Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-09-16, n. 201304564

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-09-16, n. 201304564
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304564
Data del deposito : 16 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10489/2011 REG.RIC.

N. 04564/2013REG.PROV.COLL.

N. 10489/2011 REG.RIC.

N. 10490/2011 REG.RIC.

N. 10491/2011 REG.RIC.

N. 10492/2011 REG.RIC.

N. 10493/2011 REG.RIC.

N. 10494/2011 REG.RIC.

N. 10495/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10489 del 2011, proposto dalle Ferrovie Appulo Lucane S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. E P, con domicilio eletto presso il signor A P in Roma, via Cosseria, 2

contro

Il signor Andrea Nubile



sul ricorso numero di registro generale 10490 del 2011, proposto dalle Ferrovie Appulo Lucane S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. E P, con domicilio eletto presso il signor A P in Roma, via Cosseria, 2

contro

Il signor Giovanni Salvatore, rappresentato e difeso dall'avv. G D I, con domicilio eletto presso la signora G C in Roma, via Amico Da Venafro, 14



sul ricorso numero di registro generale 10491 del 2011, proposto dalle Ferrovie Appulo Lucane S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. E P, con domicilio eletto presso il signor A P in Roma, via Cosseria, 2

contro

Il signor Salvatore Domenica Maria, in qualità di erede del signor Romano Vito, rappresentato e difeso dall'avv. G D I, con domicilio eletto presso la signora G C in Roma, via Amico Da Venafro, 14



sul ricorso numero di registro generale 10492 del 2011, proposto dalle Ferrovie Appulo Lucane S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. E P, con domicilio eletto presso il signor A P in Roma, via Cosseria, 2

contro

Il signor Rocco Carmine Figliuolo, rappresentato e difeso dall'avv. G D I, con domicilio eletto presso la signora G C in Roma, via Amico Da Venafro, 14



sul ricorso numero di registro generale 10493 del 2011, proposto dalle Ferrovie Appulo Lucane S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. E P, con domicilio eletto presso il signor A P in Roma, via Cosseria, 2

contro

Il signor Giuseppe Milano, rappresentato e difeso dall'avv. G D I, con domicilio eletto presso la signora G C in Roma, via Amico Da Venafro, 14



sul ricorso numero di registro generale 10494 del 2011, proposto dalle Ferrovie Appulo Lucane S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. E P, con domicilio eletto presso il signor A P in Roma, via Cosseria, 2

contro

Il signor V A, rappresentato e difeso dall'avv. G D I, con domicilio eletto presso la signora G C in Roma, via Amico Da Venafro, 14



sul ricorso numero di registro generale 10495 del 2011, proposto dalle Ferrovie Appulo Lucane S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. E P, con domicilio eletto presso il signor A P in Roma, via Cosseria, 2

contro

Il signor G D D, rappresentato e difeso dall'avv. G D I, con domicilio eletto presso la signora G C in Roma, via Amico Da Venafro, 14

per la riforma

quanto al ricorso n. 10489 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Basilicata – Potenza, Sezione I, n. 280/2011;

quanto al ricorso n. 10490 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Basilicata – Potenza, Sezione I, n. 211/2011;

quanto al ricorso n. 10491 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Basilicata – Potenza, Sezione I, n. 320/2011;

quanto al ricorso n. 10492 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Basilicata – Potenza, Sezione I, n. 278/2011;

quanto al ricorso n. 10493 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Basilicata – Potenza, Sezione I, n. 206/2011;

quanto al ricorso n. 10494 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Basilicata – Potenza, Sezione I, n. 273/2011;

quanto al ricorso n. 10495 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Basilicata – Potenza, Sezione I, n. 208/2011


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Giovanni Salvatore, Salvatore Domenica Maria in qualità di erede del signor Romano Vito, nonché dei signori Rocco Carmine Figliuolo, Giuseppe Milano, V A e G D D;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2013 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Masini, per delega dell’avvocato Perchinunno, e l’avvocato Laginestra, per delega dell’avvocato De Iacovo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con distinti ricorsi proposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, gli odierni appellanti, nella loro qualità di dipendenti, avevano convenuto in giudizio il Ministero dei Trasporti – Gestione commissariale delle Ferrovie Appulo-Lucane per sentire dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato sulle istanze volte:

a) a vedersi riconoscere una giornata di permesso retribuito dal 1988 in poi, ai sensi dell’accordo nazionale del 27 febbraio 1979 del settore autoferrotranvieri;

b) ad ottenere il ricalcolo degli scatti di anzianità già maturati in base agli incrementi dell’indennità di contingenza prodottisi successivamente all’1 febbraio 1977, comprensivi di rivalutazione e interessi;

c) ad ottenere il ricalcolo degli aumenti periodici di anzianità, da effettuarsi sulla base degli incrementi dell’indennità di contingenza, nonché il ricalcolo della retribuzione relativa alle giornate di permesso retribuito.

I giudizi in questione, in un primo momento dichiarati interrotti dal T.A.R. della Basilicata, venivano riassunti dalla società Ferrovie Appulo-Lucane s.r.l. (nel frattempo subentrata alla Gestione Commissariale Governativa).

Con le sentenze in epigrafe, di analogo contenuto, il Tribunale amministrativo adìto ha respinto i ricorsi in questione in relazione alle domande sub b) e c).

Al contrario, i primi Giudici hanno accolto la domanda sub a), condannando la società appellante al pagamento in favore dei ricorrenti in primo grado della retribuzione corrispondente alla giornata di permesso retribuito non fruita a decorrere dall’anno 1988, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, da calcolarsi separatamente sull’importo nominale del credito.

Con gli appelli in epigrafe, la società Ferrove Appulo Lucane s.r.l. ha chiesto la riforma delle sentenze in questione, lamentandone l’erroneità attraverso la proposizione di un unico, articolato, motivo (‘ Violazione dell’accordo nazionale del 27 febbraio 1979 in relazione al d.P.R. n. 792 del 1985 ’).

Per comprendere in modo adeguato l’articolazione del motivo di appello, il Collegio ritiene di richiamare brevemente il contenuto degli atti normativi e negoziali che nella specie vengono in rilievo.

La legge 5 marzo 1977, n. 54 (recante ‘ Disposizioni in materia di giorni festivi ’), aveva disposto - tra l’altro - che l’Epifania di N.S. cessasse di essere considerata giornata festiva agli effetti civili (è noto al riguardo che la legge in questione avesse soppresso o fatto coincidere con la domenica un totale di sette giorni di festività religiose e civili).

In seguito, dapprima con gli accordi interconfederali del 27 luglio 1978 e del 14 novembre 1978 e successivamente con l’Accordo Nazionale del 27 febbraio 1979, era stato disciplinato il trattamento compensativo delle festività soppresse o differite dalla l. n. 54 del 1977.

In particolare, l’Accordo nazionale del 27 febbraio 1979 aveva stabilito che, “ a compensazione ed in luogo delle festività nazionali e religiose nonché delle solennità civili soppresse o comunque differite dalla legge citata in premessa, sono attribuite annualmente ai dipendenti delle imprese aderenti all’ANAC ed alla FENIT due giorni di ferie o congedo, da aggiungersi ai periodi a tale titolo stabiliti dai contratti collettivi nazionali di categoria ed ulteriori quattro giornate di permesso retribuito ”.

In seguito, il d.P.R. 28 dicembre 1985, n. 792 (recante ‘ Riconoscimento come giorni festivi di festività religiose determinate d'intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede ai sensi dell'art. 6 dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121 ’), aveva ripristinato come festività religiosa l’Epifania di N.S.

A seguito di ciò, la FENIT (Federazione Nazionale delle Imprese di Trasporto, cui la società appellante aderisce) pubblicava due ‘circolari’ – il cui contenuto viene contestato dagli odierni appellati – con cui si affermava che “ il ripristino della festività dell’Epifania, per effetto del predetto provvedimento legislativo, deve comportare, in conformità dei presupposti contrattuali del citato accordo nazionale [del 27 febbraio 1979], la pari riduzione del numero di permessi retribuiti ”.

Conseguentemente, la società appellante operava nei confronti del proprio personale la riduzione di un giorno di permesso retribuito fra quelli riconosciuti a seguito dell’Accordo nazionale del 27 febbraio 1979.

Di qui la richiesta di numerosi dipendenti della società appellante, volta a vedersi riconoscere la richiamata giornata di permesso retribuito e il conseguente contenzioso che oggi perviene alla definizione in sede di appello.

Si sono costituiti i ricorrenti in primo grado come in epigrafe indicati, i quali hanno concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Alla pubblica udienza del 17 maggio 2013 i ricorsi in questione sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. Giungono alla decisione del Collegio numerosi ricorsi in appello proposti dalla società Ferrovie Appulo Lucane s.r.l. avverso altrettante sentenze del T.A.R. della Basilicata, con cui sono stati accolti in parte i ricorsi proposti da alcuni dipendenti e, per l’effetto, è stato riconosciuto il loro diritto a vedersi corrispondere le spettanze economiche per la giornata di permesso retribuito, sostitutiva di un giorno di festività soppresse ai sensi della legge 5 marzo 1977, n. 54.

2. Gli appelli in epigrafe devono essere definiti in modo congiunto, sussistendo evidenti ragioni di connessione oggettiva e parzialmente soggettiva (articolo 70 cod. proc. amm.).

3. Gli appelli in questione sono fondati,

3.1. Il fulcro del thema decidendum consiste nello stabilire se sussistesse una diretta correlazione fra le festività soppresse ai sensi della l. 54 del 1977 e il riconoscimento di alcune giornate di permesso retribuito ai sensi della successiva disciplina contrattuale.

E’ infatti evidente che:

- laddove si opinasse nel senso di escludere la sussistenza di una siffatta correlazione (così come ha ritenuto il T.A.R. con gli odierni appellanti), il successivo ripristino della festività dell’Epifania non dovrebbe in alcun modo operare in una sorta di ‘compensazione’ relativa ai giorni di festività a suo tempo soppressi: conseguentemente, il ripristino della festività religiosa dell’Epifania di N.S. intervenuta nel 1985 opererebbe in modo del tutto autonomo e non legittimerebbe l’operato della amministrazione, dante causa della società appellante, la quale aveva operato nel senso di portare il giorno (nuovamente) riconosciuto quale festività religiosa a riduzione di quelli a suo tempo riconosciuti in via compensativa a titolo di permesso retribuito;

- al contrario, laddove si opinasse nel senso di ammettere la sussistenza di una siffatta correlazione (così come ritiene la società appellante), la conseguenza sarebbe nel senso di legittimare l’operato della stessa amministrazione, dante causa della società appellante, la quale, presupponendo una diretta correlazione fra il riconoscimento dei permessi retribuiti di cui all’accordo interconfederale del febbraio 1979 e il ripristino di una festività religiosa disposto nel corso del 1985, ha ritenuto che tale ripristino comportasse necessariamente la riduzione dei uno dei giorni di promesso retribuito ‘compensativi’, riconosciuti dalla contrattazione collettiva nel 1979.

3.2. Ebbene, questa essendo la sostanza della res controversa , occorre osservare che i primi Giudici hanno aderito alla prima delle richiamate opzioni interpretative, osservando che “ la finalità, perseguita dalla l. n. 54/1977, di rimuovere l’incidenza negativa delle festività infrasettimanali sulla produttività aziendale, non trovava applicazione nei confronti delle aziende del settore trasporti, poiché nel settore dei trasporti pubblici il servizio viene garantito anche nei giorni festivi ”.

3.2. Le conclusioni cui sono pervenuti i primi Giudici non possono essere condivise.

3.2.1. La giurisprudenza della Corte di cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in ordine alla questione della soppressione di alcune festività religiose ad opera della l. 54 del 1977 e delle modalità attraverso cui la contrattazione collettiva ha inteso far fronte alle conseguenze di tale soppressione, con una sostanziale compensazione ritenuta giustificata (anche) attraverso il riconoscimento di alcune giornate di permesso retribuito.

In particolare, è stato affermato che l’articolo 1 della l. 54, cit. - il quale ha disposto, al primo comma, che cessano di essere considerati festivi agli effetti civili i giorni delle cinque festività religiose ivi indicate e, al secondo comma, che cessano di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre - ha un’efficacia abrogativa generale, nel senso della pura e semplice soppressione di dette festività, comprese quelle civili sopra indicate, essendo in contrario irrilevante che di queste la stessa norma abbia conservato (ma, rispettivamente, alla prima domenica di giugno e di novembre) la celebrazione. Pertanto, essendo tutti i giorni succitati divenuti lavorativi, la disciplina economico-normativa degli stessi è riservata alla contrattazione collettiva di settore, da interpretare nel rispetto dei canoni dettati dagli art. 1362 seguenti del cod. civ. (in tal senso: Cass. Civ., Sez. lavoro, 20 maggio 1992, n. 6038).

La giurisprudenza della Corte di cassazione ha quindi condivisibilmente statuito che la soluzione dei quesiti dinanzi richiamati debba essere individuata avendo riguardo alle pertinenti statuizioni della contrattazione collettiva.

Ebbene, impostati in tal modo i termini sistematici della questione, assume rilievo dirimente ai fini del decidere la previsione di cui all’accordo nazionale del 27 febbraio 1979, il quale – come anticipato in narrativa – ha stabilito che il riconoscimento ‘aggiuntivo’ di due giorni di ferie o di congedo e di ulteriori quattro giornate di permesso retribuito operasse “ a compensazione ed in luogo delle festività nazionali e religiose nonché delle solennità civili soppresse ”.

Ne consegue che, come correttamente ritenuto dalla società appellante, i benefìci negoziali previsti dal richiamato Accordo nazionale dovessero necessariamente ritenersi correlati (sulla base di un evidente nesso di presupposizione logico-giuridica) alle disposizioni regolanti il riconoscimento delle giornate festive. Conseguentemente:

- una volta che l’Accordo nazionale del 1977 aveva tracciato una espressa e stabile correlazione fra il riconoscimento di alcune giornate di permesso retribuito e talune festività in precedenza soppresse,

- e una volta che una disposizione sopravvenuta (il richiamato d.P.R. 792 del 1985) aveva ripristinato uno dei richiamati giorni di festività religiosa – l’Epifania di N.S. -,

del tutto correttamente (e in senso certamente conforme alla richiamata previsione negoziale) l’amministrazione dante causa della società appellante aveva ritenuto che il ripristino della richiamata festività religiosa dovesse comportare, sulla base del richiamato ed esplicito nesso di presupposizione, la pari riduzione di un giorno di permesso retribuito fra quelli a suo tempo riconosciuti.

3.3. Né può ritenersi che alla conclusione in parola (riduzione di un giorno di permesso retribuito quale effetto del ripristino normativo di un giorno di festività religiosa) dovesse necessariamente pervenirsi attraverso un nuovo atto di autonomia collettiva.

Al contrario, alla soluzione in questione poteva certamente pervenirsi facendo applicazione degli ordinari canoni di interpretazione dei contratti collettivi.

Al riguardo, va richiamato il condiviso orientamento secondo cui nell’interpretazione delle norme dei contratti collettivi di lavoro di diritto comune le regole legali di ermeneutica contrattuale sono governate da un principio di gerarchia nell'ambito del quale i canoni ‘strettamente interpretativi’ prevalgono su quelli ‘interpretativi integrativi’ e ne escludono l'operatività, quando risultino sufficienti per rendere palese la comune volontà delle parti stipulanti. Tra i canoni ‘strettamente interpretativi’, prevale il criterio letterale, a cui risultano subordinati gli altri criteri: ad essi il giudice può dare rilievo solo in via sussidiaria, quando l'operazione interpretativa non sia utilmente conclusa tramite il riferimento alla lettera del contratto (in tal senso: Cass., Sez. lavoro, 21 dicembre 2010, n. 25863;
similmente: Cass., Sez. lavoro, 3 ottobre 2011, n. 20192).

Riconducendo il principio appena richiamato alle peculiarità del caso di specie, deve ritenersi che l’espressa correlazione (tracciata dal più volte richiamato Accordo nazionale del febbraio 1979) fra il riconoscimento di alcuni giorni di permesso retribuito e la finalità di compensare talune giornate di festività soppresse, legittimasse senz’altro l’opzione interpretativa ed applicativa seguita dalla amministrazione dante causa della società appellante ( i.e .: l’opzione secondo cui il ripristino normativo di un giorno di festività religiosa legittimasse il datore di lavoro ad operare la riduzione di uno dei giorni di permesso retribuito a suo tempo riconosciuti “ a compensazione ed in luogo ” delle festività a suo tempo soppresse.

3.4. Né può giungersi a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui esposte in base alla circostanza (espressamente richiamata dalla sentenza in epigrafe) secondo cui la l. 54 del 1977 aveva soppresso sette giorni di festività, mentre l’Accordo interconfederale del febbraio 1979 aveva comportato il riconoscimento di soltanto sei giornate (di cui due a titolo di ferie o congedo e quattro a titolo di permesso retribuito). Secondo tale approccio, in definitiva, nell’ottica dell’integrale compensazione delle giornate di festività a suo tempo soppresse residuava ancora una giornata di differenza, che non poteva, quindi, essere portata a riduzione delle giornate di permesso retribuito a seguito della re-introduzione della festività dell’Epifania di N.S., a meno di non voler gravare i lavoratori della perdita netta di un giorno di festività.

L’argomento in questione, certamente suggestivo e pregnante in punto di fatto e nell’ambito delle relazioni sindacali, non può tuttavia essere condiviso dal punto di vista strettamente giuridico.

Al riguardo, la giurisprudenza richiamata sub 3.2.1. ha chiarito che la l. 54 del 1977 ha comportato un’efficacia abrogativa generale sulle festività interessate, nel senso della pura e semplice soppressione di tali festività, sì da non giustificare un’operazione interpretativa (quale quella svolta dai primi Giudici) volta a riconoscere una sorta di ultrattività al regìme giuridico proprio di tali festività, sia pure ai limitati fini di una sorta di spuria compensazione da operarsi ex post .

Del resto, la terminologia utilizzata dal più volte richiamato Accordo nazionale del febbraio 1979 (secondo cui il riconoscimento dei sei giorni complessivi avveniva “ a compensazione ed in luogo ” delle festività soppresse) lasciava chiaramente intendere che la volontà delle parti sociali fosse nel senso che le sei giornate di ferie e permesso retribuito riconosciute nel 1979 tenessero integralmente luogo delle sette giornate di festività soppresse nel 1977, senza che residuassero riporti o compensazioni di sorta da far valere – per così dire – ‘ora per allora’.

4. Per le ragioni sin qui esposte i ricorsi in epigrafe, previa riunione, devono essere accolti e per l’effetto, in parziale riforma delle sentenze gravate, deve essere disposta la reiezione integrale dei ricorsi proposti in primo grado.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese dei due gradi di lite fra le parti.

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