Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-11-28, n. 202310223
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Pubblicato il 28/11/2023
N. 10223/2023REG.PROV.COLL.
N. 01414/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1414 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, piazza Cavour, 139;
contro
Ministero dell'Interno, Questura Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2023 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 27 luglio 2020, l’appellante, cittadino -OMISSIS-, titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha presentato alla Questura di Napoli istanza volta a ottenerne il rinnovo con conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.
In data 27 gennaio 2021, la Questura di Napoli ha respinto l’istanza, previa comunicazione del preavviso di rigetto, sul presupposto della presenza, a carico dell’interessato, di una sentenza di condanna alla pena di anni due di reclusione, emessa il 26 settembre 2019, per il reato di cui all’art. 497-bis, comma 1, cp. (possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi), commesso il 19 settembre 2019 e ritenuto ostativo al rinnovo del titolo di soggiorno.
Il cittadino straniero ha impugnato il decreto innanzi al Tar Napoli, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere: in sintesi, il ricorrente ha denunciato che illegittimamente l’Amministrazione avesse omesso di verificare in concreto la sua pericolosità sociale, ritenendo che, ove tale valutazione fosse stata eseguita, il procedimento si sarebbe concluso in modo diverso, tenuto conto del carattere isolato e risalente dell’episodio, nonché dell’integrazione lavorativa dello straniero, -OMISSIS-. Al fine di escludere il carattere ostativo della condanna riportata, il ricorrente ha evidenziato che, in data 24 luglio 2018, quando il fatto criminoso era già compiuto e valutabile dalla pubblica amministrazione, la Questura di Prato ha rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari, non ritenendo lo straniero socialmente pericoloso.
L’adito Tar ha rigettato il ricorso, ritenendo immune il provvedimento gravato dai censurati vizi. In particolare, il Giudice di prime cure, ritenuto il carattere ostativo del precedente ascritto al ricorrente ed esclusa ogni forma di affidamento in ordine al rinnovo del titolo, ha constatato la doverosità dell’atto di diniego, senza che occorresse una puntuale valutazione in ordine alla pericolosità sociale dell’interessato né una particolare motivazione.
Avverso la sentenza è insorto il cittadino straniero, che ne ha chiesto la riforma, previa sospensione dell’efficacia, riproponendo le censure non accolte in primo grado e invocando l’applicabilità della tutela rafforzata di cui all’art. 9 del d.lgs. 286/1998, considerata la durata del soggiorno nel territorio italiano, il suo radicamento nella società e la sua posizione lavorativa.
Alla camera di consiglio del 9 marzo 2023, il Collegio ha rigettato l’istanza cautelare.
Alla pubblica udienza del 21 settembre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato.
Con unico motivo di gravame, si contesta la sentenza impugnata nella misura in cui ritiene legittimo l’automatismo operato dalla Questura, senza dare alcun rilievo all’episodicità del precedente ascritto all’appellante e alla sua lunga presenza in Italia, tale da renderlo sostanzialmente equiparabile a un lungo soggiornante, con conseguente operatività della cd. tutela rafforzata prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 286/1998. In altri termini, l’Amministrazione, secondo la difesa, avrebbe dovuto compiere una valutazione complessiva della posizione dello straniero, verificando in concreto la sua pericolosità sociale, al pari di quanto si richiede per i titolari di permesso di soggiorno di lunga durata.
Il motivo è suscettibile di positivo apprezzamento.
Viene in rilievo, nel caso di specie, l’art. 4, comma 3, del d.gs. n. 286/1998, ai sensi del quale «non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite».
Come ribadito da questa Sezione (cfr. Cons. St., sez. III, 13 luglio 2022, n. 5950;Cons. St., sez. III, 16 luglio 2019, n. 5007;Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2013, n. 1339;Cons. Stato, Sez. III, 31 ottobre 2011, n. 5825), ai sensi dell’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 286/98, le condanne per i reati ricompresi nella previsione dell’art. 380 c.p.p. – tra i quali rientra la fattispecie di cui all’art. 497-bis – sono indicative di pericolosità sociale del cittadino straniero, sulla base di una valutazione compiuta ex ante e in astratto dal Legislatore, risultando dunque ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno. Consegue che, nelle ipotesi tipizzate dall’art. 380 c.p.p. cui rinvia l’art. 4, comma 3, del d.lgs. 286/1998, in linea generale, è preclusa al Questore ogni valutazione di pericolosità in concreto dello straniero, potendosi qualificare il provvedimento di diniego come atto dovuto.
Tale automatismo, tuttavia, cede il passo a una valutazione discrezionale allorquando, ad esempio, lo straniero vanti legami familiari sul territorio nazionale. In questi casi, pur a fronte di una condanna per un reato ostativo, si richiede all’Amministrazione una valutazione della pericolosità sociale dello straniero in concreto, che tenga cioè conto, nel raffronto con l’interesse pubblico al mantenimento dell’ordine e della sicurezza, dell’effettività dei vincoli familiari, del legame effettivo con il Paese d’origine e della durata del soggiorno.
Allo stesso modo, la regola dell’automatismo preclusivo in presenza di reati ostativi incontra un’eccezione in relazione ai titolari di permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, ai quali l’art. 9, comma 4, TUI garantisce una tutela rafforzata, che si sostanzia nell’obbligo per l’Amministrazione, nella valutazione della pericolosità sociale dello straniero, di tenere conto, oltre che dell’intervenuta condanna, anche della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.
Ebbene, ad avviso dell’appellante, la tutela rafforzata di cui all’art. 9, comma 4, TUI si applicherebbe anche al caso di specie, sul presupposto per cui la lunga permanenza sul territorio nazionale (lo straniero è in Italia dal 2014) renderebbe la sua posizione sostanzialmente equiparabile a quella di un soggiornante di lungo periodo.
Alla luce di quanto detto, al fine di vagliare la legittimità della gravata sentenza, occorre chiarire se l’Amministrazione avesse o meno il dovere di compiere un giudizio di pericolosità in concreto, che tenesse conto, oltre che dell’interesse alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, anche dei contrapposti interessi del richiedente.
Sul punto, occorre richiamare l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 58 del 17 marzo 2014, con la quale la Consulta ha ribadito e sottolineato con forza l’orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui l’art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998, nel testo sostituito dall’art. 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), non si applica solo a coloro che hanno richiesto il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, ma anche a coloro che hanno maturato la condizione per il rilascio del permesso di soggiorno a siffatto titolo, come nel caso dell’odierno appellante, che si trova in Italia da oltre dieci anni e vi svolge, almeno da quanto risulta agli atti, regolare attività lavorativa. (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 7.04.20142, n. 1637), come dimostra la produzione documentale concernente le buste paga percepite nei mesi di luglio ed agosto 2023 che, seppur tardivamente depositata in vista dell’udienza pubblica in data 20 settembre 2023, dà atto di una continuità reddituale che merita di essere valorizzata in questa sede.
Ne segue che l'impugnata sentenza, in quanto affetta da error in iudicando, deve essere per tale assorbente vizio riformata interamente, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in prime cure e annullamento dell’atto di diniego avversato in quella sede.
Sono fatti salvi, alla luce di quanto esposto, gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione, la quale valuterà la complessiva situazione, familiare e lavorativa, del cittadino extracomunitario, il suo inserimento sociale e la sua attuale e concreta pericolosità sociale, senza automatismi di sorta.
Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Attesa la peculiarità della questione, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.