Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-01-04, n. 201800035

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-01-04, n. 201800035
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800035
Data del deposito : 4 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/01/2018

N. 00035/2018REG.PROV.COLL.

N. 06151/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6151 del 2017, proposto da:
D R, rappresentato e difeso dall'avvocato S T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina Margherita, 262;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

R C, G F R non costituiti in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 00021/2017, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati A. Stefanini su delega di S. Taverna, avv.to dello Stato M. Giannuzzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con il ricorso in esame, il signor Roberto D, colonnello pilota dell’Aeronautica Militare Italiana, chiede che questo Consiglio di Stato voglia disporre la revocazione della propria sentenza 9 gennaio 2017 n. 21, con la quale, in accoglimento dell’appello proposto dal Ministero della Difesa, si è riformata la sentenza 7 settembre 2015 n. 11084, del TAR per il Lazio, sez. I-bis

Con tale ultima sentenza, il TAR aveva disposto l’annullamento degli atti di mancata iscrizione dell’attuale ricorrente nel quadro di avanzamento al grado di generale di brigata aerea per l’anno 2010.

Secondo il ricorrente, “la sentenza impugnata è l’effetto di errori di fatto risultanti dagli atti e documenti della causa, che non hanno costituito punti controversi sui quali la sentenza si sia pronunciata”. Infatti essa costituirebbe – nella prospettazione del ricorrente – “il risultato della omessa valutazione da parte del Collegio giudicante di due aspetti fondamentali della sentenza di I grado (punti non controversi) nonché di undici sbagli che si sono posti, tanto singolarmente che complessivamente, in un rapporto di causalità tra l’erronea supposizione e la pronuncia stessa”.

Più in particolare, non sarebbero state esaminate le seguenti censure (“che avrebbero obiettivamente condotto ad una conclusione di tipo diverso rispetto a quella della riforma della sentenza di I grado qualora ovviamente tenute in considerazione”):

a) qualità di cui alla lettera B (qualità professionali);
artt. 9 e 10 D.M. n. 571/1993;
poiché “tutto il processo logico-giuridico motivazionale che aveva giustificato il convincimento del TAR sulla illegittimità della valutazione della C.S.A. conduceva alla necessaria rivalutazione da parte del Collegio del secondo grado di quelle parti della sentenza appellata che avevano riconosciuto la preminenza del col. D rispetto ai parigrado promossi giusta documentazione in atti”;

b) qualità di cui alla lett. A (qualità morali, di carattere e fisiche);
art, 8 D.M. n. 571/1993, poiché non è esatto che il giudice di I grado “avrebbe riconosciuto una sicura preminenza del D per le qualità di cui alla lett. A solo per l’attribuzione di encomi ed elogi”, avendo questi proceduto sulla base di tutta la documentazione presente agli atti di causa”, e valutando, in particolare, il possesso della medaglia di bronzo al merito aeronautico;

c) qualità di cui alla lett. C (qualità intellettuali e di cultura);
art. 11 D.M. n. 571/1993, poiché è stato erroneamente ritenuto che “il TAR nella propria sentenza non avesse proceduto ad una valutazione complessiva e globale delle risultanze in atti e non avesse contestato le risultanze di quanto prodotto dalla difesa erariale nel procedimento di I grado” ed inoltre si è proceduto ad un “utilizzo acritico di quanto irritualmente introdotto dall’Avvocatura erariale nella memoria di replica”, non utilizzabile perché irrituale, tardivo e inammissibile;

d) la sentenza impugnata non ha tenuto conto del titolo posseduto dal D e rappresentato dalla frequenza di un “importantissimo corso all’estero (Air War College)”;

e) è stato erroneamente ritenuto che il ricorrente non avrebbe una padronanza delle lingue straniere superiore a quella dei parigrado C e R;

f) la sentenza ha affermato che gli aspetti favorevoli al col. D erano più che controbilanciati dalla circostanza che egli ha riportato in tutta la carriera un numero nettamente inferiore di espressioni elogiative a corredo della documentazione caratteristica rispetto ai due parigrado promossi. Tuttavia, la stessa non si è resa conto “dell’esistenza e della presenza in atti di altri documenti . . . che rilevano elementi assolutamente favorevoli al col. D e soprattutto evidenziano e provano una preminenza assoluta di quest’ultimo in particolare nel confronto con il col. R”;

g) “la documentazione in atti dimostrava, in senso diametralmente opposto a quanto considerato nella sentenza impugnata, come all’inizio della carriera il col. R è stato destinatario di: 1) un maggior numero di giudizi finali di “superiore alla media” rispetto al col. D (settima svista);
2) giudizi ancor meno lusinghieri del col. D con particolare riferimento all’attitudine al volo (ottava svista)”;

h) la medaglia di bronzo al merito aeronautico, ottenuta dal D, “onorificenza in assoluto più importante tra tutte quelle possedute dai tre ufficiali in esame ed ottenuta nel grado rivestito, non (è) stata assolutamente presa in considerazione”, mentre “sono state prese in considerazione quelle meno importanti, ma solo per i controinteressati (encomi)”;

i) l’aspetto delle attitudini ad assumere incarichi nel grado superiore “non viene in alcun modo tenuto in conto nella sentenza di cui si chiede la revocazione”, poiché “si è trattato di un secondo aspetto erroneamente ignorato dal Collegio giudicante, avendolo ritenuto inidoneo a supportare una conclusione di tipo diverso”;

j) dal raffronto della documentazione dei colonnelli D e R emerge che il primo “non prevale nei confronti del col. R solo per la tendenza di carriera”;

k) “non ci si è resi conto che l’esito delle ultime cinque valutazioni a generale di brigata era totalmente scollegato dalla realtà documentale, in particolare nel confronto con il col. R”.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa.

All’udienza in camera di consiglio per la trattazione della istanza di misure cautelari, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, ha trattenuto la causa in decisione per il merito.

DIRITTO

2. Il ricorso per revocazione, rivolto avverso la sentenza n. 21/2017 di questo Consiglio di Stato, deve essere dichiarato inammissibile, per insussistenza dei presupposti di cui all’art. 395 n. 4 c.p.c.

2.1. La giurisprudenza del giudice amministrativo (riconfermata da questa Sezione, tra le altre, con sentenze 2 novembre 2016 n. 4586;
28 giugno 2016 n. 2883, 17 febbraio 2015 n. 961 e 8 gennaio 2013 n. 41, dalle quali non vi è motivo di discostarsi) ha già esposto i presupposti perché possa rinvenirsi l’errore di fatto “revocatorio”, distinguendolo dall’errore di diritto che, come tale, non dà luogo ad esito positivo della fase rescindente del giudizio di revocazione.

L’art. 106 Cpa prevede che “salvo quanto previsto dal comma 3, le sentenze dei Tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione, nei casi e nei modi previsti dagli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile”.

A sua volta, il citato art. 395 c.p.c., prevede, tra i casi di revocazione, quello in cui (n. 4), “la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.”

Orbene, questo Consiglio di Stato (sez. IV, 24 gennaio 2011 n. 503) ha già avuto modo di affermare, con considerazioni che si intendono ribadite nella presente sede, che l'istituto della revocazione è rimedio eccezionale, che non può convertirsi in un terzo grado di giudizio.

Come rappresentato nella richiamata decisione, l'orientamento costante di questo Consiglio, infatti, è nel senso che la "svista" che autorizza e legittima la proposizione del rimedio della revocazione, tendenzialmente eccezionale anche nei casi di c.d. revocazione ordinaria (cfr. Cass., n. 1957/1983), è rappresentata o dalla mancata esatta percezione di atti di causa, ovvero dall'omessa statuizione su una censura o su una eccezione ritualmente introdotta nel dibattito processuale.

Secondo, infatti, il principio enunciato dall'Adunanza Plenaria (dec. 22 gennaio 1997, n. 3;
in senso conf., Ad. plen. nn. 3 del 2001, 2 del 2010, 1 del 2013, 5 del 2014;,Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3499;
sez. IV, 23 settembre 2008, n. 4607;
sez. IV, 19 ottobre 2006, n. 6218;
Sez. IV, 16 maggio 2006, n. 2781;
sez. VI, 23 febbraio 2011 n. 1145), non v'è dubbio che l'errore di fatto revocatorio debba cadere su atti o documenti processuali.

Conseguentemente, non sussiste vizio revocatorio se la dedotta erronea percezione degli atti di causa - che si sostanzia nella supposizione dell'esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero nella supposizione dell'inesistenza di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita - ha costituito un punto controverso e, comunque, ha formato oggetto di decisione nella sentenza revocanda, ossia è il frutto dell'apprezzamento, della valutazione e dell'interpretazione delle risultanze processuali da parte del giudice (Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3343;
Cass. Civ., Sez. II, 12 marzo 1999 n. 2214).

L'errore di fatto revocatorio si configura, quindi, come un abbaglio dei sensi, per effetto del quale si determina un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l'una emergente dalla sentenza e l'altra risultante dagli atti e documenti di causa;
esso può essere apprezzato solo quando risulti da atti o documenti ritualmente acquisiti agli atti del giudizio, con esclusione, quindi, delle produzioni inammissibili.

È stato pertanto ritenuto inammissibile il rimedio della revocazione per un errore di percezione rispetto ad atti o documenti non prodotti ovvero per un errore di fatto la cui dimostrazione avviene mediante deposito di un documento prodotto per la prima volta in sede di revocazione (Cons. Stato, sez. V, 16 novembre 2010, n. 8061;
sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7487).

Per contro, sono vizi logici e dunque errori di diritto quelli consistenti nell'erronea interpretazione e valutazione dei fatti o nel mancato approfondimento di una circostanza risolutiva ai fini della decisione (Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 2010, n. 7599).

Infine, l'errore di fatto deve essere elemento determinante della decisione, la quale "è l'effetto" del primo. Di conseguenza, l'errore revocatorio può ammissibilmente essere invocato solo quando vi sia un rapporto di causalità necessaria fra l'erronea od omessa percezione fattuale e documentale e la pronuncia in concreto adottata dal Giudice. Con l'ulteriore conseguenza della non rilevanza dell'errore quando la sentenza si fondi su fatti, seppur erronei, che non siano decisivi in se stessi ai fini del decidere, ma debbano essere valutati in un più ampio e complesso quadro probatorio (Cass. Civ., sez. III, 20 luglio 2011 n. 15882).

2.2. Nel caso di specie, il ricorso per revocazione – che si assume proposto ex art. 395 n. 4 cpc, tenuto conto della omessa valutazione di due aspetti fondamentali (punti non controversi) e di undici sbagli o sviste – si fonda, in realtà, sulla evidenziazione della (prospettata) mancata, difettosa o incoerente valutazione del “materiale” documentale, volto a comprovare la sussistenza dell’eccesso di potere in senso relativo in cui sarebbe incorsa la commissione superiore di avanzamento, nel valutare l’attuale ricorrente ed i parigrado C e R.

A tal fine, vengono esposti una pluralità di aspetti, assunti come documentalmente accertati, che – ove correttamente valutati dal giudice di appello – avrebbero certamente condotto ad un esito diverso della decisione.

Orbene, occorre innanzi tutto osservare che, come espressamente ricordato dalla sentenza impugnata (v. in particolare, pagg. 8-9):

“le valutazioni compiute dalle Commissioni superiori di avanzamento in sede di giudizio di avanzamento non si risolvono nella mera risultanza aritmetica dei titolo e dei requisiti degli scrutinandi, ma implicano una complessiva ponderazione delle loro qualità (definibili solo mediante sfumate analisi di merito) e, per conseguenza, anche la valutazione giudiziale non può essere atomistica e parcellizzata, ma deve essere globale e complessiva (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4095)”, di modo che “la rilevanza degli incarichi non è comunque di per sé attributiva di capacità e di attitudini, le quali sono sempre accertate in concreto” (si veda Consiglio di Stato, sez. IV, 6 marzo 2012 n. 1263, Consiglio di Stato sez. IV 28 giugno 2016 n. 2866)”.

In questi termini, ne consegue che “la cognizione del giudice amministrativo non può . . . che essere limitata ad una generale verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti dalla Commissione, nel contesto di una valutazione appunto caratterizzata da una elevata discrezionalità, riferendosi la stessa di regola . . . ad ufficiali dotati di ottimi profili di carriera e le cui qualità sono quindi definibili esclusivamente attraverso sfumatissime analisi di merito implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive caratteristiche, ossia una ponderazione che non si arresta alla semplice stima del numero e qualità dei titoli di ciascun interessato;
(Consiglio di Stato, sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1901)”.

Se tale è, innanzi tutto, il “metodo” di valutazione della Commissione di avanzamento e, dunque, quello del giudice amministrativo (tenuto altresì conto dei limiti del sindacato giurisdizionale in sede di legittimità), appare evidente che la mancata evidenziazione della valutazione di uno o più elementi dei candidati, o il difetto e/o insufficienza della valutazione stessa, non costituiscono di per sé “errore di fatto revocatorio”, posto che essi possono rilevare nella misura in cui, attraverso la loro ponderazione, si perviene ad un giudizio di illogicità e/o irragionevolezza della valutazione medesima, ricadente nel vizio di eccesso di potere.

In sostanza, oggetto dell’esame del giudice non è il singolo o più elementi del curriculum del candidato, ma la valutazione complessivamente condotta dalla commissione.

Ciò, a tutta evidenza, attiene all’ iter logico della decisione del giudice (e, dunque, ma solo eventualmente, all’errore di diritto), poiché, come si è già avuto modo di ricordare, sono vizi logici e dunque errori di diritto quelli consistenti nell'erronea interpretazione e valutazione dei fatti o nel mancato approfondimento di una circostanza risolutiva ai fini della decisione.

Più propriamente (e come si rileva nel caso di specie), la rappresentazione e diversa ponderazione di elementi del curriculum del candidato - che si ritiene avrebbero dovuto essere diversamente valutati – si risolve in una “critica complessiva” alla valutazione del giudice e, per il tramite di questa, a quella dell’amministrazione, in tal modo introducendosi non già un giudizio revocatorio, bensì un ulteriore grado di giudizio di merito, conseguente ad una comprensibile (ma non per questo fondata) insoddisfazione della decisione ottenuta.

2.3. A quanto sinora esposto – e che già sorregge il giudizio di inammissibilità del ricorso per revocazione proposto - occorre ancora aggiungere che la sentenza impugnata, con riferimento alla sentenza del TAR sottoposta al suo esame, afferma (pag. 14):

“la sentenza andrebbe comunque riformata, nella motivazione, in quanto affetta da contraddittorietà intrinseca . . . ciò in quanto, ove anche fossero fondate le criticità ravvisate e che hanno indotto il giudice di primo grado ad esprimersi in senso accoglitivo delle censure proposte dall’originario ricorrente, se il T.a.r. avesse proceduto ad una valutazione complessiva e globale delle risultanze in atti, avrebbe altresì dovuto chiarire perché l’approdo della Commissione di avanzamento risultava manifestamente irragionevole e/o abnorme;. . . più in dettaglio, avrebbe dovuto chiarire quale elemento di sicura e straripante supremazia dell‘ originario ricorrente emergeva dagli atti di causa, con evidenza tale da (non soltanto controbilanciare, ma in ipotesi) assorbire e superare i dati sinora allineati che vedevano una posizione di inferiorità del predetto originario ricorrente: e ciò, tanto da condurre ad una valutazione “manifestamente irragionevole e/o abnorme. . . non soltanto, di tale ponderazione non v’è traccia, ma rileva il Collegio che le criticità ravvisate dal T.a.r., ben difficilmente, già sotto il profilo teorico, avrebbero potuto sovvertire lo stato di minusvalenza riscontrato in capo all’originario ricorrente avuto riguardo ai profili (riconducibili al dato valutativo nodale della “tendenza di carriera”) prima elencati”.

In sostanza, la sentenza della quale si chiede disporsi la revocazione – in disparte ogni valutazione dei singoli elementi del curriculum dell’attuale ricorrente e egli altri “competitori” – rileva nella sentenza di I grado un evidente (e più generale) difetto di motivazione.

Ciò comporta che anche a voler supporre (in linea del tutto ipotetica) la sussistenza di “errori di fatto”, questi ultimi non sarebbero determinanti ai fini della decisione, alla luce del fatto che la sentenza “revocanda” ha rilevato un vizio di difetto di motivazione della sentenza di I grado impugnata, il quale ne avrebbe autonomamente consentito la riforma.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del presente giudizio.

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