Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-06-05, n. 202003579

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-06-05, n. 202003579
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003579
Data del deposito : 5 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/06/2020

N. 03579/2020REG.PROV.COLL.

N. 02111/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2111 del 2017, proposto da
A G, rappresentato e difeso dall'avvocato E S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, 9;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 12866/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2020 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Dato atto che l’udienza si svolge ai sensi dell’art.84, comma 5, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 12866 del 2016 con cui il Tar Lazio ha respinto l’originario gravame proposto al fine di ottenere l’annullamento degli atti ministeriale nella parte in cui non consentono il reinserimento nella indicata graduatoria.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i motivi di appello sulla scorta dei vizi già proposti in primo grado.

La parte pubblica appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.

Con ordinanza n. 1961 del 9 maggio 2017 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione della sentenza impugnata.

Alla pubblica udienza del 28 maggio 2020 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. L’appello deve essere accolto, non ravvisando il Collegio motivi per discostarsi dai numerosi precedenti della Sezione (sentenze 1 aprile 2019 n. 2146;
29 maggio 2018, n. 3198;
15 novembre 2017, n. 5281;
e 5 luglio 2017, n. 3323), le cui argomentazioni devono trovare applicazione anche per la risoluzione della presente controversia.

2. La questione sottoposta all’esame del Collegio attiene alla possibilità per il docente iscritto nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 401 del d.lgs. n. 297 del 1994 ‒ trasformate in graduatorie ad esaurimento (di seguito: G.A.E.) con l’art. 1, comma 605, lettera c), della legge n. 296 del 2006 ‒ e da quest’ultime cancellate per effetto della mancata presentazione della domanda di permanenza in occasione degli aggiornamenti periodici, di essere reinserito nelle stesse graduatorie in occasione di aggiornamenti successivi a quello in cui è intervenuta la cancellazione.

3. In via preliminare, va rimarcato che nessuna inammissibilità discende dall’omessa impugnazione nel termine decadenziale, decorrente dalla pubblicazione, del decreto ministeriale n. 235 del 2014.

Non sussisteva alcun onere di impugnativa al riguardo, dal momento che l’atto da ultimo citato era stato già annullato ‒ con efficacia erga omnes, trattandosi di atto generale avente effetti inscindibili ‒ dalla sentenza n. 7975 del 2015 del T.a.r. del Lazio (da ultimo, in occasione di altro contenzioso, anche dalla sentenza di questa Sezione n. 3323 del 2017), proprio nella parte in cui all’art. 1, comma 1, lettera b), ha stabilito che «[l]a mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione definitiva dalle graduatorie».

Il predetto giudicato di annullamento ha spiegato i suo effetti anche nei confronti del decreto-ministeriale n. 325 del 2015, il cui art. 5 prevedeva: «[p]er quanto non previsto dal presente decreto trovano applicazione le disposizioni contenute nelle norme citate in premessa ed in particolare quelle contenute nel D.M. 235 del 1 aprile 2014, di cui il presente provvedimento è parte integrante».

3.1. Del pari, alcuna preclusione processuale può farsi derivare dall’omessa impugnazione dei decreti ministeriali n. 42 del 2009 ‒ peraltro già annullato “in parte qua” da questa Sezione con la sentenza n. 3658 del 2014, come si rammenta anche in sentenza ‒ e n. 44 del 2011, poiché la lesione della posizione soggettiva dei ricorrenti è divenuta concreta e attuale soltanto al momento dell’adozione dei criteri di aggiornamento delle G.A.E. (in senso analogo, la sentenza Sez. VI n. 5281 del 2017).

4. Secondo la giurisprudenza condivisa dalla sentenza impugnata, la domanda di reinserimento per le graduatorie da parte degli aspiranti docenti «depennati» dalle G.A.E., per non avere fatto domanda di permanenza, deve essere qualificata come domanda di «nuovo inserimento», come tale preclusa dall’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 296 del 2006, disposizione con la quale le graduatorie permanenti sono state trasformate in graduatorie ad esaurimento.

4.1. Sennonché, non è corretto ritenere che dalla trasformazione delle graduatorie permanenti in G.A.E. discenda la preclusione del reinserimento nelle stesse di coloro i quali, già iscritti in passato, ne sono stati cancellati per la mancata presentazione della domanda di permanenza in occasione di un aggiornamento precedente a quello per cui viene presentata istanza di reinserimento (Sez. VI, sentenze n. 3198 del 2018 e n. 3323 del 2017).

La domanda di reinserimento è fatta espressamente fatta salva dall’art. 1, comma 1-bis, della legge n. 143 del 2004 ‒ secondo cui: «dall’anno scolastico 2005-2006, la permanenza dei docenti nelle graduatorie permanenti di cui all’articolo 401 del testo unico avviene su domanda dell’interessato, da presentarsi entro il termine fissato per l’aggiornamento della graduatoria con apposito decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca. La mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione dalla graduatoria per gli anni scolastici successivi. A domanda dell’interessato, da presentarsi entro il medesimo termine, è consentito il reinserimento nella graduatoria, con il recupero del punteggio maturato all’atto della cancellazione» ‒, sempreché ovviamente la sua presentazione sia tempestiva (aspetto che qui non viene in discussione).

È vero che la mancata presentazione della domanda in occasione degli aggiornamenti delle graduatorie per il personale docente comporta, testualmente, sulla base di ciò che dispone l’art 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 97 del 2004, la cancellazione dalle G.A.E. Nondimeno, tale conseguenza non è assoluta bensì temperata dalla riconosciuta possibilità di domandare, in occasione degli aggiornamenti successivi a quello in cui è stato disposto il depennamento ed entro il termine previsto per l’aggiornamento stesso, il reinserimento. Non a caso l’interessato, una volta reinserito, recupera il «punteggio conseguito all’atto della cancellazione».

4.2. Tale impostazione ermeneutica non contrasta con la qualificazione “a esaurimento” delle graduatorie stesse, dal momento che il re-ingresso in graduatoria è permesso soltanto a coloro i quali già facevano parte delle graduatorie, pur essendone stati cancellati in occasione di un aggiornamento pregresso, e non anche a chi non abbia mai fatto parte di tale graduatoria, atteso che gli inserimenti “ex novo” sono da ritenersi ammessi solo nei casi particolari previsti dalla legge (e che qui non assumono rilievo). Se infatti la qualificazione “a esaurimento” comporta, al fine di contrastare il fenomeno del lavoro precario nella scuola, una chiusura all’inserimento di nuovi soggetti non inseriti in precedenza nelle graduatorie permanenti, la qualifica di “nuovo inserimento” non si concilia con la posizione del docente a suo tempo già inserito ma poi depennato e che chieda di essere reinserito nella graduatoria divenuta G.A.E., in una situazione nella quale il depennamento definitivo, lungi dal comportare una stabilizzazione lavorativa, preclude invece la possibilità di un’occupazione, ancorché precaria.

5. Per le ragioni che precedono, l’appello risulta fondato e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, deve disporsi l’annullamento in parte qua degli atti impugnati in primo grado.

5.1. Le spese del doppio grado di giudizio vanno compensate attesa l’indubbia complessità della materia controversa.

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