Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-07-02, n. 202405854
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Testo completo
Pubblicato il 02/07/2024
N. 05854/2024REG.PROV.COLL.
N. 02107/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2107 del 2024, proposto da -OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L G, A M e M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
- il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati P C, G L, A M e M G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G L in Roma, via Polibio n. 15;
- l’Ufficio Territoriale del Governo di Como e il Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. -OMISSIS- resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Como e del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2024, il Cons. Raffaello Scarpato e uditi per le parti gli avvocati;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. -OMISSIS-avente quale socio unico -OMISSIS- ha impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio ed i successivi motivi aggiunti, i provvedimenti con i quali il Comune di Milano ha respinto le istanze di trasferimento dell’autorizzazione relativa agli impianti di distribuzione carburanti ad uso pubblico (siti in -OMISSIS-) ad altra società e la successiva dichiarazione di decadenza dell’autorizzazione relativa ai medesimi impianti.
A fondamento dei provvedimenti impugnati il Comune ha rappresentato che l’interrogazione della Banca dati nazionale antimafia (BDNA) aveva dato esito positivo, essendo emersa, a carico della società -OMISSIS- un’informazione interdittiva antimafia emessa nell’anno 2016 ed ancora efficace, che aveva determinato il venir meno dei requisiti soggettivi previsti dall’art. 93, comma 2, lettera b ), della L.R. n. 6/2010 in capo ad -OMISSIS-.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti, -OMISSIS- ha impugnato anche l’estratto dell’interrogazione della Banca dati nazionale antimafia sul cui presupposto il Comune di Milano aveva dottato gli atti sopra indicati, e, in via subordinata, la sottesa comunicazione antimafia emessa dalla Prefettura e mai comunicata a -OMISSIS-, ove esistente, ovvero il provvedimento di informazione interdittiva emesso dalla Prefettura e anch’esso mai comunicato a -OMISSIS-, ove esistente.
2. In sostanza, le doglianze della ricorrente hanno riguardato l’assunto dell’Amministrazione comunale secondo cui un’interdittiva antimafia, emessa nei confronti del socio unico persona giuridica (la società -OMISSIS-), potesse produrre effetti immediati e diretti nei confronti della società “madre”, in quanto contrastante con i principi di tipicità e tassatività dei provvedimenti amministrativi ed in quanto il socio unico persona giudica non rientra tra quelli la cui posizione può rilevare ai fini della verifica sulla sussistenza dei requisiti soggettivi previsti dall’art. 93 della L.R n 6/2010, il tutto peraltro senza la necessaria intermediazione della Prefettura, unico organo istituzionalmente competente a rilasciare le informazioni antimafia.
La ricorrente ha inoltre eccepito la violazione dell’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011, dovendo l’interdittiva perdere efficacia decorso il termine annuale, nonché l’assenza di un’apposita istruttoria e motivazione in ordine alle ragioni della ritenuta sussistenza di pericoli infiltrativi a carico di -OMISSIS-.
Ancora, la ricorrente ha contestato i provvedimenti impugnati nella parte in cui l’Amministrazione non ha indicato i motivi ostativi alla voltura delle autorizzazioni (da-OMISSIS- titolare delle stesse a seguito di contratto di affitto di ramo di azienda con -OMISSIS-) in favore del terzo acquirente medio tempore sopravvenuto (-OMISSIS-), lamentando la nullità della decadenza dell’autorizzazione comminata nei confronti di una società alla quale era stata in precedenza espressamente negata la reintestazione del titolo, risultando le autorizzazioni de quibus in capo a -OMISSIS- e non a -OMISSIS-
Infine, la ricorrente ha eccepito che i provvedimenti comunali impugnati configurerebbero una misura ablativa della proprietà e limitativa della libertà d’impresa, sprovvista di fondamento legislativo.
Quanto all’impugnazione dell’estratto dell’interrogazione della Banca dati nazionale antimafia sul cui presupposto sono stati adottati i provvedimenti comunali, la ricorrente ha lamentato la mancata emanazione di alcuna “ comunicazione antimafia positiva ” da parte della Prefettura, ovvero di informazioni antimafia interdittive.
In via ulteriormente subordinata, la ricorrente ha insistito sull’erronea applicazione dell’art. 89 bis del d.lgs. n. 159/2011, in base al quale il procedimento avviato per la richiesta di una “ comunicazione antimafia ” può sfociare eccezionalmente nell’emissione di un’informativa antimafia solo nelle ipotesi in cui, all’esito delle verifiche, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, nel caso di specie non sussistenti, e la mancata valutazione delle misure di self cleaning medio tempore adottate da -OMISSIS-.
3. Il T.a.r. per la Lombardia, Milano, con la sentenza oggetto del presente gravame, ha respinto tutti i motivi di ricorso.
4. Avverso la decisione impugnata -OMISSIS- ha articolato i seguenti motivi di appello:
a) “Errore revocatorio (art. 106 cpa e art. 395 c. 1 n. 4) c.p.c.), qui dedotto quale vizio della sentenza ai sensi dell’art. 106 c. 3 cpa.;
b) In subordine (volendo cioè prescindere dall’errore revocatorio): error in iudicando per erronei presupposti di fatto, illogicità e contraddittorietà della motivazione, travisamento dei documenti di causa e delle stesse posizioni del Comune e della Prefettura. Violazione degli artt. 3, 41, 42 e 97 Cost. Violazione dei principi di legalità, tipicità e tassatività dei poteri e dei provvedimenti 21 amministrativi. Violazione per falsa applicazione e carenza dei presupposti degli artt. da 4 a 16, 67, 84, 85, 87, 88, 89bis, 96, 97 del D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159. Violazione del d.P.R. 30 10 14, n. 193. Violazione dell’art. 21septies L. 241/1990. Violazione delle regole di interpretazione degli atti amministrativi;
c) Error in procedendo e in iudicando. Travalicamento dei poteri giurisdizionali del GA (violazione art. 111 Cost.). Carente motivazione. Omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 c.p.c.). Difetto dei presupposti;
d) Error in iudicando in relazione al quinto e al sesto motivo del ricorso introduttivo (punti 4.5 e 4.6) della sentenza .”
5. Con il primo ordine di censure, l’appellante ha contestato la sentenza nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto sussistere un’informativa interdittiva a carico di -OMISSIS- quando invece la società era stata attinta solo da una, peraltro solo presunta, comunicazione antimafia, emersa in seguito alla consultazione della BDNA ( ex artt. 84, co. 2, e 88 d.lgs. n. 159/2011).
Peraltro, il T.a.r. avrebbe riportato in sentenza dati non emergenti dagli atti di causa, riferendosi ad un provvedimento della Prefettura ove si legge “ chiusa con esito positivo (interdittiva) ”, in realtà non esistente, recando i documenti della Prefettura solo un riferimento alla richiesta di una “ comunicazione antimafia ”, chiusa con esito positivo.
Tale vizio, ridondante alla stregua di un errore revocatorio ex art. 395, co. 1, n. 4), c.p.c., sarebbe secondo l’appellante idoneo a determinare l’annullamento della decisione, con accoglimento della tesi ribadita in sede rescissoria, non potendo le comunicazioni antimafia basarsi sull’esistenza di un’informativa interdittiva prefettizia a carico del socio unico persona giuridica e dovendo le stesse necessariamente ed esclusivamente trovare il proprio presupposto nelle ipotesi - nel caso di specie non ricorrenti - di cui all’art. 67 del d.lgs. n. 159/2011.
5.1. Con il secondo ordine di motivi, l’appellante ha contestato anche l’esistenza di una vera e propria “ comunicazione ” antimafia a proprio carico, essendo emersa dagli atti solo la consultazione