di completamento relativo alle sole strutture realizzate e condonabili. Il ricorso 600/2006 è stato separato dal primo giudice e deciso con autonoma sentenza (anch’essa impugnata dalla soc. Cerimele: appello che, come detto, è stato ugualmente trattato all’udienza pubblica del 10 marzo 2022).

L’appellante ritiene che, nel presente giudizio, il ricorso n.r.g. 600/2006 abbia rilevanza sempre al fine di accertare l’inadempimento dell’obbligo del Comune di concludere il procedimento. Si è già detto, però, che nella specie non è riscontrabile un inadempimento del Comune. Quest’ultimo avrebbe potuto pronunciarsi sull’istanza di condono solo in presenza di tutti i presupposti previsti dalla legge e tali presupposti si sono concretizzati in tempi dilatati non per causa imputabile al Comune.

13. Con il quarto motivo di appello (rubricato: Error in iudicando . Violazione e falsa applicazione della l. 47/1985, artt. 31, 32, 35, 43 e 45. Violazione del d.p.r. 380/2001. Difetto di motivazione. Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto) si sostiene che la sentenza n. 930/2014 del TAR dell’Abruzzo sarebbe viziata anche nella parte in cui non accoglie integralmente i motivi aggiunti nel ricorso n.r.g. 688/2010.

La censura è infondata.

Con il ricorso per motivi aggiunti, l’odierno appellante aveva impugnato i provvedimenti del 22.11.2011, n. 7592 e n. 7591, con cui il Comune ha revocato le note nn. 5673 e 5672, esprimendo relativamente alle palazzine A e B, parere favorevole al rilascio del condono edilizio, subordinatamente ad alcune prescrizioni.

In particolare, il Comune di Roccaraso ha ritenuto di poter esprimere il proprio assenso al rilascio del condono edilizio, seppur limitatamente alle palazzine A e B, così revocando i precedenti atti di diffida alla prosecuzione dei lavori (nn. 5672 e 5673 del 2006), alle seguenti condizioni: a) progettazione e realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie alla sistemazione della strada di accesso a spese della Costruzioni Cerimele Srl, previa approvazione delle opere da eseguire da parte dell’Amministrazione comunale e di apposita convenzione;
b) presentazione di apposita polizza fideiussoria;
c) partecipazione alle spese relative alle opere di urbanizzazione principale a servizio dell’intero comprensorio ed in corso di realizzazione, necessarie per il collegamento con i terreni di proprietà della società Cerimele;
d) impegno a collegarsi alle future opere di urbanizzazione;
e) rinuncia ai ricorsi pendenti;
f) presentazione delle autorizzazioni e dei nulla osta eventualmente necessari.

L’appellante sostiene che il rilascio del condono edilizio non può essere subordinato a condizioni.

La sentenza appellata non contesta questa affermazione in linea di principio, ma si è limitata a fare applicazione, nella specie, di una precisa disposizione di legge, ovvero l’articolo 35, comma 13, della legge 47/85 che così recita: “ Per le costruzioni ed altre opere di cui al primo comma dell'art. 31, realizzate in comprensori la cui lottizzazione sarebbe dovuta avvenire a norma dell'art. 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765, il versamento dovuto per l'oblazione di cui all'art. 31 non costituisce titolo per ottenere il rilascio della concessione edilizia in sanatoria, che resta subordinata anche all'impegno di partecipare pro quota agli oneri di urbanizzazione dell'intero comprensorio in sede di stipula della convenzione ”.

Il primo giudice ha correttamente ritenuto che tale norma sia applicabile al caso di specie visto che l’originaria licenza edilizia n. 95 del 1968 è stata annullata in quanto rilasciata appunto in violazione della legge n. 765 del 1967 relativamente al divieto di lottizzazione in difetto di PRG e in assenza della previsione delle opere di urbanizzazione primaria.

Su questa base ha correttamente concluso che l’Amministrazione comunale, quindi, ben poteva subordinare il rilascio del titolo edilizio in sanatoria sia alla realizzazione della strada di accesso al lotto ove insistono i due fabbricati in questione, sia alla partecipazione pro quota delle spese per le opere di urbanizzazione primaria da quantificare da parte dell’ufficio tecnico.

Ed altrettanto correttamente ha ritenuto che fosse precluso all’Amministrazione comunale di subordinare il rilascio del condono edilizio all’assunzione dell’impegno di adeguarsi alle urbanizzazioni definitive che saranno in futuro realizzate dall’Amministrazione comunale o per suo conto, stante l’incertezza e l’indeterminatezza di questo impegno, nonché alla rinuncia ai ricorsi pendenti dinnanzi all’Autorità giudiziaria.

14. Per le ragioni esposte l’appello deve essere rigettato.

Sussistono buoni motivi per compensare le spese del giudizio.

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