Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2010-07-30, n. 201003607

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2010-07-30, n. 201003607
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201003607
Data del deposito : 30 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10310/2004 AFFARE

Numero 03607/2010 e data 30/07/2010

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 10 febbraio 2010




NUMERO AFFARE

10310/2004

OGGETTO:

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla signora A G per l’annullamento della nota del dirigente del settore edilizia privata del comune di Genova (prot. n. 10103 del 12 giugno 2003) con la quale si esprime parere contrario al mantenimento delle opere seguite nell’immobile di sua proprietà ubicato in Corso Italia n. 36, nonché di ogni atto comunque connesso;

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota n. 4269 del 4 agosto 2004 con la quale il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, direzione generale per il sostegno agli interventi contro l’abusivismo edilizio, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare in oggetto;

visto il ricorso;

viste le controdeduzioni del comune di Genova;

visti i precedenti pareri interlocutori resi dalla sezione nelle adunanze del 31 gennaio e del 12 dicembre 2007 con i quali venivano disposti incombenti istruttori;

esaminati gli atti ed udito il relatore, consigliere Dedi Rulli;


Premesso:

La signora A G, proprietaria di un appartamento sito al secondo piano di un edificio, risalente al 1954, fa presente che, sul lato a monte dell’edificio, separato da una stretta intercapedine, vi è un terrapieno di proprietà di terzi, di altezza pari a quella dell’edificio, su cui affacciano terrazzini in corrispondenza della cucina. Nel tempo alcuni dei detti terrazzini sono stati chiusi così da ricavarne sgabuzzini aderenti al muro di contenimento del terrapieno.

Analoghi lavori sono stati da lei eseguiti senza autorizzazione, e per essi è stata adottata ingiunzione di demolizione del 27 marzo 2002.

L’interessata presentava, in data 4 luglio 2002, istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 28 febbraio 1985 per il mantenimento di quanto realizzato.

Con la nota oggetto del presente gravame il comune di Genova comunicava il parere contrario all’accoglimento dell’istanza espresso dalla commissione edilizia integrata.

Nel ricorso, proposto con atto dell’8 ottobre 2003, l’interessata deduce:

a) violazione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti, atteso che l’evidenziata mancanza di intercapedine di una parte della parete esterna, assunta, in parte, a giustificazione del parere contrario, ben sarebbe potuta essere superata condizionando l’assenso alla sua realizzazione;

b) Eccesso di potere per difetto di motivazione e di idonea istruttoria;
eccesso di potere per difetto di presupposti legittimanti;
illogicità e ingiustizia manifesta e contraddittorietà, perché appare contraddittorio l’operato dell’amministrazione che ha sanato identici lavori eseguiti per i terrazzini del primo e del terzo piano.

Con la relazione citata in epigrafe l’Amministrazione ritiene il ricorso infondato, osservando che il manufatto realizzato si pone in contrasto con le norme di attuazione del PUC come precisato dal comune nelle proprie controdeduzioni.

Negli stessi termini e per identiche conclusioni si esprime il Comune di Genova.


Considerato:

1. Il parere negativo espresso dalla commissione edilizia integrata in ordine alla richiesta di mantenimento di quanto realizzato assume a presupposto i pareri contrari espressi dall’azienda sanitaria locale III perché la parete è priva di intercapedine, e dal settore pianificazione urbanistica perché l’incremento di superficie agibile così ottenuto è in contrasto con le norme di attuazione del piano urbanistico comunale del 2000.

Nel ricorso l’interessata non contesta il contrasto di quanto realizzato con le norme urbanistiche del comune, ma assume sostanzialmente che un eventuale accoglimento ben sarebbe potevo essere condizionato, anche tenuto conto della sanatoria concessa per identici lavori realizzati al primo ed al secondo piano dell’immobile.

2. L’infondatezza nel merito del gravame consente al collegio di prescindere dalla valutazione della procedibilità dello stesso, per avere la ricorrente proposto ricorso giurisdizionale al tribunale amministrativo regionale per la Liguria contro la precedente ordinanza di demolizione.

Invero le tesi difensive svolte in ricorso non possono essere condivise.

In ordine al primo profilo il collegio osserva che l’amministrazione, nel momento in cui si esprime sull’accertamento di conformità alla normativa vigente, valuta l’opera così come realizzata, senza possibilità di porre condizioni.

Quanto, poi, alle invocate concessioni in sanatoria rilasciate per il lavori effettuati al primo ed al terzo piano dell’immobile, depositate in atti, va osservato che il loro presupposto normativo è l’art. 31 della legge n. 47 del 28 febbraio 1985 in base al quale “possono, su loro richiesta, conseguire la concessione o la autorizzazione in sanatoria i proprietari di costruzioni e di altre opere che risultino essere state ultimate entro la data del 1° ottobre 1983 …..”, in cui rileva solo la data di ultimazione dei lavori.

Nel caso in esame, invece, viene in rilievo l’art. 13 della stessa legge, in base al quale il responsabile dell'abuso può ottenere la concessione o l'autorizzazione in sanatoria quando l'opera eseguita in assenza della concessione o di autorizzazione sia conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non sia in contrasto con quelli adottati al momento della realizzazione dell'opera ed a quello della presentazione della domanda.

Ed il contrasto con le vigenti previsioni urbanistiche comunali è ben sottolineato nella motivazione del parere negativo qui contestato e - si ripete - non contestato nel ricorso.

3. Per le considerazioni fin qui svolte l’impugnativa non può trovare accoglimento.

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