Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-07-14, n. 202004559
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Pubblicato il 14/07/2020
N. 04559/2020REG.PROV.COLL.
N. 03799/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3799 del 2019, proposto da
Ministero dei Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
A Z, in proprio e quale legale rappresentante della ditta Individuale "Z A", rappresentata e difesa dagli avvocati prof. E F e I F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Roma, piazza Cavour 17;
Comune di Manfredonia, non costituito in giudizio;
per l’annullamento o la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 00160/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione con riproposizione dei motivi assorbiti in primo grado di A Z in proprio e quale legale rappresentante della ditta Individuale "Z A";
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. Francesco De Luca nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020 svoltasi, ai sensi dell’art. 84 comma 5, del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso in prime cure la Sig.ra A Z ha impugnato:
a) l’atto dell’11.1.2018 prot. n. 1099/18, con cui il Comune di Manfredonia aveva comunicato alla ricorrente il parere negativo del 20.11.2017, prot. n. 8372, reso dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia;
b) il medesimo parere n. 8372/17, intervenuto in merito all’autorizzazione paesaggistica semplificata relativa alla realizzazione di un manufatto adibito a wc-spogliatoio per personale, a servizio dell’attività della ricorrente di deposito scoperto e rimessaggio di imbarcazioni da diporto in località Acqua di Cristo, Manfredonia.
A fondamento del ricorso la Sig.ra Z ha dedotto:
- di avere ottenuto in data 19 agosto 2014 il rilascio di una concessione demaniale marittima reg. n. 14 rep. n. 15, avente ad oggetto un’area della superficie di mq. 2.544,05 sita in località Acqua di Cristo, Manfredonia, adibita a deposito scoperto di imbarcazioni da diporto, comprendente un’area scoperta adibita a deposito imbarcazioni, un manufatto da adibire a ufficio e guardiola per servizio guardiania notturna, vasche per la regimentazione e trattamento delle acque meteoriche di dilavamento e di lavaggio imbarcazioni, nonché un’area asservita ad uso non esclusivo;
- di avere chiesto con istanza del 24 luglio 2015 all’Autorità Portuale di Manfredonia il rilascio di una concessione demaniale marittima in ampliamento alla concessione n. 14/2014, per “ l’adeguamento igienico sanitario e acquisizione di due aree relitto antistante, retrostante alla detta concessione a servizio dell’attività di alaggio e varo di piccole imbarcazioni …”;
- di avere acquisito il parere favorevole dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e del Comune di Manfredonia;
- di avere, quindi, ottenuto dal Commissariato dell’Autorità Portuale di Manfredonia con atto del 21 aprile 2016, rep. N. 4, reg. n. 3, la concessione per l’occupazione di un’area demaniale marittima di mq. 482,95 sita in località Acqua di Cristo in ampliamento al predetto titolo concessorio n. 14/2014;
- di avere presentato in data 24 maggio 2016 al Comune di Manfredonia domanda per il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione del blocco di servizi igienici e spogliatoio per l’adeguamento igienico sanitario dell’area scoperta adibita a deposito imbarcazioni e dei manufatti ricadenti in loc. Acqua di Cristo, allegando, altresì, la dichiarazione del progettista di non assoggettabilità dell’intervento all’autorizzazione paesaggistica, trovando applicazione l’art. 142, comma 2, lett. c), D. Lgs. n. 42/2004;
- di avere ottenuto l’accoglimento dell’istanza di permesso di costruire con atto comunale n. prot. 27031 del 26 luglio 2017, ma di avere ricevuto dal Comune la richiesta di presentazione (tra l’altro) dell’autorizzazione paesaggistica occorrente ai fini del formale rilascio del titolo autorizzatorio;
- di avere presentato, in via tuzioristica, istanza di autorizzazione paesaggistica semplificata ex DPR n. 31/2017 e art. 90 NTA del PPTR, “ trattandosi di interventi di lieve entità, consistenti nell’adeguamento igienico sanitario con la realizzazione di un blocco wc-spogliatoio per il personale di facile amovibilità, a servizio dell’attività in essere di deposito scoperto e rimessaggio di imbarcazioni da diporto ” (pag. 4 ricorso in primo grado);
- di avere ricevuto in data 27 ottobre 2017 il preavviso di rigetto, con cui la Soprintendenza Archeologia-Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia aveva comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, facendosi questione di opere non precarie, richiedenti il titolo autorizzatorio ordinario, e comunque di intervento in contrasto con il regime di tutela dell’area interessata e con quanto stabilito nel protocollo sottoscritto tra il Comune e la Soprintendenza;
- di avere presentato con nota del 14.11.2017 (all. 4 ricorso in primo grado) osservazioni al preavviso di rigetto, rilevando che: a) l’intervento ricadeva in area omogenea del vigente P.R.G. del Comune di Manfredonia in zona identificata come D1-PR-ASI, in relazione alla quale il Comune di Manfredonia con Deliberazione di Giunta Comunale n. 48 del 17.3.201 aveva provveduto agli adempimenti di cui all’art. 142, comma 2, D. Lgs. n. 42/04 e dell’art. 38 NTA del PPTR, escludendola, come già esclusa ex lege , dalle aree sottoposte all’applicazione della normativa del D. Lgs. n. 42/04;b) l’area risultava totalmente urbanizzata, trattandosi di area di base del porto di Manfredonia, con la presenza di banchine portuali, manto stradale totalmente asfaltato e diverse tipologie di manufatti;c) l’intesa tra la Soprintendenza e il Comune di Manfredonia richiamata nel preavviso di rigetto era riferita alla scogliera Nord Est e riguardava un’area distante diversi metri della zona in contestazione, bloccando, peraltro, la pianificazione prima del limite portuale nella quale ricadeva l’area in concessione;d) l’area risultava già totalmente urbanizzata, non andandosi, quindi, ad alterare alcun elemento naturalistico esistente;e) sussisteva comunque la disponibilità dell’istante “ a modificare la struttura di fondazione e realizzarla come tutto il resto dell’edificio, cioè con basamenti in cemento prefabbricato appoggiato al suolo, magari sotto la guida di una Vostra prescrizione ”;
- di avere ricevuto, a conclusione del procedimento, l’atto n. 8372/17 cit. (all. 2 ricorso in primo grado), con cui la Soprintendenza aveva espresso parere negativo, ribadendo le ragioni oggetto del preavviso di rigetto e rilevando, quanto alle osservazioni pervenute, che “ in merito agli aspetti costruttivi (precarietà e permeabilità dei suoli) non sono pervenute proposte progettuali alternative ”;nonché “ in merito alla questione basilare del contrasto con le norme prescrittive del PPRT, l’osservazione pervenuta non è pertinente, in quanto non è inerente alla redazione di perimetrazioni delle cosiddette “aree escluse” ex comma 2 dell’art. 142 del Codice, ad opera del Comune, che di fatto non ha alcuna vigenza. Fino ad allora le norme di settore dovranno ritenersi perentorie ”;
- di avere, infine, ricevuto l’atto dell’11.1.2018, prot. n. 1099/18 (all. 1 ricorso in primo grado), con cui il Comune di Manfredonia aveva trasmesso alla concessionaria il detto parere negativo, evidenziando che la Soprintendenza riteneva necessaria la procedura ordinaria e che la possibilità di esonerare l’intervento dall’autorizzazione paesaggistica come previsto dalla delibera di C.C. n.48 del 17.3.2017 non poteva essere tenuta in considerazione perché non era stata ancora sottoscritta l’intesa tra il Comune, la Regione e la Soprintendenza.
Adendo la sede giurisdizionale, il concessionario ha contestato la legittimità degli atti impugnati ( supra richiamati), deducendo che:
- l’area in concessione doveva ritenersi compresa tra quelle escluse dalla necessaria acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 142, comma 2, lett. c), D. Lgs. 42/2004 (in quanto rientrante tra le aree ricadenti nei centri edificati perimetrati ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971 n. 865), come confermato nella ricognizione effettuata dal Comune di Manfredonia con la delibera di C.C. n. 12 del 17.3.2017 (assunta per adempiere a quanto prescritto dall’art.38, comma 5, delle NTA del P.P.T.R. Puglia), da ritenere atto pienamente efficace e vigente, anche in conseguenza del silenzio assenso formatosi ex art. 17 bis L. n. 241/90, in ragione della condotta inerte tenuta dalle Amministrazioni interpellate dal Comune (Ministero per i beni e le attività culturali e Regione Puglia);
- in subordine, l’opera di lieve entità era di facile amovibilità e, per le sue caratteristiche costruttive e funzionali, rientrava tra quelle soggette all’iter autorizzatorio semplificato di cui all’art.3 del DPR 31/2017 (lett. B.26, allegato B), trattandosi di un “ manufatto di facile rimozione per servizi igienici e spogliatoio, funzionale alla sua attività turistico-commerciale di alaggio e varo di piccole imbarcazioni da diporto ” (pag. 13 ricorso in primo grado);
- l’intervento, di facile amovibilità, rientrava tra quelli ammissibili ai sensi dell’art. 45 delle NTA del P.P.T.R. Puglia e non era in contrasto con le prescrizioni del protocollo d’intesa intervenuto tra il Comune e la Soprintendenza per gli interventi in fascia costiera, perché l’area de qua era esclusa dall’ambito di applicazione del detto protocollo;
- la Soprintendenza, da un lato, aveva assunto che nessuna modifica costruttiva era stata proposta dalla ricorrente, contrariamente a quanto esposto nelle deduzioni al preavviso di diniego, dall’altro lato, aveva omesso di indicare alla ricorrente le misure da attuare per ottenere l’assenso, in violazione di quanto disposto dall’art. 11 del DPR n. 31/2017, così impedendo alla ricorrente di proporre un progetto adeguato alle prescrizioni ed ottenere un parere positivo;in ogni caso, in sede di riscontro al preavviso di rigetto, la ricorrente aveva manifestato la disponibilità ad apportare eventuali modifiche al progetto originario.
2. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si è costituito in giudizio, al fine di resistere al ricorso.
3. Il Tar, a definizione del giudizio, ha accolto il primo motivo di ricorso, tenuto conto che:
- le disposizioni di cui agli artt. 142, comma 2, lett. c) dlgs n. 42/2004 e 18 legge n. 865/1971 “ consentirebbero di far andare esente l’intervento per cui è causa dalla necessità della previa acquisizione della autorizzazione paesaggistica, subordinatamente al ricorrere di determinate condizioni, tra cui nel caso di specie la perimetrazione dell’area oggetto dell’intervento medesimo ad opera della deliberazione di Giunta comunale n. 48 del 17.3.2017. Tuttavia, ai sensi dell’art. 38, comma 5 delle NTA del PPTR (correttamente richiamato nel corpo della citata deliberazione n. 48/2017 [cfr. pag. 3] al fine di disporre l’invio della stessa delibera e degli elaborati allegati alla Regione ed al MIBACT per le valutazioni di merito ed il raggiungimento dell’intesa) “In sede di adeguamento ai sensi dell’art. 97, e comunque entro due anni dall’entrata in vigore del PPTR, i comuni, d’intesa con il Ministero e la Regione, precisano la delimitazione e rappresentazione in scala idonea delle aree di cui al comma 2 dell’articolo 142 del Codice ”;
- pertanto, posto che “ E’ incontestato che detta intesa nel caso di specie non è stata raggiunta tra le P.A. interessate, pur essendo stata trasmessa al Ministero ed alla Regione la delibera n. 48/2017 ”, rilevato che “ può certamente operare nel caso di specie l’innovativa previsione di cui all’art. 17 bis legge n. 241/1990, introdotto dall’art. 3 legge n. 124/2015, la cui operatività è invocata nella fattispecie in esame dalla Z con il motivo di gravame sub 1) ”, il Tar ha ritenuto che nella specie si fosse formato il silenzio assenso nei rapporti tra Pubbliche Amministrazioni, come censurato dal ricorrente con il primo motivo di impugnazione.
In ogni caso, il Tar ha evidenziato la necessità di svolgere e completare l’istruttoria e la fase decisoria alla stregua di una valutazione complessiva degli interessi in gioco, tenuto conto che “ detto bilanciamento (rectius valutazione complessiva degli interessi in gioco), a seguito del doveroso completamento dell’istruttoria, nel caso di specie è stata totalmente pretermesso dalle Amministrazioni evocate in giudizio, posto che il censurato atto comunale dell’11.1.2018 si limita ad evidenziare unicamente il mancato raggiungimento dell’intesa ex art. 38, comma 5 delle NTA del PPRT ai fini della concreta operatività della perimetrazione di cui alla delibera n. 48/2017 (lo stesso deve dirsi della nota soprintendentizia del 20.11.2017) ”.
Per l’effetto, il ricorso è stato accolto “ nei sensi e nei limiti in precedenza esposti e, per l’effetto, [il Tar ha disposto] l’annullamento degli atti gravati, fatto salvo il riesercizio del potere amministrativo ”, con la precisazione che “ in sede di riesercizio del potere le Amministrazioni resistenti dovranno farsi carico del doveroso bilanciamento degli interessi rilevanti ai sensi del citato punto 1.2.2 del parere n. 1640 del 13.7.2016 del Consiglio di Stato ”.
4. Il Ministero ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, denunciandone l’erroneità con un unico complesso motivo di impugnazione.
A giudizio dell’Amministrazione statale, non potrebbe trovare applicazione nella specie la disciplina di cui all’art. 17 bis L. n. 241/90, sia perché si farebbe questione di un’attività di pianificazione e programmazione territoriale, richiedente un’attività istruttoria e di valutazione tecnica complessa dell’intero assetto del territorio interessato;sia perché, in ogni caso, il Comune di Manfredonia non avrebbe evaso una richiesta istruttoria formulata dalla Regione Puglia, con conseguente interruzione dei termini procedimentali per la formazione del silenzio assenso.
5. La parte appellata si è costituita in giudizio, eccependo l’inammissibilità dell’appello e comunque la sua infondatezza, nonché riproponendo i motivi di censura assorbiti in primo grado.
In punto di rito, l’appellata ha rilevato che il Ministero non aveva censurato un autonomo capo di sentenza, idoneo a sorreggere la decisione di prime cure, rappresentato dalla riconducibilità dell’area in concessione al disposto di cui all’art. 142 D. Lgs. n. 142/04, risultando la delibera comunale meramente ricognitiva di un effetto già prodottosi ex lege : “ il Ministero appellante … nulla dice sul fatto che l’area di intervento è ascritta tra quelle escluse dalla necessità di acquisire l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art.142, comma 2, lett. c) del D. Lgs. 42/2004 e cioè che rientra nel perimetro dei centri edificati ex art. 18 L. n. 865/1971. Quest’ultimo profilo è sufficiente da solo a supportare la sentenza impugnata ” (pag. 12 memoria di costituzione della parte appellata).
Nel merito, l’appellata ha rilevato che, a prescindere dall’avvenuta formazione del silenzio assenso sulla delibera di perimetrazione -per non avere il Comune ottemperato alla richiesta regionale di integrazione documentale, come sostenuto dall’appellante-, l’area per cui è controversia non risulterebbe assoggettabile all’autorizzazione paesaggistica, perché rientrante ex lege nei casi di esclusione di cui all’art. 142, comma 2, lett. c), D. Lgs. n. 42/2004, avendo la delibera del comune n. 48 del 17.3.2017 la sola funzione di confermare e meglio precisare una statuizione già esistente;in ogni caso, opererebbe nella specie la disciplina di cui all’art. 17 bis L. n. 241/90, tenuto conto che “ Non si verte, infatti, in un’ipotesi nella quale viene adottato un atto di pianificazione o programmazione di carattere generale che richieda complesse attività istruttorie e valutative, perché appunto è attività meramente ricognitoria di situazioni preesistenti e, dunque, già pianificate e verificate ” (pag. 15 memoria di costituzione appellata).
L’appellante ha riproposto i motivi dedotti in via subordinata in primo grado, assorbiti dal Tar, riferiti alla: a) “Violazione art.3 e allegato b del d.p.r. n. 31/2017 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erronea valutazione dei fatti” (secondo motivo di primo grado);b) “Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. violazione ed erronea interpretazione dell’art. 45 delle nta del P.P.T.R. Puglia. Violazione art.3 l. n. 241/90 e ss. mm. ed ii. Per insufficiente motivazione” (terzo motivo di primo grado);nonché “Violazione art.11, commi 6 e 7, del D.P.R. del 13.2.2017 n. 31. Eccesso di potere per travisamento dei fatti” (quarto motivo di primo grado).
5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 23 aprile 2020.
DIRITTO
1. Pregiudizialmente, il Collegio è chiamato a pronunciare sull’eccezione di inammissibilità dell’appello, opposta dalla Sig.ra Z A e incentrata sull’omessa impugnazione di un’autonoma ratio decidendi della sentenza di prime cure, concernente la riconducibilità dell’area oggetto di intervento tra quelle per cui, ex lege -ai sensi dell’art. 142, comma 2, lett. c), d. lgs. n. 42/04-, non sarebbe necessaria la preventiva acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica.
L’eccezione di inammissibilità è infondata.
Il Tar, difatti, contrariamente a quanto eccepito dalla parte appellata, non ha ritenuto sufficiente, ai fini della sottrazione dell’area de qua all’obbligatoria acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, la possibilità di sussumere la fattispecie concreta per cui è controversia sotto la pertinente previsione di cui all’art. 142, comma 2, lett. c), D. Lgs. n. 42/04, reputando, invece, necessaria, alla stregua della disciplina recata dal PPTR, l’adozione di apposito atto comunale, da assumere d’intesa con la Regione e il Ministero appellante.
In particolare, nel rinviare a quanto sarà osservato infra (par. 4.3) nell’esaminare il merito delle censure articolate dall’Amministrazione statale, l’oggetto del presente giudizio è circoscritto all’applicazione dell’art. 17 bis L. n. 241/90 nell’ambito dello speciale procedimento delineato dall’art. 38, comma 5, NTA Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia, che imponeva ai comuni competenti, in sede di adeguamento dei piani urbanistici generali e territoriali ex art. 97 dello stesso PPTR e comunque entro due anni dall’entrata in vigore del PPTR, di precisare, d'intesa con il Ministero e la Regione, la delimitazione e rappresentazione in scala idonea delle aree di cui al comma 2 dell’articolo 142 del D. Lgs. n. 42/04.
Al riguardo, il Tar, dopo avere richiamato le previsioni di cui agli artt. 142, comma 2, lett. c), cit. e 18 L. n. 865/1971:
- da un lato, ha ritenuto che la disciplina primaria consenta di sottrarre l’intervento per cui è causa alla necessità di previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica “ subordinatamente al ricorrere di determinate condizioni, tra cui nel caso di specie la perimetrazione dell’area oggetto dell’intervento medesimo ad opera della deliberazione di Giunta comunale n. 48 del 17.3.2017 ”;
- dall’altro, tuttavia, ha precisato che, “ ai sensi dell’art. 38, comma 5 delle NTA del PPTR (correttamente richiamato nel corpo della citata deliberazione n. 48/2017 [cfr. pag. 3] al fine di disporre l’invio della stessa delibera e degli elaborati allegati alla Regione ed al MIBACT per le valutazioni di merito ed il raggiungimento dell’intesa) “In sede di adeguamento ai sensi dell’art. 97, e comunque entro due anni dall’entrata in vigore del PPTR, i comuni, d’intesa con il Ministero e la Regione, precisano la delimitazione e rappresentazione in scala idonea delle aree di cui al comma 2 dell’articolo 142 del Codice. E’ incontestato che detta intesa nel caso di specie non è stata raggiunta tra le P.A. interessate, pur essendo stata trasmessa al Ministero ed alla Regione la delibera n. 48/2017. Pertanto, può certamente operare nel caso di specie l’innovativa previsione di cui all’art. 17 bis legge n. 241/1990, introdotto dall’art. 3 legge n. 124/2015, la cui operatività è invocata nella fattispecie in esame dalla Z con il motivo di gravame sub 1) ”.
Ne deriva che il Tar, rilevando l’applicabilità nel caso di specie dell’art. 38, comma 5 delle NTA del PPTR, ha ritenuto necessaria - al fine di escludere l’obbligatoria acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica in relazione ad interventi incidenti su centri edificati perimetrati ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 – l’adozione di un atto comunale di precisazione della delimitazione e rappresentazione delle aree ex art. 142, comma 2, lett. c) cit., da assumere d’intesa con il Ministero e la Regione, all’esito di un procedimento soggetto all’applicazione dell’art. 17 bis L. n. 241/90.
Pertanto, la ratio decidendi sottesa all’accoglimento del ricorso è da individuare nell’avvenuta formazione del silenzio assenso nell’ambito del procedimento di perimetrazione dell’area oggetto dell’intervento per cui è controversia, alla stregua di quanto previsto dal combinato disposto degli artt., 38, comma 5, NTA del PPTR e 17 bis L. n. 241/90.
Dunque, il Ministero ha correttamente ricostruito il contenuto motivazionale della pronuncia appellata, individuando la ragione giustificatrice della decisione gravata – l’avvenuta formazione del silenzio assenso nell’ambito del procedimento ex art. 38, comma 5, NTA del PPTR cit. – e, all’esito, provvedendo alla sua contestazione mediante l’articolazione di specifiche censure, riferite sia all’inapplicabilità in subiecta materia dell’istituto del silenzio assenso ex art. 17 bis L. n. 241/90 (avuto riguardo alla natura giuridica degli atti per cui è controversia), sia, comunque, alla mancata formazione del silenzio assenso per la condotta inerte tenuta dal Comune procedente in relazione ad apposita richiesta istruttoria avanzata dalla Regione Puglia.
2. Ravvisata l’ammissibilità dell’appello, occorre esaminare il merito delle censure articolate dall’Amministrazione statale.
Posto che l’appello produce un effetto devolutivo della controversia di prime cure nei limiti degli specifici motivi di impugnazione all’uopo proposti - che circoscrivono il thema decidendum su cui il Collegio è chiamato a pronunciare-, le questioni sollevate dal Ministero appellante in sede di gravame e che, pertanto, devono essere esaminate nella presente sede, attengono esclusivamente, da un lato, alla possibilità di applicare l’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 17 bis L. n. 241/90 anche ai procedimenti destinati a culminare con l’adozione di atti amministrativi incidenti sull’assetto del territorio e implicanti valutazioni discrezionali riservate ad Amministrazioni preposte a tutela di interessi sensibili, qual è l’interesse paesaggistico-territoriale;dall’altro, alla possibilità di ravvisare il silenzio assenso anche allorquando l’Amministrazione procedente rimanga inerte a fronte di una richiesta istruttoria inviata dall’Amministrazione interpellata.
In particolare, il Ministero ha censurato l’erroneità della sentenza di prime cure, tenuto conto che:
- la Regione Puglia e il MIBAC, nell’ambito del procedimento delineato dall’art. 38 NTA al PPTR della Regione Puglia, sarebbero chiamati a svolgere un'attività valutativa, sia tecnica che amministrativa, in vista del necessario riscontro della conformità del provvedimento comunale al piano paesaggistico regionale, in ossequio alla prescrizione di adeguamento di cui al successivo art. 97 NTA del PPTR;si tratterebbe di una “ rilevante attività di pianificazione e programmazione territoriale che, in sé, non può essere materia di silenzio assenso perché richiede una attività istruttoria e di valutazione tecnica complessa dell’intero assetto del territorio interessato ” (pag. 10 appello), destinata a sfociare in un provvedimento di carattere generale, con effetti permanenti ed erga omnes , integrativo della vigente pianificazione territoriale e paesaggistica, come tale incompatibile con l’art. 17 bis L. n. 241/90, “ che invece appare praticabile soltanto nei rapporti amministrativi di carattere strettamente individuale in cui la P.A. debba adottare un provvedimento nell’interesse esclusivo o prevalente del privato richiedente, e non una misura di gestione complessa e permanente sul territorio ” (pag. 11 appello);
- nella specie non sarebbe stata comunque raggiunta l'intesa tra le amministrazioni interessate ai sensi dell’art. 17 bis cit., in quanto il Comune di Manfredonia non avrebbe adempiuto alla richiesta di integrazione documentale avanzata dalla Regione Puglia;il che avrebbe escluso il formarsi del silenzio assenso, alla stregua del comma 1 dell'art. 17 bis cit., secondo il quale "... il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore ... rappresenti esigenze istruttorie ...".
3. L’appello risulta infondato.
Al riguardo, nell’esaminare le censure articolate dall’appellante, giova, dapprima, ricostruire la portata applicativa dell’istituto del silenzio assenso nei rapporti tra pubbliche amministrazioni, prendendo posizione sulle questioni dedotte dall’Amministrazione statale in sede impugnatoria (in specie, la possibilità di applicare l’art. 17 bis cit. ai procedimenti destinati a concludersi con atti amministrativi a portata generale, implicanti valutazioni discrezionali, incidenti su interessi sensibili, qual è l’interesse paesaggistico-territoriale);successivamente, alla stregua delle coordinate ermeneutiche all’uopo tracciate, dovrà verificarsi se l’art. 17 bis L. n. 241/90 possa operare anche in relazione al procedimento regolato dall’art. 38, comma 5 delle NTA del PPTR, costituente l’oggetto del presente giudizio.
4. Procedendo alla perimetrazione della portata applicativa dell’art. 17 bis , comma 3, L. n. 241/90, si osserva che, secondo quanto espressamente previsto dal legislatore, il “ silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici ” opera anche nei “ casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale… per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche ”, con la precisazione che in siffatte ipotesi, salva diversa previsione, il termine entro il quale le amministrazioni competenti sono tenute a comunicare il proprio assenso, concerto o nulla osta è definito dalla normativa di settore, attestandosi, in mancanza, in novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente;anche in tali ipotesi, decorso siffatto termine senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
4.1 L’assunto dell’Amministrazione statale, incentrato sulla necessità di escludere dall’applicazione dell’art. 17 bis L. n. 241/90 i procedimenti richiedenti un’attività istruttoria e di valutazione tecnica complessa, incidenti sulla conformazione dell’intero assetto del territorio, confligge, dunque, con il dato positivo, che - nelle ipotesi in cui la richiesta di assenso non promani dal privato (altrimenti operando la diversa disciplina di cui all’art. 20 L. n. 241/90), bensì afferisca ai rapporti orizzontali tra pubbliche amministrazioni - ammette espressamente la formazione del silenzio assenso qualora l’Amministrazione interpellata sia un’Amministrazione preposta alla tutela paesaggistico-territoriale.
Tanto è stato sostenuto da questo Consiglio in sede consultiva con indirizzo esegetico cui il Collegio intende dare continuità: “ La formulazione testuale del comma 3 consente di accogliere la tesi favorevole all’applicabilità del meccanismo di semplificazione anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali e la salute dei cittadini. Sul punto la formulazione letterale del comma 3 è chiara e non lascia spazio a dubbi interpretativi: le Amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili beneficiano di un termine diverso (quello previsto dalla normativa di settore o, in mancanza, del termine di novanta giorni), scaduto il quale sono, tuttavia, sottoposte alla regola generale del silenzio assenso ” (Consiglio di Stato, parere commissione speciale, 13 luglio 2016, n. 1640).
4.2 Né potrebbe ritenersi che la locuzione “ provvedimenti normativi e amministrativi ” utilizzata dal legislatore ai sensi dell’art. 17 bis L. n. 241/90 impedisca di sussumere sotto la relativa previsione gli atti amministrativi generali, di pianificazione o di programmazione;come, invece, sembrerebbe ritenere il Ministero, secondo cui “ il meccanismo del silenzio assenso […] appare praticabile soltanto nei rapporti amministrativi di carattere strettamente individuale in cui la P.A. debba adottare un provvedimento nell’interesse esclusivo o prevalente del privato richiedente, e non una misura di gestione complessa e permanente sul territorio ” (pag. 11 appello).
Ragioni letterali, sistematiche e teleologiche impongono di aderire all’indirizzo esegetico accolto dal giudice di prime cure.
4.2.1 Iniziando la disamina dal dato letterale, si osserva che l’ordinamento giuridico, sebbene non definisca la nozione di “ provvedimento amministrativo ”, delinea comunque il relativo regime giuridico, richiamando espressamente, tra l’altro, l’autoritatività (arg. ex art. 1, comma 1 bis , L. n. 241/90), l’efficacia, l’esecutività, l’esecutorietà o la riesaminabilità (artt. 21 bis e ss. L. n. 241/90) dell’atto provvedimentale: altri caratteri, inoltre, sono desumibili dai pertinenti principi costituzionali - in primo luogo dal principio di legalità, che impone la tipicità e nominatività del provvedimento amministrativo -, ovvero sono ricavabili per differenziazione rispetto al regime giuridico di altri atti costituenti esplicazione di potestà pubblica (sull’assenza di una definizione normativa di provvedimento amministrativo, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6244).
Sotto tale ultimo profilo, in particolare, si è soliti distinguere gli atti amministrativi, in specie generali (connotati dall’indeterminabilità ex ante dei destinatari), dagli atti normativi, i quali soltanto sono caratterizzati – alla stregua di quanto statuito da questo Consiglio (Ad. Plen., 27 febbraio 2019, n. 4) – dall’astrattezza (intesa come capacità della norma di applicarsi infinite volte a tutti i casi concreti rientranti nella fattispecie descritta in astratto), dalla generalità (intesa come indeterminabilità, sia ex ante che ex post , dei destinatari della norma) e dall’innovatività (intesa come capacità di modificare stabilmente l’ordinamento giuridico).
Alla stregua di tali considerazioni, in assenza di una definizione normativa di provvedimento amministrativo, deve, dunque, ritenersi che il legislatore, nell’impiegare la locuzione “ provvedimenti … amministrativi ” nell’ambito dell’art. 17 bis cit., abbia inteso riferirsi a qualsivoglia esplicazione di potere pubblico, suscettibile di estrinsecarsi nell’adozione di un atto nominato, in grado di incidere unilateralmente sull’altrui sfera giuridica, recante una regula iuris tipica, efficace, esecutiva e comunque connotata dagli altri elementi caratterizzanti l’atto provvedimentale amministrativo, come ricostruibili alla stregua del relativo regime giuridico.
Il dato letterale, dunque, si presta ad un’interpretazione estensiva, riferendosi a tutte le tipologie di atto provvedimentale, a prescindere dal profilo soggettivo (e, quindi, dalla pluralità o determinatezza dei destinatari incisi), dagli effetti producibili (se espansivi o limitativi dell’altrui sfera giuridica) o dagli interessi pubblici tutelati (comprendendosi, come osservato, per espressa previsione normativa, anche l’interesse paesaggistico - territoriale).
Ne deriva che anche gli atti amministrativi generali, presentando i caratteri del provvedimento amministrativo - di cui costituiscono una specie, in ragione dell’indeterminabilità ex ante dei destinatari incisi dall’azione autoritativa - devono ritenersi compresi nell’ambito di applicazione dell’art. 17 bis L. n. 241/90.
L’impossibilità di accogliere un’interpretazione limitativa dell’istituto in esame confligge, oltre che con la lettera della legge, altresì, con la disciplina complessiva recata dall’art. 17 bis L. n. 241/90 e con la ratio di tutela alla stessa sottesa.
4.2.2 Al riguardo, si osserva che l’art. 17 bis cit. ammette espressamente la formazione del silenzio assenso anche in relazione al concerto, al nulla osta o comunque all’atto di assenso occorrente per l’adozione di provvedimenti normativi, per propria natura – come osservato- preordinati all’adozione di una regola precettiva generale, astratta e innovativa.
Pertanto, operando il silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni anche in relazione ai procedimenti amministrativi, deve ritenersi che il legislatore non abbia ritenuto ostativo all’applicazione del relativo istituto l’incidenza del provvedimento su destinatari indeterminabili, per la disciplina – in senso innovativo dell’ordinamento – di condotte tipizzate.
Ne deriva che, a fortiori e per ragioni di coerenza sistematica, l’applicazione dell’art. 17 bis cit. deve essere ammessa anche in relazione ai procedimenti amministrativi generali, che – a differenza dei procedimenti normativi – si concludono con l’adozione di atti non innovativi e incidenti su destinatari indeterminabili soltanto ex ante (ma non ex post , al momento della loro applicazione).
4.2.3 L’interpretazione accolta dal Collegio risulta maggiormente coerente, altresì, con la ratio di semplificazione procedimentale sottesa alla previsione del silenzio assenso, non limitabile in ragione della categoria di atto provvedimentale presa in esame
L’efficienza dell’azione amministrativa, corollario del principio di buon andamento ex art. 97 Cost., richiede, infatti, tra l’altro, che il perseguimento del pubblico interesse affidato alla cura dell’Amministrazione procedente avvenga mediante l’adozione tempestiva del provvedimento amministrativo.
La necessità che il provvedimento sia assunto entro i termini di legge (art. 2 L. n. 241/90) risponde all’esigenza di evitare uno stato di incertezza determinato dalla pendenza del procedimento, idoneo (altresì) ad interferire sulla libertà di autodeterminazione negoziale dei soggetti incisi dall’esercizio del potere, i quali, in attesa della decisione amministrativa, potrebbero anche essere indotti ad assumere scelte negoziali (potenzialmente foriere di danni patrimoniali) che non avrebbero compiuto se avessero tempestivamente ricevuto, con l’adozione del provvedimento nel termine previsto, la risposta dell’amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 4 maggio 2018, n. 5).
L’istituto di cui all’art. 17 bis L. n. 241/90 rappresenta uno degli istituti previsti dal legislatore per semplificare gli adempimenti procedimentali, al fine di assicurare un efficiente esercizio del pubblico potere.
In particolare, attraverso la formazione di atti di assenso per silentium , si intende evitare che, ove il procedimento debba concludersi con l’adozione di una decisione pluristrutturata, la condotta inerte dell’Amministrazione interpellata possa produrre un arresto del procedimento, impedendo la tempestiva adozione della determinazione conclusiva.
Trattasi di esigenza non circoscrivibile in ragione della natura del procedimento preso in esame, imponendosi in via generalizzata (salve le eccezioni di cui all’art. 17 bis , comma 4, L. n. 241/90) per ogni forma di esercizio del pubblico potere, amministrativo o normativo, qualora il provvedimento finale presupponga una fase di co-decisione di competenza di altra Amministrazione: “ il silenzio assenso “orizzontale” previsto dall’art. 17-bis opera, nei rapporti tra Amministrazioni co-decidenti, quale che sia la natura del provvedimento finale che conclude il procedimento, non potendosi sotto tale profilo accogliere la tesi che, prospettando un parallelismo con l’ambito applicativo dell’art. 20 concernente il silenzio assenso nei rapporti tra privati, circoscrive l’operatività del nuovo istituto agli atti che appartengono alla categoria dell’autorizzazione, ovvero che rimuovono un limite all’esercizio di un preesistente diritto. La nuova disposizione, al contrario, si applica a ogni procedimento (anche eventualmente a impulso d’ufficio) che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso ” (Consiglio di Stato, parere commissione speciale, 13 luglio 2016, n. 1640).
Anche l’elemento teleologico, dunque, impone un’interpretazione estensiva dell’art. 17 bis cit., non limitata ai “ rapporti amministrativi di carattere strettamente individuale in cui la P.A. debba adottare un provvedimento nell’interesse esclusivo o prevalente del privato richiedente, e non una misura di gestione complessa e permanente sul territorio ” (pag. 11 appello).
4.2.4 Infine, l’accoglimento della tesi estensiva, volta ad applicare l’art. 17 bis L. n. 241/90 a tutte le tipologie di procedimento amministrativo, anche trascendenti il singolo rapporto amministrativo (corrente con un destinatario determinato) o incidenti su interessi pubblici sensibili, quale quello paesaggistico - territoriale, non confligge neppure con l’esigenza di adeguata protezione dell’interesse pubblico affidato alla cura dell’Amministrazione interpellata rimasta inerte.
Al riguardo, l’appellante argomenta le proprie censure, evidenziando che nella specie non potrebbe operare il silenzio assenso, in quanto inciderebbe su rilevanti attività di pianificazione e programmazione territoriale, richiedenti “ una attività istruttoria e di valutazione tecnica complessa dell’intero assetto del territorio interessato ”.
La censura non merita condivisione, tenuto conto che il silenzio assenso ex art. 17 bis L. n. 241/90:
- non riguarda la fase istruttoria del procedimento amministrativo -che rimane regolata dalla pertinente disciplina positiva-, influendo soltanto sulla fase decisoria, attraverso la formazione di un atto di assenso per silentium ;per l’effetto, l’Amministrazione procedente è comunque tenuta a condurre un’istruttoria completa e, all’esito, alla stregua delle relative risultanze, ad elaborare uno schema di provvedimento da sottoporre all’assenso dell’Amministrazione co-decidente;le esigenze di completezza dell’istruttoria, dunque, in quanto non incise dalla formazione del silenzio assenso ex art. 17 bis cit., non potrebbero essere invocate per limitare l’applicazione del relativo istituto;
- non può essere inteso come un sacrificio (necessitato, in ragione delle esigenze di tempestivo esercizio del pubblico potere) in danno dell’interesse pubblico affidato alla cura dell’Amministrazione silente
Il silenzio assenso nei rapporti tra pubbliche amministrazioni, infatti, proprio perché ispirato ai principi di efficienza e, quindi, di buon andamento amministrativo, sollecita una migliore organizzazione delle risorse amministrative, garantendo al contempo l’effettiva protezione di tutti gli interessi pubblici coinvolti in sede procedimentale.
In particolare, una volta conclusa l’istruttoria e definito lo schema di provvedimento da porre a base della successiva fase decisoria, occorre che:
- da un lato, l’Amministrazione interpellata agisca tempestivamente, manifestando prontamente le proprie perplessità sullo schema di provvedimento ricevuto, rappresentando eventuali esigenze istruttorie o adottando espressamente il proprio avviso su quanto richiesto;
- dall’altro, l’Amministrazione procedente valuti comunque l’interesse pubblico affidato alla cura dell’Amministrazione interpellata in ipotesi rimasta inerte, assumendo, all’esito della formazione del silenzio assenso ex art. 17 bis L. n. 241/90, una decisione conclusiva del procedimento (comunque necessaria) che tenga in debita considerazione anche l’interesse pubblico sotteso all’atto di assenso implicitamente acquisito.
In tale maniera si assicura non soltanto la tempestiva adozione della decisione finale, ma anche un’adeguata protezione di tutti gli interessi pubblici coinvolti nell’esercizio del potere, pure in assenza di una determinazione espressa dell’Amministrazione interpellata.
4.2.4 Alla stregua delle considerazioni svolte, per ragioni letterali, sistematiche e teleologiche, deve ritenersi che l’istituto del silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni abbia una portata generalizzata, a prescindere dall’amministrazione coinvolta o dalla natura del procedimento pluristrutturato preso in esame.
4.3 L’applicazione di tali coordinate ermeneutiche al caso di specie conduce al rigetto della prima censura articolata dall’Amministrazione appellante, riferita all’impossibilità di applicare l’art. 17 bis L. n. 241/90 qualora il procedimento debba concludersi con l’adozione di un atto a portata generale, incidente su interessi pubblici sensibili e all’esito di valutazioni discrezionali complesse.
Il presente giudizio ha ad oggetto il procedimento amministrativo regolato dall’art. 38, comma 5, NTA del PPTR, destinato a concludersi con una decisione pluristrutturata da assumere su iniziativa dell’Amministrazione comunale.
In particolare, ai sensi di quanto previsto dall’art. 38, comma 5, NTA Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia, in sede di adeguamento dei piani urbanistici generali e territoriali ex art. 97 dello stesso PPTR e comunque entro due anni dall’entrata in vigore del PPTR, i comuni, d'intesa con il Ministero e la Regione, avrebbero dovuto precisare la delimitazione e rappresentazione in scala idonea delle aree di cui al comma 2 dell’articolo 142 del D. Lgs. n. 42/04.
Prescindendo dalla possibilità di applicare l’art. 17 bis cit. anche qualora occorra interpellare plurime Amministrazioni onde acquisire gli atti di assenso necessari per l’adozione del provvedimento amministrativo – questione non investita da specifico motivo di appello e, pertanto, non facente parte del thema decidendum dell’odierno giudizio di appello – alla stregua di quanto previsto dall’art. 38, comma 5, NTA PPTR, emerge che nella specie il provvedimento conclusivo del procedimento:
- assume i caratteri della decisione pluristrutturata, necessitando dell’assenso della Regione e del Ministero, da rendere su richiesta dell’amministrazione comunale procedente;
- sebbene abbia portata generale e afferisca all’interesse paesaggistico-territoriale, è limitato alla precisazione della delimitazione e rappresentazione di aree già individuate dalla fonte primaria (art. 142, comma 2, D. Lgs. n. 42/04).
Nella specie si fa questione, dunque, di rapporti orizzontali tra Pubbliche Amministrazioni, risultando l’atto di assenso chiesto, anziché dal privato per la tutela della propria sfera giuridica (il che avrebbe ricondotto la fattispecie sotto la previsione dell’art. 20 L. n. 241/90), dall’Amministrazione comunale per assumere una decisione pluristrutturata, con conseguente conferenza del richiamo, operato dal primo giudice, all’art. 17 bis L. n. 241/90.
La circostanza per cui si sia in presenza di un procedimento amministrativo destinato a concludersi con un atto a portata generale, incidente sull’assetto del territorio e coinvolgente l’interesse pubblico paesaggistico, contrariamente a quanto censurato dal Ministero appellante, non può impedire l’applicazione dell’art. 17 bis L. n. 241/90: come osservato nei punti precedenti, infatti, anche in presenza di atti di assenso a tutela di interessi sensibili, quale quello paesaggistico-territoriale, destinati a confluire in una decisione amministrativa a portata generale, trascendente il rapporto individuale con il singolo amministrato, deve ammettersi l’operatività della disposizione normativa (art. 17 bis cit.) posta a base della sentenza appellata.
Infine, si osserva che le valutazioni da svolgere ai sensi dell’art. 38, comma 5, NTA PPTR non risultano comunque caratterizzate da un’ampia discrezionalità – come, invece, ritenuto dal Ministero-, essendo limitate alla precisazione della delimitazione e rappresentazione di aree già circoscritte dalla norma primaria, la quale reca direttamente il criterio direttivo applicabile in sede procedimentale, facendo specifico riferimento, in caso di comuni sprovvisti di strumenti urbanistici, alle aree ricadenti alla data del 6 settembre 1985 nei centri edificati perimetrati ai sensi dell’art. 18 L. n. 865/71.
Ne deriva che la censura articolata dal Ministero appellante non risulta fondata, dovendo ritenersi operante l’art. 17 bis L. n. 241/90 anche nel caso in esame, sebbene si controverta di un procedimento destinato a concludersi con l’adozione di un atto a portata generale, coinvolgente –in stretta applicazione, comunque, del pertinente e puntuale criterio legale – l’interesse paesaggistico-territoriale.
4.4 La sentenza di prime cure risulta corretta anche nella parte in cui ha annullato gli atti impugnati, facendo salvi i provvedimenti da assumere nella fase di riedizione del potere.
Al riguardo, si precisa, infatti, che il silenzio assenso nei rapporti orizzontali tra Pubbliche Amministrazioni non costituisce una modalità tacita di formazione del provvedimento conclusivo del procedimento, bensì una modalità - per silentium - di acquisizione di un atto di co-decisione su uno schema di provvedimento da tradurre in una decisione finale a cura dell’Amministrazione procedente.
Pertanto, il Comune di Manfredonia è tenuto a concludere il procedimento - nell’ambito del quale è stato acquisito l’assenso tacito dell’Amministrazione interpellata- con l’adozione di un provvedimento espresso -di precisazione della delimitazione e rappresentazione delle aree di cui all’art. 142, comma 2, D. Lgs. n. 42/04- che tenga conto, altresì, dell’interesse pubblico sotteso all’atto di assenso acquisito tacitamente.
Ne deriva che, correttamente, il Tar, dopo avere ritenuto, alla stregua di quanto osservato da questo Consiglio nel parere n. 1640 del 13.7.2016 cit., che “ pur in ipotesi di formazione del silenzio assenso orizzontale tra P.A. in relazione ad interessi cd. “sensibili”, in ogni caso l’Amministrazione procedente dovrà farsi carico “del bilanciamento degli interessi rilevanti”, operando una valutazione complessiva degli interessi in gioco ”, ha accolto il ricorso facendo comunque “ salvo il riesercizio del potere amministrativo ”.
5. Parimenti, non risulta fondata la seconda censura articolata dall’appellante e incentrata sulla mancata formazione del silenzio assenso, per effetto dell’inerzia tenuta dal Comune procedente in relazione alla richiesta istruttoria avanzata dalla Regione Puglia.
Al riguardo, in primo luogo, si osserva che la richiesta di integrazione documentale richiamata dall’Amministrazione statale afferisce ad una nota regionale e, quindi, l’ipotetica mancata formazione del silenzio assenso opererebbe soltanto per l’atto di co-decisione ascrivibile alla competenza della Regione Puglia, non influendo, invece, sull’avvenuta formazione dell’atto di assenso ministeriale.
In ogni caso, dall’esame degli atti di causa emerge che, a fronte della deliberazione comunale n. 48 del 17.3.2017 (all. 5 ricorso in prime cure) – tendente ad ottenere l’intesa della Regione e dell’Amministrazione statale – la Regione Puglia ha chiesto un’integrazione istruttoria con nota n. 8983 del 22.11.2017 (all. 3 deposito ministeriale in primo grado del 4 ottobre 2018), recante nell’oggetto un riferimento alla “ nota protocollo n. 19942 del 5.6.2017: “intesa ex art. 38 n.t.a. del PPTR (Comitato Tecnico Paritetico Stato Regione di cui alla DGR n. 556 del 10 settembre 2012) ”.
La richiesta istruttoria, perché possa produrre l’effetto interruttivo dei termini procedimentali di cui all’art. 17 bis , comma 1, L. n. 241/90, deve essere tempestiva, dovendo essere comunicata all’Amministrazione procedente prima della scadenza del termine per la formazione del silenzio assenso: trenta giorni ex art. 17 bis , comma 1, L. n. 241/90 ovvero, per le fattispecie di cui all’art. 17 bis , comma 3, L. n. 241/90, il diverso termine previsto dalla disciplina di settore e, in mancanza, il termine di novanta giorni, decorrente dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente.
Nella specie, facendosi questione di atto di assenso ascrivibile in capo ad Amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili (paesaggistico-territoriale) richiamati dall’art. 17 bis , comma 3, cit., ai fini della formazione del silenzio assenso, deve ritenersi applicabile il termine residuale di novanta giorni: difatti, il Ministero appellante non individua un termine diverso, né alcuna previsione speciale è dettata dall’art. 38, comma 5, delle NTA del P.P.T.R. Puglia, che regola il procedimento per cui è controversia.
Pertanto, posto che la nota regionale risale al 22.11.2017, nonché opera un riferimento, nell’oggetto, ad una nota protocollo n. 19942 del 5.6.2017, deve ritenersi, da un lato, che la Regione avesse comunque ricevuto la richiesta comunale di intesa, corredata dalla relativa documentazione giustificativa (8 elaborati e relazione, richiamati nella stessa nota regionale del 22.11.2017);dall’altro, che la richiesta regionale sia tardiva, essendo stata avanzata una volta decorso il termine di formazione del silenzio assenso;con conseguente infondatezza della contestazione sollevata dall’Amministrazione appellante.
Peraltro, la censura articolata nell’atto di appello sarebbe infondata anche perché manca nella specie la prova della ricezione della nota regionale presso gli uffici comunali.
L’interruzione del termine ex art. 17 bis , comma 3, L. n. 241/90 postula, infatti, che, prima della formazione del silenzio assenso, la richiesta istruttoria non soltanto venga inviata, ma sia anche recapitata al destinatario, su cui grava un onere di riscontro ai fini della prosecuzione del procedimento: si è, dunque, in presenza di atto ricettizio che, per produrre effetto (nella specie, l’interruzione dei termini procedimentali ex art. 17 bis , comma 1, L. n. 241/90), deve essere portato nella sfera di conoscibilità del destinatario.
Il documento contenente la richiesta del 22.11.2017, n. 8983, tuttavia, reca il timbro di protocollo del Segretariato Regionale per la Puglia, ma non riporta alcuna ricevuta attestante il recapito della nota presso gli uffici comunali o comunque l’avvenuta consegna all’indirizzo pec riferibile all’Amministrazione comunale.
Pertanto, posto che incombe sul mittente l’onere di dimostrare l’avvenuta trasmissione dell’atto e il suo recapito presso l’indirizzo del destinatario - gravando su quest’ultimo il conseguenziale onere di comprovare di essere stato nell’impossibilità senza sua colpa di averne notizia - non essendo stata fornita nella specie la prova del recapito della nota regionale presso gli uffici comunali, la richiesta di integrazione documentale non potrebbe comunque essere invocata ai fini della produzione dell’effetto interruttivo del termine di formazione del silenzio assenso.
6. In ragione del rigetto dell’appello, si può prescindere dall’esaminare i motivi di ricorso assorbiti in prime cure e riproposti in appello dalla sig.ra Z A, trattandosi di motivi che, dinnanzi al Tar, erano stati avanzati in via subordinata, per l’ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo di ricorso (come confermato nella memoria di costituzione depositata nel presente grado di giudizio, in cui si è dato atto che “ In primo grado, il TAR non ha esaminato i tre motivi dedotti dalla Z in subordine …” – pag. 15 memoria di costituzione e riproposizione dei motivi di primo grado non esaminati dal TAR).
Alla stregua delle considerazioni svolte, deve essere confermata la sentenza di prime cure, con cui il Tar ha accolto il primo motivo di ricorso articolato in via principale dalla sig.ra Z A.
7. La particolarità del caso esaminato giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado di appello.