Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-10-21, n. 202408421
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Testo completo
Pubblicato il 21/10/2024
N. 08421/2024REG.PROV.COLL.
N. 07683/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7683 del 2023, proposto da
Tim s.p.a. (già Telecom Italia s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato E G, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Adelaide Ristori n. 42;
contro
Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Giustizia, Presidenza della Repubblica, Ministero della Difesa, Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria 13 febbraio 2023, n. 193, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2024 il consigliere Angela Rotondano e viste le richieste di passaggio in decisione, senza discussione, depositate in atti dall’avvocato E G e dall’avvocato dello Stato Davide Di Giorgio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. È appellata la sentenza indicata in epigrafe con cui il T.a.r. della Liguria ha respinto il ricorso della Tim s.p.a. (già Telecom Italia s.p.a.) avverso gli atti adottati dall'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (di seguito anche solo “Autorità di Sistema Portuale” ) relativi all’avviato procedimento di quantificazione e corresponsione di indennizzi ex art. 8 del decreto legge n. 400/93, come modificato dalla legge di conversione n. 494/93.
2. In fatto, la sentenza impugnata ha ricostruito la vicenda in esame sulla base delle seguenti risultanze di causa.
2.1. La Telecom s.p.a., già titolare di licenza demaniale (arch. 295/1/A) per il mantenimento di cavi sotterranei e linee telefoniche, in scadenza il 30 giugno 2016, formalizzava istanza di rinnovo rivolta alla predetta Autorità, la quale, il 28 giugno 2016, comunicava alla società ricorrente la possibilità di rinnovare la concessione per il periodo dall’1 luglio 2016 al 31 dicembre 2019, previo pagamento anticipato del canone per il periodo dall’1 luglio 2016 al 31 dicembre 2016 e con integrazione del deposito cauzionale.
2.2. Con successiva nota del 5 agosto 2016 l’Autorità di Sistema Portuale comunicava alla società l’avvio del procedimento per la quantificazione e corresponsione degli indennizzi dovuti ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 400/93, convertito con modifiche dalla legge 494/93. Veniva, quindi, comunicato l’importo dovuto, pari a euro 6.084,84, a titolo di indennizzo per l’occupazione sine titulo di metri 28.023,04, su cui insistevano linee elettriche e cavi.
2.3. Con nota del 19 dicembre 2016, Telecom comunicava all’Autorità di aver effettuato il pagamento della fattura n. 714 del 28 giugno 2016, contestandone, tuttavia, la legittimità sia nell’ an che nel quantum .
2.4. A riscontro, l’Autorità, con nota del 1 febbraio 2017, dava atto del ritardo della società nell’adempimento delle obbligazioni propedeutiche al rilascio del titolo concessorio, ovvero del pagamento anticipato del canone di cui alla fattura n. 714 del 28 giugno 2016 e della presentazione di idonea fideiussione. Rilevava, pertanto, l’inidoneità del pagamento effettuato dalla ricorrente a valere come rinnovo del titolo concessorio, nonché l’occupazione sine titulo delle aree demaniali oggetto della licenza scaduta, con conseguente applicazione di quanto previsto dall’art. 8 del D.L. 400/1993 comportante l’emissione di un indennizzo pari al 200 per cento del canone demaniale. L’Autorità di sistema Portuale informava altresì che l’importo versato dalla società ricorrente sarebbe stato trattenuto dall’Ente a copertura parziale del corrispettivo per occupazione abusiva delle aree demaniali a partire dal 1 luglio 2016 fino al rilascio del nuovo titolo concessorio. Infine, preso atto del persistente interesse al rilascio del titolo, veniva comunicata alla ricorrente la necessità di effettuare il pagamento della fattura n. 2 del 1 febbraio 2017 per euro 19.324,75, quale condizione necessaria per consentire il rinnovo della concessione fino al 31 dicembre 2019.
Seguiva in pari data l’emissione di rituale avviso di pagamento e pedissequa nota di credito nei confronti della società concessionaria.
3. La Telecom impugnava gli atti sopra indicati dinanzi al Tribunale amministrativo per la Liguria, che, con sentenza n. 193 del 13 febbraio 2023, respingeva il ricorso, ritenendolo infondato, e compensava le spese di lite.
4. Di tali statuizioni di rigetto l’odierna appellante domanda la riforma, sostenendone l’erroneità per “violazione degli artt. 4, 35, 88, 93 d.lgs. n. 259/2003; dell’art. 12 del d.lgs. n. 33/2016; dell’art. 2 della legge n. 133/2008; degli artt. 3, 23, 117 commi 1 e 3 della Costituzione; della Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, n. 2002/21/CE; eccesso di potere per disparità di trattamento, errata valutazione dei fatti, ingiustizia manifesta, violazione della circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 1/df del 20.1.2009 prot. 1777/09; violazione dei principi di proporzionalità, di ragionevolezza, di tutela della concorrenza, di correttezza e di buona fede” .
4.1. Si è costituita l’Autorità di Sistema Portuale, argomentando l’infondatezza dell’appello e domandando confermarsi la sentenza impugnata.
4.2. All’udienza del 4 giugno 2024, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
5. Con l’appello proposto si contesta la sentenza di primo grado per aver ritenuto gli atti impugnati legittimi, anziché contrastanti con le plurime norme richiamate, che vietano di addossare agli operatori i quali forniscono reti di comunicazione elettronica (quale è la società appellante) oneri o canoni che non siano stabiliti dal “ Codice delle comunicazioni elettroniche” di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259.
Nell’odierna vicenda è, infatti, controversa l’assoggettabilità a tale disciplina del pagamento dei canoni pretesi dall’Autorità di sistema Portuale e relativi alla concessione demaniale di cui beneficia Telecom s.p.a. per il passaggio di cavi e linee elettriche in sottosuolo.
5.1. Secondo l’appellante avrebbe errato il primo giudice nell’escludere che il canone demaniale per cui è causa non rientri nel perimetro applicativo dell’art. 93 comma 2 del d.lgs. n. 259 del 2003 ratione temporis vigente: norma che vieta agli enti territoriali di imporre a carico dei predetti operatori economici qualsiasi “altro onere finanziario, reale o contributo” , diversi dalla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (TOSAP) o, alternativamente, dal canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’art. 63 del d.lgs. n. 446/1997 (COSAP), e dal contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all’articolo 4, comma 4, d.lgs. n. 507/1993.
5.2. Infatti, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, ad avviso dell’appellante sarebbe evidente – avendolo il legislatore chiarito (in linea con quanto statuito da un indirizzo della giurisprudenza amministrativa e ordinaria) con due interventi di interpretazione autentica della suddetta norma (e, precisamente, dapprima con l’art. 12, comma 3, d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 33, e poi con l’emanazione dell’art. 8 bis , comma 1, lett. c), D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, che ha ulteriormente integrato il comma 3 del citato art. 12 del d.lgs. n. 33/2016) – che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere sottoposti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 dell'art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche: e questo a prescindere dal fatto che i canoni siano unilateralmente imposti