Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-12-18, n. 202310961

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-12-18, n. 202310961
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310961
Data del deposito : 18 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/12/2023

N. 10961/2023REG.PROV.COLL.

N. 02378/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2378 del 2018, proposto dal Comune di Serravalle Pistoiese, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A G e L M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Pala in Roma, via Seneca n. 46;

contro

la società Sirtam Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A C e R T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio R T in Roma, via Bisagno 14;

nei confronti

dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Michela Simongini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marcello Cecchetti in Roma, piazza Barberini 12;
del Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione seconda) n. 00974/2017, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Sirtam s.p.a., dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana e del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2023 il consigliere Silvia Martino;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto in primo grado innanzi al T.a.r. per la Toscana l’originaria ricorrente, società Sirtam s.p.a., esponeva di avere acquisito la titolarità di un impianto carburanti posto in Serravalle Pistoiese, Loc. Masotti, Via Statale Lucchese, precedentemente gestito dalla ditta Sorghi.

In precedenza, con atto d’obbligo del 2 maggio 1978, approvato con delibera del Consiglio comunale n. 64 del 5 maggio 1978, era stato consentito al dott. Sorghi di continuare ad esercitare l’impianto di distribuzione carburanti esistente sulla particella 189 per un periodo di anni venticinque decorrenti dall’approvazione dell’atto da parte del Consiglio Comunale, prevedendosi altresì che alla scadenza la particella 189 sopra richiamata sarebbe divenuta pubblica “ad ogni effetto”.

1.1. Con delibera di Giunta Municipale n. 25 del 29 gennaio 1997, il Comune aveva autorizzato il rinnovo della concessione in favore della ditta Sorghi per l’installazione e la gestione dell’impianto di cui trattasi, stabilendo la durata della concessione in diciotto anni decorrenti dal 1° giugno 1997.

1.2. Il 28 aprile 1998 il Comune aveva volturato in favore di Sirtam la concessione, rilasciandole l’autorizzazione n. 3483/1998 ai sensi del d.lgs. 11 febbraio 1998, n. 32.

1.3. Con successiva delibera di Giunta, n. 142 del 21 ottobre 1999, era stato prorogato il termine di scadenza dell’autorizzazione “ fino alla data del 31.05.2015 ”.

1.4. In vista di tale scadenza, con nota prot. n. 8209 del 26 maggio 2015, l’Amministrazione aveva comunicato a Sirtam di non avere intenzione di procedere ad alcun rinnovo o proroga, chiedendo altresì “ la riconsegna dell’area libera da manufatti e totalmente bonificata ”.

A seguito dell’interlocuzione con la società, con successiva nota del 18 giugno 2015, prot. n. 9618, il Comune aveva ulteriormente precisato che, al fine di formalizzare il passaggio di proprietà dell’area, la società avrebbe dovuto provvedere alla rimozione del distributore con tutti gli annessi e dei depositi interrati, nonché alla caratterizzazione del sito e, se necessario, alla bonifica, secondo il cronoprogramma indicato.

1.5. Questa nota, unitamente agli atti presupposti, veniva impugnata da Sirtam con il ricorso principale di primo grado.

1.6. Con la successiva ordinanza sindacale n. 18 del 12 settembre 2015 il Comune ordinava a Sirtam di provvedere allo sgombero dell’area e al ripristino dello stato dei luoghi, alla rimozione dell’impianto di distribuzione di carburante, dei serbatoi e della tubazione interrata, nonché alla caratterizzazione del sito.

1.7. Il provvedimento veniva impugnato con un primo ricorso per motivi aggiunti, articolato su 11 mezzi di gravame.

1.8. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti (affidato a cinque motivi), venivano impugnati:

- la nota dirigenziale prot. n. 20902 del 17 dicembre 2016;

- in parte qua , la successiva nota sindacale prot. n. 2072 del 3 febbraio 2017;

- ogni atto comunque connesso tra cui “ per quanto occorrer possa la nota Arpat prot. n. PT.01.23.22/26.1 del 17 gennaio 2017 e la successiva nota del Comune di Serravalle Pistoiese prot. n. 2870 del 15 febbraio 2017 ”.

Va precisato che la relazione del gennaio 2017, con cui l’Agenzia regionale per la Protezione Ambientale della Toscana aveva comunicato i risultati delle analisi eseguite sui campioni di terreno presenti nel sottosuolo era conseguenza del fatto che, nel frattempo, la stessa società aveva provveduto, ai sensi dell’art. 242 del Codice dell’ambiente, ad effettuare la notifica di verificazione di un evento potenzialmente in grado di contaminare il sito, comunicando sia all’A.r.p.a.t. che al Comune la data di inizio delle indagini preliminari.

2. Nella resistenza del Comune e del Ministero dell’Interno, il T.a.r.:

- ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione;

- ha disposto l’estromissione dal processo del Ministero dell’interno;

- ha dichiarato inammissibile il ricorso principale;

- ha respinto l’eccezione di inammissibilità del primo ricorso per motivi aggiunti;

- ha respinto l’eccezione di improcedibilità del secondo ricorso per motivi aggiunti;

- ha accolto il primo e il secondo ricorso per motivi aggiunti;

- ha condannato il Comune al pagamento delle spese di lite;

- ha annullato gli atti impugnati.

3. Il Comune di Serravalle Pistoiese ha impugnato la sentenza nelle parti in cui:

- ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del primo ricorso per motivi aggiunti della società appellata;

- ha accolto il primo ricorso per motivi aggiunti, per “perplessità della motivazione”;

- ha conseguenzialmente accolto il secondo ricorso per motivi aggiunti in quanto “ diretto avverso

avverso atti consequenziali a quello annullato e che mutuano da questo i medesimi vizi di legittimità ”;

- ha rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione.

3.1. L’appello del Comune, nello specifico, è affidato alle seguenti censure.

I. Con la sentenza impugnata il primo giudice ha anzitutto rigettato l’eccezione di inammissibilità del primo ricorso per motivi aggiunti, proposta dal Comune appellante, rilevando che “ i provvedimenti impugnati con (il ricorso principale) e con (il primo ricorso per motivi aggiunti) sono diversi ed autonomi tra loro, senza alcun nesso di presupposizione logico giuridico che li colleghi ”.

Secondo il Comune, sarebbe invece proprio questa la ragione che determinerebbe l’inammissibilità del primo ricorso per motivi aggiunti.

Non vi sarebbe stato, cioè, tra gli atti impugnati con il ricorso principale e quelli impugnati con i successivi ricorsi per motivi aggiunti, quel vincolo di connessione che, ai sensi dell’art. 43 c.p.a., consente la proposizione dei suddetti motivi aggiunti.

Per lo stesso motivo, anche il secondo ricorso per motivi aggiunti – in quanto proposto contro provvedimenti conseguenziali a quelli impugnati con il primo ricorso per motivi aggiunti e dunque, analogamente a questi, del tutto autonomi rispetto a quelli impugnati col ricorso principale – avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, in quanto non rientrante nello schema normativo dell’art. 43 c.p.a.

II. Il T.a.r. non avrebbe poi correttamente individuato il contenuto dei provvedimenti impugnati avendo omesso di considerare che era stato ordinato a Sirtam, in primo luogo, di sgomberare l’area e di ripristinare lo stato dei luoghi.

Il Comune non avrebbe cioè inteso imporre uno specifico obbligo di bonifica dell’area alla società appellata, e ciò anche perché all’epoca non erano ancora stati compiuti gli accertamenti necessari a capire se vi fosse inquinamento del terreno e chi ne fosse eventualmente responsabile.

Era stato semplicemente richiesto che l’area fosse sgomberata dall’impianto in funzione della successiva cessione della stessa al Comune.

L’ordine di rimozione non poteva che essere indirizzato alla società appellata, in quanto titolare dell’autorizzazione a gestire l’impianto di distribuzione carburanti.

L’Amministrazione sottolinea, altresì, che dopo l’adozione dell’ordinanza impugnata con i primi motivi aggiunti è stato dato seguito a quanto prescritto dal D.M. 12 febbraio 2015, n. 31 in caso di dismissione di punti vendita di carburanti, con l’avvio del procedimento per la verifica in contraddittorio sui livelli di inquinamento del terreno, culminati nell’individuazione, sia da parte di A.r.p.a.t. che della stessa società appellata, di sostanze inquinanti in misura superiore al limite legale.

All’esito delle procedure di controllo è stata la stessa Sirtam, con nota del 23 giugno 2016, ad inviare al Comune di Serravalle Pistoiese la notifica di potenziale contaminazione del sito prevista dall’art. 242 del Codice dell’ambiente.

Alla luce di quanto sopra, sebbene alla data del 12 settembre 2015 non fossero state indagate e accertate la presenza e la causa di eventuali contaminazioni inquinanti, sulla base degli accertamenti successivamente effettuati è chiaramente emersa la presenza di un inquinamento riconducibile all’impianto di distribuzione carburanti.

Da tali circostanze, deriverebbe la legittimità dell’ordine di bonifica precedentemente impartito.

IV. Il primo giudice ha rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione sul rilievo che “ l’accertamento in ordine all’effettiva proprietà dell’area viene richiesto dalla ricorrente in via incidentale e strumentale rispetto all’oggetto principale della controversia, rappresentato dall’ordine comunale di effettuare la bonifica. Tale accertamento incidentale, presupposto logico giuridico per la decisione sulla (principale) domanda di annullamento dell’atto amministrativo, è ammesso nel procedimento amministrativo di legittimità ai sensi dell’articolo 8 del codice del processo amministrativo ”.

Il Comune sottolinea, però, che l’accertamento in via incidentale consentito al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 8, comma 1, del c.p.a., deve essere limitato alle questioni la cui soluzione è strumentale alla valutazione della legittimità degli atti impugnati.

Nel caso di specie i provvedimenti del Comune erano volti ad ottenere la cessione e la consegna dell’area libera dalle attrezzature afferenti all’impianto di distribuzione di carburanti gestito dall’appellata, in conformità con le prescrizioni di legge in materia di dismissione di punti vendita carburanti che richiedono la caratterizzazione e l’eventuale bonifica dell’area dagli inquinanti prodotti dall’attività.

Inoltre, poiché la rimozione delle attrezzature era collegata anche al corretto adempimento dell’atto d’obbligo risalente al 1978, ogni questione inerente alla proprietà dell’area in questione ed al suo eventuale intervenuto trasferimento sarebbero stati elementi inconferenti per valutare la legittimità degli atti impugnati.

I provvedimenti dell’Amministrazione hanno, infatti, sempre escluso che la qualità di proprietario dell’area in capo all’appellata avesse una qualche concreta rilevanza nella specie, ricollegandosi l’eventuale esigenza della bonifica al previo accertamento della responsabilità dell’inquinamento.

La questione della proprietà dell’area sarebbe stata pertanto estranea al reale thema decidendum .

V. Il Comune ha infine censurato anche il capo relativo alle spese.

4. Si è costituita per resistere la società Sirtam che ha proposto, altresì, appello incidentale con cui ha inteso “ devolvere in appello l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado ”.

4.1. La società ha anzitutto impugnato “ in via cautelativa e in ipotesi ” la sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso principale n.r.g. 1578/2015, ritenendo priva di carattere provvedimentale la nota prot. n. 9618/2015 impugnata e non esaminato pertanto le censure proposte nel medesimo ricorso principale (che sono state quindi riproposte ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a).

Inoltre, la sentenza è stata censurata anche nella parte in cui il T.a.r. ha respinto la terza censura contenuta nel primo atto di motivi aggiunti, afferente al vizio di incompetenza.

Sono stati altresì riproposte, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., le ulteriori (nove) censure di cui al primo atto di motivi aggiunti e le ulteriori (quattro) censure di cui al secondo atto di motivi aggiunti il cui esame è stato assorbito dal T.a.r.

4.2. I motivi il cui esame è stato assorbito dal T.a.r. e che sono stati devoluti all’esame del Collegio possono essere così sintetizzati.

Primo ricorso per motivi aggiunti

4.2.1. L’ordinanza n. 18 del 12 settembre 2015 sarebbe anzitutto affetta da illegittimità derivata.

4.2.2. Nell’ambito del contraddittorio instauratosi a seguito della nota prot. n. 8209 del 26 maggio 2015, Sirtam ritiene di avere illustrato con chiarezza le ragioni argomentative a sostegno della propria prospettazione, le quali sarebbero state, tuttavia, ignorate.

L’Amministrazione, nella fase del contraddittorio procedimentale, non ha comunque mai disposto verifiche in ordine alla presenza di situazioni di inquinamento nell’area, né ha dedotto alcunché in ordine a tale aspetto.

L’ordinanza n. 18 del 2015 non è stata preceduta da alcun sopralluogo e/o accertamento in contraddittorio con le parti interessate sicché, nella fattispecie, sarebbe stata omessa ogni necessaria attività istruttoria.

4.2.3. L’ordinanza sarebbe illegittima anche nella parte in cui dispone lo smantellamento dell’impianto e la bonifica dell’area sul presupposto che la ricorrente sia ancora proprietaria dell’area medesima.

Nell’atto d’obbligo del 2 maggio 1978 era stato, infatti, pattuito che la particella 189, su cui veniva esercitato l’impianto di distribuzione carburanti, sarebbe divenuta pubblica trascorsi venticinque anni dall’approvazione dell’atto medesimo.

Pertanto, tenuto conto dell’intervenuta proroga al 31 maggio 2015 del termine di cui all’art. 7 dell’atto d’obbligo (disposta con delibera G.C. n. 142/1999), dal 1° giugno 2015 l’area di sarebbe divenuta pubblica ad ogni effetto di legge, senza la necessità di alcun adempimento formale.

A partire dal 1° giugno 2015, l’Amministrazione comunale avrebbe altresì acquisito, in virtù del principio di accessione ex art. 934 c.c., anche la proprietà di tutte le opere sulla medesima esistenti, ivi comprese le opere afferenti all’impianto di distribuzione carburanti.

Né potrebbero ricavarsi elementi in senso contrario dalla delibera di Giunta Municipale n. 25 del 29 gennaio 1997 (richiamata dall’ordinanza impugnata), che costituisce unicamente un atto abilitativo di rinnovo della concessione per l’installazione e gestione dell’impianto di distribuzione de quo , ma nulla dice in ordine all’obbligo di riconsegnare l’area priva dell’impianto medesimo, al contrario di quanto asserito dall’Amministrazione comunale.

4.2.4. Le parti non avrebbero stabilito alcuno specifico obbligo, a carico del dante causa di Sirtam, di riconsegnare l’area non solo libera da manufatti ma anche totalmente caratterizzata ovvero bonificata.

Nel caso di specie, infatti, l’esigenza di bonificare l’impianto carburanti discenderebbe unicamente dalla volontà dell’Amministrazione, proprietaria dell’area, di smantellare l’impianto, e non dall’applicazione del principio “chi inquina paga”.

4.2.5. L’ordinanza n. 18 del 12 settembre 2015 sarebbe illegittima anche nella parte in cui qualifica come “rifiuti” gli elementi che costituiscono l’impianto di distribuzione carburanti in oggetto (pensilina, pilastri di sostegno, casotto con i relativi impianti elettrici), nonché i relativi serbatoi e tubazioni interrate, ordinandone la rimozione in ragione dell’asserito “abbandono” di tali manufatti da parte della ricorrente.

L’art. 183, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 152/2006 (espressamente richiamato nel provvedimento impugnato) definisce quale “rifiuto” l’oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi. Ma, nel caso di specie, Sirtam non ha mai manifestato alcuna intenzione di disfarsi dell’impianto carburanti (della cui gestione aveva anzi chiesto il rinnovo/proroga), bensì è stata costretta dal Comune di Serravalle a restituire l’area di cui si discute e l’impianto ivi insistente alla scadenza della concessione (31 maggio 2015).

Gli elementi che costituiscono l’impianto carburanti (di cui sarebbe stata irragionevolmente ordinata la rimozione) sarebbero stato “riconsegnati” da Sirtam in perfetto stato manutentivo, proprio al fine di consentire un eventuale loro immediato riutilizzo da parte dell’Amministrazione.

4.2.6. La società ha sempre tenuto un comportamento diligente, improntato ai criteri della buona fede, teso a garantire la corretta e adeguata manutenzione dell’impianto carburanti e dell’area ove esso insiste, sino alla data di scadenza della concessione ad essa rilasciata (31 maggio 2015).

4.2.7. L’ordinanza n. 18 del 12 settembre 2015 recherebbe disposizioni illogiche e irragionevoli a carico di Sirtam, afferenti alla non meglio precisata esigenza di caratterizzare il sito e di eseguire il controllo del terreno “secondo un adeguato Piano di Campionamento”, senza ulteriori e più specifiche indicazioni in ordine alle modalità operative di tali interventi.

4.2.8. Gli obblighi imposti dal Comune, oltre che generici e irragionevoli, sarebbero anche del tutto sproporzionati.

4.2.9. Nell’ipotesi in cui l’ordinanza impugnata dovesse qualificarsi come ordinanza contingibile ed urgente, la società ha dedotto che, in ogni caso, non sussisterebbero i presupposti delineati dall’art. 54 del T.u.e.l.

Secondo ricorso per motivi aggiunti .

4.2.9. L’ordinanza dirigenziale prot. n. 20902 del 17 dicembre 2016 e l’ordinanza sindacale del 3 febbraio 2017, nonché, ove occorrer possa, la nota del Comune di Serravalle Pistoiese del 15 febbraio 2017, sarebbero illegittime sotto un ulteriore profilo.

Infatti, l’Amministrazione comunale non avrebbe dato puntuale e fattivo riscontro alle richieste di Sirtam di conoscere l’effettiva destinazione urbanistica dell’area.

4.2.10. Tali atti sarebbero stati, altresì, adottati in carenza di un’adeguata istruttoria. L’Amministrazione non ha, infatti, considerato che specifici elementi conoscitivi in ordine alla specifica destinazione dell’area in questione - e dunque ulteriori rispetto alla equivoca e generica previsione contenuta nello strumento urbanistico - avrebbero consentito di individuare in modo preciso e corretto i valori di concentrazione soglia (di cui alla tabella 1 dell’Allegato 5 al titolo V della parte IV del d.lgs. n. 152/2006) applicabili nel caso di specie e, conseguentemente, le operazioni ambientali più opportune.

4.2.11. In ogni caso, il Comune non ha mai precisato quale sia la specifica destinazione che intende imprimere al sito in questione. L’appellante ritiene che debbano trovare applicazione i valori di concentrazione soglia di cui alla colonna B della tabella 1 sopra richiamata.

4.2.12. I predetti parametri sarebbero stati rispettati. In tal senso, non assumerebbero alcun rilievo i dati riportati nella nota Arpat del 17 gennaio 2017. Essa, peraltro, recherebbe dati inattendibili, perché elaborati a distanza di tempo dalle indagini svolte dal laboratorio Geo Chemic Lab e, comunque, in assenza di alcun contraddittorio con Sirtam.

5. Si è costituita in giudizio l’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Toscana, in adesione all’appello del Comune e per resistere all’appello incidentale.

6. Si è costituito, per resistere all’appello incidentale di Sirtam, il Ministero dell’Interno.

7. Con ordinanza presidenziale n. 151 del 3 febbraio 2021, sono stati disposti incombenti istruttori.

8. Il Comune, in esecuzione di tali incombenti, ha rappresentato che, nelle more del giudizio, con nota prot. 15 dicembre 2017, ha chiesto alla Regione Toscana l’attivazione del procedimento di individuazione del responsabile della contaminazione ex art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, relativamente al sito in cui era ubicato il distributore di carburanti;
richiesta alla quale la Regione ha dato seguito incaricando l’A.r.p.a.t. di svolgere le relative indagini.

Con decreto in data 8 maggio 2019, n. 6884, la Regione, dopo avere eseguito tutti gli opportuni accertamenti ed espletato il necessario contraddittorio, ha quindi diffidato l’odierna appellata e appellante incidentale “ in quanto soggetto individuato come responsabile della tipologia di contaminazione accertata nel sito identificato con il codice SISBON PT- 1094, ad effettuare in contraddittorio con ARPAT il piano di campionamento di collaudo finale e le relative analisi al fine di certificare la bonifica del sito ai sensi del comma 4 dell'art. 242- bis del D.Lgs. 152/2006, così come previsto nel piano di caratterizzazione di cui al comma 3 del medesimo articolo presentato con le richieste integrazioni, da SIRTAM spa al comune di Serravalle Pistoiese in data 29/07/2017 (reg. prot. comune n. 13717 del 29/07/2017) e da intendersi approvato in via sperimentale ai sensi del medesimo comma così come riferito dal Comune stesso con propria nota prot. n. 7169 del 26/04/2019 (reg. prot. RT n. 179930 del 30/04/2019) ”.

Tale diffidata è stata impugnata dalla società con ricorso n.r.g. 1001 del 2019, che il T.a.r. per la Toscana ha respinto con sentenza n. 168 del 4 febbraio 2020.

L’appello avverso tale sentenza, iscritto al numero di r.g. 3412 del 2020, è stato anch’esso chiamato e trattenuto per la decisione all’udienza del 19 ottobre 2023.

È tuttora pendente in primo grado il giudizio per il risarcimento dei danni che la società ritiene essere derivati dagli atti oggetto del presente contenzioso (n.r.g. n. 91/2018 del T.a.r. per la Toscana)

9. L’A.r.p.a.t. ha depositato una memoria conclusionale in data 14 settembre 2023.

10. Il Comune ha depositato una memoria conclusionale in data 18 settembre 2023.

11. Anche la società Sirtam ha depositato una memoria conclusionale in data 18 settembre 2023.

12. Sia il Comune che Sirtam hanno depositato memorie di replica in data 28 settembre 2023.

13. L’appello, infine, è passato in decisione alla pubblica udienza del 19 ottobre 2023.

14. In via preliminare il Collegio rileva che in appello risulta devoluto l’intero thema decidendum trattato in primo grado sicché, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno esaminati direttamente i motivi originari posti a sostegno del ricorso di primo grado e dei motivi aggiunti, i quali perimetrano obbligatoriamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. (sul principio e la sua applicazione pratica, fra le tante, cfr. sez. IV, n. 1137 del 2020, n. 1130 del 2016, sez. V, n. 5868 del 2015;
sez. V, n. 5347 del 2015).

15. Sempre in via preliminare, va anzitutto confermata la reiezione dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune in primo grado sull’assunto che oggetto del contendere sarebbe stato l’accertamento della proprietà dell’area oggetto dei provvedimenti impugnati.

Come osservato dal T.a.r. è infatti “ vero che una delle censure contenute nel primo atto per motivi aggiunti postula l’accertamento della proprietà dell’area, poiché ritiene illegittima l’ordinanza con questi impugnata sul presupposto che essa sia già entrata nella proprietà comunale. L’eccezione, pertanto, al più potrebbe paralizzare questa sola censura e comunque, anche se contenuta in tali limiti, è egualmente infondata l’accertamento in ordine all’effettiva proprietà dell’area viene richiesto dalla ricorrente in via incidentale e strumentale rispetto all’oggetto principale della controversia, rappresentato dall’ordine comunale di effettuare la bonifica. Tale accertamento incidentale, presupposto logico giuridico per la decisione sulla (principale) domanda di annullamento dell’atto amministrativo, è ammesso nel processo amministrativo di legittimità ai sensi dell’articolo 8 del codice del processo amministrativo ”.

Peraltro, come si vedrà oltre, ai fini della definizione del presente contenzioso, non è rilevante stabilire se e quando l’effetto traslativo prefigurato dall’atto d’obbligo del 1978 si sia concretizzato.

Anche il primo giudice, a ben vedere, non ha compiuto alcun accertamento, neanche in via incidentale, in merito alla titolarità del diritto di proprietà del compendio di cui trattasi, sicché il motivo di appello prima ancora che infondato, è inammissibile per carenza di interesse.

16. Anche la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale di primo grado (gravata “in via cautelativa” da Sirtam con il proprio appello incidentale), merita conferma.

Non è stato, infatti, efficacemente contestato il ragionamento svolto nella sentenza impugnata secondo cui la nota sindacale impugnata “ non ha carattere provvedimentale. Essa infatti contiene affermazioni in ordine alle modalità per formalizzare il passaggio di proprietà del terreno dalla ricorrente al Comune e sostiene che fino a tale momento, la responsabilità dell’area resta a carico della prima e subordina detta formalizzazione, tra l’altro, alla caratterizzazione e alla bonifica del terreno medesimo con proposta di un cronoprogramma. Si riserva di procedere con successivi provvedimenti laddove la ricorrente non provveda.

La nota impugnata non contiene alcun ordine ma solo una proposta formulata per risolvere la controversia inerente il passaggio di proprietà del terreno ove era sito l’impianto di distribuzione carburanti. In essa non é dato ravvisare alcuna imposizione a carico della ricorrente, e tanto è confermato dal fatto che il Sindaco si riserva di adottare futuri provvedimenti [...]”.

17. Il Comune ha altresì “riproposto” l’eccezione di inammissibilità del primo ricorso per motivi aggiunti rilevando una pretesa contraddizione nel ragionamento posto alla base del rigetto da parte del T.a.r.

17.1. Giova ricordare che, in primo grado, il Comune aveva sostenuto “ l’inammissibilità dei motivi aggiunti per inammissibilità derivata dalla inammissibilità del ricorso originario ”.

Il T.a.r. ha, per contro, sottolineato che “ I provvedimenti impugnati con l’uno e con l’altro sono diversi ed autonomi tra loro, senza alcun nesso di presupposizione logico giuridico che li colleghi e, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del secondo non si riverbera sul primo ”.

Al riguardo, va osservato che, secondo la prevalente giurisprudenza, i motivi aggiunti di gravame, quando indirizzati avverso atti successivi a quelli originariamente impugnati, equivalgono a una nuova impugnativa, alla quale va riconosciuta autonomia processuale, anche in caso di pronuncia che escluda, in rito, l’ammissibilità o la persistenza di interesse, con riferimento all'originario atto introduttivo del giudizio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 21 gennaio 2015, n. 175).

17.2. In sede di appello, l’eccezione di inammissibilità è stata ricalibrata dal Comune - prendendo spunto dalle argomentazioni del T.a.r. in merito all’insussistenza di un vincolo di presupposizione sul piano logico giuridico tra gli atti rispettivamente impugnati - al fine di sostenere la violazione dell’art. 43 c.p.a., il quale consente di formulare “ domande nuove purché connesse a quelle già proposte ”.

Tuttavia la nozione di connessione richiamata dall’art. 43 fa riferimento non già specificamente all’esistenza di un vincolo giuridico di presupposizione tra gli atti impugnati ma, più genericamente, all’oggetto del giudizio.

Essa va pertanto interpretata in senso ampio, risultando sufficiente che sia ravvisabile, in concreto, l’attitudine dei diversi provvedimenti ad incidere sulla medesima situazione di fatto (cfr., sia pure con riferimento al regime anteriore all’entrata in vigore del c.p.a. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 1307 del 19 marzo 2007).

Ne deriva, anche sotto questo profilo, l’ammissibilità dei motivi aggiunti in primo grado, in quanto gli stessi attengono allo stesso sviluppo della vicenda che ha preso avvio con le note interlocutorie oggetto del ricorso principale.

18. L’oggetto del primo ricorso per motivi aggiunti è l’ordinanza sindacale n. 18 del 12 settembre 2015.

Giova delinearne, sinteticamente, il contenuto.

Dopo avere richiamato l’atto d’obbligo del 2 maggio 1978, le autorizzazioni rilasciate nel tempo in ordine all’impianto di carburanti, le varie comunicazioni intercorse tra le parti in ordine alla volontà manifestata dal Comune “ di non procedere al rinnovo della concessione diciottennale all’esercizio esercizio della distribuzione di carburanti in scadenza [...]”, nel provvedimento si evidenzia che “i tre serbatoi da 10 metri cubi ed il serbatoio da 15 metri cubi attualmente presenti nell’area sono stati installati nell’anno 2000, a sostituzione dei tre serbatori da dieci metri cubi ed il serbatoio da cinque metri cubi precedentemente in opera, come emerge dalla pratica edilizia n. 10 del 2000 ”.

Inoltre:

“- l’area in cui sorge il distributore carburanti è stata interessata da fenomeni di inquinamento dovuti ad idrocarburi (iridescenze superficiali), delle acque del Torrente Stella, che scorre a pochi decine di metri di distanza ;

- le iridescenze superficiali iniziano esattamente all’altezza del distributore carburanti;

- ARPAT ha eseguito più sopralluoghi nel corso degli anni, ma ad oggi non ha potuto stabilire con certezza l’origine di tale contaminazione (prot. n. 6894 del 02/05/2013) che potrebbe comunque essere ricondotta al distributore carburanti ;

- le certificazioni presentate da SIRTAM con la comunicazione prot. 9089 del 11/06/2015 non forniscono sufficienti garanzie in merito all’assenza di potenziali contaminazioni ambientali, perché sono riferite solamente alla pulizia, assenza di gas infiammabili e perfetta tenuta dei serbatori attualmente presenti nell’area mentre nulla è stato verificato in merito alla presenza di eventuali perdite dalla rete dei tubi di adduzione del carburante, dalle colonnine di distribuzione, dai serbatori interrata di olio esausto o da pregresse perdite dei serbatoi precedentemente in suo, individuabili solamente con la dismissione dell’impianto e caratterizzazione del terreno sottostante [...] dismissione richiesta ripetutamente dall’Amministrazione e fermamente osteggiata da SIRTAM [...]”.

Viene, altresì, precisato che “ la destinazione urbanistica finale dell’area sarà a pubblica piazza e che pertanto deve essere garantito il rispetto della colonna A della 1 dell’allegato V al titolo V della parte IV del d.lgs. 152/2006 ”.

Il Sindaco dà poi atto del fatto che Sirtam ha provveduto a rimuovere “ quanto potesse presentare un pericolo per ragioni di sicurezza stradale, mentre ha abbandonato sull’area tutto quanto non utile o non convenientemente riutilizzabile, senza eseguire alcuna indagine del sottosuolo ”, e ha richiamato sia la definizione di rifiuto di cui all’art. 183, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 152/2006 (“ qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi ”) sia l’art. 192, comma 3, del medesimo decreto in tema di abbandono di rifiuti.

Dopo aver osservato che “ ciò che è stato abbandonato sull’area a suo tempo data in gestione si configura come rifiuto, in quanto il gestore ha dato prova di volersene disfare ”, il Sindaco ha ordinato a Sirtam:

- lo sgombero dell’area da riconsegnare al Comune attraverso la dismissione del punto vendita carburanti ai sensi del D.M. 12 febbraio 2015, n. 31 (recante il “ Regolamento recante criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei punti vendita carburanti, ai sensi dell'articolo 252, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ”) e il ripristino dello stato dei luoghi;

- la rimozione di “ tutto quanto costituente l’impianto distribuzione carburanti e non solidamente connesso al suolo (pensilina, pilastri di sostegno, casotto con i relativi impianti elettrici), nonché i serbatoi e le tubazioni interrate ivi presenti, caratterizzando il sito al fine di garantire il rispetto della colonna A della tabella 1 dell’allegato V al titolo V della parte IV del d..lgs. 152/2006 entro tre mesi dalla notifica della presente [...]”.

19. L’accoglimento da parte del T.a.r. del primo atto di motivi aggiunti, si fonda sul rilievo che “ Nel provvedimento impugnato si afferma [...] che la contaminazione “potrebbe” essere ricondotta al distributore (pag. 3) e ciò costituisce un elemento di perplessità nella motivazione, mentre l’A.R.P.A.T. nella nota afferma espressamente di non poter stabilire l’origine della contaminazione. Non vi sono quindi atti istruttori dai quali il fenomeno di inquinamento possa essere ricondotto a responsabilità della ricorrente, sicché attribuirle l’onere della bonifica viola il generale principio secondo il quale detto onere deve ricadere in capo al responsabile della contaminazione (artt. 242 e 244, d.lgs. n. 152/2006) .”

19.1. In punto di fatto va precisato che la nota A.r.p.a.t. richiamata nel provvedimento impugnato si riferisce all’ispezione ambientale eseguita nel 2013 a seguito di segnalazioni relative alla presenza di gasolio nel torrente Stella e non alle analisi dei campioni del sottosuolo effettuate nel 2017.

Nel documento del 2013, l’Agenzia aveva esplicitamente sottolineato come non fosse possibile stabilire “ se l’origine di tale contaminazione sia da attribuire al distributore o alle abitazioni vicine ovvero possa provenire dall’abitato posto a monte della via Provinciale Lucchese attraverso il collettore fognario delle acque bianche che raggiunge il torrente ”.

19.2. Ciò posto, deve convenirsi con il Comune che il T.a.r. ha incentrato la propria decisione sull’ordine di effettuare la caratterizzazione del sito, ma non ha preso in alcuna considerazione – salvo che per quanto concerne il vizio di incompetenza dedotto da Sirtam – quella parte del provvedimento in cui viene ordinato alla società di rimuovere i manufatti presenti.

In tale parte, il provvedimento risulta adottato sul duplice presupposto della necessità di dismissione dell’impianto (per effetto della scadenza del titolo autorizzativo) e dell’“abbandono” dei manufatti che, non più utilizzabili (o recuperabili), costituiscono rifiuti ai sensi del Codice dell’ambiente.

L’impianto è stato infatti dismesso nel 2015 e, stante il mancato rinnovo della concessione, non ne è stata più possibile la riattivazione.

Le varie componenti dell’impianto rientrano quindi nella nozione di “rifiuto”, trattandosi di materiali di cui la società ha ormai “ l’obbligo di disfarsi ”.

La nozione di rifiuto è contenuta nell’art.183, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale stabilisce che come tale deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi. La definizione fornita da tale norma si basa sul dato funzionale, con la conseguenza che, per stabilire se una determinata sostanza o un determinato oggetto siano da considerare rifiuto, non occorre individuarne gli elementi intrinseci che ne determinano la qualificazione, ma occorre piuttosto far riferimento appunto alla sua funzione, essendo rifiuto, come detto, tutto ciò da cui il detentore non tragga alcuna utilità e di cui, quindi, si sia disfatto ovvero intenda disfarsi o sia obbligato a farlo (Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2015, n. 29069;
id., 23 aprile 2008, n. 22245)

Ne deriva che, nel caso in esame, è quindi del tutto irrilevante il mero “ animus ” manifestato da Sirtam di continuare l’esercizio dell’attività di distribuzione di carburanti, non avendo la società più alcun titolo idoneo a tale fine per quanto riguarda l’area di cui trattasi.

19.3. Alla luce della qualificazione come rifiuto delle parti dell’impianto di cui è stata ordinata la rimozione va poi confermato il rigetto da parte del T.a.r. della censura relativa al vizio di incompetenza poiché l’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 attribuisce esplicitamente al Sindaco la competenza a emanare l’ordinanza per la rimozione dei rifiuti.

Tale previsione viene dalla giurisprudenza ritenuta prevalente su quella di cui all’art. 107 del d.lgs. 267 del 2000, la quale attribuisce alla dirigenza tutti i provvedimenti di carattere gestionale che esulano dalle funzioni di indirizzo e controllo politico amministrativo, in quanto successiva a quest'ultima e dotata di carattere speciale (C.d.S. V, 11 gennaio 2016, n. 57).

La giurisprudenza richiama dal T.a.r., è, ormai, consolidata.

Per quanto occorrer possa si ricorda che anche la Sezione, ancora di recente (sentenza n. 1663 del 2023) ha evidenziato che “ Sul piano dell’individuazione dell’organo competente all’adozione dell’ordinanza che impone in capo al proprietario o gestore della strada la rimozione dei depositi incontrollati di rifiuti, la giurisprudenza è giunta a conclusioni non pienamente univoche nella vigenza dell’art. 14 del d.lgs 22 del 1997.

Un primo orientamento, sulla scorta del carattere speciale della previsione contenuta del decreto c.d. “R” ha statuito che la volontà del legislatore vada ricostruita nel senso di affermare la competenza del Sindaco ad emanare le ordinanze in materia di rimozione di rifiuti, ex art. 14 d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (decreto R), anche successivamente all’entrata in vigore del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante il Testo unico degli enti locali) e fino all’entrata in vigore del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’ambiente), che ha ribadito tale competenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 settembre 2017, n. 4230, richiamata anche dall’appellante nelle memorie conclusionali).

Un secondo, ed invero prevalente, orientamento ha invece affermato la competenza del dirigente sulla base del criterio cronologico, con conseguente prevalenza dell’art. 107 d.lgs. n. 267 del 2000 (Cons. Stato, Sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061;
id., 10 marzo 2009 n. 1296;
id., 12 giugno 2009 n. 3765;
id. 29 agosto 2012 n. 4635;
id, 11 gennaio 2016, n. 57;
Sez. II, 9 marzo 2021, n. 2012).”

Il sopra richiamato contrasto giurisprudenziale “risulta comunque circoscritto al quadro normativo vigente nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del d. lgs 267/2000 e d.lgs. n. 152/2006 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 ottobre 2021, n. 6641).

A seguito dell’entrata in vigore del Codice dell’ambiente la previsione, contenuta nell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 (che ha riprodotto l’art. 14 del decreto “R”) di una espressa competenza del Sindaco è stata infatti univocamente interpretata, sulla base del criterio cronologico e di specialità, come una chiara volontà del legislatore di riservare all’Organo politico la competenza all’adozione dei provvedimenti in materia, con espressa sottrazione degli stessi alla competenza generale del Dirigente .”

9.14. Va soggiunto che, sebbene all’epoca di cui si discute non fosse stata ancora accertata la responsabilità della società relativamente alla contaminazione del sottosuolo, non può dubitarsi invece della sua responsabilità in ordine all’omessa rimozione dei rifiuti.

Al riguardo non assume peraltro alcun rilievo il fatto che Sirtam abbia (in ipotesi) mantenuto l’impianto in perfetto stato manutentivo, poiché ciò non elide il carattere pregiudizievole della presenza dei rifiuti, quali dovevano qualificarsi le varie parti dell’impianto medesimo, ormai non più utilizzabili.

19.5. Sirtam ha poi sostenuto, secondo una distinta prospettazione, che per effetto delle pattuizioni intercorse, l’area sarebbe divenuta pubblica alla scadenza del titolo concessorio e che, conseguentemente, per effetto dell’art. 934 c.c., anche l’impianto di distribuzione sarebbe divenuto di proprietà comunale.

19.5.1. Il Collegio osserva che – quand’anche volesse ipotizzarsi l’effetto traslativo immediato predicato dalla società – cionondimeno e, anzi, a maggior ragione, Sirtam sarebbe stata comunque tenuta a rimuovere l’impianto.

L’art. 934 c.c. stabilisce, infatti, che “ Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto è disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge ”.

L’art. 936 c.c. dispone che “ quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle ” (comma 1).

Ed è ciò che avvenuto nel caso in esame, in cui il Comune, in vista della dismissione dell’impianto e del trasferimento dell’area in proprietà all’Amministrazione, ha ripetutamente comunicato a Sirtam la necessità di rimuoverlo.

19.6. In definitiva, per quanto attiene all’impugnativa dell’ordinanza n. 18 del 2015, nella parte in cui è stato ordinato a Sirtam di rimuovere le varie parti dell’impianto abbandonate sul suolo e nel sottosuolo, i primi motivi aggiunti articolati in primo grado, debbono essere respinti.

20. La seconda parte dell’appello del Comune – sebbene in maniera più sfumata – critica la decisione del T.a.r. nella parte in cui ha ritenuto illegittimo, per difetto di istruttoria, l’ordine di effettuare la caratterizzazione del sito contenuto nella citata ordinanza n. 18 del 2015, nonché affetto da illegittimità derivata l’ordine di portare a termine le operazioni di bonifica, nel frattempo avviate da Sirtam, sia pure con riserva dell’esito del contenzioso pendente (nota dirigenziale prot. n. 20902 del 17 dicembre 2016 e ordinanza sindacale n. 2073 del 3 febbraio 2017).

È opportuno sottolineare che mentre l’ordinanza sindacale n. 18 del 2015, sotto il profilo in esame, si fonda esclusivamente sugli esiti dell’ispezione ambientale condotta dall’A.r.p.a.t. n. 2013 sul torrente Stella, i provvedimenti impugnati con i secondi motivi aggiunti si fondano sugli esiti delle indagini preliminari avviate dalla società nonché sulle analisi eseguite da A.r.p.a.t. su campioni del sottosuolo dell’area in esame.

In entrambi i casi, all’epoca di adozione di siffatti provvedimenti (come peraltro ammesso dallo stesso Comune), non erano stati tuttavia ancora completati né gli accertamenti necessari a capire “ se vi fosse inquinamento del terreno ” né ad individuare “ chi ne fosse eventualmente responsabile ”.

Risulta, pertanto, corretta la valutazione del primo giudice, che ha ravvisato nei provvedimenti del Comune la violazione del principio generale secondo cui l’onere della bonifica deve ricadere in capo al soggetto responsabile della contaminazione.

L’individuazione di Sirtam come soggetto responsabile è infatti avvenuta solo nel 2019, all’esito dell’apposito procedimento avviato dalla Regione Toscana (oggetto del cit. appello n. 3412 del 2020).

21. Né miglior sorte ha l’argomento secondo cui l’Amministrazione si sarebbe limitata a richiamare il rispetto degli adempimenti previsti dal cit. D.M. n. 31 del 2015 in materia di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei punti vendita carburanti, poiché tali disposizioni disciplinano le procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione dei carburanti, ma non recano alcuna deroga ai principi europei in materia, così come declinati nel Codice dell’ambiente.

22. Rimangono assorbite le ulteriori censure sviluppate da Sirtam – e riproposte con il ricorso incidentale - in ordine all’imposizione degli oneri di caratterizzazione e di bonifica da parte del Comune.

23. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l’appello del Comune merita parziale accoglimento mentre l’appello incidentale di Sirtam deve essere dichiarato in parte improcedibile per carenza di interesse e respinto per il resto.

24. L’esito del giudizio giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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