Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-07-21, n. 201004797
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N. 04797/2010 REG.DEC.
N. 05976/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 5976 del 2009, proposto da:
F G, rappresentato e difeso dall'avv. G B, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Ministero dell'interno;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 06612/2008, resa tra le parti, concernente SANZIONE DISCIPLINARE DESTITUZIONE DAL SERVIZIO.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010 il consigliere R G e udito l’avvocato Cerceo per delega dell'avv.to Barbini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Viene in decisione l’appello proposto dal signor F G avverso la sentenza del T.a.r Lazio di estremi indicati in epigrafe. La sentenza di primo grado ha respinto il ricorso avverso il decreto del Capo della Polizia del 5 maggio 2006 con il quale all’odierno appellante è stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio.
2. L’appello non merita accoglimento.
2.1. La sanzione disciplinare inflitta trova, infatti, piena giustificazione, anche in relazione ai principi di proporzionalità e di gradualità, e nonostante le lodi e gli encomi precedentemente riportati dal signor Giuffrida, nella particolare gravità dei fatti per i quali è stato condannato in sede penale (condanna a dieci mesi di reclusione, nonché a tremila euro di multa per il reato di cui all’art. 12, comma 5, legge n. 286/1998).
L’Amministrazione, a differenza di quanto deduce l’appellante, non si è limitata a recepire acriticamente la sentenza penale, ma ha valutato motivatamente (come risulta dalla delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina del 2.3.2006) la rilevanza anche disciplinare dei fatti accertati in sede penale.
2.2. Il riferimento, che pure si ritrova negli atti impugnati, a fatti ulteriori, per i quali il ricorrente è stato poi assolto in sede penale, o al contenuto di intercettazioni non utilizzabili ai sensi dell’art. 271 c.p.p., non inficia la legittimità del provvedimento impugnato, in quanto i fatti accertati dal giudice penale, anche in sé considerati, e a prescindere dall’assoluzione per gli altri fatti inizialmente contestati, hanno una gravità tale da giustificare la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio.
2.3. Non sussitono, infine, i lamentati vizi procedimentali, non risultando che il funzionario istruttore abbia in alcun modo influenzato o pregiudicato la valutazione del Consiglio di disciplina.
2.4. Nulla per le spese considerata la mancata costituzione dell’appellata Amministrazione.