Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2016-06-07, n. 201602441
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Testo completo
N. 02441/2016REG.PROV.COLL.
N. 08103/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8103 del 2015, proposto da:
Comune di Sesto San Giovanni, rappresentato e difeso dagli avvocati P S, G P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14/A;
contro
Ap Italia S.r.l.;
nei confronti di
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE IV, n. 467/2015, resa tra le parti, concernente diniego installazione impianti pubblicitari.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati G P, Avvocato Generale dello Stato Stigliano Messuti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Lombardia, Ap Italia S.r.l. invocava l’annullamento della nota n. 77696 del 16 settembre 2008, recante diniego definitivo all’installazione di n. 6 impianti pubblicitari lungo via Vulcano all’interno del centro abitato del Comune di Sesto San Giovanni ed il risarcimento del danno per equivalente.
2. Il primo giudice accoglieva solo in parte il ricorso, annullando il detto diniego solo alle posizioni nn. 2 e 10, in relazione alle quali l’autorizzazione era stata negata per la presenza, a distanza inferiore alla richiesta collocazione, di altri impianti pubblicitari precedentemente autorizzati. Il primo giudice riteneva provata, anche per la mancata produzione in giudizio della documentazione da parte dell’amministrazione, l’affermazione dell’originaria ricorrente secondo la quale, all’epoca della domanda non era stato installato alcun impianto pubblicitario, come avrebbe dimostrato la documentazione fotografica allegata alla domanda di autorizzazione (non depositata in giudizio). In ragione di ciò valutava come sussistente la violazione del principio di precedenza vigente in materia. Pertanto, condannava in ragione di ciò l’odierna appellante al risarcimento del danno.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello il Comune di Sesto San Giovanni, lamentandosi del fatto che: a) la ricorrente avrebbe dovuto provare che la richiesta di autorizzazione presentata fosse antecedente rispetto a quella degli altri soggetti autorizzati. La documentazione fotografica che la ricorrente assume di aver allegato all’istanza non risulterebbe depositata in giudizio. Inoltre, l’amministrazione comunale avrebbe sostenuto senza essere smentita l’anteriorità del rilascio delle autorizzazioni, quindi la sentenza avrebbe violato la disciplina dell’onere della prova gravante sul ricorrente;b) il giudice di primo grado avrebbe d’ufficio dovuto provvedere ad acquisire la documentazione ex art 65 c.p.a. non potendosi ritenere sufficiente l’allegazione del ricorrente;c) la sentenza sarebbe erronea, laddove non applicasse il principio dispositivo pieno per ciò che concerne la richiesta di risarcimento del danno. Mentre non risulterebbe provato né l’elemento soggettivo, né il nesso causale, né l’antigiuridicità della condotta;d) la sentenza erroneamente non avrebbe indicato ai fini della determinazione del danno la durata delle autorizzazioni. Non avrebbe, inoltre, considerato che l’amministrazione avrebbe prodotto il piano degli impianti pubblicitari il cui art. 43, stabilisce la durata massima delle autorizzazioni sino al 31 dicembre 2009.
Infine, l’appellante avanza istanza di rimessione in termini ex art. 104 c.p.a. per produrre in giudizio le autorizzazioni rilasciate prima dell’istanza della ricorrente.
4. In data 19 ottobre 2015 si costituisce in giudizio il Ministero dell’Interno.
5. Nelle successive difese l’appellante insiste nelle proprie conclusioni.
6. L’appello è fondato e merita di essere accolto. La disciplina contenuta nel c.p.a. conferma la caratteristica già riconosciuta in capo alla giurisdizione di legittimità della operatività del principio dispositivo con metodo acquisitivo gravante sul ricorrente, stante la necessità del bilanciamento della disparità sostanziale e processuale tra ricorrente ed Amministrazione. In quest’ottica vanno letti sia l’art. 46 comma 2 c.p.a.: “ L'amministrazione, nel termine di cui al comma 1, deve produrre l'eventuale provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio ”, che l’art. 63, comma 1, c.p.a.: “ Fermo restando l'onere della prova a loro carico, il giudice può chiedere alle parti anche d'ufficio chiarimenti o documenti ”. Rispetto alla suddetta disciplina il principio di vicinanza della prova opera anche nel giudizio amministrativo ( ex plurimis , Cons. St., Sez. III, 16 luglio 2013, n. 3875), nel senso che la parte che afferma l’esistenza di una posizione giuridica, o che la nega, è onerata di produrre in giudizio tutti gli elementi probatori che ricadono nella sua diretta disponibilità.
Tanto premesso a fronte di un’affermazione contrastata tra le parti, ossia l’anteriorità o meno dell’istanza di autorizzazione da parte dell’originario ricorrente, quest’ultima non ha prodotto in giudizio la documentazione fotografica allegata alla domanda di autorizzazione, mentre l’amministrazione appellante non ha depositato in giudizio le domande e i provvedimenti autorizzativi delle installazioni di cui trattasi. Da ciò, però, non può farsi derivare automaticamente la fondatezza della doglianza, accolta in primo grado.
Infatti, l’affermazione dell’originario ricorrente, non suffragata da documenti idonei e nella sua disponibilità, non può essere ritenuta comprovata dal mancato deposito da parte dell’amministrazione resistente delle domande e dei provvedimenti autorizzativi delle installazioni. In una fattispecie di tal fatta, invece, sarebbe spettato al giudice intervenire con i suoi poteri officiosi, per colmare il deficit probatorio del ricorrente, disponendo l’acquisizione della documentazione in possesso dell’amministrazione. Questione, però, che in assenza di appello incidentale da parte dell’originario ricorrente non fa parte del presente thema decidendi , e che, pertanto, non può essere apprezzata in questa sede.
7. Tanto premesso il presente appello deve essere accolto, poiché in assenza di sufficienti elementi per ritenere fondata la pronuncia su cui fonda la doglianza di prime cure, deve respingersi, in quando non supportate neanche da un principio di prova esigibile (la documentazione fotografica solo enunciata ma non prodotta), sia la richiesta di annullamento contenuta nel ricorso di prime cure, che quella risarcitoria. Quanto a quest’ultima, in particolare, non è possibile apprezzare una condotta ingiusta in capo all’amministrazione, tale da ritenerla fondata.
8. L’appello va, quindi, accolto con ciò che ne consegue in termini di riforma della sentenza di prime cure e di rigetto del ricorso di primo grado. Nella complessità delle questioni trattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.