Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-08-08, n. 202206998

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-08-08, n. 202206998
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206998
Data del deposito : 8 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/08/2022

N. 06998/2022REG.PROV.COLL.

N. 07640/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7640 del 2020, proposto da
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Domina International Sa e Domina International Sa - Italian Branch, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati P P e S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Paolo Lazzari, Associazione Federcontribuenti Italia, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 05524/2020, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Domina International Sa e di Domina International Sa - Italian Branch;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2022 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Pio Giovanni Marrone e l’avvocato P P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con provvedimento del 30 gennaio 2019 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (per brevità, anche AGCM o Autorità) ha ritenuto che le società Domina Vacanze s.p.a., Domina s.r.l., Hit Hotel s.r.l. e Domina International SA, avessero posto in essere una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo, consistente nella attività di promozione e vendita di unità immobiliari in “comproprietà alberghiera” situate in varie località turistiche d’Italia e del mondo.

Per l’effetto, è stata vietata la diffusione o la continuazione della medesima pratica, è stato ordinato ai professionisti di porre termine all’infrazione accertata, nonché sono state irrogate sanzioni amministrative pecuniarie, pari a € 160.000,00 quanto alla società Domina Vacanze s.p.a., € 150.000,00 quanto alla società Domina s.r.l., € 135.000,00 quanto alla società Hit Hotel s.r.l. ed € 60.000,00 quanto alla società Domina International SA.

In particolare, alla stregua di quanto contestato dall’Autorità, la scorrettezza dei comportamenti in esame avrebbe riguardato: i) l’ingannevolezza delle comunicazioni commerciali utilizzate dai professionisti (sito internet www.domina.it , modulistica contrattuale, altre comunicazioni) circa la natura e le caratteristiche principali dell’offerta, il costo del prodotto, il diritto di recesso spettante ai consumatori, gli elementi identificativi e il ruolo dei professionisti coinvolti, nonché ii) l’aggressività dell’attività post-vendita realizzata attraverso l’esercizio di un indebito condizionamento volto ad ottenere, anche mediante l’ostacolo all’esercizio dei diritti dei consumatori, somme non dovute ovvero l’acquisto di altri prodotti.

2. La Domina International SA e la Domina International Sa Italian Branch hanno impugnato il provvedimento dell’Autorità, denunciandone l’illegittimità sotto plurimi profili.

3. Il Tar Lazio, ricostruito l’oggetto del provvedimento impugnato e rilevato che l’Autorità aveva correttamente applicato al caso di specie la disciplina in tema di pratiche commerciali scorrette di cui agli artt. 21, 22, 24 e 25 del Codice del consumo (con conseguente infondatezza del motivo di ricorso incentrato sulla violazione del principio di specialità), ha ritenuto che la parte ricorrente fosse estranea alla pratica commerciale contestata.

Secondo quanto rilevato dal primo giudice, infatti, l’Autorità aveva descritto e analizzato la complessa attività di commercializzazione di quote di comproprietà alberghiera, dal primo contatto alla sottoscrizione della proposta e, infine, alla gestione del rapporto e alla sua eventuale risoluzione, attribuendone la conduzione esclusivamente a due attori, ossia Domina Vacanze S.p.a. (proprietaria) e Domina S.r.l. (intermediaria).

La ricorrente risultava, invece, incaricata di curare la comunicazione della TAA ai clienti dell'Hotel "Domina Coral Bay" localizzato a Sharm El Sheikh, rientrante nell'ambito delle strutture gestite in collaborazione tra le società Domina Vacanze S.p.A. e Domina S.r.l.

Quanto alla determinazione e all’aggiornamento delle TAA il Provvedimento non risultava, a giudizio del Tar, molto chiaro né nell’individuarne l’effettivo autore né nell’indicare l’eventuale scorrettezza nel calcolo delle stesse, limitandosi ad affermare che “ L'oscurità dell'informazione relativa al pagamento della TAA è desumibile dall'esame del contenuto delle lettere inviate da Hit Hotel S.r.l. e da Domina International ai consumatori nel corso dell'esecuzione del contratto ”.

Secondo quanto dato atto dalla stessa Autorità, Domina International aveva affermato che non avrebbe avuto rapporti con le società Domina Vacanze S.p.A. e Domina S.r.l. in ordine ai prodotti di cui alle strutture ricettive oggetto di contestazione.

A fronte di tali rilievi, l’affermazione dell’Autorità - secondo cui la ricorrente aveva svolto un ruolo attivo nella condotta contestata, consistente nel fornire informazioni omissive e decettive sulle condizioni dell'offerta e sugli oneri incombenti sul consumatore per usufruire del bene, in particolare per quanto concernente la comunicazione della TAA - risultava assiomatica, rappresentando un evidente salto logico, per non avere l’Autorità dimostrato, neanche presuntivamente, il coinvolgimento della società Domina International nella pratica aggressiva e scorretta per come perimetrata nel provvedimento impugnato.

In particolare, non risultava che la società Domina International avesse fornito comunicazioni commerciali ingannevoli circa la natura e le caratteristiche principali dell'offerta, il costo del prodotto, il diritto di recesso spettante ai consumatori, gli elementi identificativi e il ruolo dei professionisti coinvolti, non avendo mai svolto attività di promozione e commercializzazione del prodotto, né che avesse posto in essere attività post-vendita aggressiva attraverso l'esercizio di un indebito condizionamento volto ad ottenere, anche mediante l'ostacolo all'esercizio dei diritti dei consumatori, somme non dovute ovvero l'acquisto di altri prodotti.

La richiesta della TAA ai singoli comproprietari risultava un profilo peraltro meramente accennato e non fatto oggetto di particolari approfondimenti, facendosi, comunque, questione, per quanto emergente dal provvedimento, di uno degli elementi concorrenti a definire l’ingannevolezza e l’oscurità della proposta contrattuale, più che l’espressione di una specifica attività aggressiva della ricorrente in costanza del rapporto contrattuale.

Si era in presenza, dunque, di un esecutore, più che di un coautore della pratica commerciale scorretta ed aggressiva.

In definitiva, il Provvedimento risultava viziato da eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione in ordine allo specifico coinvolgimento della società ricorrente e al suo contributo concausale nel porre in essere la condotta contestata, essendo scarno e fumoso il corredo probatorio addotto dall’Autorità e carente la motivazione circa la responsabilità della ricorrente.

4. L’Autorità ha proposto appello avverso la sentenza di prime cure, deducendone l’erroneità per non avere adeguatamente considerato il contributo causale fornito da Domina International SA alla pratica in esame, tale da integrare un concorso nell’illecito contestato.

5. Le società Domina International SA e Domina International Sa Italian Branch si sono costituite in giudizio, resistendo all’appello principale e riproponendo i motivi di ricorso assorbiti in primo grado.

In particolare, le società, in subordine, “ per la denegata ipotesi di accoglimento dell’appello principale, ai sensi dell’art. 101, comma 2, del c.p.a ” (pag. 3 memoria di costituzione), hanno riproposto il secondo, il terzo, il quarto motivo di ricorso, diretti a denunciare l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio, per:

- la violazione dell’art. 9, comma 2, Delibera AGCM n. 25411 del 2015, tenuto conto che la notifica del provvedimento di integrazione soggettiva risultava eseguita, quanto alla società Domina International SA, presso la branch italiana, anziché presso la sede legale in Svizzera;

- la violazione delle garanzie partecipative previste in favore del professionista, avendo l’Autorità inviato le comunicazioni inerenti al procedimento direttamente alla Domina International SA – Italian Branch, sebbene la stessa avesse eletto domicilio presso il proprio legale, manifestando la volontà di ricevere ogni pertinente comunicazione presso il medesimo;
il che avrebbe precluso al professionista di presentare memorie e di chiedere l’audizione;

- la violazione degli artt. 31 L. n. 287/90 e 14 L. n. 689/81, per avere l’Autorità comunicato soltanto al difensore domiciliatario il provvedimento conclusivo del procedimento, sebbene nessuna procura con elezione di domicilio fosse stata conferita dalla società Domina International SA;

- la radicale estraneità della società ricorrente rispetto alla pratica commerciale contestata, in relazione sia alle comunicazioni commerciali inviate ai consumatori che alle attività post-vendita;

- il carattere sproporzionato della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata, peraltro pure inficiata da un travisamento dei fatti e da un errore di calcolo.

6. Le appellate hanno insistito nelle rispettive conclusioni con il deposito di memoria conclusionale, cui ha replicato l’Autorità appellante.

7. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 14 aprile 2022.

8. Con il ricorso in appello l’Autorità censura la sentenza di prime cure, evidenziando come la società Domina International SA, diversamente da quanto erroneamente ritenuto dal Tar, fosse compartecipe della pratica commerciale scorretta per cui è controversia, non potendo, dunque, ritenersi soggetto ad essa estraneo.

Al riguardo, l’Autorità, nel richiamare i rilievi svolti nell’ambito del provvedimento impugnato in primo grado, in relazione alla specifica condotta dell’odierna appellata, deduce che:

- la società Domina International SA risultava incaricata della comunicazione della TAA ai clienti dell’Hotel “Domina Coral Bay” localizzato a Sharm El Sheikh, rientrante nell’ambito delle strutture gestite in collaborazione tra le società Domina Vacanze S.p.A. e Domina S.r.l;

- le tariffe da corrispondere, a cura del consumatore, per ogni unità ricettizia e il criterio di aggiornamento erano comprese nella tabella delle “ tariffe agevolate ” allegata al capitolato (o contratto) dei servizi alberghieri;
con specifico riferimento all’individuazione della tariffa alberghiera agevolata, invece, essa veniva indicata nel preliminare in una somma predeterminata per l’anno di sottoscrizione nell’ambito della “ scheda dati ” e, al contempo, veniva richiamata nelle condizioni generali del preliminare, rinviandosi al suo aggiornamento da parte del gestore alberghiero e a quanto previsto nel contratto di gestione dei servizi alberghieri;

- l’oscurità dell’informazione relativa al pagamento della TAA risultava desumibile dall’esame del contenuto delle lettere inviate da Domina International SA ai consumatori nel corso dell’esecuzione del contratto;

- i professionisti avevano pure modificato i parametri di computo della TAA per una delle strutture in esame senza informare adeguatamente i consumatori.

Sulla base di tali rilievi l’Autorità evidenzia come la struttura Domina Coral Bay rientrasse tra le strutture gestite in collaborazione tra le società Domina Vacanze S.p.A. e Domina S.r.l. – alla stregua di quanto risultante dal contratto da esse siglato nel 2014 e dal sito internet www.domina.it – nonché la società Domina International avesse partecipato attivamente alla pratica censurata nella misura in cui aveva proceduto alla concreta determinazione e all’incasso della TAA – sulla base di parametri non chiaramente indicati nei contratti a monte – aggiornando detta Tariffa e richiedendola – direttamente – ai consumatori, senza indicare peraltro in maniera chiara le modalità di computo sulla base dei quali veniva calcolata e aggiornata.

Si farebbe, dunque, questione della fase attuativa della complessa pratica contestata all’Autorità, in assenza della quale la stessa pratica non si sarebbe potuta realizzare.

Il Tar non avrebbe neppure tenuto conto della giurisprudenza amministrativa formatasi in materia di coautore o partecipante alla pratica illecita, dovendo ascriversi la responsabilità dell’illecito anche in capo a chi, con il proprio contributo, abbia agevolato l’altrui condotta illecita, traendone un diretto vantaggio economico, anche in assenza di un’interazione diretta del professionista con il consumatore.

Alla luce di tali principi, la società Domina International SA avrebbe dovuto essere considerata una coautrice della pratica, con conseguente legittimità del giudizio di responsabilità ascritto a suo carico con il provvedimento impugnato in prime cure.

Peraltro, non avrebbe potuto diversamente argomentarsi qualificando la Domina International SA come mera esecutrice, in quanto anche tale attività avrebbe integrato una forma di concorso nell’illecito ai sensi dell’art. 5 L. n. 689/81.

9. Al fine di statuire sulle censure impugnatorie svolte dall’Autorità, occorre:

- preliminarmente, ricostruire gli elementi costitutivi della pratica commerciale scorretta e verificare le condizioni in presenza delle quali tale pratica possa essere ascritta ad una pluralità di professionisti in concorso tra di loro;

- all’esito, tenuto conto della natura dell’illecito consumeristico per cui è causa - per come ricostruito sulla base delle pertinenti disposizioni normative -, nonché delle specifiche contestazioni sollevate dall’Autorità in sede amministrativa, valutare se la società Domina International SA potesse effettivamente ritenersi un compartecipante dell’illecito e, dunque, sotto tale profilo, potesse essere sanzionata con il provvedimento impugnato in primo grado.

10. Iniziando la disamina dalla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, occorre richiamare, in primo luogo, la Direttiva 2005/29/CE, con cui il legislatore europeo ha introdotto il divieto di pratiche commerciali sleali, articolate in ingannevoli e aggressive (13° considerando).

La ratio alla base di tale disciplina è stata individuata nell’esigenza di assicurare il corretto funzionamento del mercato interno e di garantire un livello elevato di tutela dei consumatori (Corte di Giustizia, 26 ottobre 2016, in causa C-611/14, punto 25): tale obiettivo si fonda sulla circostanza che, rispetto a un professionista, il consumatore si trova in una posizione di inferiorità, in particolare in relazione al livello di informazioni possedute (Corte di Giustizia, sentenza del 13 settembre 2018, in cause C-54/17 e C-55/17, punto 54)

Tale disciplina è stata attuata, in ambito nazionale, dal codice del consumo (D. Lgs. 206/05), incentrato sul divieto di pratiche commerciali scorrette (art. 20), parimenti articolate in ingannevoli (artt. 21 — 23) e aggressive (artt. 24-26).

Affinché venga violato il relativo divieto, occorre che si sia in presenza di una pratica commerciale e che tale pratica realizzi la doppia condizione di essere contraria alle norme di diligenza professionale, nonché di falsare o essere idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto preso in esame (Corte di Giustizia, 7 settembre 2016, in causa C-310/15, punto 32 e Consiglio di Stato, sez. VI, 7 marzo 2019, n. 1585).

In particolare, ai sensi del titolo III della parte II del D. Lgs. n. 206/05, per pratiche commerciali scorrette si intendono tutti i comportamenti tenuti da professionisti che siano oggettivamente “correlati” alla “promozione, vendita o fornitura” di beni o di servizi a consumatori, posti in essere anteriormente, contestualmente o anche posteriormente all'instaurazione dei rapporti contrattuali. La condotta tenuta dal professionista può consistere in dichiarazioni, atti materiali, o anche semplici omissioni (nelle ipotesi in cui le regole di diligenza impongano una condotta commissiva).

La nozione di “pratica” commerciale evoca, dunque, il concetto di “attività” – anziché di “atto” – svolta dall’imprenditore o dal professionista. Si tratta, pertanto, di un comportamento che ha valenza generale che si inserisce, in quanto tale, nell’ambito di una strategia di impresa o professionale finalizzata a trarre illeciti vantaggi economici con pregiudizio delle parti contrattuali deboli (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 febbraio 2020, n. 1428;
Id.;
11 novembre 2019, n. 7699).

10.1 Tale pratica commerciale, per potere essere considerata scorretta, deve, in primo luogo, essere contraria alle norme di diligenza professionale, locuzione da intendere come richiamo (non alla colpa ma) alla buona fede quale regola di condotta oggettiva alla quale la parte professionale deve conformare la propria attività concreta.

Occorre, in particolare, verificare se il comportamento del professionista manifesti l'inosservanza delle pratiche di mercato oneste o del principio generale della buona fede nel suo settore di attività, alla luce delle aspettative legittime di un consumatore medio (Corte di Giustizia, 7 settembre 2016, in causa C-310/15, punto 34;
sentenza del 12 maggio 2011, C-122/10, punto 22).

10.2 La pratica deve, in secondo luogo, falsare o essere idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto.

Al riguardo, occorre prendere in considerazione il parametro del consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici (Corte di Giustizia, 12 giugno 2019, in causa C-628/17, punto 30). Tale riferimento è coerente con la nozione di “attività” di rilevanza generale che incide sul mercato e, pertanto, la pratica deve essere idonea a ledere la categoria dei consumatori che operano in quel determinato settore.

Il consumatore, per effetto della pratica commerciale (contraria alla diligenza professionale), deve essere condizionato nel compimento di una decisione commerciale, suscettibile di influire non solo nella costituzione, ma anche nello svolgimento del rapporto negoziale o nel compimento di attività successive alla sua esecuzione.

10.3 Il legislatore, dopo avere individuato gli elementi costitutivi della pratica commerciale scorretta:

- ha provveduto alla specificazione di due tipologie di pratiche scorrette, ingannevoli (di cui agli artt. 21 e 22 Cod. cons.) e aggressive (di cui agli artt. 24 e 25 Cod. cons.), rispettivamente idonee ad influire sulla consapevolezza e sulla libertà della decisione di natura commerciale;

- ha analiticamente individuato una serie di specifiche tipologie di pratiche commerciali (le c.d. ‘liste nere’) da considerarsi sicuramente ingannevoli e aggressive (art. 23 e 26 Cod. cons., cui si aggiungono le previsioni ‘speciali’ di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 21 e all’art. 22-bis Cod. cons.), senza che si renda necessario accertare la sua contrarietà alla «diligenza professionale» nonché dalla sua concreta attitudine «a falsare il comportamento economico del consumatore».

10.4 In termini generali, il carattere ingannevole di una pratica commerciale dipende dalla circostanza che essa non sia veritiera, in quanto contenente informazioni false, o che, in linea di principio, inganni o possa ingannare il consumatore medio, in particolare, quanto alla natura o alle caratteristiche principali di un prodotto o di un servizio e che, in tal modo, sia idonea a indurre il consumatore ad adottare una decisione di natura commerciale che non avrebbe adottato in assenza di tale pratica.

La condotta omissiva, poi, per essere considerata ingannevole, deve avere ad oggetto "informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno" per prendere una decisione consapevole.

10.5 Invece, è considerata aggressiva la pratica commerciale che, « tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso » (art. 24 Cod, cons.).

Gli elementi che valgono a connotare le pratiche commerciali aggressive sono rappresentati dall’elemento strutturale, integrato dagli atti di molestia, coercizione o indebito condizionamento, e dall’elemento funzionale, consistente nell’effetto distorsivo che la pratica induce sulla libertà di scelta del consumatore (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3723 e 4 luglio 2012, n. 3904).

Non deve trattarsi necessariamente di condizionamento illecito, rilevando anche un condizionamento che, fatta salva la sua liceità, comporti in modo attivo, attraverso una certa pressione, il condizionamento forzato della volontà del consumatore (Corte di Giustizia, 12 giugno 2019, in causa C-628/17, punto 33).

10.6 In definitiva, la pratica aggressiva, non incide, quanto meno necessariamente, sulla possibilità per il consumatore di acquisire gli elementi conoscitivi necessari circa il contenuto del contrarre, ma sulla stessa volontà di stipularlo pur in presenza di un giudizio negativo sulla sua convenienza.

In ciò la differenza tra la pratica commerciale aggressiva e la pratica ingannevole: mediante quest’ultima l’operatore scorretto si propone di ottenere la stipula di un contratto del cui contenuto il consumatore non è ben consapevole;
attraverso la pratica aggressiva, l’operatore si propone di condizionare la volontà del consumatore, facendogli concludere un contratto della cui convenienza non è convinto.

10.7 Le pratiche commerciali ingannevoli o aggressive costituiscono, infine, un "illecito di pericolo", con la conseguenza che deve essere effettuato un giudizio pronostico ex ante , avendo riguardo alla potenzialità lesiva del comportamento posto in essere dal professionista, indipendentemente dal pregiudizio causato in concreto al comportamento dei destinatari, indotti ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 febbraio 2020, n. 1428).

11. Le pratiche commerciali scorrette possono dare vita non soltanto ad una fattispecie monosoggettiva, in cui l’illecito è commesso da un unico professionista, ma anche (ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 27, comma 13, D. Lgs. n. 206/05 e 5 L. n. 689/81) ad una fattispecie plurisoggettiva, integrata dalla condotta di una pluralità di professionisti, concorrenti nella commissione di un illecito unitario.

In tali ipotesi, la portata delle disposizioni sanzionatorie viene estesa a condotte che, sebbene atomisticamente valutate non integrino gli estremi della pratica commerciale scorretta - non riproducendo tutti i suoi elementi costitutivi -, assumono, comunque, rilevanza sul piano giuridico, fornendo un contributo alla commissione dell’illecito consumeristico.

In tali ipotesi, l'illecito presenta una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutte le condotte di cui l'evento lesivo costituisce il risultato (Cass. civ. Sez. I, Sent., 8 febbraio 2016, n. 2406).

Al riguardo, la Sezione ha evidenziato come, ai fini della configurabilità della fattispecie del concorso di persone nell'illecito amministrativo, il contributo concorsuale assuma rilevanza non solo quando abbia una determinante efficacia causale, ponendosi come condizione indefettibile della violazione, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore, e dunque quando l'illecito, senza la condotta di agevolazione, sarebbe stato egualmente commesso, seppure con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà (Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 agosto 2011, n. 4800).

Il contributo causale, peraltro, potrebbe assumere rilevanza non soltanto materiale, ma anche morale (“ sul piano psichico ” - Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 giugno 2011, n. 3353), ad esempio quale induzione o determinazione alla commissione dell’illecito;
così come potrebbe manifestarsi pure in forma omissiva, specie a fronte di una posizione di garanzia ascrivibile in capo al professionista.

Sotto tale ultimo profilo, in particolare, assume rilievo la prassi, attuata da alcuni professionisti, di esternalizzare talune fasi dell’attività commerciale, attraverso il conferimento di incarichi a soggetti esterni all’impresa, in tale modo posti in condizione di intrattenere rapporti diretti con i consumatori nell’interesse o a vantaggio del committente.

Al riguardo, secondo quanto già precisato dalla Sezione (25 giugno 2019, n. 4357, 10 marzo 2021, n. 2033), l'interposizione di uno o più soggetti nel rapporto fra l'operatore commerciale e la clientela non potrebbe escludere la responsabilità del professionista committente.

In siffatte ipotesi, il canone della diligenza richiesta obbliga, infatti, a monitorare il comportamento dell’attività dei singoli collaboratori esterni e, ciò, al fine di evitare che l’esternalizzazione di alcune fati dell’attività commerciale svolta nei confronti dei consumatori possa costituire il presupposto idoneo a consentire una facile esimente da responsabilità per le condotte che egli stesso volesse assumere non riconducibili al fatto proprio.

Lungi dal configurare una responsabilità oggettiva del professionista, la mancata predisposizione di adeguati strumenti di controllo rappresenta, dunque, una condotta non conforme al normale grado della specifica diligenza, competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista.

In definitiva, il professionista è chiamato a rispondere delle condotte illecite, che, da un lato, gli ausiliari sono stati posti in condizione di compiere in ragione dello specifico incarico conferito dal professionista medesimo;
dall’altro, avrebbero potuto essere evitare attraverso un efficace sistema di monitoraggio e di controllo che il professionista avrebbe dovuto attuare nell’osservanza di obblighi di diligenza professionale sullo stesso gravanti.

L’omessa vigilanza e l’omessa effettiva reazione alla pratica commerciale scorretta compiuta dal proprio ausiliario generano, in altri termini, una responsabilità diretta del professionista che, tenendo una condotta omissiva, concorre nell’illecito del proprio collaboratore, rispondendone, dunque, personalmente in qualità di coautore.

12. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, è possibile soffermarsi sul caso di specie, verificando se, tenuto conto della natura dell’illecito consumeristico, integrato dalle pratiche commerciali scorrette come sopra ricostruito, nonché considerata la possibilità del concorso di persone nell’illecito (anche) amministrativo, possa ascriversi in capo alla società Domina International SA un contributo all’integrazione della violazione contestata con il provvedimento per cui è causa.

13. Come emergente dalla descrizione della condotta riportata al punto 8 del provvedimento impugnato in prime cure, oltre che dalle evidenze acquisite e dalle valutazioni alla base dell’accertamento amministrativo, le contestazioni mosse dall’Autorità riguardano:

- da un lato, l’ingannevolezza delle comunicazioni commerciali utilizzate dai professionisti (sito internet www.domina.it , modulistica contrattuale, altre comunicazioni) circa la natura e le caratteristiche principali dell’offerta, il costo del prodotto, il diritto di recesso spettante ai consumatori, gli elementi identificativi e il ruolo dei professionisti coinvolti;

- dall’altro, l’aggressività dell’attività postvendita realizzata attraverso l’esercizio di un indebito condizionamento volto ad ottenere, anche mediante l’ostacolo all’esercizio dei diritti dei consumatori, somme non dovute ovvero l’acquisto di altri prodotti.

13.1 Con specifico riferimento all’ingannevolezza delle comunicazioni commerciali, l’Autorità ha rilevato che:

- i messaggi veicolati attraverso il sito internet www.domina.it in ordine alla natura del diritto risultavano ingannevoli, ivi discorrendosi di comproprietà di una suite presso un complesso alberghiero di cui l’acquirente avrebbe potuto disporre e godere liberamente;
quando, invece il compratore avrebbe acquistato solo il diritto ad usufruire, in un periodo predeterminato dell’anno, della possibilità di soggiornare su una specifica unità abitativa nei periodi individuati in un apposito regolamento, per di più solo pagando regolarmente la tariffa alberghiera agevolata (per brevità, TAA) di cui non vi era menzione nel messaggio;

- parimenti, i messaggi veicolati sul sito internet www.domina.it dal 14.3.2018 al 10.12.2018 in ordine all’assenza di spese – in specie, viene valorizzato il claim “ no spese fisse, no stress. La libertà di soggiornare nella propria suite senza alcuna preoccupazione per la manutenzione e la gestione della proprietà e nessuna spesa fissa in caso di mancato utilizzo ” – risultavano parimenti ingannevoli, tenuto conto che, diversamente da quanto comunicato dal professionista, il consumatore avrebbe dovuto pagare varie spese fisse, tra cui le spese annuali di IMU, le spese straordinarie e vari oneri condominiali, in base alla quota condominiale e indipendentemente dal reale utilizzo della camera;

-gli opuscoli informativi, quale ad esempio la brochure Domina Holidays for life , richiamavano il perfezionamento di un sistema che massimizzava i vantaggi di essere proprietario di un bene, limitava i costi al solo utilizzo e garantiva la massima flessibilità potendo scambiare con oltre 4500 località in più di 100 paesi nel mondo, in tale modo fornendo informazioni ingannevoli e omissive sulle condizioni dell’offerta e sugli oneri incombenti sul consumatore per usufruire del bene;

- nel sito internet dal 14.3.2018 al 10.12.2018 l’offerta veniva presentata come un investimento sicuro, il che, tuttavia, integrava una violazione dell’art. 70, comma 3, Codice del consumo e un’induzione ad un’erronea rappresentazione della convenienza dell’affare, non essendovi certezza per il consumatore circa la possibilità di rivendere la propria quota o circa la redditività della stessa operazione;

- risultava carente anche l’informativa sull’individuazione dei professionisti coinvolti e sul ruolo da essi svolto, menzionandosi nel sito, tra i contatti, solo la denominazione della società Domina s.r.l. insieme con il richiamo ad indirizzi che venivano, tuttavia, utilizzati da Domina Vacanze s.p.a.;
né veniva specificata la collaborazione esistente tra le due società, impedendo in tale maniera un corretto confronto a distanza;

- parimenti, i documenti contrattuali (quali i prospetti informativi, lo schema negoziale del contratto preliminare e il contratto definitivo) non fornivano, nell’insieme, ai consumatori un’adeguata informazione circa gli elementi essenziali dell’offerta (caratteristiche dei prodotti venduti e costo effettivo dell’operazione commerciale), recando, peraltro, anche numerosi rinvii ad altri documenti non immediatamente disponibili per il consumatore.

13.2 Con riguardo all’aggressività della pratica commerciale in contestazione, l’Autorità ha rilevato:

- la frapposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di recesso dei consumatori, anche attraverso l’occultamento dell’identità e del ruolo svolto da Domina s.r.l. per conto di Domina Vacanze spa, l’omessa consegna della pertinente documentazione contrattuale o l’induzione alla sottoscrizione di una dichiarazione in ordine alla ricezione di documentazione non consegnata;

- la percezione di acconti sul prezzo di vendita prima della scadenza dei termini per l’esercizio del diritto di recesso;

- la risoluzione dei contratti a prezzo dimezzato, condizionata all’acquisto di una unità immobiliare sita in altra località;

- la compensazione delle somme ancora dovute con l’acquisto di una nuova e ulteriore comproprietà alberghiera;

- l’imposizione di modifiche unilaterali sulla base di presunte difficoltà del settore turistico;

- la mancata tempestiva trasmissione della documentazione richiesta dai consumatori;

- il mancato svolgimento dei necessari adempimenti volti a consentire ai consumatori il pieno godimento dei loro diritti contrattuali.

13.3. Con specifico riferimento alla condotta ascritta alla società odierna appellata, l’Autorità ha ritenuto che la società Domina Vacanze s.p.a. si avvalesse, nella gestione dei rapporti commerciali con i consumatori, anche della società Domina International SA, incaricata di curare la comunicazione della TAA ai clienti dell’Hotel Domina Coral Bay localizzato a Sharm El Sheikh, ritenuto rientrante nell’ambito delle strutture gestite in collaborazione tra le società Domina Vacanze s.p.a. e Domina s.r.l..

Al riguardo, a comprova di tali deduzioni, nella nota 32 del provvedimento si richiamano le informazioni fornite dalla società e una lettera del luglio 2018, con cui la società Domina International SA – Italian Branch aveva invitato i consumatori ad effettuare il pagamento della TAA per l’anno 2019 al fine di usufruire della settimana presso la struttura Domina Coral Bay, comunicando altresì ai consumatori la possibilità di godere, a titolo gratuito, di una settimana presso una di altre due strutture oggetto della promozione.

L’Autorità ha pure dato atto, al punto 59 del provvedimento, che la società Domina International SA aveva negato di intrattenere rapporti con le società Domina Vacanze S.p.A. e Domina S.r.l. in ordine ai prodotti di cui alle strutture ricettive oggetto di contestazione.

Ciò nonostante, l’odierna appellata è stata ritenuta corresponsabile dell’illecito.

In particolare, al punto 89 del provvedimento, è stata valorizzata l’oscurità dell’informazione relativa al pagamento della TAA, desumibile pure dalle lettere inviate, altresì, dalla società Domina International ai consumatori nel corso dell’esecuzione del contratto.

La società odierna appellata doveva, dunque, ritenersi responsabile della pratica in contestazione, avendo svolto “ un ruolo attivo nella condotta contestata, consistente nel fornire informazioni omissive e decettive sulle condizioni dell’offerta e sugli oneri incombenti sul consumatore per usufruire del bene, in particolare per quanto concerne la comunicazione della TAA ” (punto 103 del provvedimento).

14. Le condotte ascritte in capo alla ricorrente in primo grado non sono idonee ad integrare gli estremi del concorso nell’illecito consumeristico ex artt. 27, comma 13, D. Lgs. n. 206/05 e 5 L. n. 689/81;
il che manifesta l’infondatezza del ricorso in appello.

15. Come osservato, perché il contributo, pure omissivo o soltanto morale, possa assumere giuridica rilevanza per l’ascrizione della corresponsabilità dell’illecito, occorre, quanto meno, che assuma la forma dell’agevolazione, riscontrabile nelle ipotesi in cui l'illecito, senza la condotta di agevolazione, sarebbe stato egualmente commesso, seppure con maggiori incertezze o difficoltà.

Nel caso di specie, i rilievi operati dall’Autorità in relazione all’operato della ricorrente in prime cure non afferiscono ad alcuna condotta che possa ritenersi anche soltanto agevolativa della pratica commerciale scorretta contestata, sia nella forma della pratica ingannevole, che in quella aggressiva.

16. Difatti, in primo luogo, manca la prova di un collegamento tra la società Domina International SA e la società Domina Vacanze S.p.A.

In atti, invero, è documentato soltanto che la società Domina International SA operava quale incaricata della Nile Company for Managing Hotels and Resorts (doc. 1 ricorso di primo grado) - gestore del complesso alberghiero denominato Coral Bay sito in Sharm El Sheik - nei cui confronti l’Autorità, tuttavia, non ha formulato alcuna contestazione;
sicché appare improbabile sanzionare, quale coautore dell’illecito, l’operatore ausiliario, senza neppure coinvolgere nell’accertamento ispettivo il committente per cui la società sanzionata operava.

Non emergono, invece, elementi istruttori utilmente valorizzabili per ritenere sussistente un rapporto di collaborazione tra l’odierna appellata e la società Domina Vacanze S.p.A. (né tra l’appellata e la società Domina S.r.l).

A tali fini, non possono ritenersi sufficienti il sito internet, il documento ispettivo n. 113 prodotto dall’Autorità in primo grado, né gli accordi di collaborazione conclusi tra Domina Vacanze S.p.A. e Domina S.r.l;
parimenti, non possono desumersi elementi di prova a sostegno dell’impianto accusatorio dell’Autorità dalle dichiarazioni rese da Domina S.p.A. nel corso dell’ispezione (doc. ispettivo n. 30 prodotto in primo grado).

Difatti:

- il sito internet non costituisce un documento che prova il coinvolgimento dell’odierna appellata nelle attività precontrattuali, contrattuali o post contrattuali, non emergendo alcuno specifico riferimento al ruolo svolto dalla Domina International SA;

- la lettera del luglio 2018 (doc. 113) configura un atto privo di firma, di cui non può ritenersi certa l’attribuibilità all’odierna appellata, circostanza all’uopo specificatamente contestata dalla stessa Domina International SA;
ciò, tenuto conto pure dell’assenza di altri elementi di prova al riguardo utilmente apprezzabili. Non è dimostrato neanche che tale atto sia fuoriuscito effettivamente dalla sfera del mittente, venendo comunicato al suo destinatario, tenuto conto anche dell’assenza di riscontro da parte del consumatore interessato, che non risulta avere neppure confermato in sede istruttoria le contestazioni dell’Autorità;

- parimenti, gli accordi di collaborazione prodotti in atti del febbraio 2014 e del febbraio 2017, da un lato, non recavano alcun riferimento a forme di coinvolgimento della Domina International SA, dall’altro, precisavano che la Domina Vacanze s.p.a. risultava proprietaria di quote “ di complessi immobiliari a destinazione alberghiera di cui all’Allegato A (qui di seguito “Complessi”) ” (contratti del 2014 e del 2017), rinviando, dunque, ad un allegato (A) che, tuttavia, conteneva un elenco di strutture alberghiere tra cui non risultava compreso il Coral Bay. Tale struttura era presente nell’ambito dell’Allegato B al contratto del 2014, valorizzato però ai fini della sola “ fruizione dei servizi comuni dell’Hotel per il periodo indicato nell’elenco prodotti di cui all’Allegato B ”. Sotto tale profilo, non risulta chiarito, dunque, quale fosse il titolo di disponibilità dell’Hotel Coral Bay in capo alla Domina Vacanze s.p.a., (rilevante ai fini del coinvolgimento nell’infrazione dell’odierna appellata, impegnata soltanto in relazione a tale struttura alberghiera), posto che tale hotel non rientrava tra quelli dichiarati di proprietà della stessa società e, comunque, veniva gestito da una società egiziana non coinvolta nell’accertamento dell’Autorità.

Parimenti, le dichiarazioni rese da Domina S.p.A. nel corso dell’ispezione richiamavano una collaborazione instaurata con la società Domina s.r.l e la società Hit Hotel s.r.l. (precisandosi, al riguardo, che gli alberghi “ sono gestiti oggi tutti dalla società Hit Hotel s.r.l., sulla base di appositi contratti di affitto di ramo d’azienda ” – all. 4 verbale di accertamento ispettivo 26.7.2018), senza alcun riferimento ad uno specifico ruolo assunto dalla società Domina International SA.

Alla stregua dei rilievi svolti, una prima ed autonoma ragione ostativa all’accoglimento del ricorso in appello è da individuare nella mancanza di evidenze probatorie in ordine alla sussistenza di un rapporto di collaborazione tra l’odierna appellante e la società Domina Vacanze S.p.A., costituente il presupposto alla base della contestazione mossa nei confronti dell’odierna appellata (cfr. punto 7 del provvedimento, in cui si fa questione di una “ pratica commerciale posta in essere dalla società Domina Vacanze S.p.A., in collaborazione con le società …. e Domina International S.A .”.

16. In ogni caso, il ricorso in appello non potrebbe, comunque, trovare accoglimento, in quanto l’attività valorizzata dall’Autorità come asseritamente ascrivibile all’odierna appellata, riferita alla gestione della tariffa alberghiera agevolata, non integra gli estremi del concorso nell’illecito consumeristico, tanto in relazione ai profili di ingannevolezza contestati nel provvedimento, quanto con riguardo a quelli di aggressività.

17. In particolare, in relazione ai primi, l’Autorità ha preso in considerazione le comunicazioni fornite ai consumatori attraverso, in particolare, il sito internet www.domina.it , gli opuscoli informativi (quali la brochure Domina Holidays for life ) e la documentazione contrattuale, ivi compresi lo schema negoziale del contratto preliminare e del contratto definitivo.

Dall’ordito motivazionale alla base del provvedimento impugnato, non emerge, tuttavia, il contributo che la ricorrente in primo grado abbia potuto fornito nell’ideazione, nella predisposizione, nella pubblicazione o, comunque, nella divulgazione al pubblico dei consumatori di tali comunicazioni (ritenute) ingannevoli e, dunque, non risultano elementi fattuali sulla base dei quali possa ascriversi alla società Domina International S.A una corresponsabilità dell’illecito amministrativo.

Non risulta, infatti, dal provvedimento impugnato che la società Domina International S.A:

- intervenisse nella pubblicazione o modifica delle informazioni sul sito internet www.domina.it attraverso cui venivano diffuse le comunicazioni ingannevoli;

- intrattenesse rapporti con i consumatori nella fase anteriore o contestuale alla conclusione dei contratti di comproprietà alberghiera, anche attraverso la formazione o la consegna di opuscoli informativi;

- predisponesse o sottoscrivesse la documentazione contrattuale recante le comunicazioni ingannevoli;

- provvedesse alla modifica unilaterale dei parametri di computo della TAA.

Le uniche contestazioni al riguardo svolte dall’Autorità attengono, infatti, alla comunicazione della tariffa alberghiera agevolata, che, tuttavia, non può integrare un concorso nella pratica ingannevole alla base del provvedimento per cui è causa.

Le attività di aggiornamento, liquidazione, comunicazione e riscossione di tale tariffa venivano infatti svolte, da un lato, in pendenza del rapporto di comproprietà alberghiera, dall’altro, in applicazione di criteri di calcolo che non risultavano predisposti dall’appellata.

17.1 Sotto il primo profilo, l’operato della ricorrente in prime cure era rivolto ai consumatori che avevano già compiuto una decisione di natura commerciale, di acquistare una quota di comproprietà alberghiera: il punto 89 fa specifico riferimento alle comunicazioni inviate dalla società odierna appellata “ nel corso dell’esecuzione del contratto ”;
il punto 88 richiama l’aggiornamento della tariffa quantificata nel preliminare e, dunque, ancora una volta successivamente alla decisione negoziale assunta dal consumatore, quanto meno in sede di sottoscrizione del contratto preliminare.

Del resto, le attività correlate alla tariffa de qua non potevano che presupporre l’avvenuta costituzione dei rapporti contrattuali con i consumatori, tenuti al pagamento della TAA in quanto già legittimati, in virtù della negoziazione già perfezionata (con operatori professionali diversi dall’odierna appellata), a usufruire dei servizi alberghieri dalla stessa tariffa remunerati.

17.2 Sotto il secondo profilo, l’Autorità, al punto 88 del provvedimento, ha dato atto che la tariffa veniva predeterminata per l’anno di sottoscrizione nell’ambito della “ scheda dati ” e, al contempo, detta tariffa veniva richiamata nelle condizioni generali del preliminare, “ rinviandosi al suo aggiornamento da parte del gerente alberghiero (ovvero, attualmente, da parte di Hit Hotel S.r.l.) e a quanto previsto nel contratto di gestione dei servizi alberghieri. A sua volta, in quest’ultimo atto la modalità di aggiornamento risulta stabilita tramite il richiamo a vari parametri, quale, principalmente, quello della variazione del costo orario per dipendente sulla base del

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