Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-08-26, n. 201504007

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-08-26, n. 201504007
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504007
Data del deposito : 26 agosto 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09535/2011 REG.RIC.

N. 04007/2015REG.PROV.COLL.

N. 09535/2011 REG.RIC.

N. 03277/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9535 del 2011, proposto da:
Immobiliare Pelliccia Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto presso Fabio Pontesilli in Roma, Via F. Orestano, 21;

contro

Comune di Cesa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. B V, F S, con domicilio eletto presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;



sul ricorso per decreto ingiuntivo numero di registro generale 3277 del 2012, proposto da:
Immobiliare Pelliccia Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto presso Fabio Pontesilli in Roma, Via F. Orestano, 21;

contro

Comune di Cesa;

per la riforma

quanto al ricorso n. 9535 del 2011:

della sentenza breve del T.a.r. della Campania –Sede di Napoli- Sezione VIII n. 05264/2011;

quanto al ricorso n. 3277 del 2012:

della sentenza breve del T.a.r. Campania – Napoli- Sezione VIII n. 05265/2011, resa tra le parti, concernente


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cesa

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Massimo Di Nezza (su delega di Mele) Massimo Di Nezza (su delega di Mele);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Ricorso n. 9535/2011 avverso la sentenza n. 5264/0211

Con il ricorso di primo grado era stato chiesto dalla società odierna appellante Immobiliare Pelliccia S.r.l., l’annullamento del provvedimento con il quale l’amministrazione comunale di Cesa aveva respinto la istanza da essa presentata volta ad ottenere il mutamento di destinazione d’uso, ai sensi della Legge Regionale della Campania 28 dicembre 2009 n. 19 di un immobile destinato esclusivamente a residenze turistico alberghiere in località Monticiello Strada Comunale Cardoni.

Erano state dedotte le doglianze di violazione di legge ed eccesso di potere, compendiate in quattro articolati motivi di censura.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sede di Napoli - con la impugnata sentenza resa all’adunanza camerale fissata per la delibazione dell’istanza di sospensione cautelare dell’esecutività degli impugnati provvedimenti ha definito la causa nel merito.

Il primo giudice ha quindi respinto il ricorso evidenziando che la controversia era incentrata sulla interpretazione della norma di cui all’art. 7 della legge regionale della Campania

28 dicembre 2009 n. 19.

In particolare, secondo la società odierna appellante, doveva affermarsi che il riferimento contenuto nell’art. 7 comma 6 bis al comma 6 del medesimo articolo doveva intendersi qual limitato esclusivamente alla tipologia dell'intervento consentita senza che potesse trovare applicazione il concetto di prevalenza della destinazione originaria, essendo tale concetto riferito solo agli edifici in cui erano insediate funzioni direzionali o residenziali di servizio e non funzioni turistiche–ricettive.

Il Tribunale amministrativo, al contrario di quanto sostenutosi nel mezzo di primo grado, ha invece affermato che il comma 6 bis dell’art. 7 della legge regionale citata aveva richiamato interamente il comma 6 sicchè nella fattispecie delineata in quest’ultimo doveva ritenersi ricompresa l’altra delineata nel comma 6–bis con la conseguenza che il rimando alla destinazione “prevalente” e non esclusiva, era operativo in entrambe le fattispecie.

Ne discendeva che – posto che nella fattispecie la destinazione d’uso era pacificamente esclusiva e non prevalente- non poteva applicarsi il combinato disposto dei due commi indicati: ciò perché il legislatore regionale aveva previsto, con il comma 6 citato, il mutamento di destinazione d’uso per alcune tipologie di immobili “destinati prevalentemente ad uffici e residenze o alloggi di servizio” ed aveva poi deciso di estendere tale facoltà anche alle residenze turistico–alberghiere affermando al comma 6 bis che “Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano anche alle residenze turistico–alberghiere”, con ciò esprimendo l’intento di estendere a tali tipologie, nella sua interezza, quello stesso paradigma legislativo previsto nel comma 6 ( nessun elemento di tale comma escluso, ivi compresa la “prevalenza”).

Del pari, ad avviso del primo giudice, doveva essere disattesa la doglianza relativa alla violazione delle garanzie procedimentali, posto che l’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 non avrebbe spiegato alcuna potenzialità partecipativa utile.

L’originaria ricorrente rimasta soccombente ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe sotto tutti i versanti motivazionali suindicati chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ha in particolare ripercorso la cronologia degli accadimenti, ed ha fatto presente che il primo giudice non aveva esaminato la prospettazione subordinata contenuta nel primo motivo del mezzo di primo grado, ed incentrata sulla previsione di cui all’art. 2 comma 1 lett. c della legge regionale della Campania 28 dicembre 2009 n. 19, ipotizzando la violazione del principio di cui all’art. 112 del codice di procedura civile.

Essa ha poi riproposto tutti i motivi di censura contenuti nel mezzo di primo grado e non esaminati dal primo giudice volti a dimostrare la erroneità del provvedimento reiettivo censurato in primo grado ed ha depositato una nota proveniente dall’Ufficio Piano Casa della Regione Campania supportante le argomentazioni contenute nell’appello.

Alla camera di consiglio del 21 maggio 2013 fissata per la delibazione del petitum cautelare la Sezione, con l’ordinanza n. 01879/2013 ha accolto la domanda di sospensione della esecutività della gravata decisione, sulla scorta della considerazione per cui “l’appello cautelare appare sorretto dal requisito del fumus boni iuris e che, in particolare, appaiono ad una sommaria delibazione propria della fase cautelare condivisibili le ragioni giuridiche favorevoli alla posizione di parte appellante di recente esposte dal Tar nella decisione (su fattispecie assimilabile a quella per cui è causa) n. 1293/2013;”

Con successiva ordinanza n. 03994/2013 resa il 8 ottobre 2013 è stato rilevato che “come segnalato dalla stessa parte ricorrente in ottemperanza, l’istanza è diventata improcedibile a cagione della circostanza che il Comune ha, successivamente, emesso un espresso provvedimento reiettivo;”.

La società odierna appellante Immobiliare Pelliccia S.r.l., in data 26 maggio 2015 ha depositato una memoria, nell’ambito della quale – ripercorso il prolungato contenzioso anche infraprocedimentale -ha fatto presente che:

a)l’amministrazione comunale in sede di esecuzione dell’ordinanza cautelare resa da questa Sezione, aveva adottato un nuovo provvedimento reiettivo;

b)esso era stato impugnato innanzi al Tar (ric. RG 6094/2013) che, con la sentenza n. 989/2015 aveva annullato il diniego;

c)nelle more, l’art. 7 comma 6 bis della legge regionale n. 19/2009, in base alla quale era stato richiesto il mutamento della destinazione d’uso era stato riformulato (legge reg. n. 16/2014) ed era stato espressamente previsto che il mutamento potesse essere assentito per edifici destinati prevalentemente od esclusivamente a residenze alberghiere.

Ne discendeva che l’appello era divenuto improcedibile, salva la pronuncia sulle spese del giudizio.

Alla odierna pubblica udienza del 2 luglio 2015 la causa è stata posta in decisione.


Ricorso n. 3277/2012 avverso sentenza n. 5265/2012;


Con il ricorso di primo grado era stato chiesto dalla società odierna appellante Immobiliare Pelliccia S.r.l., l’annullamento del provvedimento con il quale l’amministrazione comunale di Cesa aveva respinto la istanza da essa presentata volta ad ottenere il mutamento di destinazione d’uso, ai sensi della Legge Regionale della Campania 28 dicembre 2009 n. 19 di un immobile destinato esclusivamente a residenze turistico alberghiere in località Monticiello Strada Comunale Cardoni.

Erano state dedotte le doglianze di violazione di legge ed eccesso di potere, compendiate in quattro articolati motivi di censura.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sede di Napoli - con la impugnata sentenza resa all’adunanza camerale fissata per la delibazione dell’istanza di sospensione cautelare dell’esecutività degli impugnati provvedimenti ha definito la causa nel merito.

Il primo giudice ha quindi respinto il ricorso evidenziando che la controversia era incentrata sulla interpretazione della norma di cui all’art. 7 della legge regionale della Campania

28 dicembre 2009 n. 19.

In particolare, secondo la società odierna appellante, doveva affermarsi che il riferimento contenuto nell’art. 7 comma 6 bis al comma 6 del medesimo articolo doveva intendersi qual limitato esclusivamente alla tipologia dell'intervento consentita senza che potesse trovare applicazione il concetto di prevalenza della destinazione originaria, essendo tale concetto riferito solo agli edifici in cui erano insediate funzioni direzionali o residenziali di servizio e non funzioni turistiche–ricettive.

Il Tribunale amministrativo, al contrario di quanto sostenutosi nel mezzo di primo grado, ha invece affermato che il comma 6 bis dell’art. 7 della legge regionale citata aveva richiamato interamente il comma 6 sicchè nella fattispecie delineata in quest’ultimo doveva ritenersi ricompresa, l’altra delineata nel comma 6–bis con la conseguenza che il rimando alla destinazione “prevalente” e non esclusiva, era operativo in entrambe le fattispecie.

Ne discendeva che – posto che nella fattispecie la destinazione d’uso era pacificamente esclusiva e non prevalente- non poteva applicarsi il combinato disposto dei due commi indicati: ciò perché il legislatore regionale aveva previsto, con il comma 6 citato, il mutamento di destinazione d’uso per alcune tipologie di immobili “destinati prevalentemente ad uffici e residenze o alloggi di servizio” ed aveva poi deciso di estendere tale facoltà anche alle residenze turistico–alberghiere affermando al comma 6 bis che “Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano anche alle residenze turistico–alberghiere”, con ciò esprimendo l’intento di estendere a tali tipologie, nella sua interezza, quello stesso paradigma legislativo previsto nel comma 6 ( nessun elemento di tale comma escluso, ivi compresa la “prevalenza”).

Del pari, ad avviso del primo giudice, doveva essere disattesa la doglianza relativa alla violazione delle garanzie procedimentali, posto che l’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241non avrebbe spiegato alcuna potenzialità partecipativa utile.

L’originaria ricorrente rimasta soccombente ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe sotto tutti i versanti motivazionali suindicati chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ha in particolare ripercorso la cronologia degli accadimenti, ed ha riproposto in chiave critica gli argomenti di cui al mezzo di primo grado.

Alla camera di consiglio del 21 maggio 2013 fissata per la delibazione del petitum cautelare la Sezione, con l’ordinanza n. 01880/2013 ha accolto la domanda di sospensione della esecutività della gravata decisione, sulla scorta della considerazione per cui “l’appello cautelare appare sorretto dal requisito del fumus boni iuris e che, in particolare, appaiono ad una sommaria delibazione propria della fase cautelare condivisibili le ragioni giuridiche favorevoli alla posizione di parte appellante di recente esposte dal Tar nella decisione (su fattispecie assimilabile a quella per cui è causa) n. 1293/2013;”

Con successiva ordinanza 03362/2013 resa il 27 agosto 2013 è stato accolto il ricorso in ottemperanza per l’esecuzione della suindicata ordinanza cautelare alla stregua della considerazione per cui “Rilevato che l’amministrazione non ha provveduto sulla istanza/diffida proposta dalla odierna ricorrente in ottemperanza né ha chiarito gli eventuali motivi del ritardo;

Vista la l'ordinanza di questa sezione n. 1880/2013 con la quale è stata accolta la domanda di sospensione della esecutività della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI- SEZIONE VIII n. 05265/2011 dispone che l’Amministrazione comunale si pronunci espressamente sulla detta richiesta/diffida entro il termine di giorni 90 dalla comunicazione ovvero notificazione, del presente provvedimento, ritenendo alla stato non necessario disporre la nomina del richiesto commissario ad acta ovvero la predeterminazione di astreintes e riservandosi ogni valutazione in ordine a detti rimedi in ipotesi di perdurante inottemperanza all’obbligo di esecuzione;”

La società odierna appellante Immobiliare Pelliccia S.r.l., in data 26 maggio 2015 ha depositato una memoria, nell’ambito della quale – ripercorso il prolungato contenzioso anche infraprocedimentale -ha fatto presente che:

d)l’amministrazione comunale in sede di esecuzione dell’ordinanza cautelare resa da questa Sezione, aveva adottato un nuovo provvedimento reiettivo;

e)esso era stato impugnato innanzi al Tar (ric. RG 6094/2013) che, con la sentenza n. 989/2015 aveva annullato il diniego;

f)nelle more, l’art. 7 comma 6 bis della legge regionale n. 19/2009, in base alla quale era stato richiesto il mutamento della destinazione d’uso era stato riformulato (legge reg. n. 16/2014) ed era stato espressamente previsto che il mutamento potesse essere assentito per edifici destinati prevalentemente od esclusivamente a residenze alberghiere.

Ne discendeva che l’appello era divenuto improcedibile, salva la pronuncia sulle spese del giudizio.

Alla odierna pubblica udienza del 2 luglio 2015 la causa è stata posta in decisione.


DIRITTO

1.I suindicati ricorsi devono essere riuniti in quanto diretti a gravare due distinte ma identiche sentenze rese su identici ricorsi proposti dalla odierna appellante in ordine alla medesima vicenda.

2. Va dichiarata la improcedibilità dei riuniti appelli in quanto, come segnalato da parte appellante, è venuto meno l’interesse alla decisione a seguito dello jus superveniens.

3. L’appellante ha manifestato interesse alla decisione in punto di spese.

4. Ritiene il Collegio che le spese del doppio grado vadano integralmente compensate, per una evidente ragione, che assume portata dirimente.

4.1. Invero, è questo il testo della controversa norma di cui all’art. 7 della legge regionale della Campania 28 dicembre 2009 n. 19 (che è utile riportare integralmente):

“La risoluzione delle problematiche abitative e della riqualificazione del patrimonio edilizio e urbanistico esistente, in linea con le finalità e gli indirizzi della legge regionale n.13/2008, può essere attuata attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile della città e con strategie per la valorizzazione del tessuto urbano, la riduzione del disagio abitativo, il miglioramento delle economie locali e l’integrazione sociale.

Al riguardo le amministrazioni comunali devono concludere il procedimento, anche su proposta dei proprietari singoli o riuniti in consorzio, con provvedimento da adottare, nel rispetto dei termini previsti dalla legge n. 241/90 e, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti relativo agli , ambiti la cui trasformazione urbanistica ed edilizia è subordinata alla cessione da parte dei proprietari, singoli o riuniti in consorzio, e in rapporto al valore della trasformazione, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, in aggiunta alla dotazione minima inderogabile di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto ministeriale n.1444/1968. Nella identificazione dei suddetti ambiti devono essere privilegiate le aree in cui si sono verificate occupazioni abusive.

Al fine di favorire la sostituzione e l’ adeguamento integrale edilizio ai criteri costruttivi di sostenibilità nelle aree urbane da riqualificare di cui al comma 2, anche in variante e in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, è consentito l’aumento entro il limite del cinquanta per cento della volumetria esistente per interventi sugli edifici residenziali pubblici secondo le tipologie indicate dall’ articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n.380 , vincolando la regione all’inserimento, nella programmazione di fondi per l’edilizia economica e popolare, indicando allo scopo opportuni stanziamenti nella legge di bilancio, previa individuazione del fabbisogno abitativo delle categorie e delle fasce di reddito dei nuclei familiari in emergenza.

Se non siano disponibili aree destinate a edilizia residenziale sociale, le amministrazioni comunali, anche in variante agli strumenti urbanistici vigenti, possono individuare[ gli ambiti di cui al comma 2 contenenti solo] aree da utilizzare per edilizia residenziale sociale, da destinare prevalentemente a giovani coppie e nuclei familiari con disagio abitativo.

Per immobili dismessi, in deroga agli strumenti urbanistici generali e ai parametri edilizi, con particolare riferimento alle altezze fissate dagli stessi strumenti purchè nel rispetto degli standard urbanistici di cui al decreto ministeriale n.1444/1968 e nel rispetto delle procedure vigenti, sono consentiti interventi di sostituzione edilizia a parità di volumetria esistente, anche con cambiamento di destinazione d’uso, che prevedono la realizzazione di una quota non inferiore al trenta per cento per le destinazioni di edilizia sociale di cui all’ articolo 1, comma 3, del decreto ministeriale 22 aprile 2008 (definizione di alloggio sociale ai fini dell’esenzione dell’obbligo di notifica degli aiuti di stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità Europea). La volumetria derivante dalla sostituzione edilizia può avere le seguenti destinazioni: edilizia abitativa, uffici in misura non superiore al dieci per cento, esercizi di vicinato, botteghe artigiane. Se l’intervento di sostituzione edilizia riguarda immobili già adibiti ad attività manifatturiere industriali, di allevamento intensivo, artigianali e di grande distribuzione commerciale, le attività di produzione o di distribuzione già svolte nell’immobile assoggettato a sostituzione edilizia devono essere cessate e quindi non produrre reddito da almeno tre anni antecedenti alla data di entrata in vigore della presente legge.

Per le industrie inquinanti o per quelle non compatibili con le attività residenziali limitrofe, la sostituzione edilizia è consentita a condizione della preventiva delocalizzazione dell’azienda in ambito regionale, garantendo, con un apposito piano di delocalizzazione, l’incremento del dieci per cento nei successivi cinque anni degli attuali livelli occupazionali. Il piano di delocalizzazione si realizza attraverso il piano urbanistico attuativo di cui alla legge regionale 22 dicembre 2004, n. 16 .

6. Nelle aree urbanizzate con le esclusioni di cui all’articolo 3, per edifici non superiori a diecimila metri cubi destinati prevalentemente ad uffici e residenze o alloggi di servizio che non abbiano goduto dei benefici contributivi, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, è consentito il mutamento di destinazione d’uso a fini abitativi con una previsione a edilizia convenzionata in misura non inferiore al venti per cento del volume dell’edificio, nel rispetto delle caratteristiche tecnico-prestazionali di cui al comma 4 dell’articolo 4 o del comma 5 dell’articolo 5.

6-bis. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano anche alle residenze turistico-alberghiere, a condizione che la quota destinata ad edilizia residenziale sociale sia superiore al trentacinque per cento del volume esistente e nel rispetto di quanto stabilito dall’ articolo 5 della legge regionale 28 novembre 2000, n. 16 (Sottoposizione a vincolo di destinazione delle strutture ricettive-turistiche).

7. I comuni provvisti di strumenti urbanistici generali vigenti possono individuare, con provvedimento dell’ amministrazione comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, le aree nelle quali non sono consentiti gli interventi di cui al comma 5. Sono fatti salvi gli interventi per i quali è stata presentata istanza precedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge.

8. Per le finalità di cui al presente articolo, la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente che si esprime nel termine di trenta giorni decorso il quale il parere si intende reso, approva le linee-guida con particolare riguardo ai criteri di sostenibilità edilizia ed urbana e allluso dei materiali per l’edilizia sostenibile e può, in ragione degli obiettivi di riduzione del disagio abitativo raggiunti, determinare le modalità delle trasformazioni possibili anche promuovendo specifici protocolli d’intesa con le amministrazioni comunali ed avvisi pubblici.

8-bis. E’ consentito il recupero edilizio soltanto agli aventi titolo alla data di entrata in vigore della presente legge, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, mediante intervento di ricostruzione in sito, di edifici diruti e ruderi, purchè ne sia comprovata la preesistenza alla stessa data di entrata in vigore delle presente legge nonché la consistenza e l’autonomia funzionale, con obbligo di destinazione del manufatto ad edilizia residenziale e secondo le disposizioni di cui all’articolo 5 della presente legge.”

4.2. Deve in proposito essere rilevato che sulla interpretazione del medesimo lo stesso giudice di primo grado ha rivisto le proprie opinioni;

l’oscurità e non agevole perspicuità del precetto medesimo (quanto all’ incidenza sulla res controversa) ha da ultimo indotto il Legislatore regionale ad intervenire in senso manipolativo, come da parte appellante puntualmente segnalato.

4.2. A fronte di detto quadro, la integrale compensazione delle spese del giudizio si impone, non potendosi ravvisare alcuna condotta negligente e/o riottosa e/o temeraria in capo ad alcuna parte processuale ma, semmai, un contenzioso discendente dalla scarsa chiarezza del testo legislativo di riferimento.

5. Conclusivamente, definitivamente pronunciando sui riuniti appelli, li dichiara improcedibili e compensa integralmente tra le parti le spese processuali sostenute.


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