Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-13, n. 202401426

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-13, n. 202401426
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401426
Data del deposito : 13 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/02/2024

N. 01426/2024REG.PROV.COLL.

N. 05605/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5605 del 2020, proposto da
Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L F, A R, L P, C B e L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L G in Roma, via Po, n. 22;

contro

Vodafone Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P G B e M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano n. 119/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Vodafone Italia s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il Cons. Giovanni Pascuzzi e uditi per la parte appellante l’avvocato L G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Provincia Autonoma di Bolzano propone appello avverso la sentenza n. 119/2020 del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano, nella parte in cui, in accoglimento del ricorso proposto dalla società Vodafone, è stata annullata l’ingiunzione opposta con accertamento negativo del diritto vantato dalla Provincia autonoma di Bolzano alla percezione dell’importo ingiunto d’accertamento della debenza dei soli importi corrispondenti, per ciascuno degli anni di contestazione, ai valori TOSAP e COSAP ex art. 93 d.lgs 259/2003.

2. Così la sentenza impugnata ha riassunto le premesse in fatto:

- Vodafone Italia s.p.a. è proprietaria di tre stazioni radio base installate sul tetto di edifici di proprietà della Provincia autonoma di Bolzano in forza di altrettante concessioni stipulate, rispettivamente, in data 27.02.2003 (p.m. 1 della p.ed. 3947 in C.C. Dodiciville) ed in data 03.11.2011 (p.ed. 597 C.C. di Bolzano e p.ed. 2854 in C.C. di Dodiciville);

- i menzionati atti di concessione contemplano il versamento di canoni annuali pari ad € 12.911,14 (conc. n. 22071/2003;), ovvero € 15.000,00 (conc. n. 23219/2011 e n. 23220/2011);

- nel 2015 Vodafone sospendeva il pagamento dei canoni suddetti, eccependo l’invalidità delle relative convenzioni per ritenuto contrasto con il combinato disposto dagli artt. 88 e 93 del d.lgs. n. 259/2003 e 63 del d.lgs. n. 446/1997, interpretati alla luce del d.lgs. n. 33/2016;

- a fronte del mancato pagamento dei canoni, la Provincia attivava il proprio concessionario per la riscossione, Alto Adige Riscossioni s.p.a., affinché agisse per il recupero degli importi dovuti;

- con ingiunzione ex r.d. n. 639/1910, la società incaricata dell’esazione intimava a Vodafone il pagamento di una somma complessiva di € 28.241,59, riferita all’annualità 2015 per l’occupazione delle aree oggetto di concessione;

- avverso la predetta ingiunzione proponeva opposizione Vodafone avanti al Tribunale civile di Bolzano, secondo il rito ordinario di cognizione;

- con sentenza n. 1275 del 29.11.2018, il menzionato Tribunale declinava la propria giurisdizione in favore di quella del giudice amministrativo. La sentenza n. 1275/2018 è passata in giudicato il 29.05.2019;

- Vodafone ha riassunto l’opposizione all’ordinanza ingiunzione sopramenzionata dinanzi al Trga;
in particolare è stata riproposta avanti al Trga l’eccezione di nullità ex art. 1419 cod. civ. della clausola, contenuta nelle menzionate convenzioni, che obbliga l’ente gestore al pagamento del canone in misura maggiore rispetto a quella indicata dall’art. 93 del d.lgs. 1agosto 2003, n. 259, come interpretato autenticamente dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 33/2016;

- in forza di quest’ultima disposizione - che disciplina retroattivamente anche i rapporti anteriori alla sua entrata in vigore - gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica sarebbero soggetti solamente al pagamento delle tasse o canoni previsti dal 2° comma della medesima, vale a dire, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) oppure, in alternativa, del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP);

- secondo Vodafone, pertanto, nella fattispecie in trattazione dovrebbe trovare applicazione, ai sensi dell’art. 63, comma 3, numero 3) del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 ed in difetto della determinazione di tariffe basate sul numero di utenti serviti, il canone determinato nella misura minima stabilita invia residuale di € 516,46, (Lire 1.000.000,00) annui.

3. A sostegno dell’impugnativa, Vodafone formulava i seguenti motivi di ricorso:

I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 88 e 93, d.lgs. 259/2003, 12, d.lgs. 33/2016, 63, d.lgs. 446/1997 e degli artt. 1 e 25 d.p.p. 33/2006. Nullità dell’art. 3 delle concessioni del 27.02.2003 e 3.11.2011.

II. In assoluto subordine: violazione e falsa applicazione degli artt. 88 e 93, d.lgs. 259/2003 sotto ulteriori profili, alla luce dei principi generali di cui al d.lgs. 33/2016. Eccesso di potere per assurdità ed iniquità manifeste.

4. Si costituivano in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano e la società Alto Adige Riscossioni s.p.a., contestando nel merito la pretesa avversaria.

5. Con sentenza n. 119/2020 il Trga, Sezione di Bolzano, ha accolto l’opposizione presentata da Vodafone e, per l’effetto, ha annullato l’ingiunzione opposta nella parte in cui impone il versamento di canoni concessori eccedenti il valore di TOSAP e COSAP, ovvero la misura minima di € 516,46.

5.1 Il Trga ha preliminarmente ritenuto superate le questioni pregiudiziali di giurisdizione.

5.2 Il primo giudice ha quindi affermato che:

- l’art. 93 del d.lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) costituisce espressione di un principio fondamentale dell’ordinamento di settore delle telecomunicazioni;

- il concessionario delle aree pubbliche destinate ad ospitare gli impianti di trasmissione non è assoggettabile al pagamento di oneri o canoni diversi da quelli previsti dalla legge;

- ad eliminare ogni dubbio in proposito è intervenuta la norma di interpretazione autentica costituita dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 33/2016;

- tale norma interpretativa risulta pianamente applicabile a rapporti - come quello sub iudice – sorti anteriormente alla sua entrata in vigore;

- il paradigma non può essere eluso da diversi assetti convenzionali: la natura imperativa di tali disposizioni limitative ne comporta l’operatività nei rapporti in corso di svolgimento, secondo il meccanismo dell’eterointegrazione contrattuale, ex art. 1339 c.c., con sostituzione automatica della clausola nulla per contrarietà a norma imperativa, secondo la previsione dell’art. 1419, comma 2, c.c.;

- non incidono, in senso derogatorio della disciplina legale posta dall’art. 93 cit., le norme di contabilità della Provincia di Bolzano;

- la prevalenza della legislazione speciale statale deriva: a) dal fatto che la norma generale in tema di amministrazione del patrimonio della PAB, in forza del principio di specialità, deve considerarsi recessiva di fronte alla disciplina di settore dettata in tema di occupazioni di spazi pubblici da parte di operatori delle comunicazioni elettroniche;
b) dalla necessità di interpretare le disposizioni normative provinciali potenzialmente confliggenti in conformità ai principi fondamentali dell’ordinamento di settore delle telecomunicazioni;

- la scelta del legislatore statale di tenere gli operatori del settore delle telecomunicazioni indenni da oneri e canoni aggiuntivi rispetto a quelli imposti dal Codice delle comunicazioni elettroniche risponde quindi all’esigenza – di matrice eurounitaria - di tutelare la concorrenza, rientrando per ciò ex art. 117, comma 2, lett. e), nella competenza esclusiva c.d. trasversale dello Stato, idonea a coinvolgere più ambiti materiali anche di competenza regionale;

- l’art. 93 del d.lgs. n. 259/2003 si pone come fonte di rango superiore anche rispetto all’art. 25 del decreto del Presidente della Provincia n. 33/2006, relativo alle occupazioni di territorio provinciale da parte di aziende erogatrici di pubblici servizi in genere;

- in definitiva, i rapporti concessori intercorrenti tra Vodafone e la Provincia sono soggetti alla disciplina imperativa posta dall’art. 93 del d.lgs. n. 259/2003;

- pertanto è fondata l’opposizione all’ingiunzione di pagamento, con conseguente invalidità della stessa nella parte in cui impone la corresponsione, a titolo di canone concessorio, di importi eccedenti il valore di TOSAP e COSAP, ovvero la misura minima fissata dalla legge, pari ad € 516,00.

6. Avverso la sentenza del Trga di Bolzano n. 119/2020 ha proposto appello la Provincia autonoma di Bolzano per i motivi che saranno più avanti esaminati.

7. Si è costituita la società Vodafone Italia s.p.a. chiedendo il rigetto dell’appello.

8. All’udienza dell’8 febbraio 2024 l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello si lamenta: Violazione, errata e falsa applicazione ed interpretazione dell’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003 nonché dell’art. 12, comma 3, del d.lgs. 15 febbraio 2016 n. 33, norma di interpretazione autentica della prima. Violazione della ratio sottesa all’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003 e conforme all’art. 23 della Cost. Erronea insufficiente e contraddittoria motivazione in punto.

L’appellante sostiene che:

- l’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003 si riferisce solo alle prestazioni patrimoniali imposte;

- esso non può estendersi ad ipotesi diverse da quelle riconducibili a “prestazioni patrimoniali imposte”, quali le concessioni-contratto e i corrispettivi in esse pattuiti aventi natura privatistica;

- in questa direzione si muove anche l’art. 12 del d.lgs. n. 33/2016, norma di interpretazione autentica dell’art. 93, dal cui tenore letterale si ricava che vengono in parola pur sempre solo canoni, prestazioni o tasse imposti unilateralmente e, per questo motivo, soggetti a riserva di legge (statale);

- l’art. 12 del citato d.lgs. 33/2016 non ha fatto altro che definitivamente risolvere ogni dubbio in materia di coesistenza del canone imposto ai sensi dell’art. 27, co. 7 e 8, d.lgs. 285/1992 con TOSAP o COSAP in riferimento alle reti di comunicazione elettronica;

- la presente fattispecie esula dall’ambito applicativo del disposto di cui all’art. 93, perché non concerne in alcun modo una “prestazione patrimoniale imposta” bensì riguarda un’ipotesi di concessione-contratto con la quale le parti (Provincia autonoma di Bolzano e Vodafone) hanno regolamentato la concessione da parte del primo alla seconda dell’uso del tetto di alcuni immobili di proprietà provinciale per la collocazione di antenne. In questi casi le parti hanno stabilito la durata delle concessioni in anni 6 ed hanno determinato convenzionalmente il canone basandosi su una stima dell’ufficio estimo della Provincia;

- la motivazione della sentenza è erronea e contraddittoria perché viola anche la ratio sottesa al citato art. 93 che è quella per cui prestazioni patrimoniali unilaterali possono essere imposte solo in base alla legge in conformità all’art. 23 della Cost.;

- l’esigenza espressa dall’art. 93, in conformità all’art. 23 della Cost., di tutelare la concorrenza e la parità di trattamento tra gli operatori del settore si può dire certamente frustrata da previsioni normative regionali o locali regolamentari che impongono prestazioni diverse da quelle contenute nella legge statale e valevoli in modo uniforme sull’intero territorio, ma non certo da previsioni che sono il frutto di un libero accordo tra le parti;

- diversamente opinando si giungerebbe alla conclusione che anche gli immobili di proprietari privati dovrebbero essere concessi in godimento ad operatori del settore per l’installazione di impianti di telefonia mobile ad un canone di importo pari alla TOSAP o COSAP;

- nella sentenza n. 3467/2020 il Consiglio di Stato ha affermato che l’art 93 d.lgs. 295/2003 ha posto un limite al potere impositivo unilaterale degli enti territoriali, ma non ha contemplato minimamente eventuali canoni pattuiti convenzionalmente nell’ambito di concessioni contratto aventi ad oggetto beni demaniali o patrimoniali indisponibili.

2. Con il secondo motivo di appello si lamenta: Ulteriore violazione, errata e falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003 nonché dell’art. 12, comma 3, del d.lgs. 15 febbraio 2016 n. 33, norma di interpretazione autentica della prima.

L’appellante sostiene che:

- l’art. 93 non dice che, nel settore delle comunicazioni, la TOSAP o, in alternativa, la COSAP possano estendere il proprio ambito applicativo a fattispecie diverse da quelle disciplinate e previste dalla rispettiva normativa di riferimento (ovvero dal capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 (TOSAP) e dall’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (COSAP);

- l’art. 93 dice che tali discipline nel settore della comunicazione vanno applicate in via esclusiva ma pur sempre in presenza dei presupposti di applicazione previsti dalla legge per tali imposizioni patrimoniali;

- il presupposto applicativo della COSAP è, cioè, che si tratti innanzitutto di “occupazioni” e in secondo luogo di “occupazioni” su aree pubbliche, strade o comunque spazi che sono utilizzabili per il pubblico passaggio e che possono essere appunto occupati in modo permanente o temporaneo in virtù di una concessione amministrativa;

- la COSAP, nel settore delle comunicazioni, è applicabile sì in via esclusiva, sempreché però sussistano tali presupposti previsti dalla relativa disciplina;

- ma se tali presupposti mancano, se cioè come ne caso di specie, non vi è un’occupazione di aree pubbliche strade o comunque spazi utilizzabili per il pubblico passaggio ma una concessione in uso/godimento di un edificio di proprietà provinciale, la COSAP non può trovare applicazione;

- per “occupazione” si intende la disponibilità, anche di fatto, di suolo o di spazi pubblici per una utilizzazione particolare che li sottrae all’uso generale della collettività;

- invece la “concessione in uso/godimento” di un bene pubblico presuppone beni di una Pubblica Amministrazione che sono in uso all’ente proprietario il quale può concederne il godimento a terzi;

- nel caso che ci occupa, ad esempio, è stato concesso a Vodafone l’utilizzo di parte di tetti di immobili di proprietà provinciale;
si tratta della concessione in godimento di una porzione di edificio, più precisamente di un tetto sul quale sono collocati gli impianti (antenne e parabole);

- si tratta non della semplice occupazione di un’area (coesistente con l’uso della stessa da parte di altri utenti) ma dell’uso/utilizzo di un intero locale (garage) e di una parte di tetto dell’edificio comunale che preclude il pari uso da parte dello stesso Comune;

- che l’art. 93 più volte citato si riferisca soltanto ad ipotesi di occupazione di aree e suolo pubblico, pur nel settore delle comunicazioni, si evince anche da una lettura combinata ed organica delle varie disposizioni contenute nel Codice delle comunicazioni (artt. 88 e 92);

- lo stesso art. 93 contiene il divieto di imporre altre oneri;

- non venendo in questione alcuna delle fattispecie sopra descritte (non trattandosi di un’ipotesi di “occupazione di aree e spazi pubblici”), del tutto correttamente l’Amministrazione ha applicato alla concessione-contratto l’articolo 11 della legge sull’amministrazione del patrimonio della PAB (l.p. 2/1987).

3. Con il terzo motivo di appello si lamenta: Violazione, errata e falsa interpretazione ed applicazione degli artt. 12, comma 3 e 15 del d.lgs. 15 febbraio 2016 n. 33. Erronea, contraddittoria ed insufficiente motivazione in punto di attribuzione all’art. 12, comma 3, del d.lgs. 33/2016 di norma di interpretazione autentica.

L’appellante sostiene che:

- il Trga di Bolzano ha applicato retroattivamente l’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 33/2016;

- l’applicazione in via retroattiva di tale norma si pone in contrasto con l’art. 15 del medesimo decreto legislativo che dispone con una norma transitoria che « le disposizioni del presente decreto si applicano a decorrere dal 1° luglio 2016, salvo quelle contenute nell'articolo 4, comma 1, unitamente alle relative previsioni sanzionatorie di cui all'articolo 10, comma 3, nonché quelle contenute nell'articolo 14, comma 2, che trovano immediata applicazione »;

- a mente dell'articolo 12, comma 3, del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 33, solo a decorrere dal 1.7.2016, come indicato nell'articolo 15, comma 1, del medesimo decreto 33/2016, il comma 2 dell’art. 93 si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione;

- in via del tutto subordinata, la sentenza di primo grado deve essere riformata sul punto perché contrastante con l’art. 15 del citato d.lgs. 33/2016;

- la motivazione della sentenza è insufficiente, erronea e contraddittoria nel punto in cui si afferma «la natura interpretativa dell’art. 12, comma 3, comporta l’applicazione retroattiva della stessa», essendo nel caso di specie la sua retroattività espressamente esclusa per legge, il ché peraltro fa dubitare della sua stessa valenza di norma di interpretazione autentica, al di là del nomen iuris utilizzato;

- in via di ulteriore subordine la sentenza deve essere riformata nella parte in cui si attribuisce all’art. 12, comma 3, del d.lgs. 33/2016 valenza di norma di interpretazione autentica.

4. Nella memoria difensiva, la società Vodafone chiede il rigetto dell’appello sostenendo che il Collegio dovrebbe rimeditare l’orientamento espresso nella sentenza n. 3467/2020 e richiamando due pronunce di merito del giudice ordinario.

5. L’appello è fondato.

5.1 Il Collegio non ha motivo per discostarsi dai principi accolti nella sentenza della Sezione n. 3467/2020 (e ribaditi da Cons. Stato, Sez. V, n. 142/2021 e n. 10505/2022).

In tale pronuncia è stato affermato che:

a) la disciplina di cui all’art. 93, comma 2, del d.lgs. n. 259/2003 « è stata considerata, dall'indirizzo interpretativo assolutamente prevalente, come espressione di un principio fondamentale dell'ordinamento di settore delle telecomunicazioni, in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a loro carico oneri o canoni, posto che - ove ciò non fosse - ogni singola amministrazione munita di potestà impositiva potrebbe liberamente prevedere obblighi pecuniari a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio, appunto, di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, ai quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti (v. Corte Cost., n. 336/2005, n. 450/2006, n. 272/2010, n. 47/2015;
Cons. Stato, n.2335/2016)
»;

b) « l'art. 93 d.lgs. n. 295/2003, laddove per l'esecuzione delle opere di cui al Codice delle comunicazioni elettroniche o per l'esercizio dei relativi servizi di comunicazione ha sancito per gli enti territoriali il divieto d'imporre qualsiasi "altro onere finanziario, reale o contributo", diversi dalla TOSAP o, alternativamente, COSAP, e dal contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, d.lgs. n.507/1993, ha posto un limite al potere impositivo unilaterale degli enti territoriali, ma non ha contemplato minimamente eventuali canoni pattuiti convenzionalmente nell'ambito di concessioni-contratto aventi ad oggetto beni demaniali o patrimoniali indisponibili … Ciò, peraltro, in conformità al 'Considerando' 22, seconda parte, della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), per cui la direttiva non pregiudica "le disposizioni nazionali vigenti in materia di espropriazione o uso di una proprietà, normale esercizio dei diritti di proprietà, normale uso dei beni pubblici" [vedi ora il considerando n. 103 della direttiva (UE) 2018/1972 che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche]; infatti, secondo l'art. 345 TFUE "i trattati lasciano del tutto impregiudicati il regime di proprietà esistente negli Stati membri", sicché la disciplina dello statuto della proprietà, sia privata che pubblica, resta, in linea generale, di competenza degli Stati membri »;

c) « i contrasti interpretativi in seno alla giurisprudenza amministrativa e ordinaria, che hanno indotto il legislatore ad emanare la norma di interpretazione autentica del comma 2 dell'art. 93 d.lgs. n. 259/2003, ossia l'art. 12, comma 3, d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 33,erano insorti in relazione alla questione della persistente assoggettabilità, o meno, al potere attribuito dall'art. 27 d.lgs. n. 285/1992 (preesistente al citato articolo 93) all'ente proprietario della strada, d'imposizione di un canone per l'uso o l'occupazione a qualsiasi titolo del suolo e del sottosuolo della strada medesima;
questione interpretativa, risolta positivamente da una parte della giurisprudenza con il richiamo al primo comma dell'art.93, laddove lo stesso, con riferimento generale alle attività di "impianto di reti o [...]esercizio dei servizi di comunicazione elettronica", vieta l'imposizione di oneri o canoni "che non siano stabiliti per legge" (sulla ricostruzione del contrasto interpretativo che aveva dato luogo a detto intervento legislativo, v. Cass. civ., sez. I, 10 gennaio 2017, n. 283, punto 1.2.5.)
»;

d) « diversa valenza deve, invece, essere attribuita all'integrazione apportata alla citata norma di interpretazione autentica (contenuta nell'art. 12, comma 3, d.lgs. n. 33/2016) dall'art.

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